9. Carte Scoperte
Il panico la attraversava a ondate. Si era lasciata coinvolgere troppo, tanto da abbassare completamente la guardia. Non riusciva a credere che avesse agito con così tanta leggerezza. Non pensare a una cosa così importante, come aveva potuto?! E proprio adesso che aveva deciso di smettere, poi...
Emanuele stava scappando da lei. L'aveva lasciata lì, a piangere sui suoi segreti senza nemmeno affrontarla. Non poteva lasciarlo andare via, doveva parlargli, spiegare. Raddrizzò la schiena, il respiro affannato come se avesse corso una maratona. Aprì la porta e percorse a passo di marcia l'albergo a piedi nudi, incurante del freddo invernale che le gelava le ossa. Alla Hall si ritrovò lo sguardo stupito di Marco addosso e non riuscì a controllarsi, chiese con un tono che suonò vagamente disperato: «Dov'è andato?»
«È uscito dal terrazzo, signorina Rocca.»
E, di nuovo, Valentina si ritrovò a scendere le scale di pietra del terrazzo per rincorrere Emanuele, che stavolta però aveva quasi raggiunto la sua auto.
Doveva averla sentita arrivare. «Ecco perché tu non esci con gli uomini, a te piace guardarli». Parlò prima che lei potesse dire alcunché; le dava le spalle ma nella sua voce profonda non c'era alcuna traccia del solito calore.
Lei non seppe cosa rispondere a quell'amara verità. Rimase immobile per un attimo prima di pronunciare la sola parola possibile. «Sì.»
Lui annuì. Sembrava non aspettasse altro che quella conferma. «Non hai altro da dire?»
«Io...» Valentina tentò di articolare una frase, ma lui si voltò di scatto, e la maschera di disgusto che lei vide dipinta sul suo viso la sconvolse. «Sto cercando di smettere.»
«Stai cercando? E per questo hai accettato di uscire con me? Per tirarti fuori da questa follia?»
«Ti sbagli». Tu sei la ragione che mi ha spinto a smettere, avrebbe voluto dirgli ma non lo fece. Sarebbe stato inutile, non le avrebbe mai creduto. «Lasciami spiegare.»
Una risata amara uscì dalle sue labbra. «Cosa dovresti spiegare? La tua è una perversione. Quanti uomini prima di me hai coinvolto per cercare di tenerla a bada?»
Valentina strinse i pugni. «Sono anni che non esco con un uomo, Emanuele. Non ho mai mentito.»
«Non ci credo». Lo scetticismo sul suo viso era evidente. «Perché mai una donna come te non dovrebbe uscire con nessun uomo per anni?»
«Perché avevo paura dopo quello che mi è successo!» Pur non essendoci alcun accenno di scherno nella sua domanda, lei sbottò. Non aveva mai avuto il coraggio di raccontare a nessuno della sua sottomissione sessuale e psicologica, e ancora non sapeva se era disposta a farlo con lui.
«E cosa è successo?»
«È una lunga storia.»
«Non credi che io meriti almeno di sentirla?»
«Io... È complicato.»
«Non credi che sia difficile anche per me?» Il suo tono crebbe di volume.
«Per te? Tu non hai idea di quanto sia difficile per me convivere con quello che ho vissuto!» Il suo respiro era accelerato, il suo tono isterico. Si fermarono a fissarsi, entrambi col fiato corto, in attesa.
E poi le parole uscirono dalla bocca di Valentina una dopo l'altra. Raccontò di Vicktor, della loro relazione malata, del suo voler assecondare ogni perversione sessuale di lui per paura di perderlo, della fine improvvisa della loro relazione che era stata, fino a quel momento, tutto il suo mondo.
«Ho comprato la Villa perché lui mi portava sempre qui, a fare i suoi... giochi. Sicuramente hai sentito anche le voci riguardo a ciò che a questo posto era prima di diventare mio. Sappi che sono tutte vere. Ho vissuto cose qui che mi hanno cambiata nel profondo e non volevo che nessun altro dovesse vivere quello che ho vissuto io in questo posto bellissimo. Così l'ho comprato spendendo ogni centesimo dei miei risparmi. Quando ho rimesso tutto a nuovo, gli specchi erano già qui, non ho avuto la forza di toglierli e, pian piano, ho cominciato anche ad usarli.» Le sue mani tremavano tanto da farla sussultare ma non era il freddo a scuoterla, era la forza di quelle parole che per la prima volta si erano fatte strada attraverso le sue labbra. «Credimi se ti dico che non ho mai avuto nessuna voglia di smettere fino a quando ho conosciuto te. Da allora è stato diverso. Non lo nego, ho usato gli specchi anche quando abbiamo cominciato a frequentarci, ma sentivo di non volere più farlo, in realtà. Ho capito che era qualcosa di malato, di sbagliato, ho capito che lo stavo facendo solo per trovare nelle relazioni degli altri un pizzico di quello che ho vissuto con lui, ma mi sono accorta che adesso non voglio più. Ho provveduto a svolgere i lavori necessari per chiudere alcune finestre ed entro la fine della settimana prossima saranno chiuse tutte, anche quelle che hai visto. Questa è la mia decisione e non tornerò più indietro, a prescindere da quale sarà la tua». Era la verità. Ne rimanevano solo sei, meno della metà e, se solo lui fosse entrato nella porta a sinistra, non avrebbe trovato altro che un cantiere.
Emanuele era rimasto ad ascoltarla senza mai interromperla. Sul suo volto Valentina vide susseguirsi rabbia, sospetto, tristezza, pietà e, infine, compatimento. «Perché hai scelto proprio me?»
«Sei tu che hai scelto me», rispose semplicemente lei.
Restarono a fissarsi con l'eco di quelle parole ancora nell'aria, finché lui distolse lo sguardo. «Le tue labbra stanno diventando viola per il freddo. Faresti meglio a rientrare». Aprì lo sportello, senza guardarla. «Il tuo segreto è al sicuro con me». Entrò e chiuse la portiera. Avviò il motore e lasciò Valentina da sola nella notte, gelata nel corpo e nell'animo.
–
«Salve, vorrei parlare con il dottor Foti». Era l'ennesimo tentativo. Tratteneva la cornetta con la guancia mentre con l'altra firmava documenti nel suo ufficio. Erano passate tre settimane ed Emanuele non aveva mai risposto alle sue chiamate.
«Chi lo cerca?»
«Valentina Rocca.»
La voce annoiata della segretaria sciorinò lo stesso, meccanico messaggio nell'udire il suo nome. «Il dottore è impegnato oggi, riprovi domani.»
«Certo. Grazie.»
La segretaria riagganciò prima che lei potesse finire di articolare la risposta. Valentina si passò la mano sul volto. Le rimaneva un ultimo tentativo da fare, poi lo avrebbe lasciato libero. Prese le chiavi della sua auto e si preparò per il suo viaggio verso la capitale.
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