Capitolo 26
DUNCAN
Il Palazzo dei Papi si stagliava, con la sua struttura imponente e maestosa, di fronte a me, catapultandomi in un'altra epoca; grazie ai racconti di mio padre, mi sembrava di conoscere quel posto, anche se era la prima volta che ci mettevo piede. Da bambino lui mi raccontava del lungo periodo trascorso ad Avignone, quando insieme al Lykaon dei Montfort lottava contro gli usurpatori. A quel tempo c'era amicizia tra i due clan, tanto che mio padre vi aveva trovato la sua anima gemella . Mia madre era stata una Montfort. Quando era cambiato tutto? Nel momento in cui mio padre era morto. Philippe Montfort aveva dato il suo benestare all'usurpazione di Seth ed io ero stato costretto a diventare un reietto; inoltre gli uomini del suo clan avevano aiutato mio zio a darmi la caccia. Il fatto che fossi l'unico figlio di quello che chiamava "amico", non aveva fatto alcuna differenza e quando avevo ripreso il potere, aveva tentato di opporsi. Non c'era riuscito per poco ed ora tra me ed i Montfort i rapporti erano tesi. Tensione acuitasi da quando Emmaline era con noi. John aveva ricevuto minacce più o meno velate sulla questione dei nostri territori in Irlanda; secondo i francesi il fatto che ci fossimo trasferiti in Italia, li rendeva terra di conquista. Alle minacce non avevano fatto seguire i fatti, ma la situazione era tutt'altro che tranquilla.
Emmaline... L'immagine di lei annullò il resto dei miei pensieri. Io dentro di lei. Il suo viso nell'attimo in cui annegava nel piacere. Il suo corpo che si modellava sul mio. Lei... Mi mancava, anche se era appena passato un giorno da quando mi ero allontanato da lei. Faticosamente ritornai in me, dovevo sbrigarmi a sistemare la faccenda con i Montfort e tornare tra le sue braccia, dentro di lei.
Quella sera ci sarebbe stato un incontro mondano nella loro tenuta, a cui erano stati invitati tutti i lykaon. Il giorno dopo invece avrebbe avuto luogo la Sinatraisi. Decisi di tornare indietro verso l'albergo in cui alloggiavo. Camminare mi aveva un po'rilassato, avrei preferito correre nella mia forma forma di lupo, ma non era possibile visto che mi trovavo in città e in pieno giorno. Arrivai al ponte Saint Bénezet, che aveva sfidato per secoli la forza dirompente del Rodano, molte guerre e diverse alluvioni. Un tempo collegava Avignone a Villeneuve, poi però l'uomo si era arreso alla forza della natura e delle ventidue arcate iniziali, ne erano rimaste in piedi solo quattro. Mi sentivo un po' come quel ponte, avevo cercato di resistere al suo richiamo, ma alla fine mi ero dovuto arrendere a lei e alla forza dirompente dell'amore. L'amavo, era inutile negarlo. Ero stato sconfitto certo, ma ero pronto a lottare per proteggere lei ed il nostro amore. Con questa consapevolezza mi ritrovai davanti al mio albergo.
Arrivato nella mia camera, mi fiondai sotto la doccia. Ne uscii dopo un po'e tirai fuori il completo nero dalla valigia. Detestavo vestirmi come un maledetto damerino! Lanciai un'occhiata in tralice al completo di taglio classico, che avevo appoggiato sul letto. Rassegnato infine cominciai a vestirmi. Lasciai i primi due bottoni della camicia aperti. Mi rifiutai di mettere anche la cravatta, che buttai dentro la valigia, da dove cinque minuti prima l'avevo tirata fuori. Mi guardai allo specchio, ghignai mentre mi passavo le dita tra i capelli, che avevano un aspetto più selvaggio del solito. I Montfort si sarebbero dovuti accontentare di questa mia informale eleganza! Scesi in strada, dove il taxi che avevo chiamato era già arrivato. Entrai nel veicolo e diedi all'autista l'indirizzo.
La tenuta si trovava appena fuori Avignone, in bella vista agli umani. I Montfort non avevano necessità di rinchiudersi in un'altra dimensione: alla luce del sole conducevano affari con gli umani attraverso numerose aziende, di cui erano i maggiori azionisti, e con i licantropi esercitavano il potere, che avevano acquisito con l'essere il clan di Lilith, con una buona dose di spregiudicatezza. Anche noi McCarthy facevamo affari con gli umani, ma attraverso vari prestanomi; non avevamo l'arroganza di farlo in prima persona. Anche gli altri clan, come noi, giudicavano pericoloso esporsi così palesemente. Per quanto poi riguardava l'ascendente esercitato sugli altri clan, non ne avevamo avuto molto dopo la morte di mio padre; ma ora c'era Emmaline e ciò aveva accresciuto la considerazione degli altri verso il clan. Probabilmente era proprio questo il motivo della riunione chiesta dai francesi. I bastardi temevano la concorrenza, soprattutto in virtù del fatto che, al contrario di Lilith che si disinteressava di loro, Emmaline viveva con noi.
Immerso nei miei pensieri, non mi ero accorto di essere arrivato a destinazione. C'era un lungo viale davanti a me, che terminava con un grande cancello, a cui stavano di guardia due colossi. Due lupi. Pagai il taxista e mi avvicinai. Arrivato davanti alle due guardie, dissi semplicemente il mio nome. - Duncan McCarthy. -
I due mi rivolsero un'occhiata carica di rispetto e mi fecero passare. La grande villa dei Montfort era in stile neoclassico e mi ricordava vagamente quella in cui abitavano Emmaline e Black. Appena entrai dal portone principale, che era spalancato, una graziosa ragazza dai capelli castani tagliati corti mi venne incontro con un sorriso. Gli dissi il mio nome e lei subito mi scortò attraverso un lungo corridoio nel salone dove si teneva il ricevimento. C'erano una cinquantina di persone tra uomini e donne, tutti licantropi. Molti sguardi si posarono su di me, ma fui incatenato da due occhi di un azzurro carico, che si puntarono nei miei. Quel viso severo, incorniciato da capelli scurissimi, apparteneva a Philippe Montfort. Il Lykaon alzò il calice, che aveva tra le mani, in un brindisi beffardo rivolto al mio indirizzo; poi mi ignorò voltandosi e continuando a parlare con l'uomo che gli stava di fronte. Guardai meglio il suo interlocutore. Akinori Suzuki. Il Lykaon dei lupi stanziati in Giappone. Un altro di quelli con cui avevo un conto in sospeso. Sbuffai.
Una mano dalla forte presa si posò sul mio braccio, mi girai e mi trovai di fronte un uomo sui cinquantanni dalla carnagione olivastra e i capelli ricci neri, striati di grigio. Costa Arcudi. Sorrisi. Un volto amico finalmente! - Duncan! - Esclamò abbracciandomi.
- Costa, che piacere vederti! -'Gli risposi, ricambiando l'abbraccio. Non lo vedevo da molti, moltissimi, anni e scoprii che mi era mancato. Nei suoi confronti nutrivo un grosso debito di riconoscenza perché era stato lui che aveva protetto Garret e me quando eravamo arrivati in Grecia durante il nostro peregrinare. In fuga e braccati dai lupi di Seth e di Philippe, eravamo stati catturati dal clan Arcudi, ma il loro Lykaon, Costa, invece di consegnarci, ci aveva nascosti. Avevamo passato tre anni sulla catena montuosa del Taigeto. Costa non solo ci aveva protetto, ma ci aveva trattato come dei figli e mi aveva incoraggiato a lottare per la mia eredità.
Ci guardammo per un lungo momento. - Ti trovo bene. - Dissi infine, rompendo il silenzio.
Mi sorrise. - Posso dire altrettanto di te. Ho saputo che hai una mezzosangue nel tuo clan. -
Lo guardai con serietà. - Pensi sia questo il motivo per cui i Montfort hanno voluto la Sinatraisi? - Costa era molto più anziano e saggio di me ed inoltre sapevo che mi avrebbe risposto con sincerità.
Fece un sospiro. - Ammetto che appena ho avuto l'invito, ho pensato che questo fosse il motivo. Ma ora credo che ci sia dell'altro. - Mi accigliai. Il timore che Emmaline avesse suscitato l'interesse dei francesi aveva occupato tutti i miei pensieri e non mi ero chiesto se sotto sotto ci potessero essere altri motivi. Costa sembrò intuire le mie riflessioni. - Certo, il fatto che il tuo clan sia salito in alto nella nostra gerarchia, insidiando il primato dei Montfort, è sicuramente uno dei motivi per cui siamo qui. Philippe e i suoi non sopportano rivali. Ma ho notato certi movimenti che mi fanno pensare che ci sia almeno un altro motivo. - Detto ciò, mi mise un braccio sulle spalle e mi spinse a girarmi con lui. Li vidi. Un gruppo di lykaon stava attorno a qualcosa, anzi a qualcuno. C'era eccitazione e sfida nell'aria e... una femmina. Uno dei lykaon si scostò e apparve il motivo di quello strano assembramento: la più bella femmina di lupo che avessi mai visto. Capelli lunghi, lisci e neri come la notte, pelle di alabastro, lineamenti perfetti e sensuali impreziositi dagli occhi, due zaffiri che in quel momento mi stavano fissando con curiosità.
Deglutii e, senza staccare gli occhi da lei, mi rivolsi a Costa. - È lei l'altro motivo?- Non c'era bisogno di chiedergli chi fosse. Lineamenti e colori ne facevano una parente stretta di Philippe.
- Pauline Montfort, l'unica femmina della cucciolata di Philippe, che ha deciso che è arrivata l'ora per lei di trovare il suo compagno. Essendo sua figlia, l'unico partito accettabile è un lykaon. Un principe per una principessa... Tu sei ancora senza compagna, vero?- Mi sussurrò ghignando.
Scossi la testa, quasi senza rendermene conto. La verità era che non volevo altre donne. Costa mi guardò sorpreso. - È una splendida femmina! Per non parlare del vantaggio che ne ricaveresti a legarti ai Montfort... - Distolsi a fatica lo sguardo da quegli occhi di un azzurro, che ora mi sembrava troppo intenso e mi concentrai sul Lykaon di fronte a me. - Ne sono consapevole... -
Lui non mi fece terminare la frase. - Se hai già trovato la lupa con cui vuoi accoppiarti, perché non l'hai ancora fatto? - La sua curiosità era sincera, perciò non mi irritai per la domanda poco delicata che mi aveva rivolto e gli risposi. - Non è una lupa. -
Lo vidi sobbalzare e spalancare i suoi occhi scuri. - Un'umana?! - Sibilò.
Scossi di nuovo la testa. - Non proprio. -
- La Mezzosangue! E ti ricambia?- Il mio sorriso fu sufficiente come risposta. - Se lo verranno a sapere cercheranno di spodestarti subito perché non potrai assicurarti una discendenza. Inoltre, ammesso che riuscirete mai ad avere figli, saranno mortali come lei... Li vedrai morire tutti prima di te. - Sussurrò piano con la voce intrisa di tristezza.
- Lo so. - Non aggiunsi altro. Conoscevo benissimo le rinunce che avrei dovuto fare per stare con lei. Ma non mi sembravano così dolorose come quella di rinunciare a lei. Afferrai un bicchiere di champagne dal vassoio di uno dei camerieri che giravano tra gli ospiti e lo buttai giù. Soffocai sul nascere una smorfia di disgusto; non mi era mai piaciuto lo champagne, ma non c'era altro da bere ed io ne avevo decisamente bisogno, dopo essermi confidato con Costa. Mi dispiaceva aver deluso colui che era stato come un secondo padre per me, ma proprio per il profondo affetto che ci legava, non ero riuscito a mentirgli.
Un lieve sentore di donna ebbe il potere di inebriarmi per un attimo, mi girai verso la fonte del profumo e mi trovai davanti la figlia di Philippe Montfort. Da vicino era ancora più bella e dal profondo sentii il mio lupo farsi strada per emergere. L'animale non mi avrebbe reso le cose facili. Realizzai che quella parte di me la voleva. Combattei per tenerla sotto controllo. Il sorriso che apparve sul volto di lei mi fece capire che aveva intuito la mia battaglia interiore. Mi tese la mano presentandosi. - Pauline Montfort. -
Gliela presi con decisione, ma fu uno sbaglio perché il lupo colse l'occasione per tentare di riemergere. - Duncan McCarthy. - Riuscii a risponderle con tono secco. Ignorò il mio poco entusiasmo e fece un lieve cenno di saluto verso Costa. Poi tornò a guardarmi. - Noto, McCarthy, che questo evento mondano non la mette a suo agio. Che ne dice di venire con me? Le mostrerò il pezzo forte della nostra tenuta: il bosco. -
Il brusio degli altri invitati in quel preciso momento si era spento. Sentivo tutti gli occhi dei presenti su di noi. Nell'aria cominciò a diffondersi un crepitio. Sfida. Odio. Invidia. La principessa aveva appena mostrato la sua preferenza, ma i giochi non erano ancora chiusi. Presi la mano che lei mi stava porgendo e mi lasciai portare fuori da quel salone.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top