9 - Hear Me Now
Hear me now - Alok & Bruno Martini
Gennaio
Mi stringo nelle spalle cercando di scaldarmi, anche se oramai è diventato un tic. Avanzo lentamente con il Millennium, nascondendo bocca e naso nella sciarpa. MJ, che cammina di fianco a me, non sembra sentire per nulla il freddo, nonostante il fatto che siamo al Kissena Park e che il vento qui è stranamente più freddo.
«Quindi come mai questa riunione straordinaria?» mi chiede, continuando a camminare. Prima di risponderle faccio appello alla mia coscienza: è la persona giusto a cui rivolgermi? Lei conosce Peter abbastanza da potermi aiutare.
«Ho baciato Parker.» esordisco, strizzando gli occhi e trattenendo il fiato. Michelle si ferma, si volta verso di me e con regale calma dice: «Ah. Quindi?»
Tutto qui?, penso. Lei riprende a camminare come niente fosse. «"Ah"? Sul serio?»
«Cosa ti dovrei dire?» mi chiede, scontrosa. «Non voglio farmi gli affari tuoi, Iris.»
Alzo gli occhi al cielo e vado avanti: «Peter non mi parla da quel giorno. Volevo solo parlarne con te, dato che lo conosci molto meglio di me.»
Lei si ferma vicino ad un baracchino e ordina due cioccolata calde. «Vuoi un consiglio? Chiarisci la cosa il prima possibile.» mi dice, tranquillamente. «Parlagli, chiedigli cosa hai fatto di tanto male, spiegagli perché l'hai fatto e POUF, il gioco è fatto. Ti resta solo da trovare una scusa per convincerlo a parlarti.»
Io rimango a bocca aperta. Sono una dannata idiota. MJ mi passa una delle due tazze di cioccolata e mi indica una panchina poco più vicino. Devo avere un certo legame con queste panchine. Dopo aver ripiegato il monopattino mi siedo - rabbrividendo al contatto tra il mio fondoschiena e la superficie gelata del legno - e sorseggio lentamente la mia cioccolata. «Non so che fare, MJ. Ho paura di perderlo in ogni caso.»
Lei mi guarda di traverso, come se io stessi parlando un'altra lingua. «Perderlo? Non lo perderai. Avete bisogno l'uno dell'altra.»
«Io ho bisogno di lui perché lo amo e lui di me perché ama Liz.» borbotto. A metà frase Michelle sembra soffocare nella cioccolata e a me prende un mezzo infarto. Appena riprende fiato, mormora: «Tu lo ami?»
«No, lo odio a morte.» rispondo, ironicamente. «Che domande fai!? Mi hai sentita.»
La becco a fare uno di quelle smorfie da onnisciente. «Sei spacciata, ragazza. Lui è cotto di Liz dal primo anno. Non c'è competizione.»
«Grazie, sei davvero d'aiuto.» Sbuffo, finendo l'ultimo sorso di cioccolata e pulendomi con il dorso della mano.
«Ehy, io ti dico le cose come stanno. Non voglio farti illudere.» si giustifica. Okay, ha ragione.
«Il fatto è che, diamine, rovinerei tutto. Nel momento in cui lui mi spunterà in faccia che non prova nulla per me non sarà più come prima. Ci sarà tanto di quell'imbarazzo...» mi porto una mano alla fronte.
«Non hai molta scelta.» bofonchia Michelle. «O gli dici che ti eri in presa ad una crisi ormonale e allora "baciamolo" oppure gli dici la verità.»
La guardo inespressiva. «Ti ci sei messa tu in questo casino.» si difende, arcuando un sopracciglio.
Mi volto dalla parte opposta rispetto alla sua. Mi concentro su una coppietta che cammina tranquillamente facendo zig-zag tra gli alberi. Sono così carini, l'uno stretto all'altra... Svegliati. Non succederà mai.
Sospirando, guardo MJ digitare qualcosa sullo schermo del telefono e sorridere compiaciuta. Riconosco i suoni di Whatsapp e mi incuriosisco.
«A chi scrivi?» Lei si volta presa alla sprovvista, aprendo la bocca e chiudendola più volte. «Oh, nessuno... gente del club di matematica.»
Ci pensa un altro messaggio a tradirla, illuminando lo schermo del cellulare: "Va bene. Fammi sapere quando sei libera." Leggo in fretta il mittente: Flash?
«E da quando ti scrivi con Thompson?» le chiedo, sfoggiando la mia migliore pervy face. «Non è come pensi. Ha bisogno d'aiuto per allenarsi, sai, per il Decathlon...» mi risponde, convinta.
«Io mi avvio verso casa.» proruppo. Mi alzo e m'incammino.
«Ci vediamo domani?» mi chiede Michelle. Io le mostro un pollice alzato e mi dirigo verso la parte sue del parco, sfrecciano con il mio amato due ruote.
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All'altezza della fermata dell'autobus mi infilo le cuffiette e in pochi secondi riconosco Hear Me Now. La canticchia sottovoce, timidamente. Mi tornano in mente le parole di Peter, "Hai una bella voce". Sorriso mestamente e mi guardo i piedi. Pochi secondi dopo sento le urla di un bambino: «Papà! Guarda, è Spider-Man!»
La voce del piccolo è così squillante che mi giunge chiaramente, così mi tolgo gli auricolari e seguo il percorso dettato dal suo piccolo dito indice. Trovo uno stranamente calmo Spider-Man alle prese con una signora a cui si era rovesciata la busta della spesa. Immediatamente ritorno con la memoria a quel giorno di settembre e mi sento in dovere di chiedergli scusa per il calcio. Come se stessi per perdere il treno, mi getto in strada senza badare alle auto che mi strombazzato dietro.
«Spider-Man, aspetta!» gli urlo, alzando una mano. Lui si volta non appena sente il suo nome, mentre la donna lo ringrazia e si allontana lentamente. Sembra volersi nascondere quando mi faccio abbastanza vicina.
«Ti ricordi di me?» gli chiedo, un po' imbarazzata.
«Io... sì, mi ricordo.» dice, in tono cupo. Che succede? «Non ho fatto in tempo né a ringraziarti né a chiederti scusa per il calcio, quindi grazie e scusa.»
Una voce metallica cattura l'attenzione del supereroe. «C'è il signor Stark in chiamata signorino Par-.»
«Sì, sì, grazie Lady Costume.» dice, lanciando una ragnatela su un lampione e suscitando via. Che maleducato!
Poi mi concentro sulla sua forma che si allontana per le strade e ripenso alle ultime parole di quella voce femminile. "Il signor Stark", "Signorino Par-". La voce del ragazzo. L'odore di cannella. Un dubbio grande come una casa di materializza tra i pensieri. Possibile che sia lui?
Mi guardo attorno come se la risposta si celasse per strada, tra i marciapiedi, tra le macchine, tra gli sguardi delle persone. Smettila di pensare a lui, Iris. Lo trovi d'ovunque. Mollalo, lascialo, liberati.
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Solo una cosa: mi dispiace. Scrivimi presto.
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