Capitolo 9
ISABELLE
Vedere piangere, è molto più che piangere.
☾Antonio Porchia
Il mio cuore sussulta non appena Christian ferma la sua auto di fronte al tribunale di Lansing.
È una struttura imponente, che svetta verso il cielo e spicca a causa del bianco marmo della facciata.
Sono entrata per la prima volta in un tribunale a sette anni, quando mio nonno insistette affinché lo aspettassi mentre colloquiava di un caso con un giudice.
Ricordo perfettamente la sensazione che provai appena varcai quella porta ed è la stessa che sto provando in questo momento.
Mi guardo intorno, constatando che ben poco è cambiato.
«L'avvocato della signora West ci attende dentro con il giudice Barney, mio carissimo amico. Hai ripassato la tua parte? La controparte accetterà la nostra proposta, vedrai. Non potranno farne a meno, nessun giudice allontanerebbe un padre dai suoi figli»
Lo seguo, mentre ci addentriamo in un corridoio, e ripasso mentalmente le poche frasi che dovrò pronunciare.
"I bambini hanno bisogno di una madre tanto quanto di un padre. Chi li porterà al cinema, concedendogli tutte quelle schifezze da sgranocchiare durante il film? Chi gli insegnerà a guidare? A chi consegneranno la lettera che scriveranno per la festa del papà?"
Per un momento mi tornano in mente tutti i biglietti indirizzati al mio di papà, finiti tra i tanti documenti nel trita carta senza essere stati degni di qualche misero minuto del suo tempo.
Christian strige la cravatta blu che riprende il completo scuro che indossa oggi, prima di sorridermi e bussare alla porta.
«Prego»
L'uomo seduto dietro la scrivania si alza, allungando un braccio.
Al contrario delle mie aspettative, non indossa alcuna toga, né ha un martello a portata di mano. Sul tavolo, oltre ad un fascicolo, ha una graziosa scatola piena di caramelle.
I miei occhi ricadono sulla donna seduta di fronte, l'avvocato della signora West.
«Barney, è sempre un piacere rivederti. Margaret» Christian porge la mano ad entrambi ed io faccio lo stesso.
«Lei è la stagista di cui ti parlavo, la prima del suo corso» si rivolge al giudice
«Si sieda pure, signorina Thompson. Sono contento di conoscerla, suo nonno diceva grandi cose di lei, lo sa? Per un periodo non si faceva altro che parlare di lui qui, quando vinse la causa contro il più grande imprenditore di quegli anni.»
Mi accomodo e sorrido, ricordando il giorno in cui mio nonno tornó a casa dopo quel processo. Dormí per più di dodici ore, prima di andare a festeggiare con i suoi colleghi.
«Allora, ci troviamo qui per discutere del caso che mi è stato proposto dalla qui presente Margaret Johnson. L'affidamento esclusivo è richiesto da entrambe le parti. Cosa avete da dire in proposito?»
La donna si prepara a parlare, raddrizzando la sua postura.
«La mia cliente è caduta in un matrimonio sbagliato, diventando madre di due bellissimi bambini. Non ama più suo marito, e di questo possiamo mai fargliene una colpa? Vive con un altro uomo e ti posso assicurare, Barney, che i suoi figli sono felici così»
È questo il mio momento.
«Con tutto il rispetto, avvocato Johnson, non credo potesse dire cosa più sbagliata. Come potrebbe essere felice un bambino se non può vedere suo padre? A chi chiederà di andare a vedere le partite di football e fare il tifo per lui? A chi, questi due bambini, consegneranno la letterina per festa del papà? Con chi trascorreranno quelle sere in cui la mamma non c'è e avranno la libertà di mangiare dolciumi e mettere in disordine la casa? Non possiamo sottrargli il diritto di avere un padre, che vuole essere presente ma è impossibilitato. Non devono scontare loro le conseguenze di un amore finito»
Margaret mi fissa contrariata, il giudice annuisce quasi commosso.
«Parla proprio come suo nonno! Le do ragione, signorina Thompson. Sono solo dei bambini che, come ha detto, non appena sono venuti al mondo hanno acquisito dei diritti. Tra questi, quello di avere una famiglia. Una vera, però. Per questo, propongo una revisione parziale della richiesta della sua cliente, Margaret, e stabilisco che questi bambini trascorrano almeno tre giorni a settimana nella casa paterna. In situazioni particolari, che comprendono imprevisti o impedimenti, saranno i genitori a decidere e concordare, mi auguro lucidamente, come gestire la divisione dei ruoli.»
Christian sorride soddisfatto, Margaret è inespressiva.
«Questa è la mia decisione. Ora, se volete scusarmi, immagino possiate congedarvi. Ho un altro caso di cui occuparmi»
Ci alziamo tutti e, dopo aver salutato, io e il mio capo lasciamo la stanza.
Cammino composta sui miei tacchi, fiera dell'esito del mio intervento.
«Sei stata davvero brava, Isabelle. Ammiro la tua sicurezza. Quando ero alle prime armi ero esattamente come te e, per esperienza, è proprio questa convinzione che ti condurrà alla buona fama. Sono contento ti averti sotto la mia ala protettrice.»
«Grazie per avermi dato quest'opportunità. Non mi aspettavo di poter prendere parte così presto agli incontri informali»
«Dovevi fare un semplice intervento, e invece non è stato necessario che io aprissi bocca. Presto sarai pronta per affrontare un vero e proprio processo. Prima, però, festeggiamo questo. Stavo pensando di organizzare una cena a casa mia, per celebrare la tua vittoria che è, di fatto, una vittoria per tutti.» apre la portiera della Mercedes per farmi entrare.
Prende posto accanto a me, indossando degli eleganti occhiali da sole.
«In realtà ho solamente voglia di far festa ma shh...» ridacchia.
𓍝
Frugo nel portagioie per provare il bracciale con le perle che nonno Will mi aveva regalato per il mio diciassettesimo compleanno.
"Indossalo quando sarai felice, Mars. Semmai non dovessi essere lì accanto a te, sarà come se lo fossi." mi aveva sussurrato, posandomi un bacio tra i capelli.
Le mie dita scorrono sulla rotondità delle perle, esaminandole attentamente.
Sono così perfette e delicate sul mio braccio che mi pare di vederlo sorridere di fronte a me.
Sono cinque mesi che non c'è più, eppure io credo di sentirlo.
Ogni giorno al mio fianco.
Mi guardo allo specchio, chiudendo gli orecchini di Tiffany che, invece, sono stati un regalo di mio padre.
Ogni volta che vivo qualcosa di importante, mi fa piacere avere tutta la mia famiglia presente. Anche nella lontananza, quindi, mi assicuro che un pezzo di loro sia sempre con me, un po' per rassicurazione, un po' per dimostrare a me stessa che, nonostante l'apparenza, non sono mai sola.
«Allora, la promettente stagista della Void Legal Group è pronta?» Cyndi irrompe nella mia stanza, stravaccandosi sul letto.
«Ovviamente»
«Sei tu la special guest o sbaglio? Devi farti attendere, puntuale che non sei altro!»
Alzo gli occhi al cielo, sospirando.
«Non c'è nessuna star della serata, Cyndi. Christian mi ha esplicitamente detto che non mi metterà in imbarazzo facendomi sentire al centro dell'attenzione. Sarà una semplice festa per celebrare il suo Impero.»
«Una delle tante, vorrai dire. Sul suo profilo Facebook posta in continuazione foto di cibo lussuoso e persone dall'aria austera sorridenti»
«E perché mai avresti cercato il suo profilo Facebook?»
«Devo sapere con chi hai a che fare ogni giorno, Isabelle. Devo dire che, a parte un picco di ormoni, nient'altro mi ha animata. Sei stata fortunata, al corso di moda ho a che fare solo con delle odiose ragazze in preda alla convinzione di poter essere notate da Chanel» le deride, prima di alzarsi e tirare fuori il suo cellulare.
«Parlo con Esteban, magari lo invito a raggiungermi qui»
«Fa come vuoi, ma sta attenta a quel maniaco di Freddie. Chiuditi bene a chiave.»
Prendo la mia borsa e mi avvicino alla porta.
«Mi comporterò proprio come una mamma rompi scatole, Isabelle. Ti aspetterò sul divano, forse in compagnia, e ti chiamerò se violerai il coprifuoco.»
«Uuh, che paura»
«Non accettare passaggi da sconosciuti» continua la sua farsa.
«Ah e, mi raccomando...» urla, proprio quando ho un piede fuori dall'appartamento
«...vedi di finire tra le lenzuola di Kylian Void»
Mi chiudo la porta alle spalle, scoppiando a ridere.
È proprio pazza.
Come potrei mai finire tra le lenzuola del figlio del mio capo, un quasi-sicuro criminale?
Inoltre, nei miei pensieri c'è già un altro ragazzo che, spero, prima o poi si accorgerà di me e vorrà più di una semplice amicizia.
Basta osare un po' di più, cosa che intendo fare dalla prossima volta che ci vedremo.
Scuoto il braccio, chiamando un taxi che subito si ferma.
Odio guidare e, se posso, ne faccio assolutamente a meno.
«Buonasera, signorina. Dove la porto?»
«A casa di Christian Void, per favore»
Non occorra che io specifichi altro, dal momento che letteralmente tutti, in città, sanno dove vive il dio della legge. Il suo Impero non passa certo inosservato, e le testate giornalistiche degli ultimi mesi non hanno fatto altro che confermarlo.
Mentirei se dicessi che non aspirassi a diventare come lui e il fatto che sia proprio Christian Void a farmi da maestro mi fa sentire oltremodo fortunata.
Una decina di minuti dopo, mi ritrovo di fronte lo stesso edificio di questa mattina.
Ringrazio educatamente il tassista, dandogli il denaro, e salgo le scale. Il suono del campanello riecheggia nell'aria, dominata da un silenzio inquietante.
La domestica, che mi sembra si chiami Chie, apre la porta, accogliendomi in casa.
Ha una faccia buffa e simpatica e l'uniforme che indossa le illumina particolarmente il viso dove compare un accogliente sorriso.
«Prego, signor Void è in salotto»
Parte dei dipendenti, per mia fortuna, è già arrivata.
«Eccola. Parlavamo proprio di te» urla Michael non appena mi vede.
«Buonasera.»
«Benvenuta, Isabelle.»
Ringrazio Christian che mi porge un bicchiere di champagne.
Mi guardo intorno, cercando di orientarmi in una casa tanto grande, poi vengo rapita da un paio di occhi chiari.
Kylian é in piedi, mentre chiacchiera con sua sorella, e tiene fissi i suoi occhi nei miei. Indossa una t-shirt nera, dei pantaloni del medesimo colore e un paio di anfibi.
Percorro il suo corpo per la prima volta, proprio come lui fa con me ogni volta che mi vede.
È muscoloso, ma non esageratamente, ed è davvero alto. Probabilmente raggiunge il metro e novanta.
Il suo fascino non passa inosservato per buona parte delle dipendenti di suo padre che, oltre a prendere ordini da lui, immagino li accetterebbero volentieri anche dal suo dannatamente affascinante figlio.
I restanti ospiti varcano la soglia e, nel giro di poco, ci ritroviamo tutti seduti intorno ad una tavola con pietanze invitanti.
E le assaggerei anche, se non fosse per quegli occhi che non ne vogliono sapere di staccarsi da me.
Cos'ho che non va, Kylian?
Perché continui a guardarmi?
Istintivamente mi porto una mano tra i capelli, in imbarazzo, e la forchetta mi cade prima sulla gonna per poi finire a terra.
Fortunatamente, però, non attiro particolarmente l'attenzione tranne che la sua.
Raccolgo la posata, cercando di non dare nell'occhio e mi scuso con i commensali, abbandonando il tavolo.
Una domestica mi indica il bagno.
Salgo la scalinata ed ho finalmente l'opportunità di osservarmi intorno.
Questa casa è meravigliosa.
L'arredamento è minimal ma lussuoso, impreziosito da lampadari con cristalli e quadri astratti.
Pensandoci bene, deve rispecchiare il gusto del proprietario, dal momento che l'ufficio é abbastanza simile, se solo non fosse per l'oro delle pareti.
La mia attenzione viene immediatamente catturata da una tela i cui colori mi ricordano il rosso vivido di quel posto.
"Hai disperso la retta via, perfettina?"
Un brivido mi percorre la schiena, prima che io riesca a risvegliarmi dal ricordo e ad entrare nella stanza in fondo a destra, proprio come mi è stato suggerito.
Mi avvicino al lavandino e faccio scorrere un po' d'acqua sul mio dito, cercando di rimediare alla piccola macchia marrone con del sapone.
Non occorre strofinare molto perché vada via.
Colgo l'occasione per ritoccarmi il trucco, poi esco.
Due voci, provenienti dalle mie spalle, giungono alle mie orecchie.
«Ma l'hai vista quella nuova? Crede di essere già la star della Void»
«Sappiamo tutti come ci è arrivata, non è certo un mistero. Il grande William Rogers ha pensato bene di sistemare sua nipote e non con uno qualunque. Non mi sorprenderebbe sapere che se la fa con Christian. In fondo, sua moglie non c'è mai, lui dovrà sfogarsi in qualche modo.» ridacchiano disgustosamente.
Spalanco la bocca e mi si forma un nodo in gola per via delle loro disgustose insinuazioni.
Io, con un uomo di molti anni più grande di me e che, per giunta, potrebbe essere mio padre?
Stringo i pugni, tenendo a bada le emozioni.
Non fare scenate, Isabelle. Mantieni la calma, non essere impulsiva.
Respiro profondamente mentre i miei piedi si muovono da soli verso l'uscita.
Ho bisogno di prendere aria, di stare da sola e calmarmi.
Le loro parole mi colpiscono nel profondo, perché solo io so quanto ho faticato per essere dove sono ora.
Meritavo questo stage perché sono la prima del mio corso e amo questo lavoro.
Meritavo questo stage perché era da anni che lo sognavo e ho messo da parte il mio dolore, i miei problemi, la mia adolescenza, per ottenerlo.
Ho visto i miei coetanei divertirsi, andare a ballare, perdere la verginità e andare in vacanza mentre io ero rinchiusa in camera a studiare e sognare.
"Le persone sono cattive, Isabelle. Sono tanto cattive. Non lasciarti distruggere da loro, però. Le critiche vengono solo se stai facendo bene quindi, quando le riceverai, non sentirti triste ma, al contrario, sii fiera di te."
Una lacrima mi bagna la guancia mentre la voce di mio nonno risuona nelle mie orecchie.
«Cosa fai qui tutta sola, Marte?»
Sussulto e mi ricompongo in fretta notando la sua ombra avvicinarsi.
«Prendo un po' d'aria»
Studia il mio volto ed io mi ritrovo a sperare di non avere del mascara sbavato sotto gli occhi e, quindi, l'aria di una che ha appena pianto.
«Non hai mangiato molto» constata, accendendosi una sigaretta.
Una nube di fumo mi attraversa il viso e uno spontaneo colpo di tosse fuoriesce dalla mia bocca.
«Non avevo molta fame» mento.
«Non ti va di festeggiare dopo la vittoria in tribunale?»
«Non è niente. Aprirò una bottiglia di champagne quando vincerò la mia prima causa penale»
Inclina leggermente la testa «Poco ambiziosa»
«Nella vita bisogna sempre puntare al cento. Non ho intenzione di fare festa appena raggiunto un dieci»
Aspira, socchiudendo gli occhi «Ricordati, però, che il dieci é il punto di partenza»
«Ma non voglio accontentarmi.»
Fissa il paesaggio avvolto nel buio pesto, continuando a fumare. Il silenzio che si crea tra noi non ha alcun che di imbarazzante e, per la prima volta nella mia vita, non mi ritrovo a vagare con la mente per trovare un argomento di cui parlare.
Mi godo qualche attimo di pace, prima di prendere la decisione di rientrare. Mi alzo dallo scalino sul quale ero seduta, lasciandolo lì a riflettere su chissà cosa.
«Marte...» mi richiama. Mi volto lentamente, incatenando gli occhi nei suoi.
«...nessuno merita le tue preziose lacrime»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top