24. Dritti a casa.

Mi addormento attaccata al corpo di Mattia e mi sveglio allo stesso modo.
Anzi, forse siamo ancora più vicini.
Le nostre gambe sono intrecciare, i nostri nasi quasi si sfiorano ed un suo braccio è abbandonato sotto il mio seno.
Non appena mi rendo conto della situazione in cui mi trovo, il mio cuore si agita e mi manca il fiato.
Mi muovo nervosamente sul materasso e deglutisco quando il moro aumenta la presa sul mio corpo.
Sono in trappola, praticamente.

«Mattì», bisbiglio.
«Adè», mi imita.
«Ah, ma sei sveglio?»
«No»
«Non sarai sveglio, ma scemo sicuro».
In tutta risposta decide di tappare la mia bocca con una mano, senza mai aprire gli occhi.
«Riproviamo, okay? Adesso mi dai un bacio e mi auguri il buongiorno».

Le mie guance vanno a fuoco e per qualche istante i miei occhi si posano sulle sue labbra.
Decido di augurargli il buongiorno con una testata.
Mattia sembra capire la mia intenzione e mi tiene ferma, «Non fare la stronza, Adè», punta le sue iridi scure nelle mie e sento il fiato mancare.
«Potresti lasciarmi libera di andare? Comincio a sentirmi soffocare»
«È la mia presenza a farti questo effetto», sorride furbo e alzo gli occhi al cielo prima di pizzicare il suo fianco.
Lui non si muove di un millimetro e ricambia il mio gesto.
Io, a differenza sua, salto in aria.
Soffro il solletico.

Il volto di Mattia si illumina come un albero di Natale e non impiega molto tempo prima di pizzicare un po' il mio fianco, «Soffri il solletico, Adè?»
«N-no!», ma lui è già pronto all'attacco ed io strillo quando le sue mani cominciano a torturare il mio stomaco.
«La-lasciami andare!», con un balzo veloce cerco di rotolare giù dal letto, ma mi aggrappo alla maglietta di Mattia e lo costringo a raggiungere il pavimento insieme a me.
La mia testa batte sulle mattonelle fredde e la fronte di Mattia colpisce il mio naso.
Bene.

«Che bel risveglio!», commento, cercando di ignorare il dolore alla testa e Mattia spalmato addosso.
«Ne ho avuti di peggiori», ribatte.
Ci fissiamo per qualche istante; io sono senza parole, lui sembra sul punto di scoppiare a ridere.
E lo fa sul serio.
Per mia sfortuna, la sua risata è piuttosto contagiosa e mi ritrovo a ridere di me e del mio futuro bernoccolo.

Dieci minuti dopo siamo entrambi in cucina. Io reggo il ghiaccio sulla sua fronte e lui fa la stessa cosa per il mio naso e la mia nuca.
«Verrò a strangolarti nel sonno se mi si gonfierà il naso, hai capito? Ho una sfilata, questa sera»
«Sarai bella uguale», mi dice.
E vabbè.
Sto già arrossendo, dannazione.
«Non sarò bella con il naso viola!», sbraito, «Ed è tutta colpa tua. Mi farai diventare pazza, me lo sento»
«Sei già pazza, Adè. Di che ti lamenti?».
Qualcuno mi fermi.
Davvero, qualcuno mi fermi o lo colpiró in faccia con una sedia.

Premo con forza il ghiaccio sulla sua fronte e ridaccio quando fa una smorfia di dolore: «Mi stai facendo male», mormora.
«È quello che voglio».
Schiude le labbra per dire qualcosa, ma il rumore della porta che si apre fa calare il silenzio.
Ad entrare in casa è Luca che non appena raggiunge la cucina, si ferma a fissarci con aria confusa.
Stavolta cerca di trattenere un sorriso.

«Cosa vi è successo, ora? Vi siete presi a pugni?»
«No», sono io a rispondere, «Ma vorrei tanto, tanto prendere a pugni il nostro caro coinquilino», continuo a premere il ghiaccio con forza e Mattia arriccia il naso.
«Mi stai bucando la fronte, Adè. Fermati».
Mollo la presa e sbuffo, quindi torno a parlare con Luca: «Verrai alla sfilata, vero?»
«Certo. Viene anche Sophia»
«Bene», annuisco con convinzione e poi scruto attentamente il volto di Mattia, «Tu, invece?»
«Non lo so», dice, «Vedremo», ed uno starnuto pone fine alla conversazione.
Io cerco di non farglielo notare, ma ci rimarrei un po' male se lui non venisse.

«Allora? Come vi siete ridotti in questo stato?», Luca prende posto su una sedia e continua a trattenersi dallo scoppiare a ridere.
Inoltre, mi lancia delle strane occhiate che mi mettono in imbarazzo.
Sta pensando che mi piace Mattia.
Sicuro.
Luca, gentilmente, smettila.
Sto per inventare la dinamica dei fatti quando il mio cellulare squilla e mi porta in salvo.
Ivan.

Un po' di agitazione si fa spazio nel mio stomaco e rispondo sotto gli occhi attenti dei miei due coinquilini.
«Ehi, Ivan, buongiorno!»
«Buongiorno, Adele», il suo tono di voce è allegro, «Ti disturbo?»
«No, certo che non disturbi»
«Un poco sì», bisbiglia Mattia al mio orecchio.
Lo fulmino con lo sguardo e mi allontano di qualche passo da lui.

«Sei impegnata?»
«Quando?», picchietto le dita sul tavolo e faccio una smorfia a Mattia.
Così, a caso.
«Tipo adesso?»
«Adesso? Beh, ecco, dovrei prepararmi e tra due ore ho lezione, ma-»
«Ti porto solo a fare colazione», mi dice, «Poi ti accompagno all'università. Va bene?»
«Va bene», confermo.
«Arrivo», la nostra chiamata finisce qui e mi muovo nervosamente sul posto per qualche istante.

«Vado a fare una doccia», annuncio.
«Esci con Ivan?», Luca punta i suoi occhi verdi nei miei e aspetta una risposta.
«Sì. Andiamo a fare colazione insieme e poi mi accompagna all'università»
«Attenta a non addormentarti sul caffè latte mentre ti parla di sua nonna e del barboncino che ha vaccinato ieri», Mattia, ovviamente, deve sputare un po' di veleno.

«Mattì»
«Cosa?».
Sto per mandarlo a quel paese quando uno starnuto mi interrompe.
Oh, no.
Schiudo le labbra e punto il dito contro il viso del mio coinquilino: «Io ti ammazzo, hai capito? Ti ammazzo!».
Esco dalla cucina sbraitando insulti.
In sottofondo, ancora una volta, la sua meravigliosa risata.

🌺🌺🌺

«Okay, tocca a noi», Daniele lancia un'occhiata alla passerella che è oltre la tenda rossa e sospira, «Ricordi tutti i passaggi, no? Entriamo, sfiliamo e poi balliamo un lento»
«Perché tuo padre deve per forza farci ballare?», passo la mano sull'ampia gonna dell'abito da sposa che indosso e mi stringo nelle spalle, «Inciamperó sul velo».
Daniele sbuffa e muove nervosamente il suo papillon.
Anche lui, come me, è stato costretto ad indossare un completo da sposo.

«Non lo so, Adè. Facciamolo contento. Tocca a te», mi spintona un po' e traballo sui tacchi prima di riuscire a raggiungere la passerella.
Cominciamo proprio bene.
La musica è forte e pulsa nelle mie orecchie, i riflettori sono puntati su di me e non riesco a vedere gli spettatori.
Cammino fingendo una disinvoltura che non mi appartiene e cerco con lo sguardo i miei amici.
Dovrebbe esserci anche Ivan, da qualche parte.

Mi stampo un sorriso sulle labbra e faccio un giro su me stessa.
Non cadere.
Non cadere.
Non cadere.
Sorrido ancora e sospiro di sollievo nel momento in cui si abbassano le luci e i riflettori vengono puntati sul corpo statuario di Daniele che cammina verso di me con grazia.

Le note di A thousand years di Christina Perri accompagnano ogni mio passo, rendendo l'atmosfera più romantica che mai.
Mi complimento mentalmente con il padre di Daniele per la bella serata che è riuscito ad organizzare e al tempo stesso cerco di ignorare il nodo alla gola che si forma all'improvviso.
Questa canzone mi distrugge, dannazione.

Afferro la mano del mio accompagnatore e avvicino di più il mio corpo al suo.
Allaccio le mani dietro al suo collo e mi muovo lentamente.
Stiamo ballando.
Ed è un gesto così spontaneo e naturale, ormai.
«Vuoi uccidermi? Non c'erano altre canzoni da scegliere?», bisbiglio al suo orecchio e lui sorride dolcemente, interpretando al meglio la parte dello sposo innamorato.

«Sempre colpa di mio padre. Voleva qualcosa di romantico»
«Piangerò», mugugno, «Me lo sento»
«Non ora, Adele», mi fa fare un giro su me stessa per poi accogliermi nuovamente tra le sue braccia.
È proprio mentre balliamo il lento che riesco ad intravedere Luca tra gli ospiti.
Subito dopo riconosco Sophia, Michela e Ivan.
Di Mattia non c'è traccia.
E ci resto un po' male.

Finisco con il cercarlo tra la gente fino a quando la musica non cessa e sia io che Daniele torniamo dietro le quinte.
Non è venuto.
Sbuffo e raggiungo il mio camerino, quindi cerco di tirare giù la zip con scarsi risultati.
Sto letteralmente combattendo contro il vestito quando i miei occhi si posano su un vaso colmo di girasoli.
Prima non c'era.

Un sorrisetto compare sulle mie labbra e mi avvicino per guardarli meglio.
Forse me li ha mandati Mattia.
Magari voleva scusarsi per non essere venuto.
Una busta blu è poggiata tra i fiori, dunque l'afferro in fretta e tiro fuori il biglietto.
Non riesco a leggerne il contenuto perché la porta del camerino si apre ed i miei amici invadono la stanza con risate ed urla di approvazione.

«Eri uno schianto!», esordisce Michela, «Cazzo, mi sono pure commossa. L'idea del lento è stata fenomenale. Tu e Daniele siete così belli quando ballate!»
«Ho pianto. Lo confesso», Sophia ride e poi spintona un po' il suo fidanzato, «Anche Luca ha pianto»
«Non è vero», si difende.
Ma sappiamo tutti che ha la lacrima facile.

«Eri un incanto», mormora Ivan, «Sei ancora un incanto. Hai lasciato tutti senza fiato»
«Mattia compreso», aggiunge Luca ed il mio stomaco si contorce.
«Vero!», continua Michela, «Si complimenta con te e ti saluta, comunque. È andato via con quella sua collega con le gambe chilometriche»
«Giulia?», propongo.
«Proprio lei», conferma e poi corruga la fronte mentre fissa i girasoli, «E questi fiori?»
«Uhm, credevo li avesse... », credevo li avesse mandati Mattia.
Ma perché avrebbe dovuto farlo?

«Li ho fatti portare qui io», Ivan passa nervosamente una mano tra i suoi capelli e sorride timido, «In realtà avevo richiesto delle rose blu, ma vanno bene i girasoli. Si saranno confusi con gli ordini».
Ah.
«Grazie!», mi stampo un sorriso sulle labbra e gli schiocco un bacio sulla guancia, «Non dovevi, davvero»
«Mi andava di farlo», spiega, poi si schiarisce la voce e infila le mani nelle tasche dei suoi pantaloni beige: «Puoi scappare, adesso?».
Michela sorride furba e mi manda delle occhiate complici.
Si sta complimentando con me.
E mi sta silenziosamente suggerendo di andare via con lui.
«Presumo di sì»
«Allora cambiati. Andiamo a bere qualcosa. Ti aspetto fuori», fa un cenno col capo in direzione della porta e lascia una pacca sulla spalla di Luca per poi lasciarci soli.

«È un figo», commenta Michela.
«Fa il veterinario», bisbiglio ed i suoi occhi si illuminano.
«È ancora più figo. Un sexy veterinario. Dovremmo adottare dei cuccioli di criceto, non trovi?».
Luca si schiaffeggia la fronte e ride: «Voi dovete farvi curare», punta i suoi occhi nei miei e continua: «Ci vediamo a casa»
«Non farò tardi», metto tra le sue mani il mazzo di fiori ed infilo il bigliettino tra i girasoli, «Potreste portarli a casa?»
«Ci pensiamo noi, tranquilla», il mio coinquilino schiocca un bacio sulla mia guancia, seguito a ruota dalla sua ragazza e da Michela.

I tre escono dal camerino, poi Luca torna indietro: «Adè»
«Dimmi»
«Ti piace Mattia», la sua non è una domanda.
Sembra più una constatazione.
«Ma-ma che dici?»
«È proprio evidente, eh. Non cercare di nasconderlo. Non a me, almeno»
«Ti sbagli»
«Ho come l'impressione che anche tu piaccia a lui», continua, sorridendo furbo.
«Dici?», bisbiglio e mi avvicino di più al mio amico.
«Dico»
«Davvero? Hai visto o ha detto qualcosa che ti ha fatto pensa-»
«Ciao, Adè!», esce dalla stanza ridendo, senza nemmeno lasciarmi finire di parlare.
Che odio.

Io ed Ivan raggiungiamo un piccolo locale nel centro di Palermo. Il pub è molto affollato e riusciamo a farci spazio tra la gente con non poca fatica.
Non troviamo un tavolo libero, quindi ci accontentiamo di ordinare due birre e di sistemarci davanti all'ingresso del locale, insieme a tanti altri ragazzi.
Probabilmente anche loro aspettano che si liberi un tavolo, un divanetto o una sedia su cui potersi sedere.

L'aria fresca della sera mi fa rabbrividire e sorrido ad Ivan quando passa il braccio attorno alle mie spalle, cercando in qualche modo di farmi sentire meno freddo.
«Possiamo andare da qualche altra parte, se vuoi», mormora al mio orecchio ed io scuoto la testa.

«No. Mi piace, qui», sorrido e alzo lo sguardo in direzione del cielo, «Guarda, si vedono le stelle. C'è pure una bella vista».
Ivan sorride e guarda il cielo solo per una frazione di secondo, poi torna a puntare i suoi occhi verdi su di me: «Proprio una bella vista», commenta.
Per qualche strano motivo, mi sento in imbarazzo.
E osservata, soprattutto.
Sì.
Mi sento osservata.

È quando incontro gli occhi scuri di Mattia che capisco il perché di questa sensazione.
Il moro è proprio di fronte a me, con una mano tiene una birra mentre con l'altra porta la sigaretta alla bocca e soffia il fumo fuori dalle labbra.
Mi sta inchiodando con lo sguardo.
È appoggiato contro il muro, circondato da persone che non conosco.

Una ragazza parla vicino al suo orecchio per farsi sentire, ma lui non sembra interessato al suo racconto.
Mi guarda.
Ed io, con la pelle d'oca e con il cuore impazzito, guardo lui.
Adesso, ad essere sincera, è l'unica cosa che riesco a guardare.
Tutto ciò che mi circonda  passa in secondo piano.
C'è lui.
E niente più.

Ancora una volta inspira il fumo della sua sigaretta, lo soffia via e riduce gli occhi a due fessure.
Poi lascia la sigaretta tra le mani della sua amica e si muove lentamente verso di me.
Oddio.
Sta venendo qui.
Mi muovo nervosamente sul posto e fingo di ascoltare Ivan che mi sta parlando di non so cosa.
Non riesco a concentrarmi sulle sue parole se quel Dio greco cammina nella mia direzione.

Lui fa lo slalom tra la gente, passa una mano tra i capelli e si ferma proprio davanti a me.
Da vicino è ancora più bello.
«Ciao», gli dico.
Mattia lascia saettare i suoi occhi scuri da Ivan a me e viceversa.
Non un sorriso, non una parola.
Guarda il braccio di Ivan che circonda ancora le mie spalle e arriccia le labbra in uno strano sorrisetto prima di porgere la mano al veterinario.
È costretto a smettere di abbracciarmi per ricambiare la stretta.

«Piacere, Mattia. Non abbiamo avuto occasione di presentarci, la scorsa volta».
Il veterinario sorride gentilmente, «Ivan, piacere mio. Adele mi ha spiegato che eri molto preoccupato. Avrei reagito allo stesso modo, presumo».
Mattia annuisce distrattamente e mi rivolge una veloce occhiata, poi ancora un'altra.
La situazione comincia ad essere imbarazzante.

«Chi è la tua amica?», dico la prima cosa che mi viene in mente e faccio un cenno col capo in direzione della ragazza che stava parlando al suo orecchio, prima.
Lei ci sta fissando con finto disinteresse.
Mattia si gira a guardarla e poi torna a concentrarsi su di me: «Un'amica. Non essere gelosa», lascia un buffetto sulla mia guancia e strizza l'occhio, poi lascia una pacca sulla spalla di  Ivan: «Vieni, ti offro da bere», fa un cenno col capo in direzione del locale affollato ed Ivan sorride nervosamente.
Sembra teso.

«Ho appena finito una birra», mormora lui.
Mattia lo fissa dall'alto e fa una smorfia, «E allora? Vieni con me. Tu cosa vuoi bere, Adè?», si avvicina pericolosamente al mio viso e deglutisco.
Il suo profumo forte e mascolino si fa sentire con più intensità e sembra imprimersi sulla mia pelle.
«Uhm, non lo so»
«Faccio io?»
«Fai tu», confermo e non riesco a trattenere uno stupido sorriso.

I due spariscono tra la folla e mi muovo nervosamente sul posto quando mi rendo conto di essere sola.
Meglio di stare in mezzo a quel caos, mi dico.
Incrocio le braccia al petto e sbuffo, poi sorrido nel vedere alcuni miei colleghi.
Si fermano a salutarmi e restano a chiacchierare con me fino a quando Mattia e Ivan non ci raggiungono.
Il mio coinquilino studia attentamente ognuno di loro, finge un sorriso e mette tra le mie mani un Cocktail.

«Cos'è?»
«È buono. Bevi», sistema una sigaretta tra le sue labbra e poi, inaspettatamente, circonda le mie spalle con il suo braccio.
Ah.
Il mio sguardo va immediatamente su Ivan che ci sta già fissando.
La sua espressione è seria, ma non appena i nostri occhi si incontrano, mi sorride gentilmente.
Decido di concedermi un sorso del cocktail e mi stupisco nel trovarlo buono sul serio.
Molto buono, in realtà.

«Ti piace?», la bocca di Mattia sfiora il mio orecchio e mi ritrovo a rabbrividire.
«Molto», ammetto.
«Non avevo dubbi», mormora, «Adesso devo raggiungere i miei amici, Adè. Ci vediamo dopo. Forse non torno. Non mi aspettare», fa un cenno col capo in segno di saluto e poi si rivolge ad Ivan: «Dritti a casa, Ivan, mi raccomando!», sembra stia scherzando, ma l'espressione seria lo tradisce.
Ivan sorride in imbarazzo, poi lo segue con lo sguardo mentre si allontana.

«Ti accompagno. Si è fatto tardi», dice il veterinario.
Corrugo la fronte e rido nervosamente, «È per Mattia? Stava scherzando, eh»
«No, no. Domani lavoro», sorride radioso, «Devo svegliarmi presto. È solo questa la motivazione. Amo passare del tempo con te».
Annuisco in fretta e lancio una veloce occhiata a Mattia che sta parlando con due ragazze.
Non mi guarda più.

Uno strano formicolio si fa sentire all'altezza dello stomaco e decido di ignorarlo per il resto del tragitto fino a casa.
Saluto Ivan con un bacio sulla guancia e poi apro il portone e raggiungo le scale.
È proprio davanti alla porta che intravedo la busta blu che era tra i fiori che mi ha mandato Ivan.
Luca l'avrà persa durante il tragitto.
Non perde la testa solo perché è attaccata al suo corpo.

Alzo gli occhi al cielo e mi abbasso per raccoglierla, quindi la apro e tiro fuori il bigliettino.
La scala è quasi buia e decido di accendere le luci per riuscire a leggere meglio.

"Sai dove si portano i fiori?".

Ah?
Inarco un sopracciglio e rileggo la frase più volte.
Che vuol dire?
Il portone dietro di me si apre e sussulto, girandomi di scatto.
Trovo Mattia davanti a me, le chiavi in una mano e l'espressione corrucciata.
«Ti sei messa a fare la portinaia, ora? Che fai qua?»
«Tu hai deciso di tornare a casa?»
«Sì», conferma, «Mi annoiavo», i suoi occhi si posano sul biglietto che è tra le mie dita e adesso diventa serio di colpo.

«Non è un post-it», lo rassicuro, «Ivan mi ha regalato dei fiori e c'era questo biglietto all'interno», comincio a salire le scale, seguita da un Mattia piuttosto curioso.
«Fa vedere»
«No»
«Che ha scritto?»
«In realtà non l'ho capito», mi fermo di botto, «Sai dove si portano i fiori
«Eh?»
«C'era scritto questo», bofonchio, «Sai dove si portano i fiori?», assottiglio gli occhi e cerco di dare una risposta: «Ai matrimoni?».
Boh.
Mi viene da ridere.

Non colgo lo stesso divertimento sulla faccia di Mattia.
Lui tortura le sue labbra, si guarda un po' intorno e poi comincia a salire le scale.
«Che c'è, Mattì?»
«Niente»
«Mi sembri... Nervoso».
Si ferma di botto e rabbrividisco nel momento in cui posa su di me quelle pozze di vernice scura che si trova al posto degli occhi.
«Sai dove si portano i fiori, Adè?»
«No»
«Al cimitero».

Ma buongiorno!! ❤️❤️
Un po' di ansietta, eh?
Ne abbiamo? 😂
A me viene scrivendo sta storia anche se nella mia testa è tutto molto chiaro.
Immagino voi 😂😂
Che mi dite del capitolo?
E dei fiori? 😈
Fatemi sapere eh.
Aggiorno presto.
Un bacione ❤️

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top