Capitolo 8
EMMALINE
Il mattino apparve timido. Nuvole e freddo. Avevo già portato Acheron a fare la sua passeggiata lungo il viale che portava dalla villa al portale. Ero stata tentata di attraversarlo e tornarmene in città, alla normalità. Ma sapevo che non era più possibile. La mia vita sarebbe stata "questa"; una vita al di là della normalità. La cosa avrebbe dovuto spaventarmi, invece ne ero confortata. La triste realtà era che la mia "vita precedente" era sempre stata "vuota"; solo dopo che Black e Duncan erano apparsi nella mia vita, mi ero sentita viva. Mi sembrava di aver trovato il mio incastro in qualcosa. Finalmente mi sentivo me stessa. Era sparita quella maschera che mi accompagnava dalla nascita.
Immersa in questi pensieri, mi diressi in cucina. Avevo fame. Trovai Leila che faceva colazione. - Emmaline, buongiorno! - Mi sorrise. Era deliziosa. - Latte e biscotti, vero? -
- Umm ... Non mi avete spiato tanto bene! Latte, biscotti e caffé. - A giudicare da quello che stava sui fornelli e sul tavolo, ero l'unica che faceva quel tipo di colazione. Lì era tutto uno sfrigolare di uova, pancetta e simili.
Leila notò il mio sguardo - Siamo licantropi, a noi servono proteine. Immagino che tu sia invece un po' come Black ... -
- Cioé ... - La sera precedente non avevo notato niente delle abitudini alimentri altrui. Pensandoci bene, nonostante le portate fossero state varie, lui ne aveva assaggiate solo alcune.
- Tu lo definiresti ... vegano. - Leila era leggermente arrossita. Perché? Quello che mangiava Black era imbarazzante? No. Non era arrossita parlando di quello che mangiava Black, ma di Black. La guardai meglio. Possibile che avesse una cotta per il Caduto?! Lui mi sembrava così freddo. Avrei indagato! No, non erano affari miei. - Sono onnivora, ma non amo particolarmente la carne. -
- Bene. Più tardi Duncan ti presenterà al clan. -
Sarei andata nel bosco in mezzo ai lupi. Perché la cosa non mi spaventava? Scrollai le spalle, dovevo smetterla di sorprendermi per alcune mie reazioni. Avevo capito che qualcosa era cambiato dentro di me. Faticavo a riconoscermi. "Accettazione" era la nuova parola d'ordine.
Black fece il suo ingresso in cucina proprio in quel momento. - Buongiorno. - Che strano tipo! Sembrava un lago, nessun alito di vento increspava la sua superficie. O quasi. La sua imperturbabilità andava a farsi benedire quando si parlava dei miei poteri o presunti tali.
Andò verso il figorifero, da cui tirò fuori del latte di soia. Aveva l'aria di un ragazzino vestito un po' troppo bene. Ma se si guardavano i suoi strani occhi, allora si capiva che di anni ne aveva fin troppi. Erano occhi antichi i suoi. Lasciai perdere le elucubraioni sull'età del Caduto. - Allora oggi è prevista la gita dai licantropi. - Aspettai una sua reazione. Si limitò a guardarmi serio. - Sì, Duncan vuole presentarti ufficialmente al suo clan. Dopo però verrai con me nella sala delle armi. Scopriremo cosa sai fare. -
- Giornata piena. - Sospirai.
Leila aveva finito di far colazione e stava trafficando con la lavastoviglie; cercava di continuo lo sguardo di Black, che dal canto suo la ignorava. Mi ripetei che gli affari altrui non mi riguardavano. Però Leila mi stava simpatica e Black ... Black era Black. Era assorto nell'operazione colazione e niente e nessuno sembrava poter attrarre la sua attenzione.
- Quando potrò avere tutta la mia roba? I libri e i vestiti soprattutto ... -
- Garret e altri due ragazzi del clan sono già lì. Torneranno a breve con tutta la tua roba. - Mi rispose Leila, che finalmente aveva distolto lo sguardo da Black.
Aiutai la lupa a ripulire, poi lasciando Black alla sua colazione in cucina, ci spostammo in salotto. Proprio in quel momento il grosso portone della villa si aprì ed entrarono Duncan, Garret e altri due atletici ragazzi con mani e braccia occupate da scatole, scatoloni e valige.
- Avete svuotato il mio appartamento! - Non mi ero aspettata che mi avrebbero portato "tutto" il contenuto del mio appartamento.
-'Giorno Emmaline! Non avevi specificato cosa volevi, così abbiamo deciso di portare via tutto. Siamo ragazzoni forti. Non ci spaventa nessun voluminoso tomo né cataste di vestiti. - Disse Garret con il suo solito tono gioviale.
Mi sforzai di non guardare Duncan, che non considerando me e nemmeno sua sorella, andò verso le scale con due scatoloni pieni di libri.
Garret avendo notato il mio sguardo fece un plateale sospiro. - Il Grande Capo ha fretta, sbrighiamoci ragazzi! - Disse rivolgendosi ai due ragazzi che erano rimasti dietro.
Che frustrazione! La notte scorsa si era introdotto in camera mia con intenzioni inequivocabili e la mattina dopo neanche mi salutava. Cafone! Zotico! Stupida io che ancora sentivo il suo bacio sulle labbra.
***
Il bosco dietro la villa era magnifico: i grossi alberi e i colori autunnali delle foglie creavano un'atmosfera magica. Tra quella profusione di rossi e ori, Duncan mi venne incontro. " Se non fosse perché sei il momento giallo in cui l'autunno sale su pei rampicanti ... " Ero patetica! Vent'anni a crogiolarmi nella mia incrollabile dignità di fronte a tutto e a tutti, ed ora, eccomi qui, a sbavare per uno che non solo mi ignorava, ma stava anche con un'altra donna. E proprio mentre divagavo su versi d'amore , l'altra era avvinghiata al suo torace con indosso solo una maglietta ... Maschile ... Quella che Duncan indossava la notte scorsa.
Leila, premurosa come sempre, mi mise un braccio intorno alle spalle e mi sospinse verso la coppia.
- L'hai portata. - Disse Duncan guardandomi appena e rivolgendosi alla sorella. - Andiamo. Gli altri ci aspettano davanti allo spiazzo. - Detto ciò, ci incamminammo verso una radura che s'intravedeva a malapena tra gli alberi. Sabine teneva stretto Duncan mentre camminavano. Era una tortura guardarli. Dopo aver attraversato un breve sentiero irto di arbusti, arrivammo al centro di uno spiazzo circolare dove ci fermammo . Da dietro gli alberi uscirono una quarantina di adulti fra uomini e donne e una decina di bambini.
- Clan Mc Carthy, ecco a voi Emmaline! - Disse Duncan indicandomi. I licantropi singolarmente, in coppia o a gruppi vennero verso di me chinando il capo. riconobbi Garret, Jonh, Serra, Leila e Sabine; gli altri volti erano tutti sconosciuti che mi guardavano con una sorta di timore reverenziale. Quando la processione ebbe termine, Duncan si portò di fronte a me. - Io, Duncan Mc Carthy, Lykaon del clan Mc Carthy, offro la mia protezione e quella del mio clan. - Si inginocchiò di fronte a me. Ero sconcertata. Nessuno mi aveva spiegato come dovevo comportarmi. Per fortuna Leila venne in mio aiuto e mi sussurrò cosa dire. - Accetto la tua protezione - Dissi come mi aveva suggerito lei, poggiando la mia mano sul suo capo.
Duncan si alzò. - Bene. Resta con Leila a fare un po' di conoscenza. - Mi disse in modo sbrigativo.
Non mi sembrava di aver accettato anche di obbedirgli oltre alla protezione. Feci per ribattere, ma mi fermai. Era puerile stare lì a discutere con lui per ogni cosa. Presi Leila per un braccio ignorandolo. - Allora immergiamoci nel favoloso mondo dei licantropi! -
***
Eravamo tornate alla villa nel primo pomeriggio. I licantropi si erano rivelati una piacevole sorpresa. Mi sentivo bene insieme a loro. Si erano mostrati cortesi, anche se un po' guardinghi. Avevo ricevuto inviti nei cottage di alcuni di loro ed infine avevamo pranzato da Marc e Gill Mc Carthy, una simpatica coppia di licantropi che aveva due bambini graziosissimi. I piccoli avevano reclamato tutta la mia attenzione raccontandomi le avventure vissute da quando erano arrivati in Italia. A fatica ero riuscita a tornare alla villa con Leila promettendo loro che sarei tornata presto.
Non aveva fatto neanche in tempo a mettere un piede in casa che Black mi aveva ricordato che dovevo cominciare l'allenamento con le armi. Ero andata in camera mia per accertarmi che i miei cuccioli stessero bene; avevo portato Acheron a fare la sua passeggiata e poi, rassegnata, avevo seguito Black nella sala delle armi. Ero sfinita. Ma appena il Caduto aveva aperto la stanza, gli occhi mi si erano illuminati e avevo sentito nuove energie invadermi.
La stanza delle armi si trovava sullo stesso piano della mia, ma nel corridoio centrale. Era grandissima. Alla parete di destra erano appese spade, fioretti, sciabole, katane, asce, pugnali di ogni tipo e misura. In un angolo c'erano delle teche contenenti armi da fuoco varie e di diverse epoche. Sulla parete opposta facevano bella mostra di sé: archi, balestre, ecc.
Il centro della stanza era sgombro, evidentemente serviva per allenarsi; una piccola porta, che non aveva notato quando era entrata, portava in una stanza insonorizzata che serviva per il tiro.
Ero estasiata. Le armi avevano sempre esercitato un fascino oscuro su di me. Bramavo di toccarle, specie le spade. Black mi riscosse dallo stato di estasi in cui ero caduta. - Vedo che ti piacciono. Lilith odiava le armi, ma tu ne sei affascinata. Ho il sospetto che l'angelo che ti ha dato la vita sia uno dei guerrieri. -
-'Anche tu eri un guerriero? - Lo guardai con insistenza aspettandomi una risposta. Non poteva sempre essere così evasivo sulla sua vita precedente. Mi indispettiva che s'intromettesse su tutti gli aspetti della mia vita e poi quando rivolgevo a lui la più insignificante domanda, tergiversava e nel migliore dei casi svincolava la domanda.
- Non proprio ... -
Come volevasi dimostrare! Ma io ero testarda. - Quindi non hai mai usato nessuna arma per combattere? -
- La balestra ... E la uso ancora. -
Una piccola vittoria. Per quel giorno poteva bastarmi. Mi avvicinai alla parete con le katane, ne sganciai una, accarezzai il fodero. Lo sfilai e la impugnai.
Black mi osservava incuriosito. - L'hai mai usata? -
- No. Ho preso lezioni di fioretto. Ma questa sembra chiamarmi. -
Black si avvicinò e ne prese un'altra. Si mise in posizione, lo imitai in modo naturale. Mi attaccò all'improvviso. Parai il colpo e riattaccai prima che avesse il tempo di reagire. La mia katana dopo un altro paio di attacchi era alla gola di Black. - Decisamente non è la tua arma! - Gli dissi abbassandola.
Black, per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, sorrise. E su quel viso di solito impassibile, quel sorriso era un sole abbagliante. - No. Decisamente è la tua arma. -
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