22. Occhi blu.

«Fammi capire: sei uscita per bere una birra e ti sei ritrovata a casa di chi sa chi, stesa sul pavimento di una logora cucina?», Luca punta i suoi occhi nei miei e trattiene una risata.
Stiamo pranzando insieme mentre tutti gli altri sono fuori e ne approfitto per raccontare la mia strana nottata.
Taglio un pezzetto di carne e lo infilo in bocca, quindi deglutisco prima di parlare: «Proprio così», confermo, «Poi sono tornata qui con Ivan, il veterinario di cui ti ho parlato»
«Mh-mh»
«E Mattia mi ha mandata a fanculo», concludo.

Il mio coinquilino si lascia sfuggire una risata e scuote la testa, «Sai, Adè, non riesco ancora ad inquadrare Mattia. Proprio non capisco cosa gli passa per la testa la maggior parte del tempo»
«Nemmeno io», ammetto, «Mi confonde»
«Credo che abbia reagito così solo perché ha avuto paura per te», beve un po' d'acqua e poi continua, «Non voleva davvero mandarti a quel paese. Era preoccupato e scommetto che quando ti ha vista arrivare qui, con le brioche in mano e ancora mezza ubriaca, non ci ha visto più e ha reagito di conseguenza».
Boh.

Sbuffo e punto gli occhi sul mio piatto: «Non c'era bisogno di preoccuparsi così tanto», borbotto.
«Beh, in realtà, sì», ribatte, «Io ero tranquillo perché ti conosco molto bene e conosco anche Davide. So che con lui sei al sicuro. Avventure a parte», accenna un sorriso, «Ma Mattia, invece, non sa che le tue serate tranquille spesso si trasformano in nottate in cui rientri all'alba. Non conosce nemmeno Davide. E con tutto quello che è successo, poi...»
«Parli dei post-it?»
«Certo che parlo dei post-it!», sbraita, «È normale che sia impazzito quando non ti ha vista rientrare. Gli hai detto che non avresti fatto tardi e invece sei sparita nel nulla. Anch'io sarei uscito in piena notte per venire a cercarti».

Eh?
Corrugo la fronte e inarco un sopracciglio, «È venuto a cercarmi?»
«Sì, credo. È venuto a svegliarmi per chiedermi se avevo tue notizie. Aveva il casco in mano e poi è uscito».
Ah.
«Quindi, ricapitolando, è normale che ti abbia mandata a fanculo quando ti ha vista. Potevi dare un'occhiata al cellulare al posto di flirtare con il veterinario».
Spalanco la bocca e trattengo una risata: «Ma tu sei tutto scemo»
«Dici? Sai già quando lo rivedrai, vero Adè?», sorride diabolico ed evito il suo sguardo indagatore.

Mi conosce fin troppo bene.
Dannazione.
«Usciamo stasera», farfuglio.
«Quindi se non torni a casa stanotte non dobbiamo preoccuparci»
«Basta. Sei scemo. Non parlo più con te», mi alzo di scatto mentre lui ride, «E comunque tornerò!»
«Vedremo».

🌺🌺🌺

Trascorro l'intero pomeriggio all'università e, lo ammetto, penso molto a Mattia tra una lezione e l'altra.
Non ci siamo salutati bene stamattina.
E mi sento in colpa per averlo fatto preoccupare.
Mentre torno a casa decido di passare a comprare dei dolci e cerco di formulare nella testa qualcosa di sensato da dire per alleggerire la tensione.
Niente.
Mi inventerò qualcosa sul momento.

Percorro le scale a testa bassa e alzo lo sguardo solo quando riconosco il profumo di Mattia.
Il mio cuore ha un leggero sussulto.
Lui indossa una tuta nera, ha una sigaretta spenta tra le labbra e con una mano tiene un borsone.
Si ferma a guardarmi, ma non dice una parola.
«Oh, Mattia, ciao», mi stampo un sorriso sulle labbra e cerco di mantenere la calma.
Perché io mi stia agitando, ad essere sincera, non lo so.

«Ciao», risponde senza un minimo di entusiasmo.
Anzi, sembra piuttosto scocciato di vedermi.
«Stai uscendo?»
«Vado in palestra»
«Uhm, okay. Ho preso dei dolci», lo informo, «Magari possiamo parlare, dopo», ma mentre lo dico, mi ricordo di avere già un impegno, «O forse no», mi correggo, «Dopo devo... Devo uscire»
«Okay», muove un passo e scende due gradini, sorpassando il mio corpo.

Mi giro a guardarlo e schiudo le labbra: «Possiamo parlare domani»
«Non abbiamo niente da dirci».
Che odio.
«Possiamo passare del tempo insieme», sbotto, «Magari dopo. Torno presto sul serio, giuro»
«Non m'importa», sorride diabolico e mi fa un cenno col capo in segno di saluto, «Ciao, Adè»
«Ma-», sono senza parole, davvero.
«Divertiti», e poi se ne va senza degnarmi di uno sguardo.

Questo suo gesto mi innervosisce e non poco, ma decido di non pensarci troppo e di prepararmi accuratamente per uscire con Ivan.
Almeno lui, per il momento, sembra sano di mente.
Il veterinario viene a prendermi alle otto in punto con un fuoristrada bianco.
Nel momento in cui prendo posto sul sedile del passeggero, si sporge verso di me e lascia due baci sulle mie guance.

«Tu vuoi uccidermi, non è così?», è la prima cosa che dice, un adorabile sorriso stampato sulle labbra.
«Assolutamente no»
«Sono convinto del contrario», ribatte, «Sei una visione»
«Grazie. Sei molto carino anche tu»
«Facciamo passi da gigante», ingrana la marcia e lancia un'occhiata allo specchietto retrovisore per immettersi nel traffico, «Stamattina ero solo carino», strizza l'occhio e sorride furbo.

«Sì, sei molto migliorato. Stamattina puzzavamo entrambi di fumo e qualcosa di acido»
«Sto ancora sperando di non aver dormito accanto ad una pozzanghera di vomito», risponde e scoppiamo entrambi in una risata.
«Giuro, non mi era mai successa una cosa del genere. Abbiamo un po' esagerato»
«Solo un po'», arriccia il naso, poi allunga il braccio in direzione dei sedili posteriori e schiudo le labbra quando mi porge la giacca che credevo di aver perso, «Sono andato a recuperarla», mi dice, «Era al locale in cui siamo stati ieri»
«Oh, grazie. Sei molto gentile, Ivan».
Mi dedica una lunga occhiata, poi si passa la lingua sulle labbra e si schiarisce la voce: «Hai fame?»
«Da morire»
«Allora andiamo. Non voglio farti aspettare».

Io e Ivan ceniamo in un elegante ristorante, poi facciamo una passeggiata e, per finire in bellezza, decidiamo di bere una birra davanti al sontuoso teatro Massimo.
Lui mi parla della sua numerosa famiglia, del suo amore per gli animali e della sua passione per il windsurf.
Lo ammetto, rimango affascinata dal suo modo di fare.
È così genuino, così spontaneo e divertente che non mi accorgo nemmeno del tempo che vola via.

Pensavo di tornare presto a casa, ma mi sbagliavo.
Raggiungo il mio appartamento alle due di notte. Tutti stanno dormendo e le stanze sono immerse nel buio.
Mi sfilo lentamente i tacchi e chiudo piano la porta, quindi cammino in punta di piedi in direzione del bagno.
Purtroppo vado a sbattere contro due o tre mobiletti durante il tragitto.
Ma pazienza.
Mi strucco con calma, lego i miei capelli in uno chignon e lancio un'occhiata allo schermo del mio cellulare che si illumina.
Ivan mi ha mandato un messaggio per augurarmi la buonanotte.

Esco dal bagno con un sorriso da ebete e digito la risposta mentre cammino; sto inviando il messaggio quando sbatto contro qualcuno ed il mio IPhone finisce sul pavimento.
Il corridoio è buio, ma riconosco immediatamente il profumo di Mattia.
«Perché non guardi dove metti i piedi, al posto di inviare messaggi?», recupera il mio cellulare e me lo porge senza troppa gentilezza.
Che simpatico.

«Perché tu non dormi, al posto di vagare per la casa come un fantasma?»
«Perché forse qualcuno mi ha svegliato quando è rientrato nel mezzo della notte!?», alza il tono di voce, provocandomi una gran voglia di colpirlo in faccia con una padella.
«Oh, scusami se ho disturbato il tuo prezioso sonno! Domani vado a comprarti dei tappi per le orecchie, così non mi sentirai più rientrare»
«Perché è un'abitudine? Torni sempre così tardi, Adè?»
«Non sono affari che ti riguardano»
«Invece sì», appoggia la mano contro la parete e mi incastra tra il muro ed il suo corpo, «Invece sì», ripete, «Perdo il sonno a causa tua, quindi mi riguarda eccome».

Il suo fiato sul collo mi fa rabbrividire,
«Non è un mio problema se hai il sonno esageratamente leggero. Ho cercato di fare meno rumori possibili», ringhio.
«Meno rumori!? Sei consapevole di avere la delicatezza di un rinoceronte?».
Lo ha detto sul serio?
«E tu sei consapevole di avere bisogno di uno psicologo? Eh? Hai della rabbia repressa, Mattì»
«La rabbia repressa me la fai venire tu quando entri in casa alle tre di notte sbattendo contro ogni cosa!».

All'improvviso le luci si accendono e sia io che il mio coinquilino ci giriamo di scatto per vedere chi è sveglio, oltre noi.
Luca, Michela e Martina ci fissano, visibilmente confusi.
Mattia si schiarisce la voce e indietreggia di un passo, mettendo un po' di distanza tra i nostri corpi.
«Che succede?», è Luca a parlare, la voce resa rauca dal sonno.
«Uhm, mi era... Mi era caduto il cellulare», farfuglio.
È la prima cosa stupida che riesco a dire.

«Mattia mi ha aiutato a raccoglierlo», continuo.
Boh.
«Proprio così. A proposito, si è rotto?», il moro afferra il cellulare ed illumina il display, quindi me lo restituisce in fretta: «No, è tutto apposto. Hai ricevuto un messaggio»
«Lo so»
«Non rispondi? È un peccato. Il tuo amico potrebbe offendersi, occhi blu».
Occhi blu?
Ma si droga?
Boh.

I nostri coinquilini continuano a guardarci in silenzio, l'espressione di chi non sta capendo un accidenti.
Nemmeno io sto capendo qualcosa, ad essere sincera.
Come siamo finiti con l'urlarci contro?
«Vado... Vado a rispondere adesso», borbotto, «Torno in camera. Buonanotte»
«Vado anch'io», sbraita lui.
Entrambi camminiamo verso parti opposte della casa per poi fermarci di scatto.
Abbiamo sbagliato direzione.
«La mia camera è di là», sussurro, tornando indietro.

«Hai ragione», dice, «Buonanotte»
«Buonanotte», rispondo.
Raggiungo la mia stanza e sorrido in imbarazzo ai miei amici prima di chiudere la porta.
Riesco a sentire un sonoro "mah" mentre mi metto a letto.
Alzo gli occhi al cielo e sblocco lo schermo del cellulare per leggere il messaggio di Ivan.
" Grazie per la bellissima serata. Sono stato bene. Ancora buonanotte, occhi blu".

🌺🌺🌺

Odio avere lezione alle otto del mattino.
Odio puntare la sveglia, trascinarmi fuori dalle lenzuola e prepararmi per affrontare una lunga giornata.
Soprattutto quando fuori piove.

Indosso un paio di stivaletti e cerco il mio ombrello, quindi prendo la mia giacca a quadri ed esco dalla mia stanza.
Purtroppo, in corridoio, incontro Mattia.
Si concede un'accurata radiografia, ma non mi saluta nemmeno ed io faccio lo stesso.
Raggiungo la porta e mi segue fuori dall'appartamento.
Forse anche lui sta andando a lezione.

Il suo profumo dolce mi tortura mentre scendiamo le scale l'uno accanto all'altro.
Senza farmi notare, lancio un'occhiata alla sua faccia seria e ancora assonnata.
È incantevole.
Di una bellezza rara.
È detentore di quel tipo di bellezza che incontri per caso, magari in metro, magari per strada, sul marciapiede, mentre aspetti il verde di un semaforo; ti lascia senza parole e ti rimane impressa nella testa.
E ci ripensi così, per puro caso, magari mentre bevi un buon caffè che ti ricorda il colore dei suoi occhi.

I miei pensieri si interrompono nel momento in cui prendo una storta e per poco non rotolo sul pavimento come una balla di fieno.
È Mattia ad evitare la mia imbarazzante caduta, afferrando il mio braccio al volo.
«Adè, ancora dormi? Guarda dove metti i piedi»
«Mattì, sei in grado di essere gentile?», mi libero dalla sua presa e lo fulmino con lo sguardo prima di aumentare la velocità dei miei passi per scendere più in fretta i gradini.
Lui fa lo stesso.
Dannazione.
Stiamo correndo, praticamente.
Ora cado e mi spacco la faccia, me lo sento.

«Non andare veloce, occhi blu, che poi cadi e ti devo pure soccorrere».
Mi fermo di scatto ed incrocio le braccia al petto, «A proposito di occhi blu. Ti piace leggere i messaggi degli altri?»
«No, Adè. Solo i tuoi», continua a prendermi in giro, «Ma sta tranquilla, non capiterà più. Ho avuto la nausea per tutta la notte dopo quello che ho accidentalmente letto. Troppo zucchero»
«Accidentalmente», mi sfugge una risata e torno a scendere le scale, «E troppo zucchero, dici? Era un semplice messaggio».

Anche lui adesso ride nervosamente. Apre il portone e mi lascia passare per prima: «Sono stato bene, bellissima serata, bla bla bla», alza gli occhi al cielo e la smorfia che si stampa sul volto mi fa venire voglia di sorridere. «Ricordi molto bene, vedo»
«Ho una memoria fotografica, purtroppo».

Decido di non rispondere e stringo i pugni mentre attraverso il giardino a grandi passi.
Sussulto nel momento in cui afferra il mio polso per arrestare la mia fuga.
«Adè»
«Che vuoi ancora!?»
«Sta piovendo. Apri l'ombrello», e mentre lo dice, mi ripara usando il suo.
Oh.
Ero talmente presa dalla discussione che mi sono dimenticata della pioggia.
Per non so quale strana ragione, le mie guance vanno a fuoco e sono costretta ad evitare lo sguardo rovente del mio coinquilino.

Continua a seguire ogni mio movimento, senza mai allontanare il suo corpo dal mio.
«Sei bella quando arrossisci», si abbassa all'altezza del mio orecchio ed io rabbrividisco a causa della sua voce profonda e rauca.
«I-io devo... Ho lezione», mormoro,
«Devo andare».
Mattia annuisce e mi segue con lo sguardo mentre indietreggio.
Mi sento in dovere di aggiungere qualcosa.
«Mattì»
«Dimmi»
«Fatti curare».
E ora posso andare.

🌺🌺🌺

«Adele, passami le patatine», Martina allunga il braccio verso di me ed io sistemo meglio la copertina sulle mie gambe prima di passarle il contenitore.
Siamo tutti in salotto per vedere un film, ma continuiamo a chiacchierare senza davvero prestare attenzione alla TV.
Parliamo tutti tranne Mattia, ovviamente.
Lui sembra davvero molto interessato al vecchio film d'azione visto e rivisto.

«Quando sarà la sfilata?», Luca morde un pezzo della sua pizza e mi lancia una veloce occhiata.
«Venerdì. Venite tutti, no? Sono stata a lezione di danza, oggi. Daniele tiene molto alla vostra presenza»
«Io ci sarò», dice Michela, seguita a ruota da Martina e Luca.
Mattia, ovviamente, non mi considera proprio.
«Tu vieni, Mattì?», Michela sorride radiosa e aspetta una risposta da parte del moro.
«Non lo so. Penso proprio di no», si alza e scrolla le spalle, «Vado a farmi un giro. Buonanotte».
Simpaticone.
Recupera le chiavi e il casco, fa un cenno col capo in segno di saluto e poi sparisce dietro la porta.
Boh.

Rimaniamo sul divano a chiacchierare fino a quando tutti non decidono di andare a dormire.
Io, però, non ho sonno.
Mentre gli altri raggiungono le loro camere, io non mi muovo.
Continuo a cambiare canale senza realmente guardare nessun programma.
Illumino il display per controllare l'ora e sbuffo nel vedere che è già l'una e mezza.
Un tuono, inoltre, dà il via ad un acquazzone.

Scalcio via la copertina e mi avvicino alla finestra per vedere il temporale che si sta scatenando fuori.
L'estate sembra già un lontano ricordo.
Benvenuto, autunno.
Stai arrivando proprio in grande stile, eh.
Mentre rifletto sul cattivo tempo, però, il mio stomaco si contorce.
Mattia è fuori mentre diluvia.
In moto, poi.
Uno strano senso di agitazione mi spinge a recuperare il cellulare per chiamare il mio coinquilino.
Voglio solo assicurarmi che sia al riparo.
Ma ovviamente lui non risponde.

Mordo l'interno della mia guancia e cammino avanti e indietro per la cucina, quindi riprovo a chiamarlo.
Niente.
Nessun segno di vita.
Torno sul divano e riprovo ancora un'altra volta, poi un'altra ancora.
Ma gli costa tanto dare un'occhiata a quel fottuto cellulare?

Rimango immobile, a fissare il vuoto, fino a quando non sento il rumore della porta che si apre.
Salto giù dal divano e mi piazzo davanti ad un Mattia grondante di acqua.
Il mio coinquilino schiude le labbra quando mi vede e si abbassa per poggiare il casco sul pavimento, senza mai smettere di fissarmi.

«Sei completamente bagnato», è la prima cosa che riesco a dire.
«Ma va? Non me ne ero accorto», si libera delle scarpe e mi dedica una brutta occhiataccia.
«Non ti scaldare, Mattì. Non ho voglia di discutere»
«Nemmeno io», mormora mentre si toglie la giacca e, colpo di scena, pure la t-shirt.
Ah.

Il suo torace scolpito, la sua pelle bagnata e ancora evidentemente abbronzata, mi provocano un piccolo shock.
«Vado a... Vado a...», che diavolo sto dicendo?
«Cosa, Adè?».
Deglutisco rumorosamente e chiudo gli occhi.
Riprenditi e placa gli ormoni, Adele.
Grazie.
«Vado a prenderti degli asciugamani», riesco a dire, «Dovresti anche asciugare quei capelli e liberarti dei pantaloni. Sono zuppi».

Il moro sorride furbo e muove un passo verso di me, «Tu dovresti liberarti di quel pigiama, a questo punto», sussurra al mio orecchio e mi strozzo con la mia stessa saliva.
«Ma tu sei completamente scemo», mi giro per non fargli notare il rossore sulle mie guance, «Sei proprio senza speranze!», continuo, «Hai il cervello in giostra»
«Ho afferrato il concetto»
«Vado a prendere gli asciugamani», borbotto per poi sparire dietro la porta del bagno.
Ne approfitto per riprendere aria prima di tornare da quella divinità greca.

«Grazie», le nostre dita si sfiorano nel momento in cui ne afferra uno.
Lo sistema sui suoi capelli e poi asciuga anche il suo torace.
Il silenzio assordante viene interrotto da un suo starnuto.
«Ecco. Ti sei pure raffreddato», ringhio e lui mi dedica un tenero sorriso, «Potevi evitare di farti un giro notturno durante il diluvio universale»
«Non stava piovendo, quando sono andato via»
«Beh, era prevedibile. Ti ho chiamato un centinaio di volte. Ero in pensiero».

Mattia adesso punta le sue iridi scure nelle mie, «Mi ricorda qualcosa, questa situazione»
«Ti riferisci alla mattina in cui mi hai mandata a fanculo?»
«Precisamente», ringhia, sfregando con forza l'asciugamano sulla sua pelle.
«Beh, quella notte non stava diluviando»
«Invece sì. Non te ne sei nemmeno accorta, impegnata com'eri»
«Stavo dormendo», mi giustifico e lui si lascia sfuggire una risata.

«Con quel tipo? Hai dormito con lui?», mi fulmina con lo sguardo e schiudo le labbra.
Mi sta rimproverando per qualcosa?
«Ma che importa con chi ho dormito? Fatti gli affari tuoi»
«Chiedevo e basta. Non m'interessa sapere con chi dormi»
«Nemmeno a me»
«Meglio così», e un altro starnuto pone fine alla conversazione.
Rimango ad osservarlo fino a quando non smette di asciugare il suo corpo, poi mi schiarisco la voce e cerco di mantenere la calma.
Perché mi fa sempre innervosire?

«Beh, se non hai bisogno di altro... Io vado a dormire»
«Vai pure», mormora, quindi faccio un cenno col capo in segno di saluto e cammino in direzione della mia stanza.
L'ennesimo starnuto, però, mi fa tornare indietro.
«Mattì»
«Dimmi»
«Vai a fare una doccia calda. Ti preparo una tisana, mh?».

Il moro osserva attentamente la mia espressione seria, arriccia le labbra e sospira prima di ribattere: «Posso farlo da solo»
«Ci penso io. Non preoccuparti», mi sforzo di fargli un sorriso e raggiungo la cucina; metto dell'acqua in un pentolino e prendo posto su una sedia.
Un messaggio che arriva sul mio cellulare mi fa sussultare e illumino immediatamente il display per vedere chi è che mi scrive a quest'ora della notte.
Anonimo.

"Ti avevo detto di stare attenta".

Buonasera!😍🌹
Come state?
Spero bene.
Ho cercato di aggiornare il prima possibile e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Fatemi sapere😍😍
Aspetto i vostri preziosi pareri, come sempre.
E adoro leggere i vostri commenti.
Mi fate morire, giuro.
Adesso vi lascio con l'ansia addosso.
Un bacio 😈🌹

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top