Capitolo 9
DUNCAN
Garret mi stava dicendo qualcosa, ma io avevo la testa da un'altra parte; era rimasta con i fianchi ondeggianti di Emmaline. Quella ragazza mi aveva completamente ammaliato. Non riuscivo a pensare ad altro che a lei, a come baciarla e toccarla di nuovo. Era una follia e ne ero consapevole. Non avrebbe funzionato tra di noi, sarebbe stata una catastrofe. Ma più mi sforzavo di ignorarla, più il desiderio mi incendiava.
La notte prima era stato un inferno. Avevo combattuto con il desiderio di andare a controllare che Garret non si fosse infilato in camera sua. Sì, ero geloso. Già durante la cena, nonostante avessi accanto la lupa più bella del mio clan, non riuscivo a staccare gli occhi da Garret ed Emmaline che flirtravano di fronte a me. I suoi sorrisi rivolti ad un altro mi avevano dilaniato e avevo perso le staffe. Lei aveva tentato di bruciarmi vivo. Ma l'incendio che mi aveva circondato era niente in confronto a quello che ardeva dentro di me per lei.
Quando avevo accompagnato Sabine al suo cottage, per la prima volta da quando la conoscevo, l'avevo respinta. Poi ero tornato alla villa, l'avevo scalata e come un ladro mi ero introdotto sul terrazzo della camera di Emmaline. L'avevo osservata imponendomi di non farmi vedere. Quando era uscita quasi nuda dal bagno, con la pelle ancora umida dalla doccia mi ero trattenuto a fatica dall'entrare.Poi si era alzata e mi aveva scorto e non ero stato più capace di resistere. Quando l'avevo schiacciata sotto il mio peso, l'unico pensiero che avevo avuto era stato di seppellirmi dentro di lei e reclamarla.
Reclamarla ... Che follia! Era umana. Non avrei potuto averla a fianco come la mia lupa. Era mortale. Quando inevitabilmente la sua vita sarebbe giunta al termine, mi avrebbe lasciato solo ed annientato. Soprattutto era per metà angelo! Alla fine, per quanto anche lei mi desiderasse, mi avrebbe disprezzato. Gli angeli consideravano i licantropi degli animali con sangue demoniaco. Bastava pensare a Black e a come sotto sotto ci disprezzasse. La nostra collaborazione per lui era un male necessario. No, quell'attrazione che provavo era sbagliata da qualunque parte la guardassi.
Dovevo ringraziare il Caduto per non essermi spinto oltre. Quel pensiero mi fece ringhiare. Il dolore che avevo provato a staccarmi dal morbido corpo di Emmaline era stato indicibile. Per un attimo il mio corpo si era rifiutato di obbedirmi. Ero riuscito alla fine ad andare via ed ero corso da Sabine. L'avevo presa senza troppi complimenti e scopata per tutta la notte, ma per ogni attimo avevo immaginato di avere sotto di me un corpo più minuto e dalle curve più morbide.
- Mi stai ascoltando? - Garret mi stava guardando intensamente.
- Non proprio. -
- Magnifico! - Esclamò ironicamente. - Ti stavo dicendo che al clan Emmaline ha fatto buona impressione. Siamo "quasi"tutti entusiasti di lei. -
- Già ... - Nessuna sorpresa, i suoi modi di fare erano pieni di grazia ed inoltre mostrava una certa empatia con le persone.
- Gli unici a manifestarle ostilità siete tu e Sabine. Per quanto ti riguarda, la tua è solo finzione perché in realtà la desideri, ma ti sei convinto che non puoi averla e ciò ti rende insopportabile. Sabine se n'è accorta. Ed ecco spiegata la sua ostilità. -
- Abbiamo un fottuto psicologo fra noi ! - Gli sbraitai contro, ma sapevo che Garret aveva colto nel segno. - Si vede tanto? - Aggiunsi quasi in un sussurro.
- Duncan ... Ci conosciamo e viviamo praticamente insieme da più di duecento anni. -
Senza contare il fatto che per tutto quel tempo avevamo vissuto come fratelli, anzi più che fratelli. Garret aveva pianto con me la morte di mio padre, con me aveva affrontato l'esilio dopo che il nuovo capobranco mi aveva costretto a lasciare il branco. Era sempre con me quando avevo reclamato la mia eredità e riconquistao il posto che mi spettava.
- Inutile tentare di nasconderti nulla, fratello. Devo riuscire a togliermela dalla testa. Ma non voglio che tu le stia vicino ... - Quelle frasi mi uscirono con fatica dalla bocca.
- Non puoi impedirmi di starle vicino. Devo proteggerla anch'io. - Mi rispose Garret.
- Hai capito il senso, non fare il finto tonto! -
- Non ti nascondo che mi piace molto, ma non mi metterei mai contro di te. Devi deciderti: o la vuoi oppure no. E in quest'ultimo caso preparati all'idea che prima o poi qualcun altro attirerà la sua attenzione. Qualcun altro avrà il suo corpo e il suo cuore. E tu dovrai fartene una ragione. -
Perché le considerazioni di Garret mi devastavano? Non c'era niente fra di noi, eccetto una grandissima attrazione. In tutta la mia lunga vita non avevo mai provato niente del genere per nessun'altra. Perché proprio lei e proprio ora nel momento più importante e delicato della mia vita?! Se solo fosse stata una lupa ... Ma non lo era! E se solo ... Non fossi stato il Lykaon ... Da dove mi veniva quel pensiero? Ricordavo fin troppo bene la promessa fatta a mio padre in punto di morte. Era ancora vivido il periodo in cui Garret ed io eravamo stati scacciati dal branco. Due cuccioli in balia degli eventi. No! Quegli anni di vagabondaggi e disperazione nel trovarsi soli e fuori dal branco era finito da tempo. Ed ora io avevo delle responsabilità.
Il bosco era splendido a quell'ora e in quella stagione. Certo, non bello come lo erano i boschi dell'Irlanda, ma Emmaline era lì ... Ancora quei pensieri assurdi. Avevo evitato il più possibile di starle vicino quel giorno, ma era stato tutto inutile perché i pensieri mi tradivano in continuazione anche se lei rimaneva fuori della mia visuale. La rivedevo come la notte scorsa. Un lembo di seta a coprire quel corpicino voluttuoso, le labbra socchiuse, il desiderio che le annebbiava gli occhi. Niente era più desiderabile di lei.
Eravamo arrivati al portone della villa. Leila era sul viale d'entrata con il cane di Emmaline, Acheron. D'infernale quel cane aveva solo il nome e il colore. Mi chinai per fargli una grattatina dietro le orecchie e il cane andò in estasi. Non avevamo cominciato nel migliore dei modi noi due, ma ora lo sgorbio sembrava aver accettato me e tutto il resto. L'unica che ancora mostrava ostilità era la piccola pantera nera che rispondeva al nome Phebe. Quella mattina, quando avevo portato il camera la roba di Emmaline, mi aveva teso un agguato. Impertinente!
- Emmaline è ancora nella sala delle armi con Black. - Disse Leila avvicinandosi. Il tono della sua voce si era abbassato quando aveva pronunciato il nome del Caduto. Ancora con quella stupida ed insensata cotta per Black! Amavo mia sorella, anche se avevo odiato suo padre. Dopo la morte di Bowen Mc Carthy , suo cugino Seth aveva preso possesso del branco. Nessuno era stato abbastanza forte da opporsi, tanto meno io, che all'epoca avevo solo otto anni. Non contento di essersi autoproclamato Lykaon, aveva voluto anche la lupa di suo cugino, Marie, mia madre. Lei aveva rifiutato,ma Seth l'aveva costretta con la minaccia di farmi del male. La notte del legame avevo tentato di ucciderlo, ma ero solo un bambino, e lo avevo solo ferito leggermente. Mi ero salvato per miracolo dalla sua ira fuggendo insieme al mio inseparabile amico, Garret. Avevamo vagabondato per anni, sempre in fuga, braccati, reietti. Ma eravamo sopravvissuti e a diciassette anni ero tornato e avevo sfidato Seth. Lo avevo ucciso e così mi ero ritrovato con un branco ed una sorella di tre anni. Mia madre era morta nel darla alla luce. Avrei dovuto odiarla, invece l'avevo amata subito.
Ed ora , eccola lì, bella come il sole, che smaniava per il Caduto. Lui la ignorava e l'avrebbe sempre ignorata. Quel maledetto sangue angelico che ancora gli scorreva nelle vene lo portava a disprezzare tutto ciò che avesse una minima commistione demoniaca e il sangue dei licantropi era per un quarto sangue demoniaco. Black si sforzava di cooperare con noi in maniera civile, ma trapelava il disprezzo che provava per i licantropi.
Quando lo avevo conosciuto avevo dubitato che avremmo potuto collaborare. Mi ero chiesto come avrebbe potuto celare il suo disprezzo a colei che dovevamo proteggere, che di sangue demoniaco ne aveva la metà. Ed invece quando l'aveva percepita si era precipitato da noi e aveva fatto fuoco e fiamme per farci muovere in fretta. Ed ora si prodigava in mille modi per cercare di renderle tutto il meno traumatico possibile. Nel modo in cui la guardava non c'era nessun disprezzo. Anzi, il freddo e controllato Black sembrava emozionarsi solo quando si trattava di lei. Non c'era niente di lussurioso, sembrava piuttosto tenere a lei come un fratello, o meglio, come un padre. Se non fosse stato impossibile, avrei creduto che fosse davvero il padre di Emmaline. Ma non lo era perché suo padre era ancora un angelo; il marchio a forma d'infinito che aveva inciso sul corpo lo dimostrava inequivocabilmente.
In ogni caso, ad eccezione di Emmaline, disprezzava tutti noi. E per quanto riguardava Leila la ignorava come faceva con tutti gli altri. Ma la sua testarda sorella non guardava altri che lui. C'erano stati lupi sia del loro branco che di altri che negli anni si erano proposti, ma lei li aveva rifiutati tutti. Dalla prima volta in cui lo aveva visto, Leila non aveva pensato che a lui. E se non fosse che Black era necessario, avrei cercato di sbarazzarsene, liberando così mia sorella da quell'ossessione. Ipocrita! Proprio io davo dell'ossessionato a qualcun altro!
- Beh, andiamo a vedere le loro prodezze! Non sei curioso? - Mi chiese allegro Garret.
- Andiamo. A dopo, Leila. - La salutai bruscamente lasciandola interdetta di fronte al mio pessimo umore. Quelle riflessioni su di lei e il Caduto avevano ulteriormente rovinato il mio umore. Non che ci volesse molto negli ultimi tempi.
Entrammo nell'abbagliante mondo bianco di Black ed Emmaline. Roba, o meglio, colore decisamente angelico. Andammo subito verso la sala delle armi. La conoscevo bene, anche se nessun licantropo si esercitava lì. Noi lupi usavamo il corpo a corpo, denti e artigli. Niente armi. Entrammo mentre Emmaline stava facendo il culo a Black ... Combattevano con le sciabole e non sembravano essersi accorti di avere spettatori. Lei era spettacolare! Fluida. Veloce. Implacabile. Quel suo corpicino delizioso sembrava danzare sull'acqua. Black se la cavava, ma non era alla sua altezza.
Dopo la "seconda morte " del Caduto da quando eravamo entrati, Garret non si trattenne e si mise a battere le mani. - Wow! Duncan aveva detto che te l'eri cavata abbastanza bene con il coltello, ma non immaginavo che fossi capace di ... "questo"! - Disse il mio amico estasiato.
I due duellanti si fermarono. Emmaline aveva un'aria soddisfatta, Black, se possibile, ancora di più. - Abbiamo duellato con katana, spada e sciabola. Tutte le volte il risultato è stato "wow" ! -
- Tu mi hai detto che combatti con la balestra, non hai molta attitudine a farlo con le lame, perciò ti ho battuto. - Rispose lei con tono modesto.
- Considerato che Black ai tempi d'oro si allenava con Michele, Camael ed Abbadon, direi che non è proprio un neofita in questi combattimenti. -
Black sembrò sorpreso della mia affermazione e il suo entusiasmo si spense un po'. - Abbadon è più un tipo da ascia. -
- Chiedo scusa per l'errore grossolano, ma non ho mai frequentato le schiere celesti. Resta il fatto che anche se eccelli con la balestra, quando eri un angelo ti allenavi di sicuro con ogni tipo di arma. O sbaglio? -
Non rispose. Non fosse mai che quell'essere irritante si lasciasse sfuggire qualche informazione sulla sua vita passata. Ma era risaputo che quasi tutti gli angeli, guerrieri e non, si allenavano con le armi. Erano pochi quelli che le disprezzavano, come Lilith. Aveva anche visto il Caduto in azione con la balestra ed era micidiale. Non era sicuramente un pivellino con qualsiasi arma, semplicemente Emmaline era molto più brava. E con una lama in mano era, se possibile, ancora più sexy. Accidenti a me! Riportai i miei pensieri su binari più tranquilli.
- Quindi sei figlia di un guerriero della luce! Bene. Almeno sarai ingrado di difenderti con queste. - Dissi indicando le armi appese alle pareti.
Mi guardò intensamente con quei suoi grandi occhi scuri. Ipnotici. Sembravano risucchiarti l'anima. Qualcosa crepitò nell'aria. Sembrava provenire da lei. Un attimo. Poi rimasero solo i suoi grandi occhi.
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