𝗦𝗰𝗲𝗻𝗮 𝗯𝗼𝗻𝘂𝘀.
RIUNIONE DI FAMIGLIA, O QUASI !
(Pre The Avengers)
Un anno. Erano passati esattamente dodici mesi da quando Elaine si era risvegliata in una New York diversa, fatta di ingorghi stradali e schermi pubblicitari dalla fastidiosa luce led, e nonostante avesse cominciato ad ambientarsi, rimanevano ancora molte lacune da colmare - o, per meglio intendersi, ferite da guarire.
Il rapporto con Steve si stava sgretolando pian piano: passarono il primo mese da inseparabili, poi le loro strade sembrarono dividersi con quella calma che, se si vuole, permette di tornare indietro e recuperare tutto eppure nessuno dei due tornò sui suoi passi.
Erano Captain America e Agente Patriot, il duo americano che aveva fatto sognare gli Stati Uniti negli anni più bui, ma come due facce della stessa medaglia non sembrarono più destinati a percorrere lo stesso percorso; uno preferì inseguire i propri ideali patriottici sottostando - con le dovute precauzioni, senza mai dimenticare la propria libertà - agli ordini del direttore Fury, l'altra pretese l'indipendenza che le spettava di diritto, appoggiando lo S.H.I.E.L.D. solo per missioni che la stuzzicavano seriamente.
Fu forse a causa del distacco da Steve che Elaine cominciò le ricerche sulla propria famiglia, dapprima muovendosi tra vecchi registri di nascite e solo poi affidandosi all'organizzazione per cui lavorava.
Ci aveva provato, lei, ad accantonare la sua vecchia vita, a non pensare al fatto che sicuramente, da qualche parte del mondo, c'era ancora qualcuno con il suo stesso sangue e cognome, ma l'era impossibile dimenticare davvero il passato, chi l'aveva cresciuta per ventisette anni.
Elaine si stupì non poco quando scoprì del matrimonio tra sua sorella Maria e Howard Stark, però sapeva quanto lui fosse buono e gentile ed era certa che quell'unione fosse stata quanto mai felice e stimolante, soprattutto per l'intelletto vivace della giovane.
Agli inizi preferì non concentrarsi sullo sviluppo delle loro vite, consapevole che avrebbe solo sofferto nello scoprire cosa s'era persa, bensì cercarne i figli, nella speranza di poter instaurare almeno con loro un minimo di rapporto.
Solo Dio sapeva quanto Elaine morisse dalla voglia di rivedere gli occhi vispi di Maria o il sorriso sghembo di Theo.
Fu così che individuò per primo Tony Stark e le bastò leggere di lui sui giornali per rendersi conto di quanto assomigliasse a suo padre: solo uno Stark poteva elaborare l'idea che bastasse un'armatura per poter difendere il mondo sotto il nome di Iron Man e gli innumerevoli gossip riguardo la sua vita sentimentale erano proprio la ciliegina sulla torta.
Ironicamente, aveva dovuto prendere appuntamento per incontrare suo nipote e ancora stentava a crederci. La segretaria sembrò non credere molto alla sua scusa del "Sono la zia" - dopotutto non poteva darle torto, nemmeno lei stessa ci avrebbe mai creduto -, dovette quindi aspettare una settimana prima di poter mettere piede nella Stark Tower.
Quelli furono, senza ombra di dubbio, i sette giorni più lunghi e intensi della sua vita e costellati da una miriade di ripensamenti che la portarono più volte a cambiare idea, certa di pretendere troppo da un uomo che s'era fatto una propria vita e non sembrava intenzionato a rinvangare il passato.
Eppure Elaine era stanca di sacrificarsi per gli altri, di mettere i bisogni altrui prima dei propri.
"Mi caccerà via, ne sono certa. Se ha preso metà del carattere di Maria mi lascerà dire qualche parola per poi cacciarmi fuori nel modo più pacato possibile" rifletté la donna mentre passeggiava ansiosamente avanti e indietro nella hall della Stark Tower. Per cercare di fare bella figura aveva perfino indossato un'elegante gonna nera abbinata a una camicetta azzurro pastello - ci rifletté su per due giorni, quasi dovesse affrontare un colloquio di lavoro - e ora si sentiva tremendamente a disagio con le gambe scoperte.
I capelli raccolti in una coda alta la facevano assomigliare a una donna tutto d'un pezzo, convinta delle sue prossime mosse, quando in verità sembrava più una ragazzina incapace di mettere un freno ai pensieri che le vorticavano in testa.
Sapeva che Tony non avrebbe messo in dubbio la loro parentela, le era sempre sembrato un tipo intelligente e perspicace nonostante i disastri combinati mentre si divertiva a fare il supereroe, ma poteva davvero sperare in qualcosa che andasse oltre i soliti convenevoli? Di certo obbligarlo sarebbe stato fuori luogo, quasi cattivo da parte sua, eppure moriva dalla voglia di ricostruirsi una famiglia.
«Elaine» la richiamò gentilmente Virginia Potts, riportandola alla realtà. Lei si voltò di scatto verso la donna bionda e, nei pochi secondi che le servirono per affiancarla, la studiò dalla testa ai piedi: Pepper sembrava una donna con la testa sulle spalle, ligia al proprio dovere, ma al tempo stesso caratterizzata da un brio tutto particolare. Sì, poteva fidarsi di lei. «Tony è pronto a incontrarla, mi segua.»
Impiegarono pochi minuti di assoluto silenzio a raggiungere l'ufficio del padrone di casa, ma già alla prima svolta di corridoio Elaine abbandonò l'idea di memorizzare il percorso dato che sembrava incapace di restare focalizzata sulla realtà, preferendo farsi mille e più congetture su suo nipote.
«Avanti» borbottò proprio il suddetto, dopo che Pepper ebbe bussato alla porta chiusa.
«Buona fortuna» le bisbigliò la bionda un attimo prima che potesse mettere piede nella stanza, spronandola con un sorriso a non tirarsi indietro. Nonostante credesse che quella della zia fosse tutta una montatura, l'era bastato osservare il volto preoccupato dell'ospite per intuire la presenza di una verità nascosta e piuttosto difficile.
Tony Stark sedeva esattamente davanti a lei, dietro a un'imponente scrivania occupata da un computer fisso e svariati fogli di formati diversi, ma le dava le spalle, preferendo guardare il panorama oltre la vetrata che occupava l'intera parete. Riusciva a vederlo a malapena, nascosto com'era dalla sedia girevole, eppure le bastò uno sguardo a quei pochi ciuffi di capelli che sbucavano in alto per avere un tuffo al cuore: quello era suo nipote, un pezzo della propria famiglia, sangue del suo sangue.
«Tony?» parlò finalmente Elaine con il tono di voce venato dalla paura di essere cacciata via, tant'è che la sua sembrò più una supplica che un tentativo di attirare l'attenzione.
«Mh sì, mi chiamano così» rispose lui, voltandosi con una spinta di piedi verso l'ospite.
In tutta sincerità, Tony aveva smesso da un po' di interessarsi alle persone con cui doveva relazionarsi per lavoro, preferendo che fosse Pepper a gestire la parte più umana - vedasi sapere nome e cognome, motivi dell'incontro, eventuali affiliazioni con aziende importanti - dei colloqui per poi fargli avere dei resoconti... peccato ci fossero giorni in cui non prestava attenzione neanche a essi.
Per questo, rimase spiazzato nel ritrovarsi davanti una donna almeno dieci anni più giovane di lui: di certo non c'era andato a letto insieme - ormai aveva smesso con queste cose -, non cercava alcuna nuova collaboratrice e gli sembrava alquanto strano che una ragazzina potesse avere qualcosa di interessante per lui. Studiò con cura maniacale l'ospite, passando dal corpo allenato reso più aggraziato dall'abbigliamento marcatamente femminile al viso dai tratti morbidi che trasudavano gentilezza; si stupì nel pensare che non gli era poi così sconosciuta quella donna, qualcosa in lei lo attirava come una calamita.
«Si accomodi, intanto» la invitò Tony, allungando un braccio verso le due sedie poste davanti. «Lei è?»
«Elaine Collins» si presentò, accomodandosi nella sedia di destra, quella più lontana dal computer.
I due poterono finalmente studiarsi da vicino, apprezzare quelle fini somiglianze che rendevano ovvia la loro parentela.
"Gli occhi sono uguali, grandi e attenti a osservare ogni dettaglio"rifletté lei e un sorriso fece capolino sul suo viso, cancellando per un istante la preoccupazione di essere cacciata via.
«Mi dispiace essere così diretto, ma lei è qui per quale motivo?»
Una lampadina sembrò accendersi comunque, però, perché quel nome l'aveva sentito molto spesso nella sua infanzia non troppo felice: sua madre era sempre triste quando la nominava, mentre suo padre la portava in palmo di mano, orgoglioso di lei come fosse la propria sorella. Ma non era il momento giusto per rinvangare cose che preferiva rimanessero in un angolo buio e recondito della sua mente, nascoste agli occhi di tutti fuorché i suoi, e poi poteva semplicemente essere una coincidenza.
«Sono tua zia.»
No, a quanto pareva non era una coincidenza.
Tony spalancò la bocca dalla sorpresa in modo quasi teatrale e un verso strano gli gorgogliò in gola, come se si fosse appena soffocato con le stesse parole che ancora doveva pronunciare.
Grazie ai suoi contatti, sapeva del recupero nell'Artico di Captain America e Agente Patriot, così come sapeva chi era per lui l'eroina che aveva portato gli Stati Uniti alla vittoria nella Seconda Guerra Mondiale eppure non si era mai preoccupato di rintracciarla, di cercare quella parte di famiglia con cui aveva perso la maggior parte dei contatti.
In quell'esatto momento, con gli occhi lucidi di sua zia puntati addosso, non poté fare a meno di sentirsi un verme, un egoista.
«Mi dispiace» confessò quindi Tony, consapevole che scusarsi non l'avrebbe aiutato a sentirsi meno in colpa. Quantomeno, però, poteva convincersi d'averci provato.
«Ti dispiace?» domandò perplessa Elaine, passandosi una mano sugli occhi struccati per fermare le lacrime sul nascere. Proprio non sopportava quel suo essere troppo sensibile!
«Sapevo che ti avevano trovata, ma non ti ho cercata, non ti ho aiutata.»
«Ed è andato bene così, davvero. Avevo bisogno dei miei tempi, di accettare il tutto prima di incontrarvi. Non hai nulla di cui sentirti in colpa, Tony.»
«Hai già incontrato gli altri?» cambiò discorso lui nel tentativo di alleggerire il disagio che gli pesava sulle spalle.
Era da tanto che non vedeva i cugini da parte di madre, un po' gli mancavano i vecchi cenoni di Natale e Pasqua.
«No, sono molto più difficili da avvicinare loro» ridacchiò Elaine, spostando lo sguardo sul panorama alle spalle di Tony. «Non hanno il proprio cognome in lettere cubitali su un grattacielo.»
«Non hai tutti i torti» concordò l'uomo e accennò una risata divertita. Di certo non ci teneva a nascondersi dai suoi nemici.
Tony si sedette meglio sulla sedia di morbido cuoio e poggiò gli avambraccio sulla scrivania per potersi sporgere verso la zia, pronto a porle le domande più disparate.
Era da mesi che non si sentiva così rilassato in presenza di un estraneo e per quanto poco potesse significare, una parte di lui moriva dalla voglia di conoscere quella donna di cui tanto aveva sentito parlare, scoprire chi davvero c'era dietro ad Agente Patriot.
«Cosa ti ha fatto capire che era il momento giusto?» cominciò quindi a indagare, poggiando il mento sulle mani aperte a coppa.
«Il mio obiettivo principale è sempre stato quello di ambientarmi, comprendere come muovermi in una New York così diversa, e una volta riuscita ho capito che il passo successivo era quello di ricercare la mia famiglia, vedere se avevo davvero perso tutti i contatti» raccontò con calma Elaine, ritrovando il sorriso nel sentirlo così interessato a lei. Proprio non se l'aspettava di essere creduta così facilmente, né si sarebbe mai immaginata di poter raccontare a qualcuno della propria vita senza che l'interlocutore fosse subito pronto a mettere per iscritto ogni sua parola - dopotutto la maggior parte delle persone incontrate negli ultimi mesi erano psicologi o psichiatri e ne aveva fin sopra i capelli di essere studiata come un fenomeno da baraccone.
«Non ti nascondo che devo ancora scoprire la gran parte delle cose» proseguì, cercando di schivare il discorso riguardo la morte dei genitori di Tony e Theo, «e per questo ho deciso di cominciare da voi... nipoti.»
«Certo che è strano sentirsi chiamare nipote da una trentenne» appurò Stark, trattenendo a stento una risata. Si passò una mano nei capelli disordinati nel tentativo di assimilare al meglio quella situazione surreale perché se da una parte sapeva di doversi sentire fortunato, dall'altra temeva che il dolore per la perdita di sua madre tornasse a farsi vivo, ancora più forte e vivido di prima a causa dell'inconfutabile somiglianza con Elaine.
«Ma va'! Sulla carta ho quasi novantaquattro anni» cercò di difendersi lei e un sorriso caloroso le incurvò le labbra tinte di rosa pesca, le piaceva proprio tanto Tony con quel suo modo di fare molto simile al padre.
Poi, d'improvviso, l'espressione dell'uomo si fece seria, come se dovesse annunciare una brutta notizia e dal suo punto di vista era proprio così: per quanto la visita di Elaine fosse la giusta occasione per riallacciare i rapporti con i cugini materni, il suo nuovo status da supereroe lo spronava proprio nella direzione opposta nel tentativo di evitare a qualsivoglia parente di finire nei guai a causa sua. Meno il mondo lo vedeva accompagnato da gente comune, meno tutti ne avrebbero sofferto.
«Non scherzo quando dico che mi farebbe moltissimo piacere poterti conoscere, però non si può fare» sentenziò Tony e fu svelto a spostare lo sguardo sulla parete dietro di lei, consapevole che non era mai stato capace di mentire alle persone a cui teneva davvero.
Perché sì, per quanto la conoscesse da neanche mezzora, sapeva perfettamente che Elaine aveva sempre fatto parte della sua vita, che fosse nei racconti di guerra di suo padre o nelle memorie giovanili della madre. Se Captain America era stato il suo idolo d'infanzia, Elaine sembrava più esser stata un fantasma gentile, accogliente, qualcuno da cercare nei momenti di sconforto più profondo e ora lei era proprio lì per lui: come poteva permettersi che le facessero del male?
«Cosa c'è che ti ferma? Quale strano complesso mentale ti sei fatto adesso?» quasi lo rimproverò lei, assottigliando lo sguardo a due mezzelune nervose che lo scrutarono in viso con attenzione.
Non le servì molto per comprendere che s'era immaginato chissà quale strana situazione, le bastò vederlo con gli occhi e la mandibola contratta, proprio come faceva suo padre quando rifletteva sull'organizzazione delle missioni ai tempi della Seconda Guerra.
«Nessun complesso» borbottò a mo' di difesa Tony, incrociando le braccia al petto come un bambino.
«Ti prego, questa tua espressione la conosco molto bene» lo rimbrottò con un sorriso nostalgico e spostò nuovamente lo sguardo sulle finestre, beandosi della vista mozzafiato per qualche secondo prima di proseguire. «Dai, sputa il rospo!»
Stark sospirò annoiato nel riconoscere in lei la stessa insistenza docile della madre, ma l'accontentò comunque. «Penso tu sappia che sono Iron Man, dopotutto ne parlano dappertutto, e sono convinto che nessuno si farebbe scrupoli a farti del male per farmi un torto, soprattutto se si conoscesse la nostra parentela.»
«Ero una WAC, ho combattuto nei fronti più difficili dell'intero Conflitto, pensi che non saprei difendermi?» lo rimbeccò, da una parte offesa per la poca fiducia e dall'altra profondamente colpita dall'attaccamento dimostrato da Tony. «E poi, vuoi che nessuno mi abbia già collegato a te? So che hanno scritto testi interi su Captain America e Agente Patriot, figurati se non hanno capito una cosa così basilare!»
«Hai ragione, scusami» rispose lui, alzando gli occhi al cielo, e si diede mentalmente dello stupido per essersi dimostrato così poco sicuro delle sue capacità. «E sì, è certo che ci sono arrivati, ma non hanno alcun motivo di credere che mi interessi la cosa. Ho sempre fatto di tutto per deviare le domande dei giornalisti a riguardo e ha funzionato, non si azzardano più a toccare l'argomento.»
«Non è perfetto così, scusa? Di certo non ti chiederei mai di andare, che ne so, al parco o in un bar delle strade principali... esistono anche le videochiamate, no? Devo ancora cimentarmi su quelle, ma con un po' di pratica potrei farcela, giuro!» parlò a raffica Elaine, gesticolando per rendere al meglio il proprio entusiasmo.
Non era mai stata una patita della tecnologia, a malapena sapeva utilizzare le funzioni base di un computer o di uno smartphone, ma era davvero disposta a tutto pur di convincere Tony a riaccoglierla in famiglia, a darle quel calore che solo una famiglia può dare.
Allo S.H.I.E.L.D. aveva trovato molte persone gentili e disponibili, alcune erano perfino riuscite a scalfire quella sorta di muraglia d'apatia che s'era costruita attorno per proteggersi da quella realtà nuova e a tratti ostile, però non sarebbero mai riuscite a colmare il vuoto lasciato dai suoi famigliari.
«Va bene,» cedette alla fine Tony, rendendosi finalmente conto che la testardaggine dei Collins non era per nulla facile da contrastare, «ma non chiamarmi nipote, mi fa sentire in imbarazzo.»
Elaine, però, oltre a essere testarda come un mulo, possedeva una dolcezza e sensibilità fuori dal comune per essere un soldato addestrato nelle migliori arti e fu per questo che non si trattenne dall'abbracciare Tony: lo fece senza nessun preavviso, sporgendosi sopra la scrivania, e probabilmente non sarebbe mai stata capace di dimenticare la stretta che ricevette in risposta, dapprima titubante, incerta, ma poi vigorosa come se lui avesse il timore di vederla scappare via.
Per quanto fossero due persone diametralmente diverse, con un passato e degli ideali agli antipodi, sapevano entrambi cosa significasse combattere contro il proprio inconscio, che fosse per i ricordi di qualche caro ormai scomparso o per attacchi di panico e ansia, e fu grazie a questa particolare somiglianza che le parole cominciarono a riempire il vuoto che avvertivano dentro.
In quell'ufficio dai colori freddi non c'erano Agente Patriot e Iron Man, bensì Elaine e Tony, due esseri umani fragili che avevano finalmente la possibilità di riscoprire il significato di "famiglia".
┉┉┉
Ehilà!
Oggi sono proprio serena (ho passato l'esame, alleluia!) e come "contentino" per me, ma soprattutto per voi, mi sono finalmente decisa a pubblicare questo capitolo!
Spero soltanto d'aver rappresentato al meglio Tony, non vorrei averlo fatto troppo scialbo o diverso da com'è nei film: fatemi sapere, sono curiosa!
FINE PRIMA PARTE !
Ci vediamo tra
qualche giorno,
stay tuned!
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