Prologo - Bright Lights [revisionato]
Bright Lights - Thirty seconds to Mars
Agosto
«Svegliati Iris. Siamo arrivati.» mi sussurra mio fratello. Con la vista ancora appannata, esco lentamente dalla macchina.
Queens, New York. Il mio sguardo vaga tutto intorno a me, mentre osservo il mio nuovo quartiere. E' tutto così surreale... questa sarà la mia nuova casa. Non riesco a trattenere una risata, mentre mi porto le mani al viso e cerco di svegliarmi del tutto.
«New York, siamo arrivati!» esclamo, mentre trotterello verso il bagagliaio della macchina.
«Finirai per svegliare qualcuno, Iris! Sono quasi le dieci!» mi rimprovera Shane. Lo guardo di soppiatto mentre si passa le mani fra i capelli lunghi, e continuo a stupirmi del fatto che abbia vent'anni, perché sembra nettamente più piccolo.
La sfortuna vuole che io, invece, ne abbia quindici e ne dimostri tredici, non scherzo! Pelle e ossa, bassa bassa e con il carattere di una bambina. Beh, di una bambina nerd.
Finisco di scaricare le ultime valigie e mi piazzo davanti al portone del mio nuovo palazzo: avrà al massimo sette piani, e il fatto che sia di mattoni lo rende ancora più modesto. Quando mio padre apre il portone, ci dirigiamo subito verso l'ascensore. Destinazione? Quinto piano. Il borsone con i miei ultimi vestiti mi pesa sulla spalla, ma con il pensiero di avere la possibilità di ricominciare da capo mi fa sentire più leggera, e il fastidio svanisce. A Philadelphia non ho lasciato nulla da rimpiangere, se non quei tre amici con cui uscivo ogni tanto. Mi dimenticherò di loro, come di ogni cosa... inclusa l'etichetta da "nerd", "strana": nel mio Liceo non si poteva essere appassionati di Star Wars o ai fumetti senza essere etichettati come sfigati.
Lo scampanellio dell'ascensore ci avvisa che siamo arrivati, così, appena le porte si aprono, mi precipito fuori. Guardo mio padre impaziente e lui risponde in anticipo alla domanda che penso sia palese: «L'ultima porta sulla sinistra. Attenta agli scatoloni quando entri!»
Afferro al volo le chiavi che mi ha lanciato e corro alla porta. Ci metto poco a trovare quella giusta e quando entro tiro un sospiro di sollievo. Non è molto grande, ma è accogliente.
Avanzo verso il corridoio facendomi spazio fra gli scatoloni; osservo la piccola cucina a vista e il salotto mentre il borsone mi sbatte ripetutamente sul fianco. Dopo aver dato un'occhiata al bagno e alla camera matrimoniale, giungo alla mia meta: la mia cameretta. Ho sempre avuto l'abitudine di chiamarla così, forse perché quella a Philly era abbastanza piccola, mettendo in conto che dovevo dividerla con mio fratello. Niente più litigate per i poster, per le mensole ricolme di libri sempre troppo piccole, per i cassetti in disordine nell'armadio... il paradiso!
Questa è molto più bella: le pareti sono azzurre, di fronte a me ho un letto a castello abbastanza grande, e sotto si trovano tre mensole e una scrivania. Sulla parete opposta ho un armadio incassato nella parete e una cassettiera con uno specchio appeso sopra... non riesco a realizzare che sia davvero mia. Socchiudo la porta e finalmente lascio a terra la mia borsa, dopo aver dato retta alla mia spalla che a momenti avrebbe urlato pietà, per poi andare alla finestra. Quando sposto la tenda, quasi mi manca il fiato: da qui posso vedere le luci di Manhattan, inclusi quelli che riconosco come l'Empire State Building e la Stark Tower. Decido di far cambiare aria alla stanza, che solo ora noto essere piena di polvere. Mi sporgo un po' in fuori, e mi perdo nell'osservare la mia nuova città, con le sue luci, i suoi rumori...
«E'... bella, vero?»
Una voce mi risveglia d'improvviso dal mio sogno ad occhi aperti, facendomi sobbalzare. Ma porco Palpatine, proprio ora!?
Sposto il mio sguardo sulla persona che ha parlato: un ragazzo dai capelli abbastanza lunghi e scuri, un po' scompigliati e un sorriso timido sul volto. E' seduto con le gambe a penzoloni sul davanzale della sua finestra, e mi viene quasi da intimargli di stare attento. Qualcuno mi deve spiegare perché non l'ho notato fino ad ora. Il resto non riesco bene a metterlo a fuoco, ma sono certa che abbia circa la mia età. Devo ricordarmi di indossare gli occhiali, anche se so che sono infognati da qualche parte in una delle borse...
«Ah-ah.» rispondo, timidamente. «Le novità mi affascinano sempre, a dir la verità.»
«Allora benvenuta a New York City.» mi accoglie, ancora più timidamente. Sembra che io gli faccia paura... forse non è abituato a parlare con le ragazze, mi dico.
«Grazie.» Un silenzio imbarazzante cala fra di noi, mentre lui distoglie lo sguardo. «Io ora dovrei andare...» dico, indicando con il pollice gli scatoloni dietro di me.
«Oh, sì, certo!» risponde lui, grattandosi la nuca e ritirandosi. «Ci si rivede. Ciao!» conclude, chiudendo la finestra e coprendola con una tenda.
Non appena scompare, mi guardo intorno, interdetta. Quando penso di aver osservato abbastanza la città, ritorno con i piedi per terra e inizio a svuotare i miei scatoloni e le valige. Apro la prima scatola che mi capita a tiro, cioè quella dei libri - i miei amati libri - e inizio a sistemarli sulle mensole sopra la scrivania: tra i titoli che mi passano fra le mani trovo Star Wars: Lost Stars e Bloodline, Teorema Cathrine e Colpa delle Stelle, la serie di Divergent e quella di The Selection...
«Ehy, con chi stavi parlando, prima?» mi chiede mio papà mentre entra dalla porta. Ogni volta che lo guardo mi sembra di aver preso tutto da lui, tranne forse il colore degli occhi azzurro cielo ereditati dalla mamma. "Uguali a quelli di Luke Skywalker" mi ripete sempre Shane.
«Oh, niente. Era un ragazzo che ha la finestra proprio qui...» dico, indicando l'edifico di fronte. «Mi stava dando il benvenuto.»
«Bene, bambina. Vedrai che non ci metterai molto a farti degli amici...» mi incoraggia, mentre si avvicina e mi bacia la fronte. «Qui sarà molto più semplice, vedrai.»
«Lo spero.» dico, sospirando.
«Su, ora da' una spolverata veloce alla camera e fai il letto. Scopa e stracci sono nello sgabuzzino di fianco al bagno. Notte, tesoro mio.»
«Notte, papà.»
Quando vedo che entra nella sua stanza, mi lascio cadere sul letto, ricoperto minuziosamente da un telo di plastica bianco, probabilmente per proteggerlo dalla polvere. Sono stanca ed eccitata allo stesso tempo, vorrei dormire ed esplorare la città proprio ora, vorrei...
Non faccio in tempo a finire di pensare a cosa vorrei fare, che crollo addormentata, tra i desideri ripiegati in valigia e la voglia che domani arrivi il prima possibile.
SPAZIO MEH:
Gentah! Storia brevah (più o meno) sul nostro BIMBO RAGNO!
Chi è contento?
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