19. Ci sono io.

La mia testa pulsa, le mie mani tremano ed il mio cuore, molto probabilmente, cederà da un momento all'altro e smetterà di battere.
Davanti ai miei occhi c'è mio padre, ma non lo riconosco.
Mi sembra uno sconosciuto.
Mio padre non si chiuderebbe in uno stanzino con una donna.
Mio padre ama mia madre.
Non la tradirebbe mai.

«Adele, tesoro. Posso spiegare», usa il suo solito tono sicuro.
Può spiegare, dice.
Come se non fosse tutto abbastanza chiaro.
Stringo i pugni e cerco di dire qualcosa, ma la mia bocca non emette nessun tipo di suono.
Sono scioccata.

«Adele», mi chiama ancora, «Parliamone, okay? Siediti. Voglio spiega-»
«Va-vado via», farfuglio, «Non so chi sei», rigiro il cellulare tra le mani e lo poggio su un comodino azzurro, quindi asciugo in fretta una lacrima e sorpasso Mattia che mi segue senza proferire parola.
«Adele! Adele!», mio padre cerca di raggiungermi, ma il mio coinquilino decide di bloccarlo.
E lo ringrazio per questo.

«Penso sia meglio parlarne dopo, mh?», abbassa la voce per non farsi sentire dalle persone che ci circondano, «Sua figlia è abbastanza scossa, adesso».
Lui finge di non sentire le parole del mio coinquilino e torna a rivolgersi a me: «Posso spiegare»
«Non c'è niente da spiegare», riesco a dire, «Mi fai schifo».
Sembra essere colpito dalle mie parole, il suo volto adesso diventa una maschera colma di dispiacere.
Non si aspettava delle parole del genere.
Non da me, almeno.

Altre silenziose lacrime cadono dai miei occhi senza chiedere il permesso.
Ho la nausea.
Vorrei solo svegliarmi adesso e capire che si tratta di un incubo.
Non è reale, mi dico.
Non può essere reale.
Gli dedico un ultimo sguardo colmo di disprezzo e cammino a grandi passi verso l'uscita, seguita da Mattia che afferra prontamente il mio corpo nel momento in cui ho un capogiro.

Circonda la mia vita con un braccio e mi tiene stretta a sé, quindi si ferma vicino alla mia macchina e deglutisce rumorosamente.
«Okay, okay. Fermiamoci un secondo, va bene? Respira», sistema una ciocca di capelli dietro il mio orecchio e passa la lingua sulle sue labbra.
Continua a tenermi in piedi; la sua faccia è vicinissima alla mia ed i nostri nasi quasi si sfiorano.
Se solo mi lasciasse andare, proprio ora, crollerei a terra come una mela caduta dall'albero.

«M-mi tremano le gambe», sussurro, non so nemmeno io cosa sto dicendo, «E potrei svenire da un momento all'altro», continuo, «Mi manca l'aria».
Mattia sospira e assottiglia gli occhi scuri; non smette di accarezzare il mio viso nemmeno per un istante: «Facciamo dei respiri profondi», suggerisce, «Non svenire, Adè. Respira»
«Respiro»
«Brava. Continua a farlo», m'inchioda con lo sguardo e infila le mani nella mia borsa senza mai abbandonare i miei occhi, «Sto prendendo le chiavi della macchina», spiega, «Adesso andiamo via da qui, mh? Dove vorresti andare?».

Chiudo gli occhi e cerco di dare una calmata al battito del mio cuore.
Il mio corpo non smette di scuotersi mentre il nodo alla gola si fa sempre più grosso e ingarbugliato.
Sto cercando di trattenermi, ma non riesco a non rivedere nella mia testa la scena che ho visto pochi istanti fa.
Un singhiozzo sfugge dalle mie labbra e poi un altro e un altro ancora.
Premo la testa sul petto di Mattia e chiudo gli occhi quando mi stringe in un abbraccio.
«Piangi pure», sussurra, «Ti farà bene», lascia un bacio sulla mia testa e mi stringe più forte.
E lo giuro, mi sembra quasi di provare sollievo.

Rimaniamo fermi lì, abbracciati nel mezzo di un parcheggio, accompagnati dal suono dei miei singhiozzi.
Le persone attorno a noi ci dedicano sguardi fuggenti e borbottano qualcosa a bassa voce, ma rimaniamo immobili, aggrappati l'uno all'altro.
La t-shirt bianca di Mattia è bagnata dalle mie lacrime e sporca di mascara.
Tiro su col naso e cerco di togliere la macchia con le mie dita, «Scusa», dico, «Ho macchiato la tua maglietta e devi... Devi prendere un autobus».

Le mani del moro si spostano sulle mie braccia, «Fermati, Adè. Tranquilla. Non importa»
«Posso... Posso toglierla», continuo a sfregare le dita contro il tessuto della maglietta e sussulto quando afferra i miei polsi per bloccarmi.
Alzo lo sguardo ed il mio cuore trema davanti alle sue iridi nere e profonde.
«Andiamo via da qui, okay?»
«Ti accompagno alla... Alla stazione», farfuglio.
Mi rivolge un tenero sorriso e lascia un bacio sulla mia guancia, «Andremo dopo alla stazione. Ci sono altri autobus, no? Non preoccuparti», apre la portiera della macchina e mi invita a prendere posto sul sedile del passeggero.

«Ma-»
«Non preoccuparti», ripete, «Guido io, se non è un problema», si abbassa all'altezza del mio viso e passa i pollici sulle mie guance bagnate, «Respira, okay?»
«Okay»
«Facciamo un giro, ti va?»
«In realtà vorrei-»
«Perfetto», chiude la portiera e sorride, quindi fa il giro della macchina e prende posto sul sedile, «Metti la cintura», mi dice, «Dove andiamo?».

Deglutisco e tiro su col naso.
Vorrei solo andare a casa, fiondarmi a letto e piangere a fiumi.
«Torniamo a casa», la mia voce è rauca e la gola brucia ad ogni parola.
Mattia arriccia le labbra e scuote la testa, «Non è una buona idea»
«Perché?»
«A casa c'è tua madre», sussurra, l'espressione seria, «E sta preparando una festa per tuo padre insieme a tuo fratello. Probabilmente mi sbaglio, ma scoppieresti a piangere prima ancora di trovarti davanti a loro»
«Hai ragione», la mia voce s'incrina e pochi istanti dopo sto nuovamente piangendo.

«Cosa dovrei fare? Dovrei dirlo a mia madre? A Salvo? La mia famiglia si distruggerebbe. Salvo non riuscirebbe più a guardare negli occhi mio padre e mamma... Mio Dio, mamma. Perché le ha fatto questo?», molto probabilmente sto urlando e le parole che dico sono poco comprensibili, ma il mio coinquilino mi ascolta attentamente, senza mostrare nessun tipo di espressione.
Non sta giudicando la mia reazione, né il comportamento di mio padre.
O semplicemente sono io a non comprendere ciò che gli passa per la testa in questo momento.

«Penseremo dopo a cosa fare», risponde.
«Dopo? Come faccio a pensarci dopo, Mattì? Era mio padre quello dentro la stanza con la camicia aperta!»
«È stato lui a sbagliare», risponde, «E deve essere lui a capire come comportarsi. Tu... Prenditi del tempo»
«Come faccio a prendermi del tempo!?»
«E cosa vorresti fare? Tornare a casa e urlare a tua madre che suo marito la tradisce? Magari mentre sta sistemando candeline e palloncini per la festa a sorpresa?».

Cala il silenzio.
Ha ragione.
Non posso dirle tutto.
Non adesso, almeno.
«Possiamo... Possiamo andare nella mia casa al mare», propongo ed il moro si lascia sfuggire uno strano sorrisetto mentre mette in moto.
«Okay. Andiamo lì. Seguirò le tue indicazioni»
«Va bene», sospiro, quindi osservo il suo profilo perfetto mentre ingrana la marcia ed esce dal parcheggio.
Una voce, dentro di me, mi suggerisce di dire qualcosa.
«Mattì»
«Sì?»
«Grazie».

🌺🌺🌺

«Fermati qui. Siamo arrivati», indico il cancello di casa mia e Mattia ferma la macchina, lanciando una veloce occhiata alle mura tinte di giallo e al giardino ben curato.
Esco fuori dall'auto e cerco nella borsa le chiavi, quindi faccio un cenno col capo in direzione dell'ingresso ed invito Mattia ad entrare.
Una volta dentro casa, però, il mio cuore si stringe e gli occhi si appannano.
Tutti i momenti felici vissuti tra queste quattro mura sembrano ormai un ricordo lontano.
Avremo ancora altre vacanze in famiglia?
Ne dubito.
La mia famiglia è distrutta ed è tutta colpa di mio padre.

Mattia, accanto a me, si schiarisce la voce per rompere il silenzio.
Io sussulto e mi stampo un sorriso finto sulle labbra, «Fa come se fossi a casa tua», mormoro, «In frigo dovrebbero esserci delle bibite e puoi trovare del cibo nei vari cassetti della cucina. Adesso, se non ti dispiace, vorrei stare un po' da sola».
Il moro punta i suoi occhi nei miei e studia la mia espressione per diversi secondi.
Sembra combattuto.
Molto probabilmente non sa se lasciarmi andare o tenermi ancora vicino a sé.
Poi, però, spinto da un atto di comprensione, decide di lasciarmi libera.

«Io rimarrò qui», indica il divano, «Chiamami se hai bisogno di qualcosa, okay? Qualsiasi cosa»
«Non preoccuparti», indietreggio di qualche passo ed il mio corpo si irrigidisce quando, con uno scatto veloce, afferra il mio polso e mi stringe in un abbraccio.
Anche adesso, come prima, mi sembra di trovare conforto tra le sue braccia muscolose e accoglienti.
Inspiro il profumo dolce che emana la sua pelle mentre con una mano accarezza i miei capelli.
«Mi dispiace per quello che ti sta succedendo», soffia al mio orecchio.
«Anche a me», dico, «Anche a me».

Più di un'ora dopo, mi ritrovo ancora su un letto a cercare di smettere di piangere.
Ma come si fa?
Come si fa a fingere di stare bene?
Chiudo gli occhi e rivedo nella mia testa l'espressione sorpresa di mio padre, la sua camicia aperta, il viso sconvolto della dottoressa.
Ho la nausea.
Tiro su col naso e affondo la testa sul cuscino.
Cosa dovrei fare, adesso?
Come guarderò in faccia mia madre?
E Salvo?

Due colpi contro la porta mi fanno sussultare e mi metto immediatamente seduta, cercando di ripulire la mia faccia dal mascara colato sulle guance.
«A-avanti», dico con voce rauca.
Mattia entra nella stanza con un vassoio tra le mani ed un tenero sorriso sulle labbra. I suoi capelli castani sono scompigliati e sulla sua t-shirt sono ancora evidenti le macchie di trucco che gli ho lasciato.

«Ho... Ho pensato di portarti qualcosa da mangiare. Ho trovato solo dei toast ed un barattolo di Nutella», spiega, sembra quasi in imbarazzo mentre evita il mio sguardo.
È come se si vergognasse del suo gesto.
«Ti ho portato anche del tè», continua.
«Grazie», mi schiarisco la voce, «Ma non ho fame»
«Mh», fa una smorfia e si abbassa per poggiare il vassoio sulla scrivania, poi viene a sedersi sul letto, «Stai piangendo da più di un'ora»
«Può darsi», borbotto.

«Adè», si concede un respiro profondo e si passa una mano tra i capelli, «Non so cosa dire, davvero»
«Non devi dire nien-», smetto di parlare quando riesco a sentire il suono del mio cellulare.
Sgrano gli occhi e balzo in piedi per riuscire a cercarlo nella borsa, quindi le mie mani iniziano a tremare nel vedere che è mia madre a chiamarmi.
Mi schiarisco la voce e mi concedo un respiro profondo, poi decido di rispondere: «Ma-mamma?», sussurro appena.

«Adele, dove sei? Hai accompagnato Mattia alla stazione? Ci sono una marea di cose da fare! Dovresti andare a ritirare i fiori, le lanterne e la torta, tanto per cominciare. Riesci a farlo da sola? Vuoi aiuto?».
Un singhiozzo sfugge dalle mie labbra all'improvviso e sono costretta a tapparmi la bocca con una mano.
Mattia si alza in fretta e afferra il mio cellulare, quindi lo porta al suo orecchio e comincia a camminare avanti e indietro: «Pronto? Sono Mattia. Uhm, Adele sta bene. Le è andata di traverso una... Una tartina. Era... Era piccante. Sta bevendo dell'acqua», inventa sul momento e gesticola animatamente, «Oh, ehm, io ho deciso di rimanere ancora un altro giorno. Annulleró i miei impegni», punta i suoi occhi nei miei ed il mio cuore si stringe.
Nonostante le mie guance siano bagnate dalle lacrime, un sorriso cerca di farsi largo davanti al suo tentativo di aiutarmi.

«Una tartina piccante? Davvero?», bisbiglio ed il mio coinquilino cerca di trattenere una risata, fingendo dei colpi di tosse prima di tornare a parlare con mia madre.
«Ci occuperemo di tutto noi. Non si preoccupi. A dopo!», detto questo, termina la chiamata e lancia il cellulare sul letto, «Non sapevo cosa dire! Ti sembrava il momento di cominciare a singhiozzare? Un po' di autocontrollo, Adé».
Apro la bocca e la richiudo più volte.
Ho sentito bene?

«Oh, scusa se non riesco a togliermi dalla testa l'immagine di mio padre con un'altra donna!»
«So che hai appena subito un trauma e che la tua famiglia del Mulino Bianco molto probabilmente sarà un lontano ricordo, ma adesso devi fingere che tutto vada bene, mh?», preme le mani sulle mie spalle e assume un'espressione seria, «Vai a lavare quella faccia, mangia un toast e andiamo via da qui. Abbiamo un sacco di cose da fare», afferra un toast e lo infila dentro la mia bocca, poi mi lascia un buffetto sulla guancia e strizza l'occhio, «Mangia, Adè. Mangia in fretta, okay?».
Sollevo i pollici e lui sorride radioso, «Così mi piaci».

🌺🌺🌺

«Fiori?»
«Ci sono»
«Candele?»
«Sono dentro a quegli scatoloni»
«Le lanterne? A tuo padre piacciono così tanto», mia madre sorride e osserva il giardino di casa nostra.
Il suo entusiasmo mi fa venire un brutto nodo in gola e la mia voce si incrina quando parlo: «Le lanterne... Le lante-», scoppieró a piangere da un momento all'altro, dannazione.
«Le lanterne sono in macchina!», Mattia assesta una leggera gomitata sul mio fianco e lo uccido con lo sguardo.
Fortunatamente, però, l'attenzione di mia madre, adesso, è completamente rivolta a lui.

«Grazie, tesoro. Sei stato molto gentile e sono davvero felice di vederti qui. Il tuo aiuto è stato prezioso, vero Adele?»
«Vero!», urlo ed il moro scuote la testa.
Non sono in grado di nascondere le cose.
Mi scopriranno.
Mia madre capirà che c'è qualcosa che non va in me.
«Stai bene, cara? Mi sembri un po'... Scossa»
«I-io?»
«Sta bene», è sempre Mattia a rispondere per me, «È solo stanca. Tutti quei fiori e quelle lanterne... Un lavoraccio, vero Adé?», e ancora un'altra gomitata mi fa sussultare.

Gli pesto il piede con tutta la forza che ho e sorrido nervosamente: «Vero! Verissimo! A-adesso noi andiamo via»
«Dove andiamo?», sussurra al mio orecchio per non farsi sentire e rabbrividisco nel sentire il suo fiato caldo sul mio collo.
«A recuperare uno smoking per te! Mia madre ha già pensato a quello di Luca. Seguimi!», afferro il suo polso e lo trascino via con non poca fatica.
«Smoking? Perché dovrei indossare uno smo-»
«Saremo tutti molto eleganti», borbotto, «Salvo avrà già uno smoking da darti, sta tranquillo»
«Che razza di festa è?», bisbiglia, «State organizzando una semplice festa di compleanno. A casa, per di più. Che motivo c'è di-»
«Mattì», mi fermo nel mezzo del giardino e lascio la presa sul suo polso, «Saranno tutti eleganti. Mia madre ha deciso così. Puoi andare a lamentarti con lei e spezzare il suo povero cuoricino che sarà poi fatto a pezzi da mio padre».
Silenzio.

Deglutisce più volte e poi sbuffa: «Non ci sono altri autobus per tornare a Palermo in giornata?»
«No», mento.
Mi costa molto ammetterlo, ma non riuscirei a superare la serata senza di lui qui intorno a parlare per me quando avrò voglia di singhiozzare.
«Sicura?»
«Sicurissima. Che problemi hai con lo smoking? Starai benissimo!»
«Su questo non avevo dubbi», ribatte in fretta.
«Beh, andiamo a prepararci, allora! Abbiamo bisogno di una doccia, tanto per cominciare»
«Andiamo insieme?», le sue labbra sfiorano il mio lobo e rabbrividisco, quindi colpisco il suo braccio con un leggero pugno e rido nervosamente.
«Ti piacerebbe, Mattì, ti piacerebbe»
«Anche a te, Adè. Fidati».
In tutta risposta decido di alzare elegantemente il mio dito medio.
Lui, invece, mi lascia un bacio sulla guancia prima di entrare in casa senza più voltarsi indietro.
E per qualche istante mi dimentico di respirare.

🌺🌺🌺

«Martina, per favore, potresti passarmi gli orecchini?», guardo il mio riflesso alla specchio e faccio una smorfia mentre cerco di sistemare al meglio il mio chignon.
La mia amica prende ciò che le ho chiesto e mi guarda attentamente, «Questo vestito è un incanto»
«Il blu le dona», aggiunge Michela mentre si trucca.
Fisso il mio abito lungo e fingo di sorridere, «Me lo ha regalato mio padre»
«Ha occhio», ribatte Martina, «E tua madre ha organizzato una festa meravigliosa. Il giardino è davvero fantastico con tutti quei tavoli, i fiori e le luci».

Sto per rispondere, ma lei continua: «Tu e Mattia avete pensato alle decorazioni, vero? Avete portato tutto voi, no? Siete spariti per un giorno intero».
Il modo in cui mi guarda, così sospettoso, mi innervosisce.
«Mi ha aiutata, sì»
«E avete parlato della scorsa sera? Insomma, ti ha parlato della sua ragazza? Ha rotto con lei o è una sua abitudine tradirla?».
Nella stanza cala il silenzio e mi muovo nervosamente sul posto, «No. Non ne abbiamo parlato»
«E di cosa avete parlato? Insomma, siete stati insieme molte ore»
«Sei gelosa, Martì?», è Michela ad intervenire, «E perché Adele dovrebbe darti delle spiegazioni, poi? Preparatevi in fretta e senza troppe chiacchiere. Stanno arrivando gli ospiti», le rivolge un sorriso finto, «Io vado in giardino. Sono pronta»
«Vengo anch'io», ringhia Martina, poi borbotta qualcosa a bassa voce prima di uscire dalla stanza.

Quando rimango sola, i miei occhi cominciano a pizzicare e le mie mani tremano un po'.
Per l'ennesima volta guardo il mio abito e soffio dell'aria fuori dalle labbra.
Ripeti con me, Adele.
Non devi piangere, okay?
Non devi.
Afferro una collana e cerco di chiuderla, ma il tremolio delle mie mani non mi aiuta per niente.
Sbuffo più volte e cerco di trattenere un urlo isterico.
Ho voglia di lanciare la collana giù dalla finestra e tagliare il vestito in tanti piccoli pezzetti.
Forse dovrei farlo sul serio.

Due colpi alla porta interrompono i miei pensieri da pazza psicopatica; poggio la collana sulla scrivania e vado ad aprire, trovandomi davanti Mattia.
Il suo profumo investe immediatamente le mie narici ed i suoi occhi scuri mi inchiodano e mi paralizzano.
Indossa lo smoking, i suoi capelli castani sono ben pettinati e le sue iridi stanno già studiando attentamente ogni millimetro del mio corpo.
Davanti a tanta bellezza non riesco nemmeno a muovermi.

Lui schiude le labbra e le richiude più volte, si schiarisce la voce e scuote la testa: «Mi fai entrare?»
«Entrare? Pe-perché? Stavo per uscire», muovo un passo in avanti e sento la terra tremare sotto i piedi quando preme le mani sui miei fianchi e mi spinge a tornare indietro.
Chiude la porta alle sue spalle e perlustra la camera con lo sguardo prima di tornare ad osservare me.
E lo giuro, il modo in cui mi guarda mi sta uccidendo.
«Sono venuto a vedere come stai», mormora.
«Sto lavorando sul mio autocontrollo», farfuglio, «Cercherò di non piangere durante il taglio della torta».

Sorride dolcemente e si appoggia alla scrivania; afferra la mia collana e la rigira tra le dita: «Devi metterla?»
«Mh-mh», annuisco.
«Ti aiuto», cammina verso di me e mi ritrovo a deglutire rumorosamente.
Davanti a noi c'è lo specchio e sono costretta a guardare le mie scarpe per evitare di arrossire come un'adolescente alla prima cotta.
Di tanto in tanto, però, lancio un'occhiata al riflesso di Mattia che si sistema dietro di me.
Le sue dita sfiorano il mio collo e rabbrividisco.

Adè, dai.
Ricorda il modo in cui ti ha trattata la scorsa sera.
La gentilezza di oggi deriva solo dalla pietà che prova per te.
È semplice.
È gentile solo perché gli fai pena.

«Volevo scusarmi», dice all'improvviso, la sua bocca è fin troppo vicina al mio orecchio, «Per il modo in cui ti ho trattata. Probabilmente la mia reazione è stata esagerata»
«Non dovevo frugare tra le tue cose», la mia voce si sente a malapena.
Sto perdendo la dignità.
Riprenditi, Adele.
Dannazione.
«Non dovevi», conferma, facendo scorrere un dito lungo il mio collo per poi attraversare la mia schiena scoperta.

«Ma sei stato piuttosto stronzo con me. Merito delle scuse, in effetti»
«Ero arrabbiato», parla piano.
«Okay», respiro profondamente.
Sento il bisogno di prendere una boccata d'aria fresca ed il suo corpo attaccato al mio non mi aiuta per niente.
«Hai... Hai finito con la collana?»
«Mh-mh»
«A-allora possiamo andare».
Il suo dito adesso sfiora il mio braccio e mi viene la pelle d'oca.
«Sì», conferma, «Comincia a fare caldo, qua dentro, non trovi?»
«No!», quasi urlo, «Si sta benissimo. La temperatura è perfetta!».

Mi giro a guardarlo e lo sorpasso, camminando velocemente in direzione della porta.
Via.
Sto per abbassare la maniglia quando Mattia torna a parlare: «Adé»
«Sì?»
«Non starmi troppo lontana, stasera».
Corrugo la fronte e boccheggio per qualche istante, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
«Non ti seguo», ammetto.
«Beh, se mi starai vicino potrò coprirti quando non riuscirai a controllare le tue emozioni. Abbiamo già visto questo pomeriggio che il tuo autocontrollo è pari a zero»
«Ah. Ti riferivi... All'autocontrollo. Certo. Pensavo...», pensavo che volessi tenermi vicina a te, solo per il piacere di avermi attorno.

«Pensavi?», sorride furbo e preme la mano sulla mia schiena mentre usciamo dalla stanza.
«Nulla. Ti starò vicina. Hai ragione. Probabilmente mi servirà il tuo aiuto, grazie. Sei... Sei un buon amico», ma cosa diavolo sto dicendo?
Mattia inumidisce le sue labbra e si lascia sfuggire una piccola risata:
«Un buon amico, eh?»
«Proprio così»
«Okay», circonda la mia vita con un braccio e torna a sussurrare al mio orecchio, «Allora andiamo, amica. Abbiamo una lunga serata davanti»
«Molto, molto lunga»
«Lunghissima, amica mia. Lunghissima. Ma non preoccuparti, ci sono io».

Buonasera!
Rieccomi con un nuovo lunghissimo capitolo.
Non mi aspettavate così presto, eh?
Sono tornata 😈😈
Fatemi sapere di cosa ne pensate dei due amici 😂😂😂😂
Non ci credo manco io che l'ho scritto raga.
Vi ringrazio per tutto il sostegno che mi date e per aver letto.
Siete preziose. 🌹
A presto.

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