𝐈

Tutto iniziò in una fredda sera di novembre, una di quelle in cui il vento insistente ti strapazza spingendoti prima da una parte poi dall'altra senza darti tregua, una di quelle in cui il gelo in un qualche strano modo riesce a passare attraverso i dodici strati di cappotti, felpe e maglioni che hai indossato, una di quelle in cui qualsiasi persona, con un minimo di buonsenso, se ne starebbe chiusa in casa al caldo, davanti ad un caminetto, con le pantofole ai piedi e stretta nelle mani una tazza di the bollente, magari con una copertina e un bel libro. 

Purtroppo il buonsenso era una cosa di cui sono sempre stata sprovvista e, proprio per questa ragione, mi trovavo alle otto e mezza di sera a congelarmi in un cimitero piccolo e abbandonato. 

A dirla tutta una motivazione c'era per questo mio atto sconsiderato: ero andata a trovare mia sorella che, per colpa di una malattia, aveva perso la vita alla giovane età di sette anni. Una sera, quando io ne avevo solo cinque, iniziò a non stare bene, la febbre era altissima, sudava e respirava a fatica. La sera stessa la ricoverarono "per fare degli accertamenti". Gli esami ebbero dei risultati preoccupanti e i dottori decisero di farle una TAC dalla quale risultò che era presente un tumore maligno al cervello. La curarono per mesi con tutte le tecniche possibili, ma non ci fu nulla da fare. 

Ricordo ancora il giorno che ci diedero la notizia. Era un sabato e io ero a casa con la mamma mentre il papà era al lavoro. Squillò il telefono e la mamma rispose. Mi disse coprendo la cornetta con la mano che era l'ospedale. Io pensai fossero notizie positive ma, dalla faccia che fece lei ne dubitai. Quando mise giù la chiamata aveva una faccia distrutta. Non sembrava nemmeno lei. Mi abbracciò e io capii, rimanemmo così per non so quanto tempo. Quella sera nessuno mangiò o riuscì a prendere sonno. Dalla mia camera, che ora sembrava tremendamente vuota senza di lei, sentivo singhiozzare la mamma dall'altra stanza e papà che le sussurrava parole di conforto. Non riuscivo a restare da sola quindi mi alzai e, in punta di piedi, andai nella loro camera. Mi accolsero nel loro letto per farmi sentire meno sola.

 Nonostante non avessi capito a pieno la gravità della cosa e ne rimasi traumatizzata. Non riuscivo a concepire che non sarei più stata in grado di vederla o abbracciarla, ogni sera tornavo a casa e mi mettevo a fare finta che lei ci fosse ancora, come un'amica immaginaria. Questo alla lunga non fu solo più un metodo per sentirmi meno sola ma divenne un vero e proprio rifiuto da parte mia a lasciare andare il passato, quindi i miei genitori decisero di portarmi da uno psicologo infantile.

Accarezzai con gli occhi lucidi la lapide. Sopra, inciso, lessi Catherine Walter, 23 Novembre 1993-16 gennaio 2001 . 

"Oggi avresti compiuto ventisette anni, sorellina" pensai, poi lo sguardo mi cadde sulla piccola foto ovale che la ritraeva. Non le rendeva giustizia, lei era sempre stata una bambina molto bella, gli occhi verdi, i boccoli biondi e le guanciotte rosee si perdevano nel bianco e nero della foto. Grazie alle mie sedute con lo psicologo avevo imparato a distaccarmi dal passato e lasciarmelo alle spalle, ma ogni tanto anche io avevo i miei momenti di debolezza. Le lacrime calde iniziarono a scendere sulle guance ma quasi subito vennero spazzate via dal vento glaciale. Fu proprio quel ventaccio che mi stava gelando le ossa a risvegliarmi. 

Il cimitero era silenzioso, l'unico rumore che si sentiva era l'ululare insistente del vento e un gufo in lontananza. Alzai gli occhi al cielo, era mia consuetudine dire una piccola preghiera prima di andarmene. Quando ebbi finito posai il mazzo di camelie, i suoi fiori preferiti, che avevo portato con me, mi strinsi nel cappotto e mi allontanai continuando a tenere lo sguardo sulla lapide. Poi, asciugandomi gli occhi mi voltai. 

Il mio cuore perse qualche battito. 

Una figura avvolta in un mantello calato sul volto era di fronte a me. Mi spaventai talmente tanto che indietreggiando non vidi il muretto e caddi all'indietro perdendo i sensi.

[ANGOLO AUTRICE]✍🏻

HOLAAA, eh già mi spiace per voi ma sono ancora viva hehe. In questo periodo (circa gli ultimi otto mesi ma shhh, dettagli) sono stata sommersa e dico SOMMERSA  da compiti e roba di scuola e non ho avuto né il tempo né la voglia di mettermi a scrivere, capitemi vi prego. Anywayyy, oggi mentre guardavo il soffitto mi è venuto in mente quest'idea qua e ho deciso di metterla per scritto. Inizialmente doveva essere una roba c o m p l e t a m e n t e diversa ma scrivendo mi è arrivata l'illuminazione dall'alto e voilà stravolge tutti i miei piani. 

Non prometto niente, non farò di certo aggiornamenti quotidiani  perché tra un po' inizieranno a fare le fantomatiche "verifiche di  maggio" quindi verifiche tutti i giorni(come se cambiasse qualcosa da adesso ma convinti tu convinti tutti) e essendo che io sono scema ho un sacco di materie da recuperare perché lascio accumulare la roba(eh già sono un genio). Quindi giuro solennemente (di non avere buone intenzioni) di non lasciare i miei due lettori abituali senza niente(tanto lo so che mi amate eheheh) per mesi e mesi, infatti da brava persona organizzata e previdente la quale non sono ho già scritto il secondo capitolo che pubblicherò o mercoledì prossimo o sabato. 

Dopo questo poema che Dante proprio levate spero che questa storia vi piacerà

Adios pulzelli

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top