21. Il veterinario.
Ho appena chiesto a Mattia di restare a dormire qui con me e mi sono già pentita della mia decisione.
Ma cosa diavolo mi è passato per la testa?
Perché mi si sono estinti i neuroni?
Lui non può assolutamente passare la notte nella mia stanza.
«Uhm, cioè... Puoi restare, se vuoi», cerco di formulare una frase di senso compiuto, «Insieme agli altri. Potete sistemarvi tutti qui. Passiamo la notte insieme».
Sento le guance andare a fuoco mentre il mio cuore batte all'impazzata. Il mio coinquilino inarca un sopracciglio e studia attentamente il mio volto: «Tutti qui?»
«Beh, sì. C'è spazio per tutti», ma cosa diavolo sto dicendo?
«Okay», scuote la testa e apre la porta,
«Vado a chiamare gli altri. Buonanotte, Adè».
Mi muovo nervosamente sul materasso e mordo l'interno della mia guancia: «Tu non torni?»
«No», risponde, «Buonanotte».
E lo sguardo severo che mi rivolge mi fa capire che, forse, ho sbagliato qualcosa.
Dannazione.
🌺🌺🌺
Dormire in quattro in un letto adatto a due persone è un vero e proprio trauma.
Mi sveglio con il piede di Luca in faccia, la testa di Martina sullo stomaco e con Michela... Un attimo, dov'è Michela?
Alzo il busto con uno scatto veloce e perlustro la stanza con lo sguardo.
Non c'è.
Eppure era rimasta a dormire qui con me.
Una strana sensazione mi colpisce lo stomaco e pochi istanti dopo mi fiondo giù dal letto, pronta per andare a cercarla.
Il mio cervello mi suggerisce di raggiungere immediatamente la stanza di Mattia.
La troverò lì.
Sicuro.
Tu guarda! È scappata durante la notte per stare da sola con Mattia.
Quei due non me la raccontano giusta.
Stringo i pugni ed esco dalla stanza come una furia.
Lo coglieró in flagrante.
Non è venuto a dormire con me, ma ha colto al volo l'occasione di dormire con Michela.
Attraverso il corridoio alla velocità della luce e mi concedo dei respiri profondi quando, finalmente, mi fermo davanti alla stanza degli ospiti.
Bene.
Adesso cosa dovrei fare?
Bussare?
No.
Entro e basta.
Mi schiarisco la voce, sistemo i miei capelli con le dita e apro la porta con uno scatto.
Proprio come mi aspettavo, Michela sta dormendo qui, i capelli rossi sparsi sul cuscino e le labbra schiuse.
«Adele?», la voce di Mattia mi fa sussultare e mi giro in fretta verso il piccolo divanetto che si trova all'angolo della stanza.
Il formicolio allo stomaco si allevia quando noto che il mio coinquilino, molto probabilmente, ha dormito lì.
Sotto la sua schiena è sistemato un cuscino, un lenzuolo bianco copre le sue gambe ed il suo torace scolpito.
Il moro sbatte le palpebre più volte e assottiglia gli occhi per riuscire a mettere a fuoco la mia immagine.
Forse si sta chiedendo per quale diavolo di motivo io sia arrivata qui come una furia, aprendo la porta con un calcio rotante in stile ninja.
Rido nervosamente e mi avvicino di più a lui, dunque mi abbasso all'altezza del suo viso e cerco con tutta me stessa di inventare qualcosa da dire.
«Mattia», comincio.
«Adele», ripete, visibilmente confuso.
Sembra anche un po' infastidito da questo brusco risveglio.
Decido di addolcirlo un po'.
Impacciata ed anche molto imbarazzata, mi avvicino al suo viso e gli lascio un bacio sulla guancia: «Sono venuta a darti il buongiorno».
Boh.
Sotterratemi.
Colpitemi in testa con una padella fino a quando non si riattiva il cervello.
Fate qualcosa.
Mattia mi guarda come se fossi una totale psicopatica e non nasconde la preoccupazione: «Stai bene, Adè?»
«Sto bene. Molto bene. Tu come stai?»
«Stavo meglio prima che tu sfondassi la porta», ammette.
Che figura di merda.
«Scusa. Sono stata brusca», gesticolo animatamente e mi scappa una risata isterica, «Beh, allora... Vado. Ti aspetto in cucina per fare colazione», indietreggio e lancio un'occhiata veloce a Michela che continua a dormire indisturbata, «Avete dormito insieme? Qui? Soli?»
«Lei non riusciva a dormire nel tuo letto. Era troppo affollato»
«Il tuo letto invece era vuoto, certo. Ha fatto bene», continuo a camminare all'indietro fino a quando non vado a sbattere contro il muro, provocando la caduta di un quadretto.
Mio Dio.
Fermatemi.
I miei occhi si posano prima sulla faccia sconvolta di Mattia, poi sulla bella addormentata.
Non si è svegliata nemmeno dopo questo botto.
«Mattì», bisbiglio, «Prova a sentirle il polso. Forse è morta nel sonno. Io vado. Vi aspetto giù», esco dalla stanza e poi torno dentro, «Perché dorme così tanto? Era stanca? Avete parlato prima di addormentar-»
«Adè», m'interrompe, «Cosa sei venuta a fare qui?»
«È casa mia. Cosa sei venuto a fare tu? Cioè, lei. Cosa è venuta a fare qui?», sto andando nel panico.
Sono patetica.
Cosa mi prende?
«Sei sicura di stare bene?»
«Sicura. Molto sicura. Adesso vado a preparare la colazione. A dopo!», gli mando un bacio per poi scappare via.
Voglio sparire.
🌺🌺🌺
«I tuoi amici sono andati via?»
«Sì, mamma. Sono tornati a Palermo»
«Avrei tanto voluto salutarli e scusarmi per ieri sera», mia madre sbadiglia e punta i suoi occhi vuoti sulla tazza che tiene tra le mani.
I suoi capelli sono del tutto scompigliati, i suoi occhi sono contornati da occhiaie ed il suo viso è così pallido da far paura.
Sono le tre del pomeriggio e si è appena alzata dal letto.
Ed è strano.
Di solito è la prima a svegliarsi.
«Non preoccuparti. Hanno capito la situazione», cerco di ottenere un tono di voce pacato e tranquillo, ma il nodo che ho in gola me lo impedisce.
Mi fa male guardarla.
«Salvo non è tornato a casa?», continua con il suo interrogatorio, ma non mi rivolge nemmeno uno sguardo.
«No», sospiro, «Ho mandato Giovanni a controllare la casa al mare. È lì»
«Tu lo sapevi, Adele? Lo sapevi?», adesso i suoi occhi arrossati si puntano nei miei ed il mio cuore si ferma.
Una lacrima solitaria, intanto, attraversa la mia guancia.
«No», mugugno, «L'ho scoperto ieri mattina, quando sono andata in ospedale»
«Va bene», sospira, «Va bene. Si risolverà tutto, tesoro mio. Non piangere», si sporge in avanti e mi lascia una carezza sul viso.
«Mi dispiace così tanto, mamma», non riesco a terminare la frase che sto già piangendo a dirotto.
Ha ragione Mattia.
Non ho autocontrollo.
Lei mi stringe in un abbraccio e tira su col naso: «Ssh, non piangere. Va tutto bene. Adesso devi solo fare una cosa per me, okay?»
«Cosa?»
«Vai a fare la valigia e torna a Palermo. Non devi trascurare la tua vita, l'università e tutto il resto a causa di ciò che sta accadendo»
«Ma-»
«Starò bene», mi rincuora, «E tu hai delle cose da fare, lì. Ci vedremo nel fine settimana, okay? Intanto cercherò di fare ragionare tuo fratello»
«Mi odia»
«Non è in grado di odiare», lascia un bacio tra i miei capelli e si sforza di sorridere, «Lo sai bene».
🌺🌺🌺
«Morirò. Me lo sento. Morirò su queste scale. Cadrò come una stupida, rotoleró abbracciata alla mia valigia e batterò la testa», soffio l'aria fuori dalle labbra mentre cerco la forza per riuscire a salire i gradini.
Alzo lo sguardo e trattengo la voglia di urlare nel vedere che sono ancora al secondo piano.
Secondo.
«Andiamo, Adele. Forza. Non hai bisogno di nessuno. Porterai da sola questa valigia al settimo piano», percorro altri tre gradini e poi mi arrendo.
Non ce la posso fare.
Tiro fuori il cellulare e chiamo Luca.
Decido anche di sedermi durante l'attesa.
«Pronto?»
«Luca, amico del mio cuore, sei a casa?»
«No, Adè. Sono da Sophia. Hai bisogno di qualcosa?».
Ohw.
«No, no. Ci vediamo dopo», termino la chiamata e sbuffo mentre cerco il contatto di Mattia.
Il mio coinquilino risponde al quinto squillo: «Adè?»
«Sei a casa? Sono bloccata al secondo piano in compagnia della mia meravigliosa valigia»
«Purtroppo non posso aiutarti. Sono a Catania»
«Ah», e non so perché ci rimango male.
Forse mi dispiace non vederlo oggi?
Nah.
Che importa?
«Torno stasera», aggiunge.
«Aspetterò sulle scale il tuo ritorno»
«Fatti aiutare da Luca», suggerisce.
«Non è in casa», sbuffo, «Aspetterò fino a quando non arriverà qualche gentiluomo disposto ad aiutarmi», lancio un'occhiata alle mie unghie smaltate di rosso e poi sorrido nel vedere Michela.
«Ho già smesso di aspettare», aggiungo, «Ci vediamo dopo, Mattì. Un bacio», termino la chiamata e poi mordo l'interno della mia guancia.
Un bacio?
Mio Dio, non riesco più a collegare il cervello alla bocca.
La mia coinquilina lancia un'occhiata alla valigia e scuote la testa: «Ti aiuto», annuncia, «Tiriamola su insieme»
«Sei un angelo. Grazie»
«Parlavi con Mattia?», punta i suoi occhi grigi nei miei e si concede un respiro profondo.
«Sì. È a Catania. Torna stasera»
«Per la gioia di Martina», scherza.
«Anche per la tua», lo dico così in fretta che spalanco la bocca quando capisco ciò che ho appena detto.
Michela schiude le labbra e si lascia sfuggire una risata, «Ma cosa dici?»
«Ti piace Mattia? A me puoi dirlo, eh», osservo attentamente la sua espressione per riuscire a cogliere un briciolo di imbarazzo.
Ma niente.
Michela non è il tipo di ragazza che arrossisce davanti a determinate domande.
«No», ribatte in fretta, «A te piace?»
«No», la imito.
«Okay», e la conversazione finisce qui.
Ma io so che non me la racconta giusta.
🌺🌺🌺
Davide, il mio adorabile collega, mi ha chiesto di uscire insieme ai suoi amici.
Inizialmente ho rifiutato, ma poi ho cambiato idea.
Ho bisogno di uscire, vedere gente e spegnere il cervello per qualche ora.
Mi farà bene.
Questo è quello che penso mentre chiudo la zip del mio vestitino blu e tengo tra le mani i tacchi.
Lancio un'occhiata al mio riflesso e sorrido nel vedere la riga impeccabile del mio eyeliner.
Mi sono struccata nove volte, ho quasi lanciato un mascara giù dalla finestra e ho sporcato due asciugamani, ma alla fine ce l'ho fatta.
Indosso le scarpe e afferro la borsetta, quindi urlo un saluto per i miei coinquilini e mi fiondo ad aprire la porta.
Traballo un po' sui tacchi quando trovo Mattia proprio davanti a me, la chiave tra le mani e le labbra schiuse.
Lascia scorrere i suoi occhi scuri lungo tutto il mio corpo e inarca un sopracciglio: «Esci?»
«No, ho indossato un vestitino e mi sono truccata solo per venire ad aprirti la porta», scherzo, ma lui non sorride.
«Non sei simpatica»
«Nemmeno tu», borbotto, «Mi fai passare? Mi aspettano».
Non si muove di un millimetro. Continua a stare fermo lì, a farmi la radiografia con la sua faccia seria.
«Con chi esci?»
«Con Davide e i suoi amici. Sono simpatici. Vuoi venire?»
«No, grazie», mi sorpassa e poi si gira per guardarmi ancora una volta, «Rinfrescami la memoria, Adè. Davide è il tuo partner di ballo?»
«No, quello è Daniele. Davide è il mio collega. Seguiamo sempre le lezioni insieme. Te l'ho già presentato, non ricordi?»
«Vagamente», farfuglia poi, «Farai tardi?»
«Non credo proprio», gli rivolgo un sorriso e gli faccio un cenno col capo in segno di saluto, «Vado»
«Adè»
«Cosa?»
«Sta attenta».
🌺🌺🌺
La serata procede bene.
Molto, molto bene.
Al terzo mojito ho smesso di pensare a tutte le brutte cose che mi sono successe negli ultimi giorni e adesso sto ridendo insieme ad un ragazzo che continua ad offrirmi da bere.
Si chiama Ivan, ha ventisette anni, fa il veterinario e ha due grandi, grandissimi occhioni verdi.
È un caro amico di Davide e mi chiedo come mai io lo stia incontrando solo adesso.
Un vero peccato.
È il veterinario più sexy della storia.
Dovrei adottare un cane.
Anche due.
Lui chiama il barista e ordina altri due drink, poi strizza l'occhio e mostra la sua fila di denti dritti e bianchi.
«Non credo di riuscire a reggerne un altro», ammetto.
Comincio pure a vederci doppio, ad essere sincera.
«L'ultimo», mi porge la mano, senza mai smettere di sorridere.
«L'ultimo», confermo.
Ed è l'ultima cosa che ricordo.
Quando apro gli occhi, la mattina dopo, credo di essere ancora ubriaca.
O forse sto sognando.
«Adele», Ivan sta scuotendo il mio braccio mentre sussurra il mio nome, «Adele, svegliati».
Sbatto le palpebre più volte e cerco di mettere a fuoco il suo viso angelico.
Poi, purtroppo, riesco a vedere bene tutto ciò che mi circonda.
Sono stesa sul pavimento logoro di una cucina, circondata da bicchieri e mozziconi di sigarette. Due ragazze stanno dormendo su un divano rosso mentre riesco a vedere un giovane uomo disteso sul tavolo.
Di chi sia la casa in cui mi trovo, al momento, non mi è chiaro.
«Adele», il veterinario continua a chiamarmi, «Hai idea di dove siamo?».
Oddio, sta messo peggio di me.
Il suo viso sconvolto, associato all'alcool che probabilmente circola nel mio corpo, mi fa scoppiare in una risata.
Lui, ovviamente, mi guarda come se fossi appena scappata dal manicomio.
«Cosa diavolo abbiamo fatto stanotte?», non riesco a fermare la mia risata isterica.
Ivan mi regala un tenero sorriso e si stringe nelle spalle, «Non lo so», afferra la mia mano e mi aiuta a tirarmi su, «Non conosco questa gente»
«Nemmeno io», bisbiglio, «Forse dovremmo... Uhm, ecco, tipo andare via», muovo un passo ed il mio piede scivola a causa di alcune mattonelle bagnate.
Fa che non sia vomito.
Fa che non sia vomito.
Il veterinario circonda la mia vita con un braccio e mi evita una brutta caduta, quindi continua a tenermi attaccata al suo corpo mentre attraversiamo il corridoio.
Anche qui c'è gente che dorme.
Compreso Davide che è abbracciato ad una ragazza.
Ivan lo nota immediatamente e lo scuote con poca delicatezza: «Alzati. Andiamo via».
Il mio collega si guarda intorno, visibilmente confuso. Si passa la mano sugli occhi e deglutisce: «Ma dove cazzo siamo?».
Ecco.
Appunto.
«Speravo che almeno tu fossi in grado di dirmelo», ammette Ivan.
Non mi era mai successa una cosa del genere.
Giuro.
Mai.
«Ecco perché non esco mai con te. Mi fai finire sempre in situazioni assurde», continua.
E ho voglia di ridere.
Quando sente la mia risata, Ivan si gira a guardarmi e arriccia le labbra, mostrando due splendide fossette: «È ancora ubriaca», dice a Davide.
«Anch'io», ribatte il suo amico, «Ma andiamo via da qui».
Schivo la testa di un ragazzo che è abbracciato ad un secchio e finalmente usciamo da quella casa.
Ci rendiamo conto di essere vicini alla Vucciria, il luogo in cui abbiamo passato la serata ieri.
Almeno non ci siamo spostati di molto.
Le strade sono bagnate, segno che ha piovuto durante la notte, e l'aria fresca del mattino mi fa rabbrividire.
«Ho perso la giacca», sentenzio.
Ivan si libera della sua giacca di pelle e me la poggia sulle spalle, «Prendi questa»
«Sei così carino», dico di getto, senza nemmeno pensarci.
E lo ammetto, sono davvero ancora un po' ubriaca.
«Non posso dire lo stesso di te. Sei molto più che carina»
«Okay, okay. Continuate a flirtare senza di me», Davide alza gli occhi al cielo e trattiene una risata, «Io torno a casa. Voi che fate?».
Ivan inumidisce le sue labbra e si schiarisce la voce: «Ti va di fare colazione?»
«Penso sia meglio tornare a casa», ammetto.
Sul suo viso leggo un po' di delusione, quindi continuo: «Possiamo fare colazione lì. Che ne dici? Ti avviso, abito al settimo piano e non c'è l'ascensore».
Ivan scuote la testa e ride, «Farò questo sacrificio molto volentieri».
Mezz'ora dopo siamo davanti alla porta del mio appartamento.
Abbiamo preso delle brioche appena sfornate al bar sotto casa e adesso sto cercando nella borsa le mie chiavi.
Sulle mie spalle si trova ancora la giacca di Ivan e molto probabilmente mi rimarrà il suo profumo addosso.
«Trovate!», strillo per poi abbassare la voce.
È praticamente l'alba.
La gente dorme.
«Entriamo piano», bisbiglio, «Vivo con altre persone, sai? Staranno dormendo. Tu vivi da solo?»
«Ho un piccolo appartamento tutto mio», mormora mentre entriamo, «Te lo farò vedere, se ci sarà l'occasione»
«Con piacere», rimango a guardalo per qualche istante, un sorriso da ebete stampato sulle labbra.
La bellissima atmosfera viene completamente presa a calci dalla voce di Mattia Caruso: «Ma bentornata!».
Mi giro di scatto in direzione del divano e le mie chiavi finiscono sul pavimento.
Il moro si alza con un balzo veloce e si para davanti a me, le braccia incrociate al petto.
Il suo sguardo rovente va da me a Ivan e viceversa.
Sembra furioso.
«Buongiorno, Mattì. Come mai sve-»
«Buongiorno? Buongiorno!?», passa nervosamente la lingua sulle labbra, «Mi prendi in giro?»
«Che ti prende?»
«Che mi prende?», sta urlando, «Hai la minima idea di dove cazzo sia il tuo cellulare, Adè?»
«Nella bor-»
«Ti ha sfiorato l'idea di avvisare che non saresti tornata a casa stanotte, eh? O di rispondere alle mie fottute chiamate?».
Ivan schiude le labbra per dire qualcosa, ma Mattia alza immediatamente il dito per zittirlo, «Nessuno ti ha chiesto di aprire bocca», ringhia, «Sto parlando con lei».
Io ammetto di essere confusa e al tempo stesso dispiaciuta.
Si è preoccupato per me?
«Non mi aspettavo di rimanere fuori per tutta la notte», farfuglio.
Il mio coinquilino mi osserva attentamente e poi inchioda con lo sguardo anche il povero veterinario.
Scommetto che non lo rivedrò mai più.
Che figura.
«Non te lo aspettavi», ripete, «Non te lo aspettavi»
«No», mi stringo nelle spalle e deglutisco, «È stata una serata davvero strana», ammetto e arriccio le labbra per trattenere una risata, «Ho perso pure la mia giacca».
Il moro deglutisce più volte, il suo pomo d'Adamo va su e giù mentre continua a fissarci in cagnesco.
I suoi occhi si posano sulla giacca di Ivan per una frazione di secondo, poi parla: «Sei ancora ubriaca», sentenzia.
«Me lo ha detto anche lui», indico il volto del veterinario e sorrido, «Comunque abbiamo portato la colazione. Ti unisci a noi?».
Mattia si concede una breve risata, «Adè»
«Dimmi»
«Vaffanculo».
Buonasera!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo, nuovo personaggio e nuovi litigi.
Amatemi, dai.
Ne vedremo delle belle 😍😍😍
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Fatemi sapere cosa ne pensate che sono stra curiosa.
Ivan vi piace? 😎
Vi lascio.
Un bacione, vi aspetto nei commenti. 😍😍
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