Capitolo 10 - Derek
Le prime luci dell'alba incominciavano a filtrare dalla finestra. Quella notte non avevo chiuso occhio a causa della posizione scomoda e il collo storto che avevo tenuto tutta la notte. Mica ero abituato a quel genere di giaciglio io. Io ero il duca, il mio letto era interamente fatto di legno pregiato... ma chi volevo prendere in giro? Non avevo dormito perchè avevo passato l'intera notte a fissarla nella semioscurità e a domandarmi perchè l'avevo chimata “piccola”. Dopo una notte intera di riflessioni ero giunto alla conclusione di non sapere perchè le avessi dato quel soprannome così affettuoso ed intimo, probabilmente la mia bocca aveva parlato senza prima consultare il cervello che sicuramente essendo così vicino a lei non funzionava bene in quel momento... no, non era così, mi rifiutavo di crederlo. Io ero il duca e lei una semplice serva.
Quando realizzai che il sole era già sorto (prima non me ne ero accorto talmente ero impegnato a riflettere) ricordai che ormai eravamo dei fuggitivi. Toccai delicatamente la spalla di Sarah e la scossi leggermente per svegliarla. La sentii mugugnare qualcosa che non capii e così avvicinai il mio orecchio alla sua bocca.
“Mmh... no... lasciami dormire ancora un po' – biascicò - ti prego Sophie”. Sorrisi nel sentire le parole che aveva detto: pensava vermente che fossi Sophie? Cercai di non scoppiare a ridere per non svegliarla di sopprassalto (odiavo quando lo facevano con me). Mi avvicinai al suo orecchio e le sussurrai: “Sarah, sono io, Derek, devi svegliarti è tardi”.
Piano piano aprì gli occhi e quando mi vide sussultò ed arrosì: probabilmente aveva capito che poco prima non era stata Sophie a svegliarla ma io.
“Dormono ancora?” chiese con voce assonnata.
“Sì” risposi distogliendo lo sguardo e puntadolo sulle due ragazze che ancora dormivano. Sarah era troppo bella di prima mattina con la voce assonnata e i capelli spettinati e mi imposi di non fissarla altrimenti non so come avrebbe reagito il mio corpo, visto che solo la sera prima l'avevo chiamata “piccola”.
Mi alzai e mi avvicnai a Martha per svegliarla, Sarah fece lo stesso con Sophie.
“Dobbiamo partire subito, ci saranno già centinaia di uomini là fuori che ci cercano”.
In un batter d'occhio erano pronte e mi ripromisi di riutilizzare questa frase quando si sarebbero perse a fare le “cose da donne”.
Cercammo Josuè, lo ringrazziammo e pagammo con i pochi spiccioli che avevano con loro Sarah e Sophie. Mi dava fastidio che avessero pagato loro, ma cos'altro potevamo fare? L'alternativa era chiedere l'elemosina e io non avrei mai chiesto l'elemosina a nessuno.
Raggiungemmo i cavalli e per la prima volta Sarah riuscì a salire a cavallo senza il mio aiuto. Sarei dovuto essere felice per quel “traguardo”, ma prevalse l'amarezza: non avrei più potuto prenderla per i fianchi per aiutarla a salire. Sarah si spostò indietro e capii che voleva fossi io a guidare Tempesta. Salii a cavallo e cercai di non dare a vedere il mio malumore.
Ci allontanammo dal piccolo villaggio e per molto tempo Sarah non parlò. Ad un certo punto la guardai di sottecchi per controllare che non si fosse addormentata e la trovai che mi fissava. Distolsi immediatamente lo sguardo. Quanto potevo essere stupido? Mi ero appena fatto beccare a guardarla!
“Succede qualcosa?” mi domandò.
“No.”
“Non so... mi sembri strano stamattina”
“Non ho niente” risposi subito.
Ero arrabbiato.
Ero arrabbiato con me stesso per averla chiamata “piccola” e per aver provato quelle emozioni mentre la tenevo tra le braccia. E poi ero arrabbiato perchè non potevo più aiutarla a salire sul cavallo: quest'ultima era la cosa che più mi faceva infuriare.
Nelle ore successive risposi a monosillabi alle poche domande che Sarah mi porse: “sì”, “no”, “mmh”, la risposta più lunga che diedi fu “non lo so”. Quando si accorse che non ero in vena di chiacchierare non proferì più parola e io me ne pentii perchè così non potevo più sentire la sua voce, ma non lo avrei mai ammesso ad alta voce né a lei né a nessun altro.
Quando sentimmo qualcuno avvicinarsi diedi il comando al cavallo di galoppare, ma alla fine era solo un contadino che con un carretto stava andando nell'orto.
“Ho fame. Possiamo fermarci per pranzare?” chiese Sarah ad un certo punto spezzando un lungo silenzio che avevano osservato anche Martha e Sophie da quando avevamo visto quel contadino.
“Sì, anche io ho fame” rispose Martha e Sophie annui. Avrei preferito proseguire per non dover parlare con nessuno, ma accontentai le fanciulle: ero in minoranza, tre a uno, che ci potevo fare se io non avevo fame?
Sarah tirò fuori le vivande rimaste: non sarebbero bastate ancora per molto, forse giusto per l'indomani. Non si erano portate molto cibo appresso, probabilamente non erano abituate a mangiare molto.
Sarah non mangiò quasi niente come il giorno prima ed io mi limitai a mangiare un pezzo di pane ed una fetta di torta: non ero dell'umore giusto per mangiare.
Nessuno parlò per tutto il pranzo: le ragazze erano ancora spaventate dall'episodio di poco prima ed io mi riempivo la bocca di cibo per non dover parlare.
Sophie e Martha decisero di raccogliere qualche pezzo di legno nel caso avessimo dovuto accendere un fuoco per scaldarci quella sera e con mio grande disappunto ci lasciarono soli.
“Mi vuoi dire che succede?” mi chiese Sarah appena si erano allontanate.
“Niente”
“Non è vero, non mi mentire!”
“Ho domito poco stanotte, ok?”
“È... È per... per colpa mia?” chiese molto imbarazzata. Subito non capii poi mi resi conto di cosa intendeva e le dissi “Cosa? No! Avevo solo troppi pensieri per la testa!” ed in parte era vero. Sarah aveva paura che non avessi dormito bene visto che si era coricata quasi su di me per scaldarsi. Se solo avesse saputo che per me non era affatto un problema tenerla tra le braccia...
“Allora? Possiamo andare piccioncini?” chiese Martha avvicinandosi e io la fulminai borbottando un “Fatti gli affari tuoi” e mi alzai ancora più incazzato di prima.
“Secondo me prima o poi sti due saranno davvero due piccioncini” disse Sophie con malizia e scambiò uno sgaurdo d'intesa con Martha.
Sarah arrossì e sussurrò guardando in basso: “Ok, ok. Ora basta” mentre io tuonavo un “La piantate voi due?”.
Visto il tono che avevo usato le ragazze corsero verso i cavalli, probabilamente avevano capito che ero già abbastanza incazzato.
-----spazio autrice-----
Quando scrivo un capitolo non resisto a tenerlo molto per me (😂) quindi ecco qui il capitolo 10!!!
Fatemi sapere che ne pensate🌠
Kiss❤
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