Capitolo 22



KYLIAN

Due cose vuole il vero uomo: pericolo e gioco.
Perciò vuole la donna, come il giocattolo più pericoloso.
☾Nietzsche

Houston non è poi così male come pensavo.
Sarà per il clima, sarà per la lontananza da casa, sarà per la rossa di fronte a me che tracanna cereali e latte alle sei di pomeriggio come una bambina, questa città non è affatto male.

Estraggo il pacchetto di sigarette dalla tasca e mi alzo, intenzionato ad uscire.
Catalyn entra in cucina e per poco non ci scontriamo.

«Tesoro, che ne dici se stasera ordiamo una pizza per cena?» la sento dire.

«Chiedi a Kylian, mamma. Stasera esco»

«E con chi?»

«Dav»
Ci mancava solo il calciatore sfigato ora.

«Mi lasci tutta sola con il criminale?»

«Già. Non ti ucciderà, se è questo che ti preoccupa. Ma, fossi in te, non metterei alla prova la sua pazienza»
Troppo tardi.
L'ho persa due minuti fa.

«Sono contenta che tu riprenda le amicizie di un tempo. Quel ragazzo ti ha sempre fatto bene»

«Vado a prepararmi.» annuncia, mentre i suoi passi si fanno sempre più lontani su per le scale.

Devo trovare il modo di mandare in aria la sua serata.
Sono venuto fin qui con lei, cazzo. Non passerò la mia insieme a sua madre, che tra l'altro è un'attrice pessima.
Fingere di sopportarmi per non creare problemi a Isabelle è una mossa intelligente, ma non le riesce poi tanto bene.
Certamente, non sarà una mossa bella quanto la mia.

Getto a terra ciò che resta della mia sigaretta e rientro in casa, diretto al piano di sopra.

Mentre salgo le scale, non posso fare a me di soffermare lo sguardo sui fiori che la madre della Rossa sembra aver scelto per ogni fottuta stanza in questa casa, persino nella mia c'è un mazzo di peonie.

Sento l'acqua scrosciare nella doccia, quindi decido di sedermi alla scrivania di Marte ed aspettarla in camera.

Pareti cipria, libri e qualche foto qua e là.

Mi soffermo su una in particolare, quella che cattura il mio sguardo ogni volta che metto piede qui.

Sorride appena, timida, e indossa un maglione nero. Una mano è portata su, volto e sembra voler nascondere parte dei suoi meravigliosi occhi.
Per quanto io la avvicini ai miei, non riesco a scorgere cosa sia quell'ombra che si intravede.

La rimetto al suo posto, spostando l'attenzione sulla libreria che circondata da lucine gialle luminose.
Noto un libro diverso dagli altri e lo estraggo.

Un diario segreto.
Marte era una di quelle quattordicenni che metteva per iscritto l'odio per i genitori e i tradimenti delle amichette stronze?
Sorrido, litigando con il lucchetto.

«Che stai facendo?» la Rossa fa capolino nella stanza avvolta da un asciugamano bianco.

«Stai per uscire?» non le do il tempo di lamentarsi, rimettendo a posto il quaderno incriminato che ho intenzione di aprire non appena uscirà da quella porta.

«Si» dice, aprendo l'armadio
«Con il calciatore?»
«Si»
«Ti lascio cambiare allora»
Mi fissa stranita, non a conoscenza dei miei piani per stasera, mentre mi allontano.

Trascorrono venti minuti, che passo a messaggiare con Esteban, prima che si faccia vedere al piano di sotto.

Cazzo.

I capelli raccolti in una coda alta, che mette in evidenza i lineamenti perfetti del suo viso, e il vestito che ha addosso me lo fanno diventare duro all'istante.
Si ferma davanti allo specchio, aprendo il rossetto rosso, senza degnarmi di un minimo di attenzione.
Mi posiziono dietro di lei, seguendo ogni sua mossa.

Si volta, con le labbra sensuali in mostra e perfettamente truccate, e mi rivolge uno sguardo magnetico.
Tenendo gli occhi incatenati nei suoi, porto un dito sulla sua bocca e strofino delicatamente per sbavarlo.
«Ora puoi andare»
Non dice niente, limitandosi a camminare lentamente sui tacchi verso la porta.

«Ah, Isabelle...» la richiamo.
«Dove hai detto che andrete?»

«Buona serata, Kylian» mi fa l'occhiolino, chiudendosi la porta alle spalle.
Vuole farmi impazzire.
Marte mi sta provocando.
Ma, si sa, a giocare col fuoco ci si brucia prima o poi.
E lei mi sottovaluta se crede che le lascerò trascorrere il suo appuntamento tranquilla.

«Caro, sono nel mio studio per una riunione con il braccio destro di mio marito. Se hai bisogno di qualcosa, bussa.» mi avvisa Catalyn, mentre cammina suoi suoi tacchi verso la porta.

«Va bene.»

Il campanello suona poco dopo e un uomo di mezza età entra in casa, salutandola. Non appena si accorge della mia presenza e le bisbiglia qualcosa all'orecchio.

Questi bigotti del cazzo credono che un paio di tatuaggi facciano di una persona un criminale ed io ne ho il corpo ricoperto. Probabilmente mi vedono come il diavolo in persona.

Lei scuote la testa, poi si chiudono nella stanza in fondo al corridoio ed io sono finalmente libero di curiosare dove mi pare.
Chissà che sta facendo Marte.

Intraprendo le scale, intenzionato a perlustrare la sua stanza, quando un oggetto attira la mia attenzione.

Catalyn ha lasciato il suo cellulare sul mobile vicino alla camera di Isabelle.

Un pensiero che non mi sforzo minimamente di scacciare via mi invade la mente.
Lo prendo tra le mani, provando ad indovinare le possibili combinazioni.

Date.
Le password più utilizzate per sbloccare i telefoni sono sempre date.

Ne provo qualcuna a caso, fino a guadagnare i famosi tre minuti di tregua.
Devo trovare il modo di scoprire quando è nata Isabelle, anche se questo vorrà dire sopportare le mille domande del mio amico.

Sbuffo, prima di sedermi sul letto della Rossa e far partire la telefonata.
Al terzo squillo risponde.

«Finalmente, si può sapere che cazzo di fine hai fatto? Come sta lei?»

«Sta bene, Esteban. In questo momento è ad un appuntamento, pensa un po'.»

«In che senso?»

«Nel senso che è uscita con un coglione, probabilmente suo ex»

«Ma suo padre?»

«Sta bene da quello che so, deve fare dei controlli. Ma ti sto chiamando per altro»
«Cioè?»

«Cyndi è lì con te?»
«No, è uscita con Laia qualche minuto fa. Perché me lo chiedi?»

«Devo sapere quando è nata Isabelle. Fai in modo di avere quella data nel giro di dieci minuti, grazie»
«A cosa ti serve?»

«Devo sbloccare un cellulare per scoprire dove si trova»

Lo sento ridere «Tu sei pazzo. Stai diventando morboso»
«Aspetto quei numeri, Esteban. In fretta» dico, prima di riagganciare.

Trascorro i successivi minuti a curiosare e guardami intorno.

La camera di Marte è proprio come la immaginavo.

Sembra essere appartenuta ad una bambina dolce, ma allo stesso tempo c'è qualcosa, nell'aria, di diverso.
Un pizzico di aggressività.
Un pizzico di rabbia.
Sei arrabbiata per cosa, Isabelle?
La notifica che lampeggia sul mio cellulare mi fa distogliere l'attenzione dal resto.

Esteban: 10 agosto.
Esteban: Vorrei essere lì solo per assistere alla scenata che farai

Digito i numeri e il telefono di Catalyn si sblocca.
Apro la chat madre-figlia che risulta essere vuota. Sembra proprio essere il tipo di persona che elimina ogni messaggio dopo averlo mandato.

Scrivo un messaggio, chiedendole dove si trova, e passano pochi secondi affinché risponda.

Isabelle T.: Holy Burger. Mangiamo un boccone e poi cinema.

Un sorrisetto malizioso e spontaneo nasce sul mio volto.
Lancio in telefono sul letto e mi alzo in piedi.
È giunto il momento di iniziare lo show.

𓆙

Mezz'ora dopo scendo dalla macchina della signora Thompson, che non ha fatto altro che osservarmi per tutto il viaggio e sorridermi.
Dobbiamo lavorare sulla conversazione, ma non sarà un problema visto che mangeremo insieme.
Non vedo l'ora di vedere la faccia che farà lei non appena compariremo nel locale.

Catalyn chiude l'auto e mi affianca, riponendo le chiavi nella borsa.

«È stata davvero una grandiosa idea, Kylian.» afferma, mentre apre la porta.

Un fastidioso odore di fritto impregna l'aria ed io mi guardo intorno.
Il locale non ha nulla a che vedere con il Cruz o i soliti ristoranti stellati di Lansing.
È un semplice pub, perfetto per tutti quegli ubriaconi del cazzo che non perdono occasione di tracannare intere bottiglie tutta la sera.

Lascio scorrere gli occhi per tutta la sala ma non impiego molto tempo prima di individuare la sua chioma infuocata.
E, tra poco, anche lei si renderà conto della mia presenza.

La ragazza al bancone è accerchiata da persone che attendono il loro ordine e mi lancia uno sguardo ammiccante mentre mi siedo al tavolo accanto, proprio un paio di numeri dopo quello di Isabelle.
La madre della Rossa prende posto di fronte a me, allungando le unghie smaltate per leggere il menù.

La osservo attentamente e passano solo pochi secondi affinché si volti nella mia direzione, come calamitata da chissà quale forza.

Un sorriso malizioso e spontaneo nasce sulle mie labbra e accetto volentieri l'occhiataccia che mi riserva mentre penso alla prossima mossa.

Catalyn chiama la cameriera che si appresta a venirci incontro, segnando i nostri ordini.

Non bado molto al tempo che passa prima che una bistecca fumante mi si presenta davanti, insieme alla mulatta che indugia un po' troppo a lasciare il mio piatto davanti a me.
Andandosene, fa cadere una forchetta e sfiora la patta dei miei pantaloni per tirarsi su, soffocando una risatina.

Peccato che la mia attenzione non è attirata dalle sue mani su di me, bensì dal sorriso timido che Marte rivolge al suo amichetto, accarezzandosi il collo.
Devo fare qualcosa.

«Che profumino! Sembra buona»

«Si, ma non è abbastanza salata secondo me. Aspetta un momento»

«Non l'hai nemmeno provata, Kyl-» la madre di Isabelle smette di parlare non appena abbandono il tavolo.

Mi avvicino a quello di sua figlia, intenta a conversare ancora con il calciatore fallito.
«Scusate l'interruzione, vi dispiacerebbe darmi il sale?» indico il contenitore in vetro che si trova tra di loro.

Dennis o come si chiama mi riconosce subito.
«Il tuo ragazzo ci segue?» domanda

«Cosa ci fai qui, Kylian?»

«Ho portato a cena fuori tua madre»

«Come hai fatto a sapere dove fossi?»

«Shhhh» Mi porto un dito sulla bocca, sorridendo mentre indietreggio alzando le mani e tenendo gli occhi fissi nei suoi.
È infastidita e la cosa suscita un certo divertimento perverso in me.
Soddisfatto, me ne torno al mio posto e converso un po' con Catalyn.
«Quella è Isabelle? Che coincidenza che siamo venuti proprio qui»
«Già, proprio una bella coincidenza»

«Tu lo sapevi?» chiede, dopo aver deglutito il boccone.

Nego col capo, ripercorrendo con la mente il piano geniale che ho realizzato grazie all'aiuto di Esteban.

Marte deve essere sotto il mio controllo, sempre.
Sono convinto di avere io la situazione in pugno fin quando la sua lunga coda di cavallo sfila davanti a me per andare in bagno e
un uomo le si para davanti.

Ha la barba abbastanza lunga e si regge a stento in piedi.
Le cinge una spalla con la mano e annusa i suoi capelli.

Mi alzo in piedi immediatamente, avvicinandomi.

Dennis non sembra essersi accorto della scena, mentre Catalyn è troppo presa dal suo cellulare per fare qualcosa.
«Toglile le mani di dosso» lo spintono
«Amico, quella è la mia ragazza» fa lui, biascicando

Scoppio in una sonora risata «No, non credo proprio»

Ed è proprio quando fa per avvicinarsi di nuovo che perdo la pazienza definitivamente.

Scatto, cingendogli il collo con una mano mentre l'altra è poggiata al muro, accanto alla sua testa. Gli occhi dei presenti sono su di me, cercando di prevedere la mia prossima mossa.

Inaspettatamente, però, quando lei mi posa una mano sulla spalla mi fermo.

Mi balena in mente un'altra cosa, che risolverà tutti i problemi in una sola singola mossa.
«Lei è mia.» dico, un secondo prima di affondare le mie labbra in quelle di Marte.

Catalyn sospira, non tanto sorpresa.
L'amichetto della Rossa, invece, spalanca gli occhi, forse incredulo che Isabelle possa stare con un tipo come me.
Si stacca riluttante, facendo poca pressione sul mio petto, mentre lui esce dal locale.

Missione compiuta.

Fine dei giochi.

𓆙

La chiave gira nella serratura, producendo un tintinnio fastidioso che risuona nel silenzio notturno.

La Rossa non ha proferito parola durante tutto il viaggio, limitandosi a lanciarmi occhiatacce e sbattere la portiera.
Catalyn è tornata in ospedale e quel coglione non ha protestato quando ci ha visti andare via insieme in taxi. È stata una scena esilarante e, a giudicare dalle sue mani candide strette in un pugno, direi che si prospetta una serata altrettanto divertente.

Apre la bocca e fa per parlare, poi ci ripensa. Mi dà le spalle e sale di sopra, nella sua stanza.

L'avvocata vuole giocare.

Entro in cucina e mi prendo una birra in frigo. La sorseggio mentre guardo fuori dalla finestra.

Un'ombra attira la mia attenzione.
Emerge in contrasto con la luce della casa di fronte. Sta fumando, o almeno mi sembra di vedere un puntino rosso scintillare nel cuore della notte, ed è rivolta verso di me.
Fatico a capire di chi si tratti, ma non appena fa quel cenno con la mano non ho più dubbi.
Poso la bottiglia mezza vuota e esco in strada.

«È un piacere rivederti, Chico» sussurra aspirando

«Come sapevi che fossi qui?»

Scuote la testa, ignorando la mia domanda «Ricordi della consegna di cui ti ho parlato? È arrivato il momento di farla. Il capo ha lasciato la piazza di spaccio ai Serpenti e dovete ricambiare il favore»
Gli faccio cenno con il capo di proseguire, consapevole di non potermi sottrarre all'incarico. Estrae dalla tasca un biglietto e me lo porge.

«Domani mattina vai da lui, ti darà la macchina pronta. Sul pacco nel bagagliaio c'è scritto l'indirizzo al quale va fatta la consegna. Alle diciotto e trenta devi trovarti lì. Puntuale.»

«Va bene, ma voglio anche una percentuale sul guadagno»

Ridacchia «Furbo, America»
«Immagino che scoprirai la risposta quando restituirai la macchina. Buonanotte, Serpente.» indietreggia, allontanandosi sul lato opposto della strada.

Cerco di fare un po' di ordine mentale mentre rientro in casa ma un tonfo mi distrae.
Salgo le scale velocemente, incuriosito dalla serie di colpi sordi che sento provenire dalla camera della Rossa.

Entro senza bussare e il mio cervello fatica a restare con i piedi per terra.

Isabelle ha i capelli raccolti in una coda alta e indossa un completino sportivo che modella il suo corpo in ogni singola forma. I miei occhi si soffermano sulla pelle sudata e le cosce fasciate dal leggings. È in piedi e ha un paio di guanti da boxe mentre sfoga la sua rabbia su un sacco rosso appeso al soffitto. Non appena si accorge di me smette subito, scoppiando in una risata isterica.
«Non ti è bastato ciò che hai fatto stasera?» domanda, avvicinandosi.

«Pensavo dormissi»

«No. Sono troppo impegnata a incanalare il mio nervoso in qualcosa che non preveda di prenderti a pugni»
«E per quale motivo dovresti, sentiamo»

«Perché dovrei? Sul serio me lo stai chiedendo? Sei egoista e arrogante, non hai avuto un minimo di rispetto nè per me nè per mia madre, per non parlare del fatto che hai interrotto una cena alla quale tenevo molto. Sei solamente un povero egocentrico e presuntuoso» inveisce contro di me, suscitandomi un sorriso malizioso.

In uno scatto, la blocco contro il muro stringendole i polsi.

Il suo respiro è pesante ma non le manca la forza di dimenarsi per liberarsi dalla mia presa.

«Non fare l'arrogante con me, Isabelle.» le sussurro all'orecchio, spostandole un ciuffo di capelli dalla fronte.

Mi fissa rabbiosa, poi mi sorprende, premendo con forza le sue labbra sulle mie: è un bacio prepotente e rude. Inserisce la lingua e pare volermi torturare tirandosi indietro di tanto in tanto.
Cado a peso morto sul letto mentre lei è sopra di me e, con una mano, si scioglie i capelli e li sistema al lato del collo.
Inverti rapidamente la posizione e, mentre continuo ad assaporarla con la bocca, le mie mani cercano altro.
Indugio sull'elastico dei leggings, poi lentamente infilo la mano alla ricerca delle sue mutandine.
È calda e, a contatto con le mie dita fredde, si agita per venirmi incontro.

I suoi occhi si incendiano, guardandomi scendere a leccare la sua pancia per poi tornare su.
Brama di essere toccata.

«Cosa vuoi, Marte?»
Non risponde.

«Hai bisogno di una carezza?» domando, sfiorando il suo clitoride.
Un lamento frustrato fuoriesce dalle sue labbra.

«Oppure vuoi questo?» inserisco un dito dentro e lei si irrigidisce.

Mi muovo lentamente, stuzzicando la sua intimità con decisione.

Ansima di piacere quando inizio a leccarle i capezzoli. Asseconda i miei movimenti ma il suo corpo pretende un ritmo più veloce del mio.

«Vorresti di più, Isabelle?»

«S-si»

«Come? Così?» premo forte

Un gemito risuona nella stanza e lei annuisce, quasi disperata.

Avverto il suo bisogno di venire e sono sicuro che c'è quasi, per questo mi concedo di toccarla qualche altro minuto prima di mettere fine allo stato di visibilio in cui è precipitata.

Mi guarda, incredula e frustrata, mentre io mi alzo dal letto e raggiungo la porta.

«Sognami, Marte» dico, prima di chiudermela alle spalle e lasciarla insoddisfatta.

La sento lamentarsi e borbottare qualcosa prima di andare via.

Fiero, rientro nella mia stanza e mi fiondo dritto in doccia.
Serviranno minuti interminabili di acqua fredda per far svanire l'effetto che quella ragazza ha su di me.



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