Capitolo 31

                                        DUNCAN

Era tutto così difficile.  Avevo visto la delusione farsi strada sul viso di Emmaline quando non le ero andato incontro e la gelosia nei suoi occhi quando Pauline mi aveva toccato. Era stato arduo non correrle incontro, abbracciarla, baciarla. Avevo voglia di ritirarmi da qualche parte solo con lei e seppellirmi dentro il suo calore. Ma non era possibile, c'erano dei doveri da assolvere, cose da fare, scene da recitare. Tutto questo per mettere al riparo noi e la nostra gente. La mia. La sua. La nostra.

Non avevo smesso un attimo di fissarla ed ora mi accorgevo che c'era qualcosa che non andava nell'irrigidirsi della sua mascella e nel tremore, che aveva cominciato a pervadere il suo corpo. La temperatura intorno a noi crebbe; poi vidi le lingue di fuoco, che lambivano la figura di Emmaline, e tra di esse si stagliava la sagoma di un grosso lupo nero. 

Wahya. Prima che il mio cervello potesse registrare la notizia, il mio corpo si ritrovò in ginocchio.

- Philippe Montfort osa solo pensare che io non sia in grado di occuparmene da sola?! -

La sua voce mi giungeva alle orecchie ovattata, ma allo stesso tempo terribile e dolcissima. Lo spirito del lupo ardeva dentro di lei. Non lo avevo previsto. Non avrei potuto prevederlo. Erano rari i demoni che possedevano lo spirito dell'animale che rispondeva al loro richiamo. Neanche Lilith lo possedeva. Lucifero, Algol, Sin erano i soli di cui si avesse notizia.

Questo cambiava tutto: nessun lupo avrebbe potuto resistere ad Emmaline, tanto meno Philippe Montfort! Tutta l'angoscia, che in quei giorni mi aveva accompagnato, svanì. Non correvamo alcun pericolo e non ero costretto ad unirmi a Pauline. 

Ora però dovevo riuscire a calmare la Wahya che avevo di fronte. - Em...  - Pronunciare il suo nome, quando lo spirito del lupo la pervadeva, era arduo. Come puoi chiamare per nome la tua Dea? Ma lei era soprattutto la donna che amavo. - Emmaline, è tutto a posto. I Montfort ritorneranno a casa loro... - Non riuscivo a capire se lei avesse inteso le mie parole; lo spirito continuava ad ardere e a guardarci furente.

 Vidi Black chiamarla dolcemente. D'altronde era l'unico immune al suo potere. Un bagliore di consapevolezza si fece largo nei suoi occhi, che ardevano ancora. Poi, piano piano, le fiamme cominciarono a ritirarsi fino a scomparire. Lo spiritò lasciò il suo corpo, o meglio, si ritirò momentaneamente. 

Feci per andarle incontro, quando la voce di Pauline mi fermò. - Ci dispiace, Wahya, se hai pensato che volessimo intrometterci nei tuoi affari. Non sapevamo... I miei uomini faranno ritorno ad Avignone appena possibile. Ma io devo restare qui, in quanto è stata decisa l'unione tra me e il Lykaon dei McCarthy. Sono onorata di entrare a far parte del clan e di affidarmi alla tua benevolenza e protezione. -

Il sangue mi gelò nelle vene a sentire quelle parole, soprattutto temevo la reazione di Emmaline, che non avevo smesso un attimo di guardare. Mi ero aspettato che il furore la invadesse nuovamente, ma quello che vidi nei suoi occhi fu ben peggiore: delusione. Profonda. Amara. Dolorosa. Fece solo un cenno d'assenso col capo, poi velocemente si diresse verso la villa. 

Tentai di correrle dietro, ma un braccio, quello di Black, mi trattenne. - Non puoi seguirla ora. Lasciala stare. - Me lo scrollai di dosso. - Tu non puoi dirmi cosa fare! - Gli dissi mentre, ignorando Garret, che tentava di dirmi qualcosa, partii all'inseguimento di Emmaline. 

- Emmaline, fermati! - Le urlai, ma non diede segno di avermi sentito. Accelerai il passo, ma lei era già sulla  porta della villa. Giunto anch'io lì, tentai di salire i gradini, che portavano all'entrata, ma qualcosa di invisibile me lo impedì. Ritentai. Niente. C'era una specie di barriera invisibile, che mi impediva di andare oltre. Scuotendo la testa frustrato, feci il giro della villa; sarei salito in camera sua arrampicandomi, come uno stupido ragazzino innamorato. Testarda! Perché non mi dava la possibilità di spiegarmi e, soprattutto, cos'era quella nuova diavoleria, che mi impediva di entrare nella villa? Provai ad inerpicarmi sulla parete della villa che terminava con il terrazzo della sua stanza, ma la stessa forza invisibile mi respinse. Che diavolo stava succedendo?! 

- Lascia perdere, Duncan! Black ha messo delle barriere di protezione. La villa è off limits per tutti noi licantropi. - La voce di Garret mi giunse alle spalle.

Mi voltai verso di lui, furente. - Perché cazzo il Caduto ha fatto una cosa del genere? -

Garret si guardò intorno con sguardo circospetto. Poi si avvicinò di più. - Nella villa c'è l'ultimo esponente maschile del clan Ortiz... Il lupo che ha ucciso quelle due persone qui. _

Non ci potevo credere: Emmaline si era chiusa dentro la villa con un assassino e nessuno glielo aveva impedito?!

- Calmati ! È tutto sotto controllo! Il ragazzino è sotto la protezione di Emmaline, che non ha nessuna intenzione di consegnarlo ai Montfort o permettere che qualcuno gli faccia male. - Mi disse Garret tutto d'un fiato, preoccupato che dessi in escandescenza. 

Ero allibito. Cos'era tutta quella storia?! Ero stato via qualche giorno ed era successo di tutto. Avrei tentato di capirci qualcosa in seguito; quello che mi premeva ora era sapere che Emmaline fosse al sicuro e che ascoltasse le mie spiegazioni riguardo la faccenda con i Montfort. - Siamo sicuri che questo lupo non rappresenti un pericolo? -

Garret mi lanciò uno sguardo compassionevole. - È la Wahya, pensi che un lupo possa farle male?! - 

No, avevo visto bene cos'era e solo uno sciocco avrebbe potuto pensare di aggredirla e uscirne vivo. - Questo lupo ha ucciso degli uomini. Chi ci assicura che non sia impazzito? - Tentai ancora di spiegare la mia posizione , ma Garret scosse la testa. - Gli Ortiz sono stati sterminati, Jago è riuscito a fuggire. Ha ucciso solo per difendersi. Ti sei già scordato cosa abbiamo dovuto fare noi due per sopravvivere? - 

Un'altra vittima dei Montfort. Maledetti! Tutto ciò però mi riportava all'altro problema: dovevo assolutamente parlare con Emmaline per raccontarle cosa era successo in Francia. - Devo parlare con lei. - Insistetti.

- Ti ho detto che non corre... - Si interruppe guardando la mia faccia. - Ah, hai forse la necessità di spiegarle perché ti sei infilato tra le gambe di un'altra e ora stai per sposarla? - la voce di Garret trasudava biasimo.

- Io non mi sono infilato tra le gambe di nessuna e non ho intenzione di farlo! -

Mi guardò con commiserazione alzando le sopracciglia. - Non ti sei neanche impegnato con la figlia di Philippe Montfort? - Mi chiese ironico. 

Avevo voglia di sbattere la testa contro il muro; se neanche Garret era ben disposto verso di me, figurarsi Emmaline. Dovevo parlarle subito. Più aspettavo e più la situazione si sarebbe complicata. - Sono stato costretto dagli eventi e non sapevo che Emmaline fosse la Wahya, altrimenti... -

Garret mi interruppe di nuovo. - Spero avrai l'accortezza di non dire queste precise parole ad Emmaline, quando e se riuscirai a parlarle. - Forse la mie parole suonavano male, ma io non la volevo perché avevo scoperto che fosse la Wahya; il fatto che lo fosse però aveva reso superflua la mia unione con i Montfort, unione che io non avevo comunque scelto liberamente. - Garret, hai capito cosa voglio dire. Non complicare le cose. Ora dimmi come faccio a parlare con lei! - Quasi urlai. Lui scosse la testa, sconsolato. - Black non può togliere la barriera senza un suo preciso ordine. Dovrai aspettare che si decida ad uscire dalla villa. -

Sbuffai. Dovevo trovare quel maledetto Caduto e costringerlo con le buone o le cattive a togliere la barriera. - Prima che tu faccia qualcosa di stupido, ti consiglio di andare dai nostri ospiti e dalla "tua fidanzata" e sistemarli in qualche modo. Sono ancora impalati all'entrata del portale. -  Alzai gli occhi al cielo. Era meglio sbrigarmi  a sistemare i Montfort; avrei pensato a spiegarmi con Emmaline appena fosse stato possibile. Mi incamminai verso il portale tallonato da Garret.

La situazione che trovai sul posto non era delle migliori. Leila cercava in qualche modo di tenere una conversazione con Pauline, che si guardava intorno con aria scocciata. Victor guardava beffardamente Black, che a sua volta guardava il ragazzo con aria disgustata. Tutt'intorno l'aria crepitava di ostilità. La scoperta che Emmaline fosse la Wahya era stata una doccia fredda per i Montfort, che probabilmente per la prima volta nella loro esistenza si erano trovati con le spalle al muro. Avrei tanto voluto vedere la faccia di Philippe Montfort quando gli avrebbero comunicato la notizia. Non aveva più armi da usare contro di noi. Nessun clan si sarebbe schierato contro la Whaya e il suo volere.

Appena Pauline mi vide, corse vero di me. - Perché non ci hai detto che la Mezzosangue è la Wahya? Mio padre aveva il diritto di sapere! - Mi disse in tono accusatorio. La guardai freddamente. - Non mi pare che tuo padre fosse tanto disposto a darmi ascolto. Avevate già deciso tutto. Non volevo deludervi... - La mia voce trasudava sarcasmo. Lei mi guardò ferita. - Duncan, perché ti comporti così... -

Feci per ribattere, ma mia sorella, che non si era persa neanche una parola dello scambio di battute tra Pauline e me, mi interruppe. - Scusami, Duncan, ma dovremmo pensare ad una sistemazione per i nostri ospiti. -

- Pensaci tu. - le risposi svogliatamente. L'unica cosa che mi  importava dei Montfort era che si togliessero dalle scatole il prima possibile.

- Qual è il tuo cottage? -

Mi voltai furioso verso Pauline, che aveva fatto quella domanda. - Non ti interessa. -

- Ed invece mi interessa perché io ho intenzione di dormire nello stesso posto dove dorme il mio futuro compagno. - Mi rispose, ostinata. 

Avevo voglia di strozzarla, ma prima che potessi mettere in atto il mio proposito, vidi Leila sorridere dolcemente e fare cenno a Pauline di seguirla. La mia pazienza era giunta agli sgoccioli. Ora ci si metteva anche mia sorella ad incoraggiare l'unione con i Montfort. Non avrei mai sposato quella donna e, soprattutto, non avrei mai dormito con lei, né oggi né mai! La buona impressione che mi aveva fatto all'inizio, era ormai scomparsa del tutto. La detestavo.

- Duncan, mentre Leila e Garret si occupano degli ospiti, noi dobbiamo parlare. - Mi disse Black, che in disparte lanciava uno sguardo pensieroso ai Montfort che si allontanavano.  Anche io avevo bisogno di parlare con lui, ma non di certo di quello che immaginavo volesse lui.  Io desideravo una sola cosa in quel momento dal Caduto, che mi facesse entrare nella villa per poter finalmente parlare con Emmaline.

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