21 - The Scientist
The Scientist - Coldplay (Ascoltatela, pls, ci terrei molto!)
Agosto
Mi chiudo la porta alle spalle, continuando a sfregarmi i capelli umidi con un asciugamano. Abbandono l'accappatoio sulla sedia e mi infilo la mia camicia da notte, lentamente, mentre sospiro. Più si avvicina l'Homecoming più mi sento sola.
Dopo la litigata con Peter mi sono chiusa in casa, osservando il mondo dalla finestra di camera mia. Quella di Peter è sempre coperta da una tapparella che non lascia intendere fraintendimenti: non vuole vedere nessuno, non ha voglia di parlare.
Mi pettino i capelli con le mani, sistemandomeli sulle spalle nel modo migliore possibile. Il tramonto tinge le nuvole all'orizzonte di rosa, quando qualche stella inizia a farsi vedere, timida. Abbozzo un sorriso, ricordandomi che del resto rimanere da soli con se stessi - ogni tanto - non fa male. Anche quando vorrei risolvere questa situazione che si è fatta inevitabilmente complicata.
Mi perdo con uno sguardo tra i palazzi svettanti di questa città che non dorme mai. Sono le nove, ovvio che nessuno dorme. Solo tu hai sonno. Ignoro questa vocina che da un po' mi tappa le orecchie, evidenziandomi tutti i passi falsi, tutti gli errori. Ti manca e lo sai. Mi sono accorta che entrambi avevamo sbagliato quel giorno, quando mi ero liberata da tutti i miei pensieri. Ero stata forse troppo dura, però. Sono comunque troppo orgogliosa per andare a chiedere scusa. Del resto la maggior parte della colpa è sua? Resta il fatto che ti manca tutto.
Chiudo gli occhi solo per un secondo, ascoltando i suoni attorno a me, godendomi l'ultimo periodo estivo, immaginando per un secondo di essere fra le sue braccia. Solo quando li apro, la quiete viene spezzata da un mio urlo soffocato.
«Calma, calma, calma!»
Peter - Spider-Man - si è piazzato di fronte a me, a testa in giù, un mazzo di fiori tra le mani. «Tu sei pazzo!» esclamo ancora, guardando la sua maschera con la faccia di una che ha appena visto un mostro.
«Prima che tu mi mandi ancora a quel paese o che mi dia uno schiaffo, lasciami parlare.»
Rimango immobile, incrociando le braccia e aspettando che parli attraverso la sua maschera rossa. «Mi dispiace tantissimo, Iris. Per tutto, tutto quanto. È che mi manchi un sacco, proprio tanto. Non volevo ferirti, volevo solo proteggerti. Mi prendo tutta la colpa. Dammi solo l'opportunità di dimostrarti che non sono ciò che sembro-»
Lo zittisco alzando una mano, cercando i suoi occhi sotto quella cosa che glieli copre. Non voglio più sentire scuse, voglio solo riaverlo con me. «Zitto. Per una volta, zitto.»
Lentamente, sorridente, tremante. Così tanti aggettivi potrebbero descrivermi in questo momento. Ridacchio mentre lo attiro con una mano sulla nuca e gli alzo la maschera. Lascio che tutto succeda con il suo tempo. Le sue labbra sulle mie, l'imbarazzo per la strana posizione, le mie guance a fuoco.
Lo invito silenziosamente ad entrare in camera. Solo quando tocca terra decide di togliersi la maschera e di abbandonarla sulla mia scrivania, assieme al mazzo di rose. Fulmineamente lo abbraccio, respirando a pieni polmoni, mentre ogni mio pensiero si imprime di felicità. Quella stessa che mi fa tremare quando dalla mia bocca esce un "Mi sei mancato anche tu".
Cerco poi i suoi occhi, ancora, perché devo davvero capire se lui è davvero qui. «Mi sembra passata una vita.»
Lui non risponde, osserva anzi la camera e dice che è molto bella, ma dovrei mettere delle foto. «Foto nostre, magari». Rido e gli accarezzo una guancia. Un miagolio acuto interrompe questa scenetta da diabete. Afferro Vader e gli bacio il muso. «Così siete pari... contento m'lord?»
Lo lascio nella sua cuccia ai piedi della scrivania. «Così... Cioè... Puoi rimanere qui sta notte, se vuoi.» propongo, sperando che lui non si senta coinvolto in qualcosa di troppo serio.
Le parole escono un po' da sole, accompagnate da un sorrisetto imbarazzato. «Certo, cioè, va bene.»
«Recupero un, ehm, elastico per i capelli e arrivo. Tu... fa come fossi a casa tua. Ma in silenzio.» Esco cautamente dalla camera, cercando di non farmi sentire da mio padre che sta guardando la TV sul divano. In bagno esulto come una scema, sfogando la felicità del momento in saltelli e urletti. Cerco una spazzola e mi sistemo sul serio, per poi legarmi i capelli. Recupero poi furtivamente un cuscino dalla camera di Shane che è fuori per un "pigiama party". Sarà per discoteche, poco ma sicuro.
Rientro in camera e trovo Peter seduto per terra intento a sfogliare uno dei miei quaderni. Abbandono il cuscino a terra e spaventata, afferro il quaderno e lo nascondo nel primo cassetto della scrivania. «Scusa, ma non... non posso far sapere proprio tutto di me. Nulla di scandaloso, solo... imbarazzante.»
Lui mi chiede gentilmente scusa, dicendomi che quando vorrò parlarne - se vorrò - lui non riderà. Gli tiro un buffetto sul braccio e mi mordo un labbro. «Ti va di fare una cosa stupida?» gli chiedo, spostandomi per armeggiare con il mio piccolo amplificatore. «Certo. Beh, dipende... Sì, okay.»
Collego il mio cellulare e lascio che The Scientist dei Coldplay riempia l'aria. Mi avvicino a Peter e gli prendo le mani, guidandole fino ai miei fianchi. In simbiosi, iniziamo a ballare. «Penso che questa canzone parli un po' di noi...» sussurro. Peter, un po' sorpreso, mi tiene più stretta a lui, appoggiando il mento alla mia spalla. Ci muoviamo lentamente, mentre mi concentro sulle parole della canzone e sul tocco gentile delle sue mani sulla mia schiena. Mi lascio trascinare via dall'atmosfera.
Chissà se anche all'Homecoming sarà così. Mi immagino già il ballo di fine anno - fine estate, a questo punto -, quando balleremo nel mezzo della palestra, sotto gli occhi di tutti. L'unico problema sarà questo, del resto.
«Non ha imparato da solo a ballare, gli ha insegnato tutto sua zia M-»
La voce di quella che Peter aveva chiamato "Lady Costume" mi fa sussultare. Prontamente lui la zittisce, dicendole di disattivarsi. Ridacchio ancora, stringendo più forte le spalle di Peter, per poi accarezzargli il collo. Ci sarebbero così tante domande che vorrei fargli, ma forse non serve. Ogni cosa a tempo debito, no?
Silenziosamente, scruto il simbolo nero del ragno che rende perfettamente riconoscibile la tuta. Allungo una mano e la tocco, quando Peter fa un verso contrariato e si allontana, accompagnato da un rumore meccanico flebile. Il costume gli scivola letteralmente via di dosso, e io non posso fare altro che voltarmi e arrossire. Non voltarti non voltarti non voltarti.
«Scusa tanto.» mormoro, mentre lo sento armeggiare con lo zaino. Sento il viso andare ancora più a fuoco, forse perché la mia testa sta viaggiando un po' troppo, a seguito della domanda "e-se-non-mi-fossi-voltata".
«Tutto - tutto okay. Girati pure, mi sono messo i vestiti che mi sono portato. Speravo di rimanere qui...» Mi volto lentamente e cerco di nascondere il rossore delle mie guance. Lo guardo negli occhi e ci sorridiamo un po' beffardamente. «May pensa che sia andato da Ned...»
La canzone sfuma per lasciare spazio ad un'altra. Ancora un po' timidamente, dico a Peter che c'è un solo letto. Quello che dice mi stupisce: «Meglio! Così sarai obbligata ad abbracciarmi.»
Troppe cose in una sera! «E questa chi te l'ha insegnata, Flash?» Non mi aspetto una risposta, mentre vado ad affacciarmi alla porta. «Io vado a letto a studiare! Mi chiudo dentro!» urlo a mio padre. Lo sento mugolare qualcosa come un sì, non proprio lucidamente per colpa della sonnolenza. Meglio così, mi dico.
Giro la chiave due volte e poi chiedo a Peter di chiudere la finestra, sistemando la tenda. Prima di salire sul letto, abbasso il volume dell'amplificatore ma non lo spengo. Mi lascio cadere di peso sul materasso e aspetto che l'intruso mi raggiunga con il cuscino. Quando si materializza di fianco a me mi faccio piccola piccola contro il muro. Lui si sistema per bene, un po' rosso in volto. Ha provato a fare il gallo, ma è solo un ragnetto. Rimaniamo ancora così, più vicini che mai. La calma che regna ora è niente in confronto alle mille emozioni che mi si agitano dentro, le stesse che provo quando Peter mi prende la mano sotto le lenzuola o giocherella con una ciocca dei miei capelli ancora un po' umidi. Con tutta la calma del mondo mi attira a lui, baciandomi. Il minuto successivo sono solo baci e carezze, niente di più, niente di meno. Sento le sue labbra screpolate un po' ovunque sul viso, anche quando indugiano a baciarmi il collo. Quando sento di non avere più fiato mi rannicchio più vicina a lui, affondando il viso vicino al suo petto. Riesco quasi a percepire il battito del suo cuore o il suono del suo respiro. Dolcemente prende ad accarezzarmi i capelli, canticchiando la melodia della canzone che fa da sottofondo, anche se il volume è molto basso.
Così, cullata da suo respiro e dal calore del suo corpo, prendo un ultimo respiro del suo dolce odore, prima di cadere addormentata. Cannella.
SPAZIO MEH:
Potessi essere Iris, mamma mia.
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