Saggistica

maggio 1998
Saggistica

Resto fermo.
L'aria porta intenso l'odore pungente del disinfettante.
Le lenzuola, le pareti, le infermiere.
Qui tutto sembra essere di un bianco accecante.
Così diverso da me e dall'oscurità a cui sono abituato.
Sistemo la traballante torre di cuscini dietro alla mia schiena.
La poltrona accanto alla finestra è piccola e scomoda.
Poggio sul comodino l'ennesimo libro giunto alla fine.
Mi lascio scappare un sospiro esasperato.
Le persone passano velocemente davanti alla porta della mia camera.
Guardano dentro, cercando di non farsi vedere.
Parlano a bassa voce tra loro.
Poi se ne vanno.
Ogni tanto qualcuno entra a cambiarmi le medicazioni sul collo.
Mi ribello per qualche breve istante.
Poi li lascio fare.
Il sospetto che ho sempre intuito negli sguardi del mondo ha lasciato il posto ad un ringraziamento pieno di scuse.
Scuse che non trovano il coraggio di rivolgermi.
Il mondo è cambiato in fretta.
In una notte di cui ognuno racconta una versione diversa.
Il male è scomparso, evaporato in una scia di polvere.
Ho fatto il mio lavoro.
E quel ragazzino cocciuto, alla fine, ha vinto.
Ha tirato fuori un coraggio su cui non avrei scommesso.
E ha vinto.
E io sono rimasto in una catapecchia, con le mani strette in quelle di una ragazzina che non riusciva a smettere di piangere.
Una ragazzina che mi ha sputato in faccia un sentimento dal quale non ho potuto difendermi.
Una ragazzina che mi scopro ad immaginare, non appena i miei occhi si abbandonano all'oscurità.
Non riesco a smettere di vedere il tuo sguardo, Hermione.
Così pieno di determinazione e di vita.
I tuoi singhiozzi incontrollabili.
La tua voce, sottile e coraggiosa, che mi intimava di restare al tuo fianco.
E io ci sono rimasto al tuo fianco, Hermione.
Ho ripreso i fili della vita che mi stava abbandonando.
Ho aggrappato la mia anima a quella tua assurda richiesta di aiuto.
E ho continuato a vivere.
Per te.
Forse dovrei ringraziarti per questo.
Minerva mi saluta prima di uscire dalla stanza.
La tua immagine si sfoca per un istante nella mia mente.
Mi ha portato del cioccolato.
Ho sempre odiato il cioccolato.
Non gliel'ho detto.
Come d'altronde non ho detto nient'altro.
Non sono mai stato bravo in questo.
Non lo diventerò adesso che per tutti sono l'eroe tragico di una storia tragica.
Adesso che la mia vita è stata spiattellata sulla prima pagina di ogni maledetto giornale.
Il mio amore disperato.
Ora che l'odiato principe mezzo sangue è diventato il tormentato principe delle favole.
E io non sono pronto per questo ruolo.
Io che ho sempre strisciato nell'ombra.
Per tutta la vita.
Minerva mi ha chiesto di tornare ad Hogwarts.
Ad occupare la cattedra che sostiene non potrà mai essere di nessun altro.
Nei miei sotterranei bui, sicuri e gelati.
Ho accettato senza entusiasmo.
Perché io non so dimostrare entusiasmo.
La fine della guerra non cancellerà la mia vita piena di disperazione.
Non smetterà di farmi tormentare da incubi eterni.
Ma questo loro non lo sanno.
Nessuno lo sa.
Loro vedono solo l'eroe romantico di cui ogni storia ha bisogno.
Il loro lieto fine.
Un rumore dietro la porta interrompe i miei pensieri.
I tuoi occhi raggiungono i miei dietro ad una selva di ricci indisciplinati.
Mi guardi.
Sorridi.
Ti guardo anche io.
Poi mi volto.
Mi alzo dalla poltrona.
Mi affaccio ad una finestra spalancata sul pomeriggio assolato.
Non parlo.
Perdonami Hermione.
-    "Ciao."
Sussurri.
Non rispondo.
Sono uno stupido.
Non so cosa fare.
Per la prima volta nella mia vita non ho un copione da seguire.
Ti avvicini alla finestra.
Ti appoggi sul davanzale al mio fianco.
Mi guardi.
Mi volto.
I tuoi occhi nocciola sono così grandi.
Così vivi.
-    "Buongiorno, signorina Granger."
Sibilo.
Ridi.
Con una mano raccogli un ricciolo che ti cade davanti agli occhi.
Con un salto ti siedi sul davanzale della finestra.
Mi sfiori la mano.
Io resto immobile.
-    "Hai già letto tutti quelli?"
Dici indicando i libri sul tavolino.
-    "Sì."
Rispondo freddo.
-    "Allora te ne porto altri. Romanzi o saggistica?"
Sbuffo impercettibilmente.
-    " Non serve."
Sono così freddo da farmi quasi schifo.
-    "Si che serve."
Dici ridendo.
Fai una pausa.
-    "Serve a me. Così posso tornare ancora una volta, con un'altra scusa."
Punto i miei occhi nei tuoi.
Sorrido obliquo.
Sorridi anche tu.
Mi prendi la mano.
La stringi.
Mi manca il fiato.
-    "Severus io..."
-    "Hermione... Cosa ci fai in questo ospedale con uno come me?"
Ti interrompo.
Lascio la tua mano.
Ti guardo ancora.
Hai gli occhi di una donna adesso.
Forse hai sopportato troppe morti anche tu.
Hai visto troppo dolore.
E adesso non hai più paura.
-    "Io non voglio uno come te... Io voglio te!"
Lo dici frettolosamente, con una freschezza che mi secca la gola.
Mi lascio scappare una risata sarcastica.
-    "Tu non sai niente di me."
Sussurro.
-    "E allora dimmelo. Raccontami quello che non so di te.
Magari cambierò idea.
Magari non dovrai nemmeno sforzarti tanto per liberarti di me.
O magari invece mi piacerai ancora di più.
E allora dovrai solo convincerti del fatto che non sono così insopportabile come sembro."
Ti fermi.
Fai un sorriso nervoso.
-    "Non sei insopportabile, Hermione."
Lo dico guardandoti negli occhi.
Perché è vero.
E' così vero che ho paura persino ad ammetterlo a me stesso.
Come ho paura ad ammettere che vorrei che restassi qui, anche solo un altro po'.
Come ho paura ad ammettere che la donna che ha preso il posto di quella ragazzina mi piace.
Mi piace così tanto da sentire la voglia di riprenderti la mano.
E tu sorridi.
Di un sorriso così vero che per un attimo dimentico il mio passato.
Dimentico gli occhi di Lily.
Dimentico gli incubi, i fantasmi e di essere l'uomo che vorrei non essere.
Sorrido anche io.
E' un sorriso vero.
Forse troppo.
E tu lo vedi.
Mentre nei tuoi occhi nasce una scintilla impercettibile di felicità.
-    "Non so se sono capace di farlo."
Sussurro.
Sollevi un sopraciglio in un'involontaria imitazione della mia eterna espressione.
-    "Non so se sono in grado di essere felice."
Te lo dico.
Anche se non dovrei dirtelo.
Perché, invece, vorrei dirtelo con tutto me stesso.
Vorrei che tu vedessi il Severus dietro la maschera.
Ancora.
Abbassi gli occhi un istante.
Ti mordi il labbro.
Sei bella piccola grifondoro.
E hai un coraggio che mi fa tremare il respiro.
Ti tormenti le mani.
Come fai da sempre quando vuoi dire qualcosa.
E io aspetto solo che tu me lo chieda di nuovo.
Perché vorrei con tutta l'anima che tu lo facessi.
Dimmelo ancora, Hermione.
Scaccia i miei demoni, di nuovo.
Aggrediscimi ancora una volta con questo tuo assurdo sentimento.
Così che io trovi il coraggio di ammettere il mio.
E non so come chiamarlo Hermione.
Ho amato un fantasma per tutta la vita.
E tu sei così viva da farmi paura.
Così viva da farmi venire voglia di vivere, anch'io.
-    "Se io te lo insegnassi tu ci proveresti?... Ad essere felice?"
Sussurri ancora.
Punti gli occhi nei miei.
Lascio passare un tempo che mi sembra infinito.
-    "Sì..."
Dico solamente.
E tremo.
Dentro.
Così tanto da sentire la nausea impossessarsi dello stomaco.
Da sentire le gambe pesanti.
E la testa leggera.
E' questa la felicità Hermione?
E' guardarsi negli occhi e dire la verità?
-    "Lo faresti con me? Potresti pensare di essere felice con me?"
Le parole scivolano fuori dalle tue labbra screpolate.
Senza paura, senza vergogna.
E io non vorrei più averne, paura.
Non vorrei più provare vergogna.
Mi avvicino al tuo corpo.
Il tuo coraggio è così limpido.
E la mia maschera, invece, troppo sporca.
La sento soffocarmi.
Voglio solo scostarla dal mio viso, quel poco che serve a farmi schiaffeggiare dalla tua freschezza.
Ancora una volta
Allungo la mano.
Ti accarezzo la guancia.
Lo faccio senza pensare.
La tua pelle è morbida.
E calda.
E io mi sento così vivo in questo ospedale di un bianco accecante.
Sorrido.
-    "Saggistica."
Sussurro.
Mi guardi senza capire.
-    "Domani, portami un libro di saggistica... E torna da me."
Il tuo volto si apre nel sorriso più luminoso che io abbia mai visto.
Salti giù dal davanzale.
Batti le mani con un entusiasmo disarmante.
Mi baci la guancia.
Prima di correre e sparire dietro la porta, lasciandomi in piedi in mezzo all'aria gonfia di disinfettante.
Lasciandomi immobile.
Con in bocca il sapore sconosciuto di un futuro migliore.

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