CAPITOLO IV

Drusiana lo fissò occhi sgranati, come se fosse un folle. "Io non... Non capisco."
Gli oscuri sotterranei del palazzo, la pietra nera tutto attorno a loro, velavano il suo volto di ombre, rendendo quello sguardo—di un azzurro tanto chiaro da parere quasi sovrannaturale—ancora più nefasto.
"Siete certo di quello che state chiedendo?"

È davvero mera follia?
Come il dubbio nacque, Tiberios lo ricacciò indietro. Non poteva lasciare che l'incertezza si insinuasse nel suo cuore. Se la scelta era fra una folle speranza e l'arrendersi alla fine del mondo come lo conosceva, che follia fosse.
"Voglio che usiate di nuovo il vostro potere su di me," ripeté. "Ho bisogno che, qualsiasi cosa abbiate fatto per spedire la mia coscienza nel regno dei numi, voi la rifacciate. Ho bisogno che mi mettiate in contatto con il fato, di modo che io possa conoscere i suoi piani... E dargli una nuova direzione."

Drusiana scosse la testa. "Non sono certa di poterlo fare," esalò. "Io non... Non credevo neppure fosse possibile. Rischio di farvi soltanto farvi del male... E poi mi chiuderebbero di nuovo in quella cella."

"Datemi la mano."
Quando lei non si mosse, Tiberios prese l'iniziativa, e afferrò la mano di lei nella propria.

Ella sussultò, ma il re mantenne la presa e non le permise di arretrare.
"Cominciate con una scarica leggera," le disse, guardandola negli occhi.
Anni di preparazione a regnare lo avevano reso abile a fingere una sicurezza che non possedeva, per cui gli fu semplice mostrarsi più convinto di quanto in realtà non fosse.
"Dopodiché, aumentate man mano l'intensità. Quando sarà sufficiente..." Ripensò a ciò che aveva menzionato Lucretia, a come i suoi occhi si erano fatti bianchi e il suo corpo era ceduto, privo di sensi. "Quando sarà sufficiente, ve ne renderete conto."

"Ci proverò," cedette infine la donna, con un sospiro. "Ma voi dovete promettere che non mi rimetteranno in catene. Io non... Non posso restare qui sotto, senza neppure un filo d'aria, un raggio di sole... È tutto così... chiuso."

Ella proveniva dal Regno delle Sfere Celesti, dalle distese infinite dell'eterno. Il pensiero balenò nella mente di Tiberios come un fulmine, e immediatamente una fitta di dispiacere lo colpì. È ovvio che abbia paura. La clausura laggiù doveva essere per lei una condanna peggiore della morte.

"Ve lo prometto," le assicurò allora, ed era sincero.
"Come segno delle mie buone intenzioni, vi propongo di recarci in un luogo più arioso. Cosa ne pensate? In ogni caso, anche io trovo le segrete un luogo estremamente tetro." 

Drusiana lo guardò. Inspirò, come se si stesse preparando a parlare, eppure alla fine non fece altro che annuire, senza proferire una parola. 

Tiberios si limitò a tenerle la mano e a condurla attraverso i corridoi, fino a risalire in superficie.
Sentì gli occhi delle guardie su di sé quando passarono loro accanto, ma non se ne curò. Con un cenno della mano, comunicò loro che erano congedati, e proseguì sulla sua strada senza una parola.
Non tentò di parlare con Drusiana. Non avrebbe neppure saputo come cominciare: Mi dispiace che tu sia finita qui? Sarebbe stata una bugia, almeno in parte: se lei non fosse caduta dal cielo, non ci sarebbe stato neppure un faro di speranza per le Terre Emerse. Mi dispiace che ti abbiano rinchiusa laggiù, non volevo dover arrivare a tanto? Non gli avrebbe creduto, anche se era realtà. O forse sarebbe stata una bugia anche quella. Se i suoi uomini l'avessero lasciata fuggire, sarebbero tornati al punto di partenza.

Infine, giunsero in un corridoio che si apriva su un atrio circolare, con un'apertura sul soffitto attraverso cui penetravano i tiepidi raggi del sole. Pareva quasi come se non fosse mai scomparso, come se ogni cosa fosse tornata alla normalità. Ma Tiberios sapeva che non poteva essere così semplice.

"Spero che... questo posto sia più di vostro gradimento," si decise infine a parlare, più per allontanare quei pensieri che per altro, con un'esitazione che non gli era propria.

Lei accennò un sorriso. "Siete gentile, quando non lasciate che il panico prenda il sopravvento."

Il re distolse lo sguardo. "Mi dispiace. Quando ho compreso che la profezia stava divenendo realtà, io... Onestamente, ero terrorizzato."
Perché lo aveva detto? Nessuno avrebbe dovuto saperlo...
E allora perché gli era parso così semplice rivelarlo ad una completa estranea?
Raddrizzò le spalle, schiarendosi la voce. "Non parlatene con nessuno, ve ne prego. Né della profezia... Né del fatto che io non sappia ancora come sventarla. Non è ancora il tempo."

"Non temete," disse lei in un sussurro. "Non vi è nessuno qui a cui potrei raccontarlo."

A quel punto, non restava che una cosa da fare. Ciò che era necessario.
Tiberios le porse la mano. "Vi prego, non esitate a liberare tutta l'estensione del vostro potere. Non fermatevi sino a che non sarà evidente che il tentativo è riuscito."

Drusiana annuì, poggiando le dita, già sfrigolanti di potenza, contro il suo palmo. "Se dovesse essere troppo, se non dovesse funzionare..."

"Siete una celeste. Potete volare, suppongo."

Ella fece di sì con la testa.

"Bene. Se dovesse capitare qualcosa e cercassero di arrestarvi nuovamente, scappate. Potete passare attraverso l'occhiello del soffitto. Ma non allarmatevi," disse, prima che lei potesse protestare, "non sarà necessario."
Se il destino aveva davvero qualcosa in serbo per lui, non sarebbe stato così che avrebbe incontrato la morte.
Guardò Drusiana negli occhi, prendendo un respiro profondo. "Cominciate, prego."

All'inizio, fu sopportabile. La sensazione dell'elettricità sulla pelle era simile a quella di passare il dito attraverso la fiammella di una candela, per gioco, tanto rapidamente che il bruciore pareva più simile a un lieve pizzicore.
Ma, man mano che passavano i secondi, Tiberios sentì la carica di energia penetrare la sua carne, scorrergli nelle vene, attaccare i suoi muscoli e il suo cuore.
Sempre più forte. Sempre più ardente.
Dovette mordersi il labbro, piantarsi le unghie nel palmo della mano, per non emettere alcun suono di lamento. E tuttavia, un gemito gutturale di dolore gli sfuggì.
Vide il lampo di dubbio negli occhi di Drusiana, in quell'istante.
No, non poteva. Non adesso.
"Non... vi fermate," le intimò, seppur respirando a fatica.
A malapena riusciva a reggersi in piedi. "Ancora," le ordinò tuttavia. "Continuate... Ah!" Con un grugnito di sofferenza, piegato dal dolore, Tiberios gettò la testa indietro. Aveva la vista annebbiata, e la stanza attorno a lui cominciava a girare. Era come se il suo corpo stesse bruciando dall'interno...

Fu allora che lo sentì. Era vicino. Vicino al regno degli dei e del fato, alle risposte che soltanto essi avrebbero potuto dargli. Si sforzò di proiettare la mente a quella dimensione, al ricordo del mondo di luce che aveva visto poco prima...

Accoglietemi, o numi. Ascoltatemi

Lo avrebbero fatto, presto. Cominciava a percepirlo.
L'aria sprizzava potere, ed egli vedeva già la candida galleria di luce che lo avrebbe condotto alla sua meta, tanto vicina che avrebbe quasi potuto toccarla. E il dolore del corpo cominciava ormai a lasciare spazio alla pura beatitudine dell'animo... Quando tutto ad un tratto un grido perforò il silenzio sacrale di quel momento.
Drusiana gli lasciò la mano di scatto, e allora Tiberios si sentì come precipitare nel vuoto. Allora, la visione gli crollò addosso come cocci spezzati.

In un attimo Tiberios rovinò a terra, incapace di trattenere un urlo agonizzante, per la sofferenza fisica e per la frustrazione. Intorno a lui, la pura luce divina aveva lasciato il posto alle bianche mura del palazzo di Ravania, ai dolci raggi del sole che penetravano dalle sue ampie vetrate. Al mondo reale. Aveva il respiro affannato, la testa che ancora gli girava, ma ciononostante si sforzò di alzare il capo verso Drusiana.
"Che cosa è-"

Non fece in tempo a finire la frase che una voce di donna strillò: "Allontanati da lui, strega! Che cosa gli hai fatto?!"

Drusiana arretrò immediatamente. "Io non... Non volevo, vi giuro, io..."

Il re si voltò nella direzione da cui proveniva la voce, ma aveva già sulle labbra il suo nome, carico di incredulità e preoccupazione e frustrazione: "Lucretia..."
Che cosa ci fai qui? avrebbe voluto rimproverarla. Non dovevi vederlo. Nessuno doveva vederlo.

La principessa si affrettò a venirgli incontro, e si chinò accanto a lui, sostenendogli il capo. "Tiberios... Stai bene?"

"Non... Non è niente," rispose a denti stretti. Esalò dal naso, contraendo la mascella per non lasciar uscire alcun suono di lamento mentre si rimetteva in piedi a fatica. "Non ti devi preoccupare, Lucretia. So quello che sto facendo."
Ora, ne era convinto. Avrebbe funzionato, se solo Drusiana non lo avesse lasciato andare. Se solo Lucretia non fosse stata nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

La fanciulla sgranò gli occhi incredula. "Forse il colpo che hai ricevuto prima ti ha confuso le idee, Tiberios," disse, con un tono misto fra la preoccupazione e la reprensione. "Non credo tu ti renda conto della follia che hai commesso. Hai liberato la donna che ha tentato di assassinarti, e ora ci ha provato per una seconda volta. Stai forse cercando la morte?"

"Sto cercando qualcosa di molto più grande, Lissy. Drusiana mi sta aiutando." Non poté che ammetterlo, di fronte ai suoi enormi occhi blu che scrutavano nei suoi, come a cercare di cavare dal suo sguardo la risposta che non sarebbe venuta dalle sue labbra. "Ma questa è una questione che spetta alla Corona risolvere. Non volevo preoccuparti. È per questo che non ti ho portata con me."

"Molto presto sarò tua moglie. È da tutta la mia vita che mi preparo ad essere la tua regina, a servire te e questo regno, e adesso è ufficiale. Tu stesso lo hai annunciato. Tutto ciò che riguarda la Corona riguarda anche me, ormai. Per cui spiegami."

Tiberios le accarezzò la guancia. "Ti prego, torna nella sala del trono. Ti prometto che, quando sarà il momento, ti spiegherò."
Quando egli avesse finalmente compreso che cosa stava accadendo. Quando avesse scoperto come cambiare il corso del destino, e adempiere a quello che gli dei avevano affermato essere il suo compito.

Certamente gli avrebbe concesso almeno quel poco di tempo, pensò.

Lucretia, invece, lo afferrò per i polsi. Da lì, scese a stringerli le mani. "No." Lo fermò. "Dimmi che cosa sta accadendo, adesso. Non puoi, né devi, sostenere il peso della corona da solo. E io non sono più una bambina che devi proteggere, ma la tua promessa sposa e la futura Somma Regina di queste terre. Se non con me, con chi mai potresti confidarti?"

Con nessuno, Lucretia. Con nessuno mai.
Lei era dolce, e devota, e pura di cuore. Era pronta ad aiutarlo senza neppure sapere di che cosa si trattasse. Ma era proprio per questo che Tiberios non poteva imporre un tale peso sulle sue spalle. Temeva che l'avrebbe distrutta. E se fosse accaduto, non avrebbe mai saputo perdonarselo.

"So che posso fidarmi di te, principessa, ma questo riguarda me. Soltanto io posso occuparmene."

"Eppure, lei ti sta aiutando!" Fece un cenno con la mano in direzione di Drusiana. "L'hai liberata. E, se non stava tentando di ucciderti, significa che tu le hai chiesto di attaccarti con il potere della tempesta. Perché? Perché permetti a una completa sconosciuta, che potrebbe ben esserci nemica, di starti vicino mentre io non posso?"

"Perché non ho avuto altra scelta, per tutti gli dei!" Incapace di dire altro, Tiberios sbottò.
Al vedere l'espressione scossa di Lucretia, il suo labbro tremolare, se ne pentì immediatamente. Prese un respiro profondo, e le avvolse nuovamente la mano nella propria. "Mi dispiace. Non volevo," le giurò, guardandola negli occhi. "Soltanto... Devi capire che ho chiesto l'aiuto di Drusiana soltanto per il suo potere. Dopo che avrà fatto ciò che deve fare tornerà a casa, io mi prenderò cura di tutto, e poi ogni cosa sarà al suo posto. Ci sposeremo, e ti prometto che potrai avere un ruolo in ogni decisione, ogni azione. In ogni cosa eccetto che in questa. Non potresti fare nulla in ogni caso."

"Perché sta a te decidere che cosa posso o non posso fare?"

"Perdonatemi, signore?" La voce di Drusiana risuonò alle sue spalle prima che Tiberios potesse rispondere. "Forse voi... Dovreste spiegarle. Finirete solamente per allarmarla di più, mantenendo il segreto."

"Vedi, persino la strega è d'accordo con me!" ribadì Lucretia. Poi, parve pentirsi della sua scelta di parole. "Perdonatemi," si rivolse a lei, abbassando il capo. "Siete stata gentile, e io non avrei dovuto offendervi. Vi chiedo scusa, per ora come per prima. Solo... Sono confusa, e preoccupata. Vorrei che mi aiutaste a capire che cosa sta succedendo."

"Non posso farlo in questo momento." Tiberios scosse il capo.
In parte, era vero. Sino a che non avesse compreso che cosa poteva fare per sviare il fato, ne sapeva a malapena più di lei. Troppo poco per poterne parlare senza terrorizzarla. E non poteva permettere che la para si diffondesse: aveva promesso a suo padre che non avrebbe lasciato che accadesse.
"Vai dalla tua famiglia, Lissy," le intimò, ma con dolcezza, tenendole ancora la mano. "Ciò che hai visto prima nella sala del trono... Devo fare in modo che riaccada. È per questo che lei è qui." Fece un cenno a Drusiana. "Questo è quanto posso dirti, per adesso. Ma potrebbe non essere una vista piacevole per te, e io non voglio che tu ti spaventi."
Né poteva permettersi altre interruzioni.
"Parleremo in seguito."
Forse allora avrebbe saputo che cosa fare, e come spiegarlo.

"Io voglio restare con te. Non interromperò più, lo prometto. Ma se devi sottoporti a questa cosa, qualsiasi ne sia la ragione, io ti starò vicino tutto il tempo. Non voglio pensarti a soffrire da solo."

"Lucretia..." tentò di ammonirla il re, ma ella non volle sentir ragione.

Gli poggiò un dito sulle labbra, per silenziarlo. "Te l'ho detto, non sei costretto a portare il peso della corona da solo. Io sono qui per alleviartelo. Permettimi di farlo."

Che fosse per la fiacchezza che la magia di Drusiana aveva causato al suo corpo, o per la fretta di trovare una risposta al suo destino, o semplicemente perché all'innocente buon cuore di Lucretia era difficile resistere, alla fine Tiberios cedette. Annuì, e la principessa gli rivolse un dolce sorriso in risposta, e un bacio sulla guancia. "Fai attenzione," gli raccomandò. "Io sarò qui quando avrai finito."

"Non aver timore per me. Non è questa la mia ora."
Non se il destino aveva davvero qualcosa in più in serbo per lui.
E con una mano ancora in quella di Lucretia, Tiberios porse l'altra a Drusiana. "Vogliamo ritentare?"

Con un respiro profondo, ella evocò il potere della tempesta sulla punta delle sue dita. "Buona fortuna."

•◦ ❈ ◦•

Quando il bruciore dei fulmini lasciò il posto all'indolore elevazione dello spirito, Tiberios si trovò catapultato nella luce, là dove ogni cosa pareva essere fatta di immateriale splendore, di raggi di sole e candide nuvole.

Ha funzionato, fu il suo primo pensiero una volta che i suoi occhi si furono avvezzi a quella vista. Ha funzionato davvero. Neppure lui era stato del tutto certo che un simile piano fosse possibile... Sino a quel momento. Ora era lì. Di nuovo al cospetto del regno degli dei.

Ma prima che potesse pensare al prossimo passo da compiere, una voce di donna tuonò nell'etere: "Già di ritorno, Profeta?"

"Divina Halla." Tiberios chinò il capo di fronte alla dea, una creatura di pura luce della quale era difficile distinguere le fattezze stesse senza rimanerne abbagliati. "Sì, sono tornato. Sono tornato perché non posso farlo da solo. Se il mio destino è quello di cambiare il corso del fato, ho bisogno di una guida. Ho bisogno di conoscere il modo in cui farlo."

"Oh, ma tu hai già tutto ciò che ti serve," disse la dea, con un tono bonario che tuttavia rimbombò sulla volta celeste, con una possenza degna solo di un nume.
"Vedo che hai appreso come accedere al regno dell'eterno," constatò. "Imparerai anche tutto il resto. Ti abbiamo donato l'intelligenza e il coraggio necessari al compimento del tuo destino. Abbiamo fatto ciò che potevamo per preparare te e il mondo a questo momento."

"Io non capisco. Voi dite di avermi preparato, ma io non sono pronto." Tiberios non poté nascondere l'angoscia nella sua voce, tutte le paure che aveva imbottigliato per anni e che finalmente non potevano che sgorgare come una fonte zampillante. "Tutto ciò che conosco è la profezia, tutto ciò che so è che per le Terre Emerse il fato ha decretato la fine. E per quanto io abbia tentato di mantenere la pace e la concordia, come mio padre e come tutti i miei predecessori prima di me, non ho fatto nulla se non nascondere l'inevitabile."

"Io temo di non poterti aiutare oltre. Come sai, gli dei non possono interferire nel destino degli uomini. Tale è la legge."

"Vi prego, datemi un segnale. Datemi solo un indizio."

"L'ho già fatto," fu la risposta della dea Halla. "Guardatevi intorno, Profeta. Tutto ciò di cui necessitate, tutto ciò che desiderate, è già di fronte a voi. Dovete solo volerlo vedere."

La realizzazione lo colpì come un fulmine. "No... Lei ha detto che gli dei le hanno vietato di avvicinarsi agli abitanti della Terra. Non potete averla mandata voi..."

"Leggende popolari, ragazzo, propinate dagli anziani del villaggio per evitare che i giovani commettano atti stolti," disse la Dea Madre con un tono che pareva quasi di rassegnazione. "Quello che loro non capiscono, come la maggior parte delle mie creature, è che il destino non si può combattere. Si può solo dirigere in un verso piuttosto che nell'altro. Per cui, se la tempesta doveva cadere sulla Terra, meglio che fosse accompagnata da un'amica."

Insieme a quelle parole, a Tiberios parve quasi di sentire una carezza sulla guancia.

"Non abbandonerei mai i miei figli senza alcuna difesa, Profeta. L'uso che ne farai, tuttavia, dipende solo da te."

Doveva soltanto pensare. Se la dea non aveva potuto decidere se far avverare la profezia, aveva potuto influenzare il come essa si era fatta realtà... E se il futuro non era scolpito nella pietra, se vi erano più vie possibili, significava che forse non vi era solo un'interpretazione possibile alla profezia. Significava che forse poteva vedere quelle vie, con lo stesso potere che gli permetteva di entrare nel mondo degli dei, e scegliere quale sarebbe stata la loro verità.

. Deve essere questa la chiave.
Voleva dire che c'era una speranza, che non tutto era perduto.

"Grazie." Colto da un'improvvisa euforia, si rivolse alla massa di luce che era la dea. "Grazie di avermi mostrato la strada. Vi sarò per sempre debitore, fino a che vivrò."

"Adesso vai, Profeta. Vai e compi il tuo destino."

"Lo farò."
E come pronunciò quelle parole, chiuse gli occhi e fissò la sua mente su casa. Sul suo corpo privo di coscienza, sulla mano tiepida e delicata di Lucretia che gli teneva la destra, sulla magia sprizzante di Drusiana che percepiva accanto alle sue spoglie fisiche.
Quando riaprì gli occhi, fu di nuovo in sé.

"Oh, Tiberios!" Sentì immediatamente le braccia di Lucretia stringersi attorno al suo collo, il petto di lei premuto contro il proprio. "Sei tornato!"

Il Sommo Re le cinse la vita con le mani, e—preso da un impeto di fiducia per la novella speranza—la sollevò in aria, facendola volteggiare per un giro e mezzo.
"Ti avevo detto che sapevo ciò che stavo facendo," le ricordò, depositando un lieve bacio sulla sua fronte.

Ma mentre ricambiava l'abbraccio di Lucretia, non poté fare a meno di sollevare lo sguardo, verso la donna celeste di cui poteva percepire la potenza, anche se lei se stava in disparte e con le mani in mano.
Era stata mandata lì per lui. Perché era ciò di cui necessitava, perché gli avrebbe permesso di vedere tutte le possibili ramificazioni del fato e di salvare le Terre Emerse dalla rovina.
Eppure ella si riteneva colpevole di aver messo in moto la profezia... Doveva dirle che si sbagliava. Doveva dirle che il suo arrivo sulla Terra non era stato una maledizione, ma una salvezza.

Il flusso dei suoi pensieri fu troncato quando Lucretia si sottrasse all'abbraccio e lo fissò negli occhi con una serietà nuova, un'espressione che egli non era avvezzo a vedere sul suo viso.

Il re si riscosse appena in tempo per udire la sua domanda: "Ora puoi dirmi perché lo hai fatto? Che cosa succede, Tiberios?" 

Nonostante tutto, non pareva spaventata. Voleva sapere. Ma quanto ancora sarebbe durata la curiosità, quando le avesse rivelato tutto?

Tiberios esitò.
Per vent'anni, aveva mantenuto il segreto. Per vent'anni aveva giurato che se lo sarebbe portato nella tomba... Ma le cose erano cambiate, da vent'anni a quella parte.
"Io pensavo che quello che si è verificato quest'oggi non sarebbe mai divenuto realtà. Pensavo che si trattasse di una mera superstizione, che avrebbe soltanto scatenato il panico nel popolo se si fosse diffusa. Per questo motivo non ne ho mai parlato con nessuno."

Lucretia lo guardò con la confusione negli occhi. "Tu... Sapevi che tutto questo sarebbe successo? Come?"

"Sapevo che era destinato ad accadere, ma non lo credevo realmente possibile... Sino a che non l'ho visto con i miei occhi."

Il re prese un respiro profondo.
Doveva dirle la verità. Doveva farlo, perché altrimenti Lucretia avrebbe passato ogni attimo a temere un qualcosa a cui non poteva dare nome. Non poteva più salvarla dalla paura, soltanto scegliere se darle i mezzi per comprenderla. Eppure le parole gli si bloccarono in gola.
Perché? In fondo, lo aveva già svelato a Drusiana. Ma era diverso. Ella non era del suo popolo, ella conosceva già la profezia. Non era poi tanto difficile parlarne con chi già vi aveva fatto i conti.
Quando Lucretia avesse saputo che cosa attendeva il loro mondo, invece, non le sarebbe più stato possibile tornare indietro. Non avrebbe più potuto vivere nella spensieratezza. E tuttavia, oramai aveva visto troppo per poter negare che qualcosa stesse accadendo.

"Vi è una profezia," cacciò fuori infine, prima di poterci ripensare. E mentre le parole lasciarono le sue labbra, si sentì come se il nodo che gli stringeva lo stomaco si fosse sciolto un poco.

Ora che lo aveva ammesso, parlare gli venne più facile. Ora che lo aveva ammesso, non poteva che continuare.

"Essa è custodita negli archivi della Biblioteca Reale, in una sala a cui solo il Sommo Re e il suo erede hanno accesso. La profezia annunciava che, dopo sette dinastie di sette re ciascuna, il sole si sarebbe oscurato, il cielo avrebbe pianto, la tempesta sarebbe giunta sulla terra, e tutta una serie di segnali. Segnali che si sono avverati tutti, quest'oggi. Nel giorno della mia incoronazione come settimo sovrano della settima dinastia a regnare sulle Terre Emerse."

"Che cosa significa, Tiberios? Che cosa indicano questi segnali?"

"Significa che il mondo come lo conosciamo è in bilico, Lucretia," confessò il re. "Ma non è ancora detta l'ultima parola." Ora ne era certo. "Il fato ha di fronte a se una diramazione di vie... E io credo di aver compreso come spingerlo verso la direzione che ci salverà."

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