10) L'ultima battaglia.
Oceano Atlantico, febbraio 1945.
La resa dei conti era arrivata. Captain America e Agente Patriot erano pronti ad affrontare qualsiasi essere pur di prendersi la tanto agognata rivincita, neanche la prospettiva di rischiare la vita riusciva a mettere un freno alla loro necessità di levarsi un peso dalle spalle.
La Strategic Scientific Reserve aveva ideato la missione perfetta, il classico piano efficace che implicava il minimo livello di difficoltà, ma la massima resa dei due eroi.
Il quartier generale dell'HYDRA si era rivelato meno nascosto del previsto, quasi invitassero i nemici ad attaccarli per poter rispondere con le armi migliori, e l'incursione filò liscia, senza alcun intoppo troppo difficile da superare.
Teschio Rosso, però, non aveva alcuna intenzione di essere catturato dagli americani, non quando c'era uno dei migliori bombardieri ad aspettarlo nell'hangar. Neanche per un istante aveva pensato alla possibilità che potessero seguirlo anche lì, tenaci come solo due disperati sanno essere.
Così era stato, infatti: Rogers e Collins, con l'aiuto dell'agente Carter e del colonnello Phillips, riuscirono a salire a bordo della Valkyrie pochi secondi prima dell'effettivo decollo.
Di certo Elaine avrebbe preferito evitare la vista dello sbaciucchiamento tra il collega e Peggy, ma era già da un po' di tempo che aveva notato qualcosa di strano tra i due quindi si limitò a voltarsi dall'altra parte, gli occhi lucidi fissi sul bombardiere che stavano raggiungendo.
«Congratulazioni, capitano» lo prese in giro lei, ben attenta a mantenere la voce poco sopra un sussurro per non farsi sentire da eventuali soldati presenti al di là del loro nascondiglio di fortuna. «Giusto la ciliegina sulla torta.»
«Ma smettila, stupida!» la rimbrottò l'uomo, senza nascondere un bel sorriso - il primo dopo giorni e giorni di tristezza.
Elaine si finse offesa, portandosi drammaticamente una mano davanti alla bocca spalancata, ma in un battito di ciglia si voltò alla sua sinistra per spiare oltre il cumulo di casse metalliche dietro cui si erano rifugiati. Lo scricchiolio che aveva attirato la sua attenzione sparì un istante dopo, lasciando nel silenzio totale quella sorta di deposito in cui erano finiti.
«Andiamo» ordinò la sergente, invitandolo con un cenno della mano a seguirla.
Accucciati, i due soldati si spostarono di pochi metri, giusto la distanza necessaria per avere una buona visuale dell'ambiente circostante.
Un sospiro stanco sfuggì a Elaine non appena realizzò la presenza di materiale bellico: quale pazzo utilizzava per scappare un bombardiere carico di missili?
"Oppure il suo piano è sempre stato questo" riflettè la donna, avvicinandosi con cautela agli armamenti nettamente più grandi di lei.
Howard aveva cercato di insegnarle come riconoscere le varie tipologie di bombe - spiegandole quanto fosse utile nel caso se ne fosse ritrovata davanti una inesplosa -, ma in quel momento ogni nozione appresa sembrava irraggiungibile.
Fece un respiro profondo nel tenativo di calmare il battito cardiaco, ora accelerato a causa dell'adrenalina, così da avere la mente libera: si piegò sopra l'arma più vicina, cercò sulla superficie una qualsiasi informazione utile e istintivamente, quando realizzò la portata della scoperta, portò una mano al fucile che le penzolava sulla schiena.
«Bombe atomiche» constatò in un sussurro Elaine, la gola secca a causa della rinnovata preoccupazione. «Da pilotare.»
«Significa che ci sono almeno otto di loro pronti per attaccare» concluse Steve per lei, guardandosi attorno circospetto. «Dobbiamo farli fuori.»
Quella era probabilmente la prima volta in cui Agente Patriot sentiva il collega così risoluto a uccidere qualcuno o, quantomeno, le volte precedenti in cui era stato toccato l'argomento non aveva mai creduto che Rogers fosse disposto a sporcarsi così tanto le mani. Dopotutto, faticava ancora a credere possibile che l'uomo che aveva conosciuto come magrolino e malaticcio ora fosse capace di mettere al tappeto quattro avversari contemporaneamente; perfino delle sue stesse prestazioni, talvolta, riusciva a stupirsene.
«Non ha senso dividersi, facciamoci raggiungere» parlò Elaine, mentre osservava con attenzione i comandi delle bombe. Se solo Howard le avesse spiegato come disinnescarle o, in questo caso, impedire che fossero pilotate!
Come se le avesse letto nella mente, Steve fece cadere le casse metalliche - contenenti, stranamente, solo armi bianche - dietro cui si erano nascosti poco prima e il rumore che produssero, Elaine ne era certa, sarebbe bastato a mettere in allarme mezzo bombardiere.
Fu solo quando il primo soldato dell'HYDRA comparve nel deposito che la donna rimpianse di non aver portato con sé lo scudo donatole proprio da Stark - etichettato come troppo ingombrante per una missione che puntava tutto nell'agilità degli Howling Commandos - perché l'arma che aveva in mano sembrava tutto tranne che innocua, con quel suo bagliore bluastro.
La donna fece giusto in tempo a raccattare una delle casse ai suoi piedi per poterla usare a mo' di protezione prima che un fascio di energia le arrivasse contro, il metallo resistette qual tanto da permetterle di buttarsi a terra - esattamente dietro le bombe - e fu con occhi spalancati che riportò lo sguardo sul nemico.
"Che diamine è quella cosa?" avrebbe voluto chiedere a Steve, avvertendo ancora sul volto il calore cocente della fiammata azzurra. Era qualcosa di pericoloso, molto pericoloso, e il fatto che fosse in possesso di nazisti non la rassicurava affatto.
«Muovetevi!» sbraitò l'uomo in un tedesco stretto, quasi incomprensibile alle orecchie di Rogers che aveva raggiunto la compagna nel suo improvvisato nascondiglio.
«Tempo che arrivino e attacchiamo» istruì il capitano, migliorando la presa sullo scudo. Con la coda dell'occhio osservò Elaine, il volto pallido e tirato di chi è già proiettato al futuro, la divisa nera in netto contrasto con l'ambiente circostante e con gli stessi colori che lui indossava: Agente Patriot sembrava essere una macchia incolore, l'ombra di un eroe più importante e valoroso, ma lui conosceva perfettamente la forza nascosta dietro quel viso d'angelo. «Qualsiasi cosa accada, ricordati il nostro obiettivo.»
Non le diede tempo di rispondere, si alzò e si buttò a capofitto tra gli otto soldati dell'HYDRA presenti, più pronto che mai a dar sfoggio delle sue capacità con lo scudo.
Elaine lo seguì a ruota, il fucile carico stretto tra le mani e la rabbia a farle pulsare violentemente il sangue nelle orecchie.
Nessun uomo sarebbe rimasto in vita su quel bombardiere. Non con i due supersoldati pronti a vendicare James Barnes e tutti i morti di quella sanguinosa guerra che durava ormai da troppo tempo.
Elaine era cresciuta con i racconti di guerra del padre, fin dalla più tenera età aveva associato all'immagine del nemico un uomo in divisa e con un'arma in mano - che fosse una pistola, una granata o chissà quale altro marchingegno non cambiava granché -, ma ora, a ventisette anni, doveva cedere all'idea che la realtà da lei conosciuta nascondeva fin troppi segreti.
L'essere che era appena scivolato a terra sembrava il Diavolo in persona. No, molto probabilmente lo era per davvero.
Steve le aveva raccontato dell'incontro avuto in Austria con un essere malvagio, ma Elaine mai avrebbe creduto possibile una visione simile: il volto di Johann Schmidt era ridotto letteralmente all'osso, divorato dal suo stesso ego e dalla sete di potere, e il rosso acceso che sostituiva il colorito roseo lo rendeva una perfetta incarnazione del Male.
«Ho visto il futuro, Capitano! Non ci sono bandiere!» gli sputò contro Teschio Rosso, ripartendo alla carica per scontrarsi con Rogers.
Elaine strinse la presa sulla barra di metallo che aveva staccato dal pannello di controllo distrutto, preparandosi a colpire il cranio del nemico non appena Steve lo avesse spinto nella sua direzione, ma il piano cambiò in fretta quando Schmidt deviò la sua corsa e cominciò a sparare. I raggi d'energia incandescente cominciarono a sferzare l'aria resa pesante dal sudore e dall'odore di carne bruciata, i due supersoldati si ritrovarono a compiere le più strane acrobazie per riuscire a evitare i colpi sempre più veloci e posticipare di qualche minuto l'incontro con la Morte.
«Non il mio futuro!» urlò in risposta Captain America non appena riuscì a riprendere possesso del suo scudo.
«Vai, adesso!» lo incitò Agente Patriot, indicandogli Teschio Rosso, per un attimo distratto nel ricaricare l'arma fantascientifica.
Steve le fece un piccolo sorriso, totalmente fuori luogo in una situazione tanto tragica, e seguì il suggerimento della collega.
Lo scudo volò dall'altra parte della stanza adibita ai comandi, scontrandosi prima contro il petto di Schmidt - che fu sbalzato indietro, perdendo la presa sulla pistola - e poi contro il supporto atto a proteggere uno strano cubo luminescente.
Elaine non ci pensò due volte prima di avvicinarsi a passo pesante verso l'impersonificazione del Diavolo, la barra di metallo ben stretta tra le mani sudate e sporche di sangue e l'adrenalina pura a scorrerle nelle vene, spronandola a mettere una fine alla vita di quell'abominio.
Teschio Rosso, però, con uno scatto fulmineo, raggiunse il cubo azzurro e sospirò soddisfatto quando lo strinse tra le mani; bastò però un secondo perché un urlo disumano riempisse la stanza, facendo accapponare la pelle ai due supersoldati, e in un lampo di luce accecante Johann Schmidt scomparve.
«Mio Dio» mormorò Elaine, ancora scioccata dall'accaduto, e seguì con lo sguardo il Tesseract aprirsi strada nel pavimento dell'aeromobile, per finire poi nelle acque dell'oceano Atlantico.
«C'è il pilota automatico inserito», constatò Steve, ora seduto davanti ai comandi semidistrutti, «e siamo diretti su New York.»
La sergente staccò con fatica gli occhi dal buco che aveva a pochi passi da sé, raggiunse il compagno e osservò il mondo dall'imponente parabrezza: si sentì mancare quando realizzò che, ovunque guardasse, c'era solo acqua, acqua gelida che minacciava morte e distruzione.
«Non abbiamo alcuna chance, non è così?» chiese lei in un sussurro, la voce già tremante e la bocca secca a causa della rinnovata preoccupazione.
Steve alzò lo sguardo sulla donna che per prima era riuscita ad andare oltre l'immagine dell'invincibile Captain America, cercando di conoscere l'uomo che stava dietro alla divisa a stelle e strisce, e non se la sentì di mentirle, di negarle una verità che aveva accettato già da diversi giorni. Allungò quindi una mano verso di lei, invitandola a stringergliela, e solo dopo le parlò. «Abbiamo bombe atomiche a bordo, l'unico modo per salvare milioni di americani è non schiantarsi sulla terra... ma in acqua.»
Elaine si morse il labbro inferiore nel tentativo di fermarne i tremori, le servirono un paio di secondi per metabolizzare del tutto il messaggio implicito di Steve e trovò conforto nella stretta del compagno.
Stava per morire, da sola e lontana dagli affetti più cari.
In quello stesso istante rimpianse di non aver scritto a Maria, la sua giovane sorellina per cui avrebbe attraversato mari e monti pur di saperla felice: aveva tutta la vita davanti e non meritava un nuovo fardello sulle spalle, perché già immaginava le conseguenze della sua morte sulla madre. Gliel'aveva detto prima di partire, fosse morta non se lo sarebbe mai perdonato.
"Però non sono davvero sola" riflettè lei, incrociando ancora lo sguardo di Steve.
«Provo a mettermi in contatto con gli altri» parlò Elaine, ignorando le lacrime che le stringevano la gola in una morsa irremovibile, quasi volessero punirla in anticipo per la sua sfrontatezza. «Sai, giusto per avvisarli...»
Il capitano si limitò ad annuire, lo sguardo fisso sulle acque gelide dell'oceano e un forte mal di testa a martellargli proprio dietro gli occhi: cercò con forza di accantonare il pensiero di Peggy, degli sguardi amorevoli che si scambiavano da ormai molto tempo, di quell'unico bacio fugace con cui aveva quasi sfiorato il Paradiso. Non era quello il momento per perdersi in ricordi dolci che avrebbero reso la sua stessa morte ancora più dolorosa perché una cosa era morire da soli, senza vincoli, e tutt'altra farlo sentendosi legati a qualcuno.
«Qui Agente Patriot, mi sentite?» parlò Elaine nella ricetrasmittente, dopo essere riuscita a far funzionare la radio del cacciabombardiere. Attese una risposta con l'ansia a divorarle le viscere e gli occhi fissi sulla loro meta, senza neanche chiedersi cosa avrebbe potuto dire nel caso qualcuno avesse dato segni di vita.
«Affermativo, Agente» rispose Howard Stark ed Elaine si ritrovò a sospirare di sollievo, nonostante non ci fosse alcuna ragione per essere rincuorata.
«Howard, ti prego, ascoltami e non interrompermi» si affrettò a dire lei, agitando la mano sinistra come lo avesse davanti. Il tempo a loro disposizione stava finendo e non era più molto sicura di riuscire a trattenere lo sconforto ancora a lungo. Sentì un borbottio indistinto dall'altra parte della radio, ma proseguì comunque nelle sue raccomandazioni. «Promettimi che parlerai personalmente alla mia famiglia e controllerai mia sorella Maria, non voglio che prenda decisioni sbagliate dettate solo dalla brutta circostanza. Le possibilità di uscire vivi da questa missione sono pari a zero quindi devi promettermelo, Howard, devi darmi quest'ultima soddisfazione.»
«Elaine, non capisco...» tentò di farla ragionare Stark, non comprendendo davvero la disperazione dietro a quelle parole raccolte a fatica.
«No, Howard, promettimelo e basta» lo interruppe lei, sbattendo d'istinto un pugno sul pannello di controllo. Come poteva non capire? «Ti prego.»
«Va bene, te lo prometto.»
Elaine poté finalmente fare un passo indietro, rifugiarsi nella penombra gelida della cabina di pilotaggio in cui si poteva già avvertire la presenza strisciante della Morte.
Le parole cariche d'amore che si stavano scambiando Steve e Peggy quasi non le sentì mentre scivolava a terra a pochi passi dal collega, la mente troppo occupata a rincorrere pensieri che si intrecciavano tra loro in un groviglio inestricabile: lasciò quindi che la paura prendesse il sopravvento, irrigidendole gli arti e mozzandole il respiro, e non trattenne più le lacrime. I lucciconi sembrarono volersi fermare sulle ciglia per impedirle di vedere la realtà circostante, per evitarle di guardare dritta in faccia la sua Fine, ma la disperazione ebbe la meglio ed Elaine scoppiò in un pianto disperato e silenzioso.
"Ellie, una cosa devi ricordarti: la morte è solo l'inizio di una nuova vita e non hai alcun motivo di temerla" le aveva però detto suo padre molti anni prima e lui era sempre sincero con lei, per quale ragione doveva mettere in dubbio le sue parole proprio in quel momento?
Elaine inspirò profondamente, si passò la manica della divisa sugli occhi e tentò di regolare il respiro affannato; non era quello il momento giusto per disperarsi, per avere paura.
«Stiamo facendo la cosa giusta» le parlò finalmente Steve, voltandosi per un istante verso di lei.
Si guardarono negli occhi come fosse la prima volta, ricercando nell'altro la sicurezza di cui mancavano, e bastò questo perché abbandonassero ogni tentativo di resistere al destino funesto che si stava velocemente compiendo davanti ai loro occhi.
«Lo so, Steve, lo so.»
L'impatto arrivò all'improvviso, nascosto dal rumore assordante dell'aria che entrava dalla perforazione causata dal Tesseract, ma la Morte non sembrava molto contenta del nuovo bottino giornaliero: le sue dita fredde, consumate dallo sforzo di strappar via l'anima ai morenti, ebbero difficoltà ad aggrapparsi ai due supersoldati e dovette osservarli soffrire come cani mentre cercava, con la compassione di chi ha visto troppa malvagità nell'Universo, di velocizzare la loro dipartita.
Gli spasmi cessarono, l'acqua gelida poté finalmente abbracciare i corpi leggeri dei due caduti e portarli lontano dalla Morte, al riparo da quelle mani che non erano ancora pronte per portarsi via delle vite così preziose e innocenti.
"Ma chi li ha mai visti due così, morti senza paura" fu l'ultimo pensiero che la Fine riservò a Elaine Collins e Steve Rogers prima di raggiungere una nuova anima, pronta ad accoglierla nel suo regno.
┉┉┉
Hola!
L'ultima parte del capitolo mi piace un botto, lo ammetto, ed è una delle poche volte in cui sono così tanto convinta!
Morte e Vita personificate mi intrigano moltissimo, chissà che non scriva qualcosa su di loro... no, okay, scherzo!
Oggi, in questo angolino che mi ritaglio sempre, ci terrei a ringraziare chi commenta ogni volta: siete davvero una gioia, ragazze/i.
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