Capitolo 7
EMMALINE
Le voci attorno a me sovrastarono ogni mio pensiero.
- Stronza! -
- Sei ammattita! -
- Forte! -
- Emmaline, ti senti bene? - La voce di Leila mi fece ritornare in me. Cosa avevo fatto? Ma soprattutto, cos'ero diventata? Io non perdevo mai la calma. Mai. Nella vita ordinata e senza scosse che avevo condotto fino ad un paio di giorni prima, non perdevo mai la testa e non cercavo di dar fuoco alla gente.
Guardai con aria colpevole Duncan, che a sua volta mi stava fissando con un'espressione indecifrabile. Sembrava illeso. Tirai un sospriro di sollievo. Lui non schiodava lo sguardo da me. - Detesto il fuoco. Non farlo mai più! - Disse infine.
Il tono era aspro, ma nei suoi occhi non leggevo nessuna rabbia. Per quel poco che lo conoscevo, mi ero aspettata che me la facesse pagare. Invece sembrava tranquillo e non smetteva di fissarmi. Forse si aspettava le mie scuse. Stavo per aprire la bocca, quando mi ricordai del compartamento odioso che avevo tenuto per tutta la cena e la richiusi prima di poter proferire un sia pur minimo accenno di scuse. Distolsi lo sguardo per prima.
- Spostiamoci in salotto. - Disse Black. Leila mi prese per mano e mi trascinò in un angolo dell'immensa sala dove c'erano delle poltrone e dei tavolini. Mi sedetti su una poltroncina con Leila sempre attaccata, come se temesse di interrompere il contatto fisico con me. Aveva forse paura che avrei provato di nuovo a far del male a suo fratello?
Anche gli altri si accomodarono. - Quindi Emmaline sei sorprendentemente forte! - Esordì Garret compiaciuto. A nessuno sembrava importare che avevo tentato di bruciarre vivo Duncan. L'unica che mi guardava come se avesse voluto cavarmi gli occhi era Sabine. Beh, avevo cercato di far del male al ... suo uomo! Perché era così difficile vedere quei due come una coppia?! Era evidente che stessero insieme. Ma lui mi aveva baciato. Magari fra i licantropi la fedeltà era un opzional. Odiavo il pensiero di loro due insieme. No, odiavo pensare a Duncan con un'altra che non fossi io. Cosa mi stava succendo ? Lo conoscevo da poche ore, non si poteva dire che ci fosse una grossa simpatia tra di noi, eppure lo bramavo.
Scossi la tessa quasi a scacciare quei pensieri e riportai l'attenzione sulla conversazione. - Sono quasi inconsapevole di quello che faccio ... -
- Black ti insegnerà a controllare il tuo potere. - Garret era sempre più entusiasta. - E poi cominceremo anche l'allenamento fisico. -
- Non sono un tipo "sportivo", ma mi piace correre. -
- Correre ti potrà sempre tornare utile quando le cose si metteranno male e non saprai che pesci prendere. - Suggerì beffardo Duncan.
- Duncan dice che non te la cavi male con il coltello ... - Mi chiese conferma Garret con una faccia disgustata.
- Così sembra ... In verità ho preso lezioni di scherma da piccola. Le lame in generale mi hanno sempre affascinata. -
- Sono armi da vigliacchi. - Mi interruppe Sabine.
Odiosa. - Beh, io non ho denti affilati e ... qualunque altra cosa madre natura abbia donato a voi licantropi! - Ribattei seccata.
- Per quel tipo di allenamento dovrai servirti di Black. Io mi occuperò di insegnarti il corpo a corpo. - Garret mi fece l'occhiolino.
Un ringhio uscì dalla gola di Duncan. - Mi occuperò io di lei! - Poi si alzò e, prendendo per la vita Sabine, uscì velocemente di casa.
Anche John e Serra, dopo aver salutato tutti, si congedarono. Rimanemmo in quattro. Il mio cuore si era fermato quando avevo visto Duncan e Sabine andare via abbracciati. Dove andavano? Dormivano insieme? Perché mi interessavano quelle cose? Sprofondai nella poltrona. Guardai l'imperturbabile Black che sembrava mille miglia lontano da lì. - Sei silenzioso. Non hai qualche buon consiglio da darmi? -
Mi guardò con quei suoi strani occhi color metallo fuso. - Sei sorprendente. Il potere è fluito direttamente da te. Pensavo che, qualunque potere tu avessi ereditato, sarebbe stato più simile a quello di un nephilim; ed invece è uguale a quello di un angelo o di un demone. - Sembrò riflettere ancora più intensamente. - Se sei brava con le lame come dice Duncan, c'è una grossa possibilità che la tua parte angelica derivi da un guerriero. -
- Ma cosa c'importa sapere chi è suo padre, tanto da quella parte non le verrà nessun aiuto. - Garret allargò le braccia. - Dopodomani è il suo compleanno, il sigillo si romperà del tutto e noi sapremo su cosa concentrarci per renderla forte ed in grado di difendersi. Il resto non ha importanza. Più lontani stiamo dalle alte sfere celesti, meglio è. -
Garret aveva ragione, non serviva a niente interrogarsi su chi mi aveva dato la vita. Non c'erano mai stati per me. Di genitori "assenti" ne avevo fin sopra i capelli. Mi intristii. Leila, quasi leggendomi nei pensieri, mi accarezzò il braccio. - Ora hai noi, Emmaline. -
Trascorsero alcuni minuti in silenzio, poi Black si alzò. - Buona notte. - Disse incamminandosi verso le scale. Anche Garret e Leila mi augurarono la buona notte e uscirono di casa. Rimasi sola. Poi mi avviai lentamente verso le scale. Black era già sparito. La casa era silenziosa. Troppo. Mi chiesi cosa facessero i licantropi nel bosco dietro la villa. In particolare, cosa facesse "lui" e con chi ... Stupida!
Arrivai in camera mia. Mi spogliai e andai nel lussuoso bagno. Avevo dimenticato il pigiama. Pazienza. L'indomani avrei recuperato tutti i miei vestiti. Mi infilai sotto la doccia. Dopo un tempo che mi parve infinito ne uscii e mi asciugai. Infilai un paio di mutandine ed un reggiseno. Appena messo un piede fuori dal bagno, Acheron mi corse incontro per farmi le feste. I gatti invece erano in terrazzo. Mi accoccolai sul letto con il cane stretto a me e mi assopii velocemente.
Camminavo lungo un corridoio di un bianco abbagliante senza meta. Non c'era niente oltre il bianco. Sola e spersa non potevo far altro che andare avanti. Avanti. Avanti. Per quanto camminassi però non arrivavo mai da nessuna parte. Un rumore mi svegliò. Acheron non era più con me e dei gatti nemmeno l'ombra. Guardai verso il terrazzo. Mi sembrò che qualcosa si muovesse oltre i vetri. Mi alzai e mi avvicinai. Due occhi gialli e ferini mi fissavano. Due occhi che avrei riconosciuto ovunque. Aprii la portafinestra. - Cosa ci fai qui? -
Non mi rispose, continuò a fissarmi. Poi fece scorrere lo sguardo lungo il mio corpo. Ero quasi nuda, ma non provai imbarazzo. Fiera sopportai il suo esame. Lento. Sembrava assaporare ogni centimetro del mio corpo.
- Sei sola. - Constatò.
- Te lo ripeto: cosa ci fai qui? -
Finalmente si degnò di rispondermi, senza però smettere di fissarmi. Il suo sguardo in quel momento era fermo sulle mie labbra. - Volevo accertarmi che Garret non avesse fatto qualche sciocchezza. -
- Ah, sei in veste di balia ... Sparisci! -
- NO. -
- Perché? -
- Devo proteggerti. -
- Da Garret?! Lui è pericoloso per me? -
Duncan ringhiò. Quel ringhio arrivò dritto al mio inguine. Ma perché diavolo ero eccitata? Perché non sbattevo fuori dalla mia camera quel cavernicolo che non faceva altro che ringhiare e darmi ordini?
- Non voglio che ti tocchi. - Le parole sembravano uscirgli a fatica di bocca.
- Non vuoi che Garret mi tocchi? - Sapevo di giocare con il fuoco, ma con Duncan non riuscivo mai a controllarmi.
- Non voglio che nessuno ti tocchi. - Era teso come una corda ed emanava un'energia rovente.
- Neanche tu ? -
Non mi rispose. Si avvicinò, mi afferrò per la nuca e mi baciò. Feroce. Risposi al suo bacio. Mi sentivo divorata. Non avrei dovuto permetterglielo. Davanti agli altri mi trattava malissimo e poi di nascosto si intrufolava nella mia stanza. Ma in quel momento non me ne importava. In quel momento non c'era niente, eccetto labbra lingue denti.
Mi spinse sul letto continuando a baciarmi. Sentivo la sua mano scorrere per tutto il mio corpo lasciando una scia rovente laddove passava. Con un ginocchio mi costrinse ad allargare le gambe. Docile lo lasciai fare. Bruciai quando si posizionò tra le mie cosce. Era già pronto ed io lo volevo da star male. Poi all'improvviso qualcosa lo fermò. Stavano bussando alla porta. Lui si scostò. Chiesi con voce tremolante - Chi è? -
- Sono Black. Devo parlarti. Subito. -
Duncan mi guardò, poi scosse la testa e con fatica si staccò da me. In un baleno uscì dalla porta finestra. Il buio lo inghiottì.
Mi infilai in fretta i vestiti che avevo lasciato su una sedia ed aprii. Guardai Black non sapendo se maledirlo per averci interrotti o ringraziarlo per aver evitato che commettessi qualche pazzia.
- Duncan è andato via ... - Arrossii, ma non gli riposi.
- Vi farete solo del male. Tu non sei adatta a lui e lui a te. -
- Bene. Hai espresso la tua opinione non richiesta. Ora vattene. - Gli chiusi la porta in faccia.
Guardai fuori dal terrazzo, Duncan era davvero andato via e non sarebbe tornato. L'attimo di follia era passato. Avevo voglia di piangere. Spensi la luce e mi infilai nel letto.
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