8. Andava tutto bene


Andava tutto stranamente bene, quella sera.

Emanuele aveva portato Valentina in un piccolo locale nel centro storico di Firenze. L'atmosfera era informale, con ottimo vino rosso d'annata e carne squisita.

Lui aveva la barba più corta e il volto meno segnato dalla stanchezza, rispetto all'ultima volta in cui si erano visti. A ogni sorriso, i suoi occhi neri brillavano come tizzoni ardenti. Valentina li avvertiva su di sé come una calda carezza, seguivano le sue mani curate, indugiavano sulla curva del suo seno fasciato da un aderente abito di pizzo nero, sulla bionda cascata dei suoi capelli sciolti sulle spalle. La conversazione scorreva liscia, senza intoppi, segno che entrambi stavano finalmente iniziando a lasciarsi andare.

«Girano molte voci su di te». Il tono con cui Emanuele pronunciò quella frase era divertito, ma il suo sguardo tradiva una punta di curiosità.

Valentina sorseggiò lentamente il vino e si tamponò le labbra con il tovagliolo. Conosceva bene quelle voci. «Raccontamene una.»

«Ho sentito dire che nessuno ti ha mai visto in compagnia di un uomo.»

Lei abbozzò un sorriso. «Non mi ero accorta di essere così selettiva.»

«Sai cosa intendo». Lui prese un altro boccone di carne succulenta e aspettò che lei rispondesse, guardandola sottecchi.

«Di rado ho degli appuntamenti, ancor più di rado con i clienti della mia attività. Tendo a tenere le due cose separate.»

«Devo ritenermi fortunato, allora?»

«Suppongo di sì». Risero entrambi e Valentina si accorse che quella voce profonda risuonava ormai familiare alle sue orecchie, e più di una volta si ritrovò a sforzarsi per evitare di fissare le labbra piene di Emanuele.

Osservandolo indossare il cappotto alla fine della cena, pensò che l'uomo non accusasse affatto i suoi quarantacinque anni. La coordinazione dei suoi movimenti era pressoché perfetta e l'armonia dei suoi gesti pareva guidata da una precisione chirurgica. Anche lui la stava guardando e i loro occhi si incontrarono. Uscirono nella gelida notte fiorentina con gli sguardi ancora allacciati tra loro e passeggiarono uno di fianco all'altra, sfiorandosi appena, finché Valentina non ruppe il silenzio. «Dove siamo diretti?»

Un lento sorriso animò il volto di Emanuele. «Vedrai». Le dita calde dell'uomo cercarono il palmo della sua mano e la strinsero con dolcezza, e Valentina si lasciò guidare nel dedalo di vicoli deserti di una città che lei conosceva bene come le sue tasche. Pochi minuti dopo, Emanuele mancò il gradino di un marciapiede e fu costretto a sorreggersi a lei per restare in piedi. Valentina d'istinto gli appoggiò una mano sul petto e si ritrovarono con i volti a pochi centimetri l'uno dall'altro. In quell'istante lei lesse nello sguardo di Emanuele un'emozione che non riuscì a decifrare e lo vide distogliere lo sguardo, in imbarazzo. «Scusami, io...»

Lei liquidò la faccenda stringendo la presa sulla sua mano. «Tranquillo, anche ai migliori succede di inciampare dopo un bicchiere di buon vino.»

Lui non rispose, ma virando a destra si ritrovarono ad ammirare in religioso silenzio una Piazza del Duomo quasi deserta. Emanuele si diresse in un angolo buio e appartato, in prossimità della porta di un cantiere di ristrutturazione, bussò e poco dopo la porta di fortuna si aprì in uno spiraglio che rivelò la presenza di un uomo piuttosto anziano. «Mezz'ora, Dottore.»

«Certo, Ugo!» Strinse più forte la mano di Valentina e la trascinò nel buio con sé, verso una porta di emergenza socchiusa.

«Stiamo davvero per fare quello che penso, Dottore? Avevo una più alta opinione di lei!» Emanuele le rivolse un sorriso impertinente.

«Dobbiamo sbrigarci, abbiamo solo ventinove minuti per salire fino in cima.»

La mano di Emanuele non lasciò neanche per un attimo la sua durante la salita nel buio della notte tra gli affreschi del Vasari. A Valentina sembrava di stare vivendo un'esperienza surreale, e la fredda aria della notte la riscosse quando, quindici minuti dopo, arrivarono in cima. Sulla lanterna della Cupola del Brunelleschi Firenze era magnifica, illuminata da mille luci e da uno spicchio di luna al centro del cielo. «È... bellissimo», sussurrò, voltandosi verso di lui. Trovò i suoi occhi splendenti nella notte e poi l'altra sua mano, le sue labbra morbide, le sue braccia calde.

In macchina, di ritorno verso la Villa, scambiarono poche, brevi frasi e proseguirono in silenzio. Più volte la mano di Emanuele sfiorò il suo ginocchio nudo mentre azionava la leva del cambio, creando una tensione che sembrava aumentare esponenzialmente ogni volta che quel gesto si ripeteva. La berlina grigia si fermò nel parcheggio della Villa e lui si voltò a guardarla. Il desiderio sul suo viso era così evidente da provocarle una morsa allo stomaco. Emanuele stava aspettando la sua mossa e lei cercava di racimolare il coraggio necessario per compierla.

«Ti va di venire a casa mia?» Non aveva mai pronunciato quella frase. La sua voce suonava incerta e tesa. «Potremmo concludere la serata con un ultimo brindisi.»

«Non potrei mai dirti di no.»

Le mani di Valentina tremavano quando aprì per la prima volta la porta di casa sua in compagnia di un uomo. Guidò Emanuele verso la cucina e lo fece accomodare su uno degli sgabelli dell'isola. Mentre prendeva due calici dalla credenza, sperò di possedere almeno un po' della sua eleganza innata.

«Bianco o rosso?»

«A te la scelta, durante la quale io farei una visita alla toilette, se la padrona di casa me lo permette». Emanuele sembrava agitato, ma Valentina pensò che anche lei doveva apparire così.

«Seconda porta alla tua destra, appena fuori il corridoio.»

Lei scrutò la sua collezione di vini e alla fine scelse una bottiglia di Coda di Volpe del Sannio. Aveva il fiato corto per l'emozione, le viscere sottosopra. Poi sentì una porta sbattere, dal rumore si rese conto che si trattava della porta d'ingresso e un'orribile sensazione di disagio la pervase. Si precipitò in corridoio e vide che la porta che Emanuele aveva aperto non era quella del bagno, ma quella in fondo al corridoio di moquette rossa: lo stanzino con gli specchi sulla stanza 2, sulla 3 e sulla 6. Appoggiò entrambe le mani al muro cercando di ricordarsi come ricominciare a respirare.

Andava tutto bene. Fino ad allora.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top