4. La Villa

Il giardino quella notte era freddo e silenzioso. Valentina si strinse più forte nel cappotto di lana e proseguì, imperterrita. Camminare nel giardino deserto dopo una lunga giornata di lavoro la aiutava a rilassarsi. Le alte siepi, i rumori ovattati, le luci soffuse le consentivano di ragionare a mente fredda. E ne aveva proprio bisogno.

Quella mattina davanti alla sua porta aveva trovato un enorme mazzo di rose. Sul biglietto c'era scritto:

"L'invito è ancora valido. E.F."

Non aveva più incontrato E. Foti dal loro colloquio, il giorno prima, e non aveva fatto altro che pensare a lui. Chissà qual era il suo nome, E.? Dove viveva? Qual era il suo lavoro? Nemmeno gli impegni di quella lunga giornata erano bastati a distrarla. Aveva sperato di trovare il sorriso dell'uomo ad attenderla da qualche parte nell'albergo, ma quel giorno non si erano mai incrociati.

Giunta all'ampio gazebo alla fine del giardino, Valentina si voltò per guardarsi intorno. Ettari di vigneti si estendevano a perdita d'occhio e facevano da cornice all'imponente sagoma illuminata della Villa. Appoggiò la schiena alla fredda ringhiera di pietra e pensò a quanto quel posto era cambiato da quando l'aveva visto per la prima volta.

È da più di un mese che Valentina si presenta agli appuntamenti a casa di Vicktor.

Ancora non fanno sesso, si danno piacere a vicenda più e più volte, ma lei fa sempre qualcosa di sbagliato e lui continua a mandarla via. Ogni volta Valentina è sempre più determinata e ogni volta fallisce miseramente.

Quando suona alla sua porta quella sera non riceve risposta. Sta per suonare ancora quando la porta si apre e ne esce Vicktor, vestito con una giacca di pelle nera che mette in risalto il suo fisico scolpito. «Stasera usciamo», dice e si volta senza aggiungere altro.

Poco distante l'allarme di un'auto si disinnesca. Lei vorrebbe andare a casa a cambiarsi, non è vestita per uscire, ma lui le dice che l'abbigliamento non avrà importanza. Salgono sull'auto e lui si china a prendere qualcosa dal cruscotto. «Voltati». La benda che lui ha tra le mani ricade sugli occhi di Valentina, e da quel momento lei non vede più nulla. Durante il tragitto si scambiano qualche parola ma lei non chiede mai quello che vorrebbe sapere veramente. Dopo un po' il fondo stradale cambia, sembra si trovino su una strada acciottolata. Il motore si spegne, lui la fa scendere, le sfila la giacca, poi le scarpe. Quando le slaccia il vestito lei sussulta e gli afferra la mano.

«Fidati di me, Valentina.»
Cosa sta succedendo?

Si incamminano e lei è nuda.
Si fida così tanto di lui?

Entrano in un luogo chiuso e salgono delle scale. Una porta cigola, pochi passi ancora e Vicktor si ferma. «Ti fidi di me?»

«Sì.»

La prende per mano. La fa stendere su un materasso a pancia in giù. Prende prima una caviglia, vi avvolge intorno una corda e la blocca. Poi blocca anche l'altra. Valentina ha le gambe oscenamente spalancate e bloccate. Comincia a tremare. Spavento ed eccitazione ingaggiano una lotta silenziosa nel suo stomaco, ma di lui si fida. Due dita le entrano dentro e lei è costretta a mordersi il labbro per non gemere, come lui desidera. Un'altra mano va a stuzzicarle il clitoride e, pochi secondi dopo, il primo orgasmo la scuote, in silenzio. Lui sfila le dita, le posiziona sullo sfintere e spinge. Quando lei si irrigidisce, lui trattiene il fiato. «Sei vergine.»

È sorpreso. «Rilassati.»

Inserisce un dito e lo muove, con calma. Quando si accorge che il dolore si è trasformato in piacere ne aggiunge un altro, poi un altro ancora, e, a lei, comincia a piacere davvero. Si dimentica di essere legata, di essere bendata, di non sapere dove si trova e comincia a dimenare il bacino sulle sue dita. Lui le sfila all'improvviso, si porta dietro di lei e le entra dentro con un unico affondo deciso.

Un grido di dolore sfugge dalle sue labbra. Lui resta fermo, dà tempo al suo corpo di abituarsi a quella nuova presenza e continua a sussurrarle  nell'orecchio. «Rilassati, rilassati, sei mia ora, sei mia». Mani calde si spostano sulla sua schiena, sul suo seno. I movimenti ricominciano, piccoli, lenti. Il suo muscolo si adatta presto alle dimensioni di Vicktor e il dolore comincia a scemare. Lui spinge di più. È sempre più forte, più famelico. A ogni colpo un gemito sfugge inevitabilmente dalle labbra di entrambi. Lui non la zittisce questa volta, la lascia libera. «Toccati», dice e lei esegue l'ordine all'istante, la mano che corre al clitoride. È vicina, molto vicina e le ritmiche contrazioni del sesso di lui sono il via libera verso il piacere incontrollabile dell'orgasmo.

Nel percorso a ritroso verso la macchina le sue gambe tremano tanto, che è costretta più volte a farsi sostenere per non cadere. Sente un liquido caldo scendere lentamente lungo la coscia sinistra, ma lo lascia dov'è; deve concentrarsi a mettere un passo avanti all'altro. Vicktor le toglie la benda e lei riapre finalmente gli occhi.

Si trovano in aperta campagna. L'immensa tenuta in abbandono dalla quale sono usciti è ricoperta quasi interamente dall'edera. Vicktor sta asciugando il liquido di umori e sangue tra le sue gambe con un fazzoletto mentre lei lascia vagare lo sguardo di fronte a sé. La luce di un'unica finestra risplende nella notte e ad attirare l'attenzione di Valentina è l'ombra di qualcuno che si muove dietro di essa.

Il viaggio di ritorno trascorre nel silenzio più totale. All'arrivo il motore si spegne ma nessuno dei due si muove.

«Non eravamo soli in quella casa.»

La sua è una domanda ma lui risponde ugualmente: «No.»
Valentina 
scende e si allontana da lui senza guardarsi indietro.

«Potrebbe spostare le sue riflessioni in un luogo più caldo.»

Il cuore di Valentina saltò un battito nell'udire quella voce profonda. Si voltò, cercando di scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione lasciata dal ricordo. «Non sarebbe la stessa cosa.»

Il signor Foti si appoggiò alla ringhiera accanto a lei, con aria stanca. «Spero mi perdonerà se l'ho raggiunta, ma rientrando l'ho vista camminare e non ho resistito alla tentazione.»

«Nessun problema». Restarono in silenzio per un po', uno di fianco all'altra. Valentina sapeva di avere in mano il gioco, e questo la rendeva nervosa come mai prima di allora. «Domani sarà l'ultimo giorno di permanenza qui per lei.»

«Sì, lo è», disse lui, voltandosi a guardarla con i suoi occhi penetranti.

Erano così vicini che le nuvolette prodotte dai loro respiri si fondevano l'una nell'altra. «Farebbe bene a prenotare un buon ristorante, allora. Per due.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top