20 - True Love
True Love - P!nk
Luglio
Il Millennium fa un po' i capricci quando cerco di aprirlo. Ci credo, non lo uso da una vita. Devo maneggiare un po' con qualche levetta, poi ci riesco. Con questo caldo secco, del resto, non ho alcuna intenzione di prendere il bus, così ricorro ai vecchi metodi.
Mi ci vuole un attimo per ricordarmi la strada verso scuola, anche se sono passati un mese e qualche giorno dalla fine. In pochi secondi sto già sfrecciando per le strade che mi porteranno - nel bel mezzo delle vacanze - nell'ultimo posto in cui dovrei essere. L'unica cosa che mi spinge ad andare è molto semplice: nessun aiuto da parte degli studenti? Nessun Homecoming. Che compromesso efficace.
Una parte di me, però, è contenta di aver un valido motivo per uscire di casa, dato che l'unica cosa che ho fatto nell'ultimo periodo è stata chiudermi nella mia camera coi miei pensieri. Un maledettissimo circolo vizioso.
A distrarmi dal percorso è la vibrazione insistente del mio telefono nella tasca dei pantaloni. Mi fermo guardando prima l'orario, appurando che potevo permettermi qualche minuto di pausa senza rischiare di arrivare in ritardo all'appuntamento con MJ.
Afferro il telefono e con una punta di amarezza leggo il nome del contatto: Mamma. Sospirando, clicco sull'icona verde.
«Fiorellino! Come stai?»
Il tono squillante di mia madre mi fa appuntare mentalmente che prima di risponderle devo abbassare il volume.
«Ciao, tutto bene.» mugolo, stupendomi della domanda.
«E' da un sacco che non ci sentiamo... qualche novità?» chiede, mentre cerco di capire se la risposta le interessa davvero o vuole solo fare la "brava madre". Alla fine cerco di stare al suo gioco.
«Tutto okay, niente di nuovo. La scuola va bene, matematica mi da meno problemi del solito, anzi inizia a piacermi. Anche ad amicizie sono a posto, credo...»
«Tua cugina Laura mi ha fatto vedere quelle foto di Instagram, quelle con un ragazzo.»
Sospiro per l'ennesima volta. «Niente di serio... è complicato. Mi sono buttata a capofitto in qualcosa di troppo grande.»
Lei ridacchia, pronunciando qualcosa che mi fa andare su tutte le furie: «Ecco cosa hai preso da tuo padre: la fretta. Sempre di fretta...»
Non voglio tapparmi la bocca come al solito. Non ho molto da perdere, del resto. «Senti, mamma, se sei qui per farmi la predica anche su questo hai sbagliato alla grande.»
«No, hai ragione, fiorellino. Perdonami. Beh, penso tu abbia di meglio da fare che ascoltare questa vecchia bisbetica... Buona giornata. Ci sentiamo più avanti.»
Ignoro quel disperato tentativo di farmi sentire in colpa con l'autocommiserazione, salutandola e chiudendo la chiamata.
Do una veloce occhiata dell'orologio e senza badarci davvero sfreccio via. Sempre di fretta...
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Prendo un bel respiro ed entro. Mi sembra di ritornare indietro con i mesi, quando questa era la mia nuova scuola, dove non conoscevo nessuno e nulla aveva ancora importanza. Mi dirigo quasi di corsa verso la palestra, cercando di non guardarmi intorno.
Appena ci entro noto i colori scuri che predominano: le decorazioni sono viola, blu, azzurre. Alle finestre sono state appese delle tende verde scuro. Cavoli, che lavoro. L'unico interrogativo che mi rimane è quello sul perché fare tutto ciò con così tanti giorni di anticipo.
Molti ragazzi sono al lavoro: chi si occupa della consolle del DJ, chi di spostare i tavoli da un posto all'altro. Non vedo Michelle da nessuna parte, così mi avvicino ad una ragazza bionda - l'ex fidanzata di Falsh, a quanto ne so - e al suoi gruppetto di amiche snob.
«Ehy, scusa. Posso aiutarvi in qualcosa?» Loro mi guardano per qualche secondo, per poi darmi in mano delle stelline di cartone e dello scoch, chiedendomi di attaccarle sulle spalliere e sugli spalti. Sospirando inizio il mio lavoro.
Mi avvicino subito alle spalliera vicino alla porta dove c'è il cartello "entrata". Pazientemente, stacco pezzetti di scocth con la bocca e sistemo le stelle sul legno consumato. Ripeto l'operazione un po' di volte, finché qualcuno mi afferra per un braccio. MJ.
Faccio per salutarla, ma lei mi interrompe: «Okay, non so cosa sia successo di preciso con Parker, fatto sta che quando gli ho detto che eri qui è voluto andare a casa. Ora Ned lo sta tendendo occupato in aula di chimica. O vai tu a chiarire, o lo farò io, e fidati che la secondo opzione non è raccomandabile.»
Provo a protestare, ma Michelle mi prende di peso e mi trascina per il corridoio, senza neppure darmi il tempo di appoggiare le stelline. Le lancio a terra in malo modo e confusa lotto - invano - contro la forte stretta di MJ. Una nota di panico stona fra l'armonia che si era creata questa mattina, quella stessa che aveva lottato contro i pensieri a cui non volevo dar retta.
Peter non sarebbe venuto. Se fosse venuto non mi sarei avvicinata. Se si fosse avvicinato l'avrei ignorato. Semplice, no?
MJ mi prende con forza per le spalle e mi spinge dentro l'aula di chimica. Insisto a tenere lo sguardo puntato a terra, anche mentre Ned mi da un pacca amichevole sul braccio ed esce. Calma calma calma. Respira respira respira.
Silenzio. Nessuno dei due osa parlare. Io non oso guardarlo, non oso - non posso - muovermi; nessuno dei due. Rimango sulla soglia a guardare le mie scarpe che tutt'a un tratto si sono fatte interessanti.
«Penso... Sai... Mi dispiace.»
La rabbia monta tutta assieme. Mi faccio coraggio e alzo lo sguardo, mordendomi la lingua e scuotendo la testa, incredula. Hai sentito? Gli dispiace. Ma sentilo.
«Ti dispiace, eh?» Solo ora parlo, urlo. Ignoro persino i suoi occhi, arrossati e scavati dalle occhiaie. Ha un livido sullo zigomo. No! Non provare pena! La colpa è sua. Sei nel giusto. «Sai che ti dico? Dispiace anche a me. Mi dispiace per la me stessa fragile e stupida che si è lasciata trascinare in qualcosa di più grande di lei. Mi dispiace per la me stessa che si è fidata sin da subito di un ragazzo più grande che sembrava essere sincero.»
I suoi occhi si fanno più rossi, più lucidi. Io forse sto per scoppiare a piangere, ma che importa?
Peter fa per dire qualcosa, ma lo interrompo. «E no, lasciami finire! Puoi uscirtene tranquillamente con le scuse "Non sapevo se fidarmi di te", "Essere ciò che sono non è facile". L'ho messo in conto, tutto quanto.»
Sospiro, riflettendo bene su quello che sto per dire: «Avresti potuto evitarmi, però, l'illusione che tra di noi non ci fossero segreti. Oso dirti, addirittura, che devi ritenerti fortunato del fatto che la tua relazione non intralci i tuoi doveri, non è così?»
Non mi lascia finire, prende prepotentemente la parola: «Non hai messo in conto in bel niente, Iris! Non ti bastano le mie scuse, non accetti le mie ragioni. Cosa devo fare per convincerti? Ti ho detto tutto di me, tranne la cosa che avrebbe potuto allontanarti da me. Chi mi poteva garantire che non saresti scappata?»
Qui il pianto mi incrina la voce, che per lo sforzo si è fatta più acuta: «Io! Il fatto che fossi completamente in balia del tuo uragano! Pensavo di conoscerti. Sei diverso da quello che pensavo.»
«Bene, quindi vuoi gettare all'aria tutto? Le promesse? Le parole? Le speranze? Tutto per un capriccio!»
Prendo un respiro profondo, provando a dissimulare ogni parola. Ti odio ti odio ti odio ti odio ma mi manchi mi manchi mi manchi. Provo a zittire gli ultimi pensieri avvicinandomi lentamente, senza pensarci due volte. Esito un attimo e poi slap!, in piena faccia. Il volto di Peter è sconvolto, un po' rosso sulla guancia destra. Un po' mi dispiace - pochissimo.
Mi dirigo rabbiosa verso la porta. «Ah, e sai cosa, ancora?» esclamo, aprendola davanti a me. «Vaffanculo, Peter Parker.»
L'ultimo rumore che sento è la porta che sbatte e l'ultima cosa che vedo sono le facce allibita di Michelle e Ned, prima che io corra via, la rabbia che piano piano si fa meno potente.
SPAZIO MEH:
Rega avevo sbagliato a pubblicare il capitolo... meno male che non c'erano major spoilers...
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