6) Il Soldato - parte 2.
A Elaine bastò mettere a fuoco il braccio artificiale dell'assalitore per comprendere quale fosse la prossima mossa giusta da fare e non s'azzardò neanche a rifletterci su perché, sotto sotto, sapeva che l'adrenalina l'avrebbe ben presto abbandonata. Si fiondò su di lui con un grido d'incoraggiamento, pregando per la salvezza quel Dio in cui aveva smesso di credere, gli si aggrappò alla vita con tutta la forza che aveva sulle gambe e con un colpo di scudo allontanò la mitragliatrice appena recuperata dal suolo. Lasciò andare l'arma nel momento stesso in cui il Soldato tentò di strapparglielo via, fu poi svelta a estrarre la pistola per puntargliela alla tempia destra, ma bastò uno scatto veloce del braccio artificiale per farla ruzzolare a terra, esattamente davanti ai piedi dell'uomo.
Il tempo sembrò fermarsi quando Elaine alzò lo sguardo sul suo aggressore, la paura a dipingerle il volto paonazzo per lo sforzo, e non fece in tempo ad assimilare l'espressione rabbiosa negli occhi dell'uomo che si ritrovò sollevata in aria con le sue mani strette sulle spalle. Le sfuggì un singulto di dolore all'improvviso attacco - poté quasi giurare d'aver sentito le ossa scricchiolare nella violenta presa -, ma fu svelta a tirargli una ginocchiata in mezzo alle gambe: per quanto il Soldato fosse una sorta di macchina assassina, restava comunque un uomo con le sue più umane debolezze e questa era l'occasione giusta per sfruttarle.
«Vaffanculo» sbottò Elaine, liberandosi definitivamente dalle mani dell'uomo. Senza dargli tempo di riprendersi lo colpì con un pugno dritto in viso, beccò di striscio quella sorta di maschera che lo copriva dal naso in giù e si ferì quindi alle nocche, maledicendolo ancora.
L'uomo non batté ciglio, silenzioso come solo un uomo abituato a obbedire agli ordini più disparati sa essere, e questa volta fu lui a non darle il tempo di reagire, già stufo di quello scontro impari e campato sul nulla: l'afferrò per i capelli ormai sciolti, strattonandola vicino a sé per avere un migliore controllo della situazione e obbligandola a inclinare indietro la schiena, le afferrò i polsi con la mano artificiale e la fece letteralmente volare contro un palo della luce poco distante. Le rifilò un'ultima occhiata, soppesando l'idea di ucciderla con un colpo di mitragliatrice, ma lo ritenne superfluo non appena realizzò l'assenza completa di movimenti.
Elaine, dal canto suo, impiegò tutta la forza d'animo possibile per trattenere il gemito di dolore che le montò in gola quando si scontrò con il palo e rimase immobile al suolo, la guancia destra poggiata sull'asfalto lercio del marciapiede.
Solo quando il Soldato riprese a sparare, proseguendo nella sua marcia punitiva, la donna s'azzardò a muovere gli arti - terrorizzata dalla possibilità d'aver subito una frattura alla spina dorsale - e ad alzare la testa: una fitta di dolore le percorse la parte sinistra della schiena facendole mozzare il fiato in gola, ma si obbligò a muoversi lo stesso, consapevole che aveva poco tempo per correre in aiuto a Natasha. S'alzò quindi sulle ginocchia, dapprima traballante, poi con maggiore sicurezza, e gattonò fino al proprio scudo abbandonato in mezzo alla strada mentre con lo sguardo controllava l'ambiente circostante.
A Elaine bastò vedere Steve correre come una furia nella stessa direzione presa dal Soldato per comprendere che, forse, se la stava prendendo un po' troppo comoda eppure il suo corpo sembrava non voler collaborare, opponendo resistenza a ogni suo movimento. Alzarsi in piedi le costò un singulto di dolore, era da tempo immemore che non usciva da una missione così ridotta male e strinse i denti innervosita al solo pensiero: le mancavano i vecchi incarichi in cui le bastava mirare a qualcuno per portarli a termine.
Analizzò con puntigliosa attenzione la strada quasi sgombra - in cui solo un paio di cittadini s'azzardavano ancora a correre via -, cercando qualche segno di Steve oltre la moltitudine di automobili abbandonate o incidentate, ma l'unica persona che riuscì a vedere fu il Soldato d'Inverno con quello che sembrava un coltello stretto in mano e per il resto era tutto una macchia sfocata.
Elaine fece per raggiungere l'assalitore ma l'ennesimo agente dell'HYDRA le si parò davanti con un sogghigno divertito, convinto d'esser stato fin troppo bravo nel raggiungerla così di soppiatto quando in verità non aveva fatto altro che mostrare la sua totale incapacità di formulare una tattica d'attacco sensata.
"Ubbidire troppo spesso agli ordini uccide la creatività" si ritrovò a pensare la donna, alzando con una lentezza disarmante la propria pistola. L'uomo era stato abbastanza stupido da svelarsi prima di attaccarla e lei non aveva più alcuna voglia di perdere tempo, non quando un Soldato programmato per ucciderla combatteva con Steve a pochi metri da lì.
Elaine ricambiò il ghigno con un sorriso tirato e premette il grilletto, esplodendo l'ultimo colpo del caricatore. Si concesse un secondo per osservare dall'alto il corpo agonizzante dell'agente - l'ennesimo morto della sua lista ormai non più così corta -, poi gettò a terra l'arma ormai inutile e scappò via da lì, lontana dal cadavere e dai sensi di colpa che ormai non la sfioravano più.
«Natasha!» esclamò Elaine appena individuò una chioma rossa dietro un'automobile stranamente integra. Espirò di botto nel vedere la collega ancora viva, le si chinò davanti senza pensarci su, nonostante i dolori ancora ben presenti, e le spostò la mano destra dalla spalla ferita per cercare di capire la gravità della lesione. «Pensavo ti avesse presa...»
«E l'ha fatto, di nuovo» si lamentò l'Avenger, stringendo gli occhi alla nuova fitta che le attraversò il braccio.
«Devi tamponare, non basta la mano» constatò Patriot e si strappò un grosso lembo di tessuto dal fianco della maglietta di cotone pesante per poi appallottolarlo e infilarlo sotto il giacchetto di pelle della donna. «Bisogna chiamare un med-»
«No» la interruppe Natasha con un sorrise triste a incurvarle le labbra, grata per le attenzioni a lei riservate ma al tempo stesso consapevole che c'era qualcun altro da aiutare. «Vai da Steve, il Soldato non lo lascerà stare finché non lo uccide.»
«E noi non vogliamo che succeda» concordò Elaine stringendosi nelle spalle con la rassegnazione a dipingerle il volto. Per quanto fosse difficile relazionarsi con la Romanoff, aveva ormai stabilito con lei un amichevole rapporto fatto di occhiate glaciali e confessioni improvvise - il fatto che fossero bastati meno di due giorni sottolineava la necessità di entrambe di ritrovare un alleato nello scontro continuo con le vite che s'erano cucite addosso - e le dispiaceva abbandonarla lì quando aveva le competenze per aiutarla. «Mi raccomando, non fare stronzate.»
«Dove vuoi che vada ridotta così» le rispose Natasha alzando gli occhi al cielo con fare annoiato. Poi però accennò una risata, una di quelle sarcastiche che spesso Elaine aveva sentito da Tony, e la mora comprese che doveva andare.
Con lo scudo ben stretto nella mano destra e il sangue a pulsarle violentemente nelle orecchie, Agente Patriot si allontanò di gran carriera dall'Avenger ferita, ben attenta a sorvegliare la strada alla ricerca di qualsiasi possibile minaccia che potesse frapporsi tra lei e il suo obiettivo finale, e raggiunse Steve nel momento stesso in cui, preso il Soldato d'Inverno per il mento, lo fece volare in aria, obbligandolo a una capriola per riacquistare l'equilibrio.
«Natasha è viva» si limitò a comunicargli Elaine, lo sguardo fisso sulla maschera dell'assassino abbandonata al suolo.
Ora il Soldato non si muoveva più, come se esser stato privato di quella misera protezione lo rendesse meno letale del dovuto e, forse, un po' di ragione ce l'aveva: privato dell'identità, la sua intera esistenza era stata nascosta per poter essere sostituita da una personalità nuova e letale, e ciò destabilizzava coloro che lo affrontavano perché è impossibile prevenire le mosse di un fantasma.
Elaine e Steve avrebbero potuto attaccare, sparargli, ma qualcosa sembrò obbligarli a rimanere immobili sul posto quando il Soldato d'Inverno cominciò a voltarsi verso di loro con una lentezza fuori luogo, carica di un'aspettativa mai provata prima dai due supersoldati.
E il mondo sembrò crollare loro addosso appena realizzarono che a guardarli non era uno sconosciuto, bensì un amico che credevano d'aver perso. Dietro alla maschera e al trucco da combattimento ormai cancellato c'era James Barnes.
«Bucky?» riuscì a formulare Steve, lo sguardo fisso sul volto dell'assassino tirato dalla rabbia.
Elaine avvertì le ginocchia tremarle nell'istante stesso in cui vide quel volto così familiare eppure tremendamente diverso: c'era qualcosa nei suoi occhi stanchi che non riconosceva e a cui non avrebbe saputo dare nome, ma rimaneva comunque il suo James, lo stesso uomo che aveva amato quasi settant'anni prima.
«Chi diavolo è Bucky?» rispose lui, l'espressione ora tornata neutrale, senza più alcuna traccia di vere emozioni.
«Non... non ricorda» balbettò la donna e un brivido le attraversò il corpo da capo a piedi. Per un istante, ingenua come solo lei sapeva essere quando si parlava di questioni di cuore, aveva sperato di poter recuperare il tempo perso, di riconquistare quell'affetto di cui era stata privata nel peggiore dei modi, ma evidentemente il Destino si ostinava a remarle contro.
James alzò di nuovo l'arma contro di loro ed Elaine rimase immobile sul posto, incapace di reagire anche solo per difendersi, mentre un crescente groppo in gola le rendeva difficile fin respirare: neanche più le fitte alla schiena riuscivano a distrarla dal cocente dolore che le causava la sola vista del suo vecchio amico ridotto così.
A risvegliare i due supersoldati dal torpore in cui erano precipitati ci pensò Sam che, con indosso la sua tuta alare, arrivò a dare un calcio sulle spalle del Soldato, facendolo ruzzolare al suolo.
«Ragazzi, lieto di vedervi ancora vivi!» esclamò Wilson, un po' troppo su di giri, dopo esser atterrato a pochi passi da loro. Per quanto si fosse giurato di non riprendere mai più in mano l'EXO-7, di accantonare la vita militare per non venire meno alla memoria del commilitone caduto, erano innegabili l'adrenalina e l'entusiasmo che gli scorrevano addosso da quando Captain America e Agente Patriot avevano bussato alla sua porta.
Il Soldato d'Inverno fece per attaccare di nuovo, ma questa volta ci pensò Natasha a rimetterlo al suo posto sparando con un lanciagranate raccattato, probabilmente, da un cadavere: l'esplosione prodotta alzò un gran polverone che divenne la via di fuga perfetta per l'assassino, ormai consapevole d'essersi bruciato l'occasione per portare a termine la sua missione; poco male, i giornali avrebbero raccontato della morte dei due gloriosi supersoldati con qualche giorno di ritardo.
«Natasha! Ti avevo detto di non fare stronzate» la rimproverò Elaine, obbligandosi ad accantonare lo stancante tumulto di emozioni che continuava a vorticarle nella mente.
«Vi ho salvato il culo, di che ti lamenti?» borbottò la rossa, il volto rigido dal dolore e braccio sinistro malamente aggrappato all'arma che ancora stringeva tra le mani.
«Lasciate le armi!» gridò una voce che Elaine riconobbe all'istante. Si voltò dalla parte opposta della strada, un sospiro pesante le sfuggì dalle labbra appena realizzò la presenza di Brock Rumlow accompagnato dalla propria unità e fu con risentimento che lasciò cadere a terra il proprio scudo. «Siete in arresto.»
I quattro, ora inoffensivi, si lanciarono un'occhiata guardinga, consapevoli di star giocando con il fuoco, ma non opposero resistenza quando furono trascinati verso uno dei furgoni dello S.H.I.E.L.D. adibito al trasporto di detenuti.
Brock cercò più volte di incontrare lo sguardo di Elaine nel tentativo di comunicare, scusarsi per quel disastro di cui anche lui era complice, ma lei mantenne lo sguardo fisso davanti a sé ostentando una sicurezza ormai persa.
Alla donna bastò registrare la presenza di Rumlow per comprendere d'aveva riposto fiducia nella persona sbagliata, in un infiltrato dell'HYDRA - la stessa organizzazione capace di cancellare l'intera esistenza del sergente Barnes -, e non c'era più spazio per inutili giustificazioni.
Perché James era ancora vivo ed Elaine avrebbe rischiato tutto pur di saperlo al sicuro.
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