Capitolo 25
ISABELLE
Halloween è il giorno in cui ci si ricorda che viviamo in un piccolo angolo di luce circondati dall'oscurità di ciò che non conosciamo. Un piccolo giro al di fuori della percezione abituata a vedere solo un certo percorso, una piccola occhiata verso quell'oscurità.
☾Stephen King
Il suono della sveglia mi fa sobbalzare nel letto. Arriccio il naso, infastidita, mentre mi volto verso il comodino per metterla a tacere.
Do uno sguardo fuori dalla finestra: le nuvole grigie dominano il cielo e il vento, oggi più impetuoso del solito, fa muovere gli alberi a tal punto da buttare giù qualche foglia rossiccia.
Mi alzo in piedi, precipitando sotto la doccia e subito dopo in cucina.
Sono stata buona parte della notte a leggere la misera documentazione sull'incendio a casa Huff, il primo caso che Christian ha deciso di affidarmi sotto la sua supervisione, quindi necessito di una bella tazza di caffè per iniziare la giornata.
Lo sorseggio, aggiungendo un paio di cucchiai di zucchero, e avvio la mia playlist per ovviare alla mancanza di Cyndi.
Da quando è partita la nostra casa è triste e silenziosa e inizio ad avverto quasi un senso di solitudine, nonostante siano passati soli pochi giorni.
Sistemo la lavastoviglie, poi mi reco in camera mia e trascorro i successivi minuti a fissare il mio armadio.
È l'ultimo giorno di ottobre e il clima autunnale inizia a farsi sentire.
Indosso una gonna nera, un maglione color panna e degli stivali alti fino al ginocchio.
Il telefono lampeggia sul lavandino e il nome di Kylian appare sullo schermo mentre mi trucco.
Scendi.
Alzo le sopracciglia e termino di applicare il rossetto nude prima di sistemare i miei capelli, prendere la borsa e mettere all'interno tutti i fascicoli sui quali sto lavorando insieme al mio pc.
Scendo le scale, con la borsa su un braccio e il cappotto lungo marrone nell'altra, e una folata di vento mi travolge, scompigliando i miei boccoli.
Mi guardo intorno, eppure tra le auto parcheggiate non riesco ad individuare nessuna moto.
Cammino verso destra, in cerca del Serpente d'oro, quando il suono di un clacson richiama la mia attenzione.
Torno sui miei passi e incontro i suoi occhi azzurri.
Kylian, a bordo di una Porsche, mi fissa attentamente mentre, confusa, prendo posto accanto a lui.
«E questa macchina da dove sbuca?» chiedo, preoccupata dall'ultima volta in cui sono salita in auto insieme a lui.
Guardo sui sedili posteriori e, oltre alla sua giacca di pelle, non c'è nient'altro.
«È mia.»
«E perché non sei venuto come al solito in moto?»
«Con questo vento rischi di ammalarti se non sei abituata e mi era sembrato che la mia bimba procurasse un certo... scompiglio ai tuoi capelli» afferma, quasi sottovoce, partendo.
Non è venuto in moto per non farmi raffreddare e rovinare la piega.
Un sorrisino spontaneo fa capolino sulle mie labbra mentre lui mi guarda sottecchi.
«Non hai freddo con quella gonna?»
Porto le mani sulla mie gambe protette dalle calze nere.
«No»
L'auto davanti a noi si ferma.
Lanciamo entrambi un'occhiata al semaforo e nel giro di pochi secondi scatta il colore rosso.
Kylian tamburella le dita sul volante, poi si volta nella mia direzione.
«Allora, che programmi hai stasera?»
«Lavoro»
«Su cosa?»
«Sul caso che tuo padre mi ha assegnato»
Annuisce, ripartendo, e dopo dieci minuti l'edificio della Void Legal Group mi appare davanti agli occhi.
Si ferma, proprio davanti l'entrata ed estrae dalla tasca una sigaretta.
Scende dall'auto insieme a me.
«Passo a prenderti più tardi»
Annuisco e faccio per allontanarmi quando lui mi blocca.
Con le labbra sfiora il lobo del mio orecchio e il suo fiato caldo solletica il mio collo.
Le sue mani tengono salda presa sul mio punto vita per poi scendere più giù.
«Sembra un po' troppo corta, non trovi?» sussurra, con un tono cupo che mantiene da quando mi ha rivolto la prima parola da questa mattina, mentre tira giù i lembi della mia gonna.
«Ci vediamo dopo, Kylian» lo saluto, prima di scomparire dietro la porta d'entrata.
Attendo qualche minuto che l'ascensore arrivi, poi finalmente si apre ma, con mia sorpresa, non è vuoto al suo interno.
Rachel si sta specchiando quando entro e mi rivolge uno sguardo carico di presunzione.
«Buongiorno»
«Isabelle»
Dalla vetrata è possibile scorgere Kylian fuori dall'edificio mentre rientra in macchina e pare non sfuggire al suo radar.
«Ti ha accompagnata lui qui?» indaga
Non rispondo, non so bene per quale motivo, e lei interpreta il mio silenzio come un sì.
Il suono dell'ascensore segnala l'arrivo al piano selezionato.
«Una delle tante. Sei solo una delle tante» dice, prima di uscire e dirigersi verso la sua stanza.
Faccio lo stesso, cercando di mettere da parte le parole che ho appena udito.
In fondo, per quale motivo dovrebbero toccarmi se provengono da una persona che non sa la verità?
Non so bene cosa ci sia tra di noi al momento, forse perché io stessa non me lo chiedo e preferisco non pensarci.
Che io abbia paura della risposta? È probabile.
Che io inizi a sentire la voglia di lasciarmi andare e provare qualcosa? È probabile anche questo.
Ma non è il momento di scervellarsi su questo.
Entro nel mio ufficio, chiudendomi la porta alle spalle e mi siedo alla mia scrivania.
Apro un file che stamattina Christian mi ha inviato per mail.
Si tratta di una registrazione.
Il mio ex ragazzo sta parlando con la polizia mentre la telecamera fa riprese per conto della Void.
Dell'auto è rimasta solo una carcassa, c'è quella che sembra essere cenere a terra e, stando a ciò che è scritto nel verbale della polizia, l'incendio è stato appiccato con della benzina.
La vibrazione del mio telefono fa cadere l'occhio sul display che segna la chiamata da parte di Laia.
Rispondo al terzo squillo.
«Ehi, che fine hai fatto?»
«Che fine hai fatto tu, stronzetta. Come stai?»
«Bene» rispondo.
«Hai da fare stasera?»
«Lavoro»
La sento sbuffare dall'altro lato del telefono «Andiamo, è halloween. Facciamo una festa qui al Cruz, devi venire a provare il mio cocktail speciale.»
Ridacchio «Va bene, ci farò un salto»
«Ti aspetto, bellezza»
La saluto, poi sposto nuovamente l'attenzione sul filmato.
Osservo attentamente le immagini, analizzando ogni singolo frammento di video che possa essermi d'aiuto per farmi portavoce del mio assistito.
Non passa molto prima che qualcuno bussi alla porta.
Alzo gli occhi dal monitor e il mio capo mi accenna un sorriso.
«Buongiorno, Isabelle»
«Buongiorno»
«Hai preso visione del video che ti ho mandato stamattina?»
Annuisco «Proprio adesso lo stavo guardando»
«Bene. Vedi, sono passato per dirti che in alcuni casi, specie in quelli come questo, è compito di un buon avvocato constatare con i propri occhi l'accaduto. Come saprai, il signor Huff è influente uomo d'affari in città e non ha esitato a informare la stampa dell'accaduto. La pressione è tanta e non passerà molto tempo prima che venga individuato il colpevole. In questo caso, il nostro assistito ha preferito rivolgersi al legale già per sporgere denuncia e di questo me ne sono occupato io ieri ma, in attesa di saperne di più dalla polizia, ritengo sia opportuno che anche noi in quanto suoi avvocati facessimo qualche... indagine per conto nostro. Te la sentiresti di andare a dare un'occhiata?»
Un sospiro mi esce incontrollato mentre annuisco «Certo»
«Ti aspetto giù»
Si volta, facendo qualche passo in avanti prima di spostare di nuovo l'attenzione su di me.
«Isabelle...»
«Te la senti di portare avanti questo caso, vero?»
«Si» affermo, prima che lui annuisca uscendo dalla stanza.
Chiudo gli occhi, abbandonando il mio corpo a peso morto sulla poltrona.
Lo schienale va all'indietro ed io mi lascio cullare da quel movimento mentre respiro profondamente, esortando il mio cervello ad elaborare che tra poco mi presenterò fuori da quella casa.
La stessa nella quale per la prima volta ho ricevuto un pugno in pieno volto dal ragazzo che la me di due anni fa credeva di amare.
Eppure, Void che mi ha assegnato questo caso non è al corrente del retroscena.
Lui è convinto che Ian per me sia solo un semplice ex fidanzato, che mi portava con sé ai convegni del padre e faceva figurarmi davanti alla fotocamera dei giornalisti come un membro della famiglia.
Ma, se c'è una cosa che la vita mi ha insegnato in questi due anni, è che non sono io ad essere quella sbagliata.
Affronterò questo caso mettendoci tutta me stessa, perché lo devo alla ragazzina che si chiudeva in bagno a piangere ogni notte e non aveva la forza di reagire.
Lo devo a mio nonno, l'unico eroe che ha sentito le mie grida silenziose ed è corso a salvarmi.
𓍝
Le ruote dell'auto di Christian si fermano non molto distanti da casa Huff.
Scendiamo entrambi dal veicolo e camminiamo fino al cancello che, fortunatamente, è già aperto.
Deve aver chiamato e avvisato Mike del nostro arrivo suppongo, eppure della presenza di Ian o di suo padre non c'è alcuna traccia.
«Di qua» mi indica la strada sul retro della casa.
Lo seguo nell'ampio piazzale che si trova all'esterno della casa e mi meraviglio nel constatare che ancora tutto è come nella registrazione.
Della sua Jaguar resta poco e niente.
Mi guardo intorno, mettendo le mani fredde nelle tasche del mio cappotto.
Osservo gli alberi secolari che da sempre caratterizzano questa villa e mi sorprendo di come le fiamme siano riuscite a non toccare la vegetazione e i cespugli che affacciano sulla strada.
Mentre cammino proprio accanto ad uno di essi, un suono particolare si diffonde nell'aria ed io avverto una minima presenza sotto al mio stivale.
Qualcosa è nascosto tra le foglie.
Mi inginocchio, avvicinandomi, e ai miei occhi risaltano dei dettagli in oro.
Scosto dei rametti.
Un ciondolo che raffigura un serpente dorato scintilla nel verde.
Un dubbio si insinua nella mia mente.
E se fosse opera dei Serpenti?
E se Kylian avesse scoperto tutto e fosse lui l'artefice dell'incendio?
Lo prendo, girandolo tra le mie mani.
«Cosa stai facendo?» Christian cammina verso di me, che subito torno in piedi.
Istintivamente, nascondo il ciondolo nella tasca e scuoto le testa.
«Mi era sembrato di vedere una coccinella»
Christian mi guarda stranito ma accenna un sorriso.
«C'è poco da vedere qui, Isabelle. Speravo di riuscire a trovare qualcosa o per lo meno di parlare nuovamente con Mike ma a quanto pare non è in casa. Dovremmo far venire lui e suo figlio in ufficio domani»
«Si, credo sia la cosa migliore» affermo, mentre lui mi chiude la portiera della macchina.
Due ore dopo, esco dalla Void e mi dirigo verso la Porsche che mi sta aspettando nello stesso identico punto di stamattina.
Non riesco a togliermi dalla testa il pensiero che il ciondolo che nascondo appartenga proprio al ragazzo che mi sta fissando mentre cammino verso di lui e l'idea di doverlo scoprire mi eccita e al tempo stesso spaventa.
Ci sono così tanti punti interrogativi e risposte taciute.
Entro nella macchina e un'ondata del profumo di Kylian invade le mie narici.
Ispiro profondamente, poi mi sforzo di cercare le parole adatte per chiederlo.
«Tutto bene?»
«Si, portami a casa»
Mette in moto e procede «Laia mi ha detto che ti ha invitata alla festa»
La festa.
È quella l'unica occasione di beccare i Serpenti tutti insieme.
È quella la mia occasione per scoprire se il mio sospetto è fondato e ottenere le risposte che cerco.
«Già»
«Cosa c'è? Occuparti del caso del tuo ex ti mette di malumore?»
«No, sto benissimo.»
«Ci sono novità?»
«Potrebbero»
Mi guarda, incaricando un sopracciglio «Del tipo?»
Non mi sfugge il suo interesse, forse un po' eccessivo, per la causa.
«Ancora nulla di certo, non posso parlarne»
«So come funziona» mi rimprovera quasi, poi precipitiamo nel silenzio per i restanti minuti necessari a raggiungere casa mia.
Una volta arrivati, Kylian parcheggia la Porsche sul ciglio della strada per farmi scendere e, senza dire nulla, va via.
Solo ora mi rendo conto che da stamattina sembra avere un comportamento alquanto strano, come se fosse nervoso per chissà che cosa.
Estraggo il ciondolo dorato dalla tasca e lo guardo.
Spero con tutta me stessa che non si tratti di ciò che penso.
𓍝
I miei tacchi risuonano sul pavimento mentre cammino verso il bancone del Cruz.
Nonostante si trattasse di una festa a tema, non sono riuscita a fare di meglio che indossare un vestito rosso in pelle, che nella mia mente dovrebbe rappresentare o per lo meno ricordare il diavolo.
Peccato che con le luci del Cruz il mio travestimento non sia valorizzato per niente, dal momento che si mimetizza con le pareti.
Mi avvicino al bancone, decorato con ragnatele finte come il resto del locale, e ragnetti di plastica ovunque.
L'atmosfera che si respira è simile a quella del film in tv.
È come se, una volta varcata quella soglia, si entrasse in un mondo parallelo.
Il cappello da strega di Laia risalta all'occhio, mentre si destreggia con le bottiglie di alcolici.
«Ehi, sei qui» viene verso di me, dandomi due baci sulle guance per salutarmi.
«Ehi» ricambio.
«Sei uno schianto»
«Anche tu»
«Gli altri sono dentro, se vuoi passare a salutarli.» alza la voce, per sovrastare il suono della musica.
«Certo»
«Già che ci sei, mi aiuteresti con questi?»
Mi porge due cocktail in mano ed io li afferro saldamente mentre attraverso la posta e raggiungo l'altro capo della sala.
Non mi sfuggono gli sguardi maliziosi che alcuni ragazzi mi riservano ma li ignoro, presa come sono a guardare la caramella gommosa a forma di ragno galleggiare nel cocktail.
La Tana, al contrario del resto del locale, è l'unica zona rimasta così com'era, priva di decori o accessori inutili.
«Guardate chi vi ho portato» urla Laia, annunciando il mio arrivo.
Gli occhi di tutti si spostano su di me ed io accenno un sorriso, posando i cocktail su un tavolino in vetro.
«Bambolina, ti sei unita al mondo dei cattivi per una sera?» domanda Damian, circuendomi con un braccio.
«A quanto pare» ridacchio.
Kylian fa scorrere gli occhi su tutto il mio corpo e, per un attimo, ho l'impressione di essere troppo scoperta. Si sofferma sul mio seno strizzato tra i due lembi della zip ed io trasalisco.
Anche gli occhi felini di Estelle, travestita da Cat Woman, sono su di me.
«Wow, stai benissimo, Isabelle» esordisce Esteban che, seduto su un divanetto, si fionda in piedi.
«Grazie»
«Il locale si sta riempiendo, direi di andare a ballare» dice poi, mentre tutti gli altri sembrano approvare la sua idea.
La musica si fa sempre più assordante quando ci avviciniamo alla pista ed istintivamente indietreggio, fino a giungere al lato.
Sono un po' lontana dai miei amici, ma sorseggio il drink in tutta tranquillità assaporando l'intenso aroma di fragola.
«Questo costume non ti si addice»
Smetto di bere «Quando sei con il tuo gruppo di amici mi saluti a malapena e adesso mi prendi anche in giro?» rispondo, stizzita.
«Non è una presa in giro, solo una constatazione»
«Beh, nessuno te l'ha chiesta. Tu da cosa saresti travestito?»
«Me stesso. Faccio già abbastanza paura così» la serietà con cui dice questa cosa mi spiazza e colgo a pieno l'allusione alla sfera emotiva.
Ora che il gioco di luci si è affievolito, riesco a scorgere una patina lucida nelle sue pupille arrossate: è brillo oppure fatto.
«Davvero? Scommetto di no»
Mi imprigiona al muro «Non hai paura di me, Isabelle?» sussurra, a due centimetri dalla mia faccia.
Faccio cadere i miei occhi sul suo collo, in cerca di una collana mia vista prima.
Non c'è.
«No, Kylian»
«Come sei venuta fin qui? Chi ti ha vista vestita così?» mi afferra i polsi.
«In taxi»
Stringe la presa «Ma che ti prende? Mi stai facendo male» alzo la voce, richiamando l'attenzione della barista.
«Stronzo, lasciala stare»
«Fatti i cazzi tuoi» sbotta.
Laia sembra fare cenno ad Esteban che si precipita da noi.
Mi esorta ad avvicinarmi a lei, lasciando Kylian con il suo amico.
«Hai ricevuto quella telefonata?» riesco a sentire le sue parole ma non chiaramente, per via dell'alto volume e del frastuono.
Il biondino non risponde, resta con il braccio al muro e lo sguardo basso mentre respira profondamente.
«Vieni fuori»
Scompaiono dietro la tenda qualche minuto dopo ed io resto con Laia, dietro al bancone.
«Scusalo, ha avuto una giornata difficile»
Annuisco «Come mai?»
«È nervoso da stamattina e probabilmente ha usato la scusa della festa per bere un po', gli passerà»
«Si, immagino di sì» dico solo, prima di essere avvolta in vita da delle mani possenti.
E, come se non ci fosse un attimo di pace in questa sera così caotica, mi ritrovo in pista di nuovo con Damian.
«Balli con me, Diavoletta?»
«Adesso hai cambiato soprannome?»
«Sei stupenda stasera»
Indico i capelli chiari laccati all'indietro e la dentiera finta «Anche tu»
Si muove vicino a me, mentre io sposto la chioma rossa di lato per il caldo e ballo di fronte a lui con le sue mani attaccate alla vita.
Si stacca per qualche istante, il tempo di sbottonare un bottone della sua camicia nera, ed è proprio in quel momento che lo noto.
In una frazione di secondo, la luce bianca finisce sul suo petto, sul quale cade un ciondolo identico a quello che ho trovato oggi.
E, tutti in un istante, gli interrogativi che sono sorti con il ritrovamento di quel serpente vengono a galla, dettati da una consapevolezza.
Loro sono stati lì.
E, per pura casualità, proprio dopo che Kylian ha partecipato alla festa per il ritorno di mio padre ed ha visto Ian, la sua macchina è stata incendiata.
La prima cosa che insegnano alla facoltà di legge è che troppe coincidenze non sono mai un caso.
«Scusami, Damian» lo supero.
Scosto la tenda da dove solo usciti Esteban e Kylian qualche minuto fa e, proprio quando lo faccio, mi scontro con il petto marmoreo di lui.
Ha una faccia diversa, come se fosse tornato in sé, come se quello di prima fosse stato solo una brutta immagine frutto della mia immaginazione.
«Ti devo parlare» esordisco, cercando il suo sguardo.
«A casa tua.»
«Che cosa?»
«Ti porto a casa. Adesso»
«Non voglio andare a casa, ho solo bisogno di parlare con te» protesto.
Non mi degna di considerazione mentre passa dietro al bancone ed esce, aspettandosi che io lo segua.
𓍝
Saliamo le scale che conducono al mio appartamento nel buio, dal momento che la corrente è saltata pochi secondi dopo aver acceso la luce.
La torcia del suo telefono illumina, solo in parte, il pianerottolo mentre cerco nella mia borsetta le chiavi.
Mi appoggio con un braccio alla porta, che scivola in avanti e avverto un groppo in gola quando me ne rendo conto.
Qualcuno è entrato in casa.
Alzo gli occhi su Kylian che, più vigile di me, scatta all'istante.
Mi spinge dietro di lui, facendomi da scudo con il suo corpo, e si porta un dito sulle labbra in segno di silenzio.
Mi sforzo di camminare piano sul parquet e attutire il rumore dei tacchi.
Per un istante mi sembra di prendere parte ad un film horror durante quella che viene chiamata da tutti la sera più paurosa dell'anno e un forte senso di ansia mi assale.
Deglutisco, mentre resto attaccata come un koala all'addome di Kylian che, con la luce cellulare, si sofferma a ispezionare il soggiorno.
Nulla sembra fuori posto.
Si guarda bene intorno, mentre ci addentriamo per il corridoio.
Mi sento il cuore in gola e la sensazione di essere osservata non vuole saperne di abbandonare la mia testa.
Stringo la presa quando arriviamo in fondo.
Apre la porta della camera di Cyndi: le finestre sono chiuse, il letto in ordine, nessun segno di infrazione.
Si sposta verso la mia stanza.
Il ricordo di aver lasciato la porta aperta questa mattina mi tranquillizza, mentre avanziamo.
Il profumo della fragranza che ho spruzzato prima di uscire è ancora nell'aria.
Anche in questo caso, non c'è niente che non sia al suo posto.
Il pensiero che ad essere entrato in casa possa non essere stato un ladro, bensì qualcuno in cerca di qualcosa mi attanaglia la mente.
Restiamo entrambi in piedi, sul posto, e avverto gli occhi inumidirsi.
Un singhiozzo fuoriesce dalle mie labbra, poi le mie guance si bagnano per via di due lacrime.
Kylian mi sente tremare alle sue spalle e stacca le mie mani dal suo addome, voltandosi.
Mi stringe a sè, odorandomi i capelli.
«Resto a dormire con te stanotte»
Non rispondo, presa come sono a distrarmi ascoltando il battito del suo cuore.
Restiamo abbracciati ai piedi del mio letto non so per quanto tempo.
Lui avvolgendomi caloroso, con un'espressione cupa sul volto, ed io con i miei respiri profondi che si diffondono nella stanza.
Improvvisamente, la luce torna ad illuminare il palazzo.
Si guarda bene intorno, tenendomi per mano mentre ispeziona nuovamente tutto l'appartamento.
«Non c'è nessuno» esordisce, forse con l'intenzione di tranquillizzarmi.
Eppure, i suoi occhi parlano chiaro.
Il Serpente d'oro è preoccupato quanto me.
«I-io non ho idea di chi possa aver fatto irruzione» un'altra lacrima striscia via, mentre la mia voce esce rotta dal pianto.
Si china su di me, dall'alto del suo metro e novanta, posandomi un bacio sulla fronte «La pagherà cara, Isabelle. Te lo giuro.»
Attende in questa posizione che io mi calmi e con il passare dei minuti l'inquietudine accenna ad affievolirsi.
Inspiro in suo profumo un'ultima volta prima di staccarmi.
«Ho bisogno di farmi una doccia» affermo, prima di camminare verso il bagno seguita da lui.
«Lascia la porta aperta» mi rassicura.
Faccio come dice, poi mi fiondo sotto il soffione, togliendomi i vestiti.
Sento l'acqua scorrere e portasi via la sensazione di sporco che avvertivo sulla mia pelle e non so stabilire quanto tempo passi prima di uscire.
Mi ritaglio un momento tutto per me, prima di iniziare a riflettere su chi possa essere entrato in casa mia questa notte.
L'ombra che cammina in corridoio mi agita, nonostante io sappia che si tratti di Kylian.
«Sei ancora lì?» domando per accertarmene.
Sento i suoi passi avanzare verso di me.
«Si»
Sospiro, sollevata.
La possibilità che ci siano Mike o Ian dietro tutto questo fa capolino nella mia mente.
Forse Ian vuole ricordarmi che adesso, con mio nonno fuori dai giochi, non c'è nessuno in grado di proteggermi?
Abbasso l'intensità del getto, mentre mi torna alla mente la sua espressione maligna alla festa di mio padre.
Mi guardava con avidità, come se io fossi... ancora sua.
Come se io lo fossi davvero mai stata.
Mi accerto che Kylian non sia nei paraggi quando, in fretta, mi avvolgo nell'asciugamani e cammino verso la mia stanza.
Il Serpente se ne sta disteso sul mio letto, con le mani incrociate dietro la testa a fissare il soffitto.
Mi cambio velocemente, mentre lui non accenna a volermi guardare, preso com'è dai suoi pensieri.
«Non avete una portineria qui?»
«Si»
«Domani parlerò con il portinaio.»
Mi siedo accanto a lui «Non credo servirà a qualcosa. Non è un tipo... sveglio»
Sbuffa, tirandosi su per togliersi gli anfibi e mettersi comodo.
E, in quel minuscolo lasso di tempo, come se il mio cuore e la mia mente non ne avessero già abbastanza di tutte le emozioni provate nelle ultime dodici ore, le parole escono incontrollate dalla mia bocca.
«Sei stato tu?»
Si volta bruscamente, infastidito dalla mia accusa «Per quale motivo sarei dovuto entrare di nascosto nel tuo appartamento, Isabelle?»
«A incendiare la sua auto»
Il silenzio cala tra noi.
Resta in piedi, a distanza, e mentre mi dà le spalle lo dice.
Lo ammette.
«Si»
Come se avesse già intuito cosa tutto ciò voglia dire, il mio cuore accelera nello stesso momento in cui il cervello elabora la sua risposta laconica.
È stato lui.
È stato lui ad averlo fatto.
«Perché?» domando, timorosa sul serio questa volta di ricevere parole che non sono pronta a udire.
Di sentire che sa tutto, che il peso del mio passato è riuscito a raggiungermi anche qui, a Lansing, città che per me è stata una sorta di riscatto nei confronti di me stessa.
Sentire che ha provato pena, compassione o qualsiasi sentimento che si prova nei confronti delle vittime.
Sentire che ha visto il modo in cui temo la presenza di Ian, evito il contatto visivo e soprattutto quello fisico.
Non voglio sentirmi dire di essere stata scoperta, nel lato più intimo e segreto di me stessa, nella mia sofferenza e fragilità.
Si porta le mani nelle tasche del giubbotto e, nello stesso momento in cui tira fuori quella pagina ingiallita del mio diario con l'inchiostro sbiadito a causa delle mie lacrime, assisto all'apertura del mio vaso di Pandora.
Risentimento, sofferenza, solitudine, dolore mi piombano addosso come un macigno, il cui peso era stato attutito dai miei obiettivi e da un nuovo inizio.
Lo stesso che è appena stato contaminato irrimediabilmente dal mio passato.
Ma, il sentimento che prevale su tutti è la rabbia.
Mi alzo in piedi, incredula, e con una forza che non sapevo di avere lo spintono.
Non se lo aspettava, infatti urta con la spalla vicino al mio armadio.
«Con quale cazzo di diritto l'hai letta?» urlo, lasciandomi travolgere da un'ondata di pianto che mi lascia senza fiato nè forza di parlare.
Assiste alla mia crisi in silenzio.
«Hai rovinato tutto.» non faccio altro che ripetere.
Hai rovinato il tentativo di insabbiare il mio passato.
Hai rovinato il tentativo di dimenticare.
«Vai via, non voglio vederti mai piu.»
Mi allontano, riprendendo tra le mani il foglio che la me di due anni fa scrisse con l'intenzione di lasciarlo come unica prova della sua presenza in questo mondo.
Prova ad afferrarmi il braccio ma mi oppongo alla sua presa, spingendolo via nuovamente.
«Non toccarmi, hai capito? Non devi toccarmi»
Si fa prendere a schiaffi, fin quando le sue braccia non circondano completamente le mie e le immobilizzano.
Scoppio a piangere mentre Kylian mi stringe a sè per le seconda volta.
Abbassa il mento, poi con due dita alza il mio.
La visione offuscata dei suoi occhi lascia trapelare una sorta di senso di colpa, eppure non colgo pentimento per ciò che ha fatto.
«Sei tu la causa della mia sofferenza. Sei tu il motivo per il quale lui ora è tornato nella mia vita, nel mio lavoro e nella mia testa.» sputo tutta la rabbia e il dolore che ho accumulato negli ultimi giorni.
«È tutta colpa tua. Sei tu il responsabile di tutto ques-» vengo azzittita dalle sue labbra che si posano sulle mie, mentre le sue mani mi stringono le guance.
È un bacio salato, che ha il sapore di lacrime e frustrazione, di dolore e pentimento, di odio e gratitudine.
Perché, nonostante tutto, lui l'ha fatto per vendicare me.
Cade a peso morto sul letto ed io su di lui.
Con i miei capelli tra le dita ed il respiro profondo, mi spinge verso la sua bocca prepotentemente, come se volesse punirmi per la scenata che ho appena fatto, come se volesse spezzare violentemente l'ultimo brandello del filo che mi tiene legata al mio passato e ad Ian Huff.
In pochi secondi, mi posiziona sotto di lui.
Si fionda a baciarmi il collo, mentre una sensazione di calore si diffonde nel mio basso ventre.
Lecca via ciò che resta delle lacrime sul mio viso inumidito, poi si toglie la felpa, mostrando il suo fisico scolpito macchiato di inchiostro.
Per la prima volta mi soffermo su un tatuaggio che non avevo mai notato prima.
Un'iniziale, all'altezza del cuore.
La J.
Gliela sfioro con il pollice e questo gesto non passa inosservato a lui, che però mi lascia fare.
E, con il mio tocco, è come se il suo corpo si calmasse, se la frenesia che lo animava fino a qualche attimo fa andasse a scemare.
Mi guarda negli occhi mentre io, a gambe aperte, stringo il suo busto vicino a me.
«Ti voglio, Marte»
Attraverso i pantaloni riesco a sentire la sua erezione sfregare proprio contro la mia intimità.
Si slaccia i jeans, facendo cadere la cintura di pelle a terra e serrare dalla tasca posteriore un preservativo.
Sposta le mie mutandine e gioca con il mio clitoride per qualche istante prima di inserire un dito dentro.
«Sei pronta per me» constata, osservando le mani luccicanti del liquido della mia eccitazione.
Cerca il mio consenso e strappa con i denti l'incarto del preservativo, iniziando a stuzzicare un capezzolo.
Annuisco, inebriata dal suo profumo e dal suo tocco.
Srotola il profilattico lungo la sua asta sotto il mio sguardo attento, poi si fa più spazio tra le mie gambe.
«Farà male all'inizio. Se non riesci a sopportarlo mi fermo in qualsiasi momento» mi rassicura.
Istintivamente mi irrigidisco e lui sembra notarlo.
Mi bacia, dalla testa ai piedi, ed entra dentro di me.
Il respiro mi si blocca nei polmoni per qualche momento, mentre la sensazione di bruciore si intensifica ad ogni spinta.
Trattengo una lacrima sotto il suo sguardo attento e incontro i suoi occhi.
Il mondo si ferma.
Il caos nella mente si zittisce.
I sentimenti si spengono tutti.
Ci siamo solo io e lui.
Un gemito di piacere fuoriesce dalla mia bocca e lo sento aumentare di poco il ritmo.
Il suo respiro diventa affannoso e l'esplosione nel mio ventre arriva inaspettata, potente come non mai, tanto da farmi inarcare la schiena.
Lui ha bisogno di qualche spinta in più prima di lasciarsi andare e accasciarsi su di me.
Mi bacia nuovamente sulle labbra mentre io ho gli occhi chiusi, poi un tonfo proveniente dalla cucina ci fa sussultare nel silenzio dell'appartamento.
Mi sento il cuore in gola quando Kylian fionda in piedi, correndo verso il corridoio, ma il rumore della porta che si chiude violentemente risuona nell'aria.
Non appena il Serpente la riapre, però, è quella del portone a sbattere.
Incredula, mi porto le mani nei capelli e le ginocchia contro il petto.
Colui che ha fatto irruzione a casa mia è stato qui per tutto questo tempo.
Un pugno si scontra con la parete mentre torna da me ed io lo ringrazio con gli occhi di non avermi lasciata sola per provare a seguirlo.
«Porca puttana!»
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