7. La verità è una spada
Valentina era tornata nel corridoio di moquette rossa, quella sera. Aveva vissuto in una bolla da quando Emanuele era partito: non aveva lasciato spazio a nient'altro nella sua testa, se non a lui. Non si vedevano da una settimana, ma non era passato un solo giorno senza che lui le avesse telefonato almeno due volte al giorno. E da quando l'aveva visto nel giardino l'ultima volta, lei non riusciva a non contare le ore che li separavano dal loro prossimo incontro. Era una sensazione del tutto nuova per lei, ricevere le attenzioni di qualcuno e ricambiarle, erano gesti che non avevano mai veramente fatto parte della sua vita. Ora non sentiva solo la mancanza del sesso o del desiderio, ma della persona, del piacere della sua compagnia.
A far scoppiare la bolla era stata una coppia, lui uomo sicuro e dominante, lei sempre un passo indietro a occhi bassi; a spingerla a mettere un passo avanti all'altro era un'eccitante tentazione. Si sentiva diversa, però, era incerta e titubante, come se una parte di lei non volesse veramente farlo. La sua mano indugiò per diversi secondi sulla maniglia della porta, ma alla fine l'abbassò comunque. Sbirciò nella finestrella più piccola e vide che l'uomo stava legando con delle corde la sua donna alla poltrona di pelle marrone, nell'angolo destro della stanza. La donna teneva lo sguardo fisso sul pavimento, le lacrime le avevano rovinato il trucco curato che Valentina le aveva visto sul volto poche ore prima. Bussarono alla porta e l'uomo aprì.
Il rumore dei tacchi sul pavimento annunciò l'arrivo di un'ospite, una ragazza. Lui sfilò il trench alla nuova arrivata. Sotto era nuda, la sua pelle scura era liscia e luminosa, la curva dei fianchi era generosa e le sue natiche potevano essere il ritratto della perfezione. Si stese prona sul letto, le mani giunte di fronte a sé.
Lui spostò lo sguardo in prossimità del riquadro dietro cui Valentina osservava la scena. Non poteva vederla, dietro la patina dello specchio semiriflettente, ma osservava compiaciuto la scena riflessa alle sue spalle. Qualcosa nello sguardo dell'uomo la turbò ed ebbe una potente sensazione di déjà-vu. Seppe esattamente cosa quell'uomo stava per fare, e adesso capiva anche i sommessi singhiozzi della donna.
Pietrificata, osservò l'individuo spogliarsi, andare verso sua moglie, baciarla con passione e dirigersi verso il letto.
Mentre lui era impegnato a fare sesso con la ragazza, Valentina guardava agghiacciata la donna. Il dolore sul suo viso la sconvolse perché le ricordò quello che aveva provato lei stessa. Uscì dalla stanza molto prima che lo spettacolo finisse.
Quella sarebbe stata la sua ultima volta. Non sarebbe tornata a guardare qualcuno attraverso gli specchi mai più.
Valentina si è trasferita a casa di Vicktor da ben tre anni, quando ha concluso l'università. Il loro rapporto è sempre stato poco convenzionale, ma a lei non è mai importato. L'unica cosa che conta per lei è svegliarsi tutte le mattine accanto a lui, e questo le basta.
Si alza e fa una doccia veloce, applica un leggero velo di trucco ed è pronta a indossare il vestito che Vicktor ha scelto per lei. Lo lascia scivolare sul suo corpo nudo, prende la giacca, la borsa ed esce. L'albergo della catena Luz, 5 stelle, è poco distante dall'appartamento. Da pochi mesi ha ricevuto una promozione e ora è direttrice di quella sede. Ha ancora tutto da dimostrare e si impegna duramente ogni giorno. Cristina, alla reception, la vede entrare e le fa cenno di avvicinarsi. «Signorina Rocca, il signor Luz ha richiesto la sua presenza nella suite del sesto piano.»
«Grazie, Cristina.» Si dirige verso i lussuosi ascensori, con un vago rossore a colorarle le guance. I battiti del suo cuore accelerano quando le porte dell'ascensore si riaprono al sesto piano. A ogni passo nel corridoio, il suo respiro diventa più affannoso.
Bussa alla porta della suite e Vicktor le apre, già nudo. La prende per mano e la tira nella stanza. Con un tuffo al cuore Valentina si accorge che non sono soli: c'è una ragazza più giovane di lei seduta sul bordo del letto, rossa, dalla pelle diafana e con penetranti occhi blu che la fissano. Non è la prima volta che Vicktor coinvolge qualcuno nei loro rapporti. Ha imparato da tempo ad assecondare gli strani gusti del suo compagno. «Siediti. Oggi tu non farai nulla, resterai a guardare.»
Valentina si irrigidisce. Le sue viscere diventano di colpo pesanti come cemento. Vicktor ha sempre e solo concesso lei ad altri, non si è mai concesso in prima persona.
«Perché?» È tutto ciò che riesce a dirgli.
«Perché non te lo sto chiedendo.»
Così resta a guardare, seduta rigidamente sulla sedia, ostentando un freddo distacco. Agghiacciata ma immobile, arrabbiata con se stessa per essere suo malgrado eccitata da quello spettacolo. E, quando lui sta per godere la guarda, e, senza parlare, con un gesto della testa la congeda.
Valentina chiude la porta con mani tremanti. Ripercorre i suoi passi ed esce dall'albergo. A casa si accomoda sul divano e attende per ore senza muoversi, con i gemiti della rossa che ancora le risuonano nelle orecchie. Quando sente la porta aprirsi è già buio. Vicktor accende la luce e la vede. «Perché?» gli ripete.
«Perché cosa?»
«Perché hai fatto sesso con lei?»
«Non capisco come mai te la prendi tanto. Ti ho guardato fare la stessa cosa con centinaia di uomini.»
«Non farmi credere che sia lo stesso.»
«E per quale motivo non è lo stesso?»
Valentina si alza in piedi. «Perché io ti amo, e vederti fare sesso con qualcun altro che non sono io mi dà la nausea.» Cinque anni. Cinque anni e non aveva mai avuto il coraggio di dirgli che lo amava.
«Anche io ti amo. Ma l'amore non mi basta.»
Valentina sente il suo cuore smettere di battere. Le sole parole che avrebbe voluto sentire, seguite da quelle che non avrebbe mai voluto ascoltare. La verità la ferisce come una spada. Finalmente capisce ciò che non era mai stata capace di ammettere: non è abbastanza per lui. E non lo sarà mai. Esce dalla stanza, raccoglie pochi effetti personali in un borsone. Vicktor è lì, fermo dove l'ha lasciato. Non dice una parola fino a che lei non posa la mano sulla maniglia della porta e la apre. «Se uscirai da quella porta non verrò a cercarti.»
«Lo so.»
Valentina oltrepassa la soglia ed esce per non tornare mai più.
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