Capitolo 21
DUNCAN
Il ticchettio della pioggia mi svegliò con il dolce peso della testa di Emmaline sul petto e la sua mano tra i miei capelli. Non osavo muovermi, per non rischiare di spezzare l'intreccio dei nostri corpi. Mi sembrava tutto così bello, ma fragile. Momentaneo. La notte passata non ero riuscito a fermarmi: mi ero raccontato che l'avrei semplicemente aspettata in camera sua, per dirgliene quattro sul suo comportamento "sconsiderato". Avrei saputo mantenere le distanze, limitandomi a proteggerla e servirla. Nient'altro. Illuso! Avevo fallito su tutta la linea. Duecento anni e passa di ferreo controllo buttati nel cesso! Con lei non ci riuscivo.
Guardai fuori dal terrazzo, era giorno inoltrato e, stranamente, nessuno ci aveva disturbati; forse erano tutti troppo impegnati a riprendersi dai caotici avvenimenti della notte, trascorsa tra attacchi demoniaci e salvataggi angelici. Gli strascichi della preoccupazione per non averla trovata in camera sua, il terrore, che mi aveva assalito, vedendola combattere contro un demone, un demone puro, e i suoi vampiri, serpeggiavano ancora dentro il mio corpo.
Sentii il suo respiro delicato sul petto e tutto il resto sparì, restava solo lei. Con la mano libera, quella che non era stretta intorno alla sua vita, percorsi il suo profilo, indugiai sulle labbra piene. Aveva un bocca bellissima e morbida, di cui disegnai i contorni con le dita; lei aprì quei suoi straordinari occhi color cioccolato. - Duncan ... - Mi sussurrò con voce roca. Fu troppo, mi chinai famelico a baciarla, tuffando le mie mani tra i suoi capelli. Mi misi sopra di lei, strusciando l'erezione tra le sue cosce. Non ci fu bisogno di altro, pronta le spalancò per accogliermi. Bruciava. Misi una mano tra di esse per prepararla. Come se ce ne fosse bisogno! Lei era già pronta per me. Non importava, la volevo vedere ancora una volta inarcarsi e tremare con gli occhi annebbiati dal piacere. Era una meraviglia indescrivibile in quei momenti. Spinsi le mie dita più in profondità, alla ricerca di un punto preciso, lei mi venne incontro con il bacino. L'accarezzai con maggiore intensità sentendo il suo respiro farsi corto. Cominciava già a tendersi e tremare. Non volevo perdermi lo spettacolo, perciò piantai i miei occhi nei suoi, che si stavano scurendo. Inferno e Paradiso mescolati insieme.
- Duncan ... - Gridò mentre veniva. Non aspettai che l'orgasmo si chetasse, spostai il suo ginocchio per allargare maggiormente le sue cosce e mi incuneai tra di esse. Poi la penetrai con un unico colpo. Mi sentii avviluppare dal suo nido caldo, che ancora si contraeva per l'orgasmo. Trovammo facilmente il ritmo mentre la baciavo. Era così recettiva. Calda. Mia. Ed era estremamente difficile controllarsi quando stavo dentro di lei. Duecento e passa anni e lei riusciva a ridurmi come un ragazzino in preda agli ormoni! Rallentai il ritmo appena la sentii sull'orlo di un altro orgasmo. Un gemito di protesta dentro la mia bocca. Era anche "ingorda". Scesi a cercarle i capezzoli con la bocca per torturarla ancora un po'. Il suo corpo fece uno scatto inarcandosi. Strinse le sue gambe più strette intorno ai miei fianchi in un invito ad aumentare il ritmo; ma questa volta non l'avrei accontentata.
- Ssh ... Stai buona ... - Le sussurrai, lasciando per un attimo il suo capezzolo. Mi sfilai a fatica da lei, che protestò. - No ... Ti prego ... Ancora ... - La girai su di un fianco e aderii alla sua schiena con il petto, facendole sentire l'erezione tra le natiche e lei, perfidamente, cercò di strusciarsi per costringermi ad approfondire il contatto. Le circondai le spalle e, mentre con una mano cominciai a titillarle il capezzolo, con l'altra afferrai la sua mano e la portai tra le sue gambe. - Toccati. - Le ordinai. Non se lo fece dire due volte. Misi la mia mano sulla sua per farle aumentare la pressione. Cominciò a gemere forte. - Così ... Brava ... - Non ci volle molto perché l'orgasmo la colpisse di nuovo.
A quel punto non le lasciai il tempo di riprendersi e portai la sua mano sulla mia erezione. - Prendilo ora. - Ero ormai al limite. Lei obbedì docile e lo portò dentro la sua calda apertura. - Duncan ... - Gridò mentre se lo portava dentro. Le misi le mani sui fianchi e cominciai a spingere sempre più in profondità. I suoi gemiti diventarono fortissimi; le scostai i capelli dalla nuca e la morsi dolcemente. Aumentai il ritmo delle spinte finché venne con un grido, ed io la seguii subito dopo, riversando il mio piacere dentro di lei. Quando le sue contrazioni cessarono, mi sfilai da lei. Era sempre più difficile farlo, mi ci sarei volentieri seppellito per l'eternità.
La rigirai e me la portai sul petto dandole un bacio leggero. - A letto mi ubbidisci subito. - Dissi con un sospiro soddisfatto. - A letto è il solo posto dove ti consentirò di darmi ordini. - Mi rispose leggera. Poi mi afferrò la testa con le mani e mi diede un bacio profondo.
- Riprenditi un po' ... Perché io non ho ancora finito con te! -
- Sono già pronta! - Esclamò con entusiasmo. - Mi sento talmente piena di energia che potrei scalare l' Everest. - Non ne fui sorpreso, l'unica cosa che sapevo sugli Incubi sessuali era che traevano potere dal sesso. La guardai attentamente, scandagliando centimetro per centimetro il suo viso. Sembrava emanare luce.
Un leggero bussare alla porta mi distrasse da quell'attenta contemplazione. Imprecai. Lei mi guardò, non sapendo bene che fare. Presi in mano la situazione. - Chi è? -
Sentii Garret schiarirsi la voce dall'altra parte. - Posso entrare? - Chiese allegro. Fortunatamente era lui, se fosse stato il Caduto, lo avrei azzannato. Guardai Emmaline per cercare il suo consenso. Lei, imbarazzata, sollevò le coperte per coprirsi e poi mi fece segno di sì.
- Entra. - Dissi, rassegnato. Con un sorriso a trentadue denti, Garret lo fece, passandosi una mano sui capelli biondissimi e ostentando un falso pudore. - Ehm ... Scusate il disturbo, ma John è arrivato all'aereoporto, vado a prenderlo ... - Mi guardò inarcando un sopracciglio ironicamente e poi continuò. - Sono le quindici passate ... Dovresti almeno consentirle di mangiare qualcosa, visto la maratona di sesso a cui la stai sottoponendo ... - Gli lanciai un cuscino, ringhiando. Guardai Emmaline, che era diventata rossa come un pomodoro, e la strinsi a me. - Sparisci. Tra poco scenderemo e ascolteremo le notizie che ci ha portato John. -
Lui alzò le mani. - Ok ... Fate pure con comodo. - Disse indietreggiando; poi con un sorrisone si rivolse ad Emmaline. - Non credevo che un angioletto, o mezzo angioletto, facesse tutto quel rumore ... - Non riuscì a finire la frase che lei si sporse per prendere un altro cuscino e lanciarglielo. - Sparisci. - Sibilò. Garret si chiuse dietro la porta ridendo.
Notai il suo viso ancora leggermente imbarazzato, mentre sprofondava ancora di più sotto le coperte. Ma io avevo ancora fame. Di lei. Lentamente la scoprii, ammirando il suo piccolo e voluttuoso corpo. La presi in braccio e la portai in bagno senza dire niente. Lei, per tutta risposta, allacciò le braccia intorno al mio collo e si sporse per baciarmi. Iniziammo dolcemente, con calma, poi approfondimmo il bacio. La misi giù e aprii la doccia, prendendola per mano, la trascinai con me sotto il getto caldo dell'acqua. Prima che potessi fare qualsiasi cosa, lei prese a baciarmi. Con piccoli baci e teneri morsi percorreva il mio corpo. Giunta in prossimità del mio inguine, cercò i miei occhi, leccandosi le labbra. - Emma ... - Sussurrai roco.
Lei allora si concentrò sulla mia erezione, ne leccò appena la punta ed io credetti di morire, poi piano piano diventò più audace, prendendone sempre di più. Riuscivo a stento a trattenermi: volevo sprofondare in quella bocca calda ed accogliente. Lei lo intuì e mi piantò le sue piccole unghie nelle natiche, invitandomi a farlo. Il mio controllo s'infranse definitivamente. L'afferrai per i capelli e presi a muovermi piano all'inizio, poi sempre più energicamente dentro la sua bocca. Non doveva essere agevole per lei accogliermi tutto, ma ci riuscì e tutto ciò mi portò al limite. Volevo venirle in bocca e marchiare ogni parte di lei. Mia. Tutta mia. Lasciai con un gemito che il mio piacere si riversasse in lei.
Mi appoggiai un attimo alle piastrelle della doccia e scorsi lei ancora in ginocchio tra le mie cosce, che baciava, mentre l'acqua le cadeva sul corpo. Quella vista mi eccitò nuovamente. la sollevai per le braccia e la bacia a lungo sentendo il mio sapore sulla sua bocca. Scesi con la mano tra le sue cosce per prepararla ad una nuova invasione, ma era già bagnata e gonfia. Per me. Il piacere che mi aveva dato l'aveva eccitata. Mi scostai da lei, chiusi la doccia e mi sporsi per prendere un asciugamani. L'asciugai alla meglio tra le sue proteste, poi ancora umida la misi a quattro zampe sul letto, l'afferrai per i fianchi e, baciandole la schiena, la penetrai. Questa volta riuscii a controllarmi di più. Un po' di più. Con lei la parola controllo non esisteva. La presi a lungo, facendole urlare più volte il mio nome e alla fine mi riversai dentro di lei, crollandole addosso.
Fu arduo staccarmi da lei, ma dovevo andare a prendermi qualcosa da indossare. Avevo lasciato intatti solo i jeans almeno, imbattermi nel Caduto, completamente nudo, era un'esperienza che volevo evitarmi. Baciandola la lascia nel letto sfatto, promettendole che sarei tornato subito. Erano già le diciassette, avevo passato quasi tutto il giorno dentro di lei. Sentii un sorriso idiota illuminarmi il viso. Nel bosco non c'era anima viva, entrai nel mio cottage e mi misi addosso la prima cosa che trovai, avevo fretta di ritornare da lei. Passai a casa di Garret, ma non c'era, doveva aver portato John alla villa.
Infatti quando rientrai li trovai nel soggiorno insieme a Black e ad Emmaline, che aveva indossato un morbido vestito bianco, che mi sarei divertito a toglierle più tardi. Mi concentrai sugli uomini presenti, per non farmi distrarre e notai che John aveva un'espressione concentrata e preoccupata insieme. Anche Garret sembrava sulle spine. Qualcosa non andava. John era una specie di ambasciatore, il punto di contatto del nostro clan con gli altri, e la sua espressione mi avvertiva che c'era fermento nel mondo dei licantropi. Mi sedetti, con una certa inquietudine, accanto ad Emmaline, che mi appoggiò distrattamente la mano sulla coscia. Sentiva anche lei il bisogno fisico di starmi vicino? Feci cenno a John di parlare.
Lui scrollò le spalle, prese un respiro e finalmente si decise a sganciare la bomba. - Philippe Montfort ha chiesto la Sinatraisi. - Ora capivo la sua aria preoccupata. Ci eravamo concentrati sui possibili attacchi di angeli e demoni, ma non dei lupi. Ero stato superficiale! Garret cercò il mio sguardo, allarmato. Emmaline, che evidentemente non capiva, si accigliò. - Cosa significa? E perché avete quelle facce preoccupate? - Cercai velocemente di trovare una risposta per non allarmarla eccessivamente, ma Black fu più veloce di me. Era stato silenzioso per tutto il tempo, ma ora sembrava aver ritrovato la voce. - È una riunione di Lykaon. -
Lei lo guardò poco convinta, poi si rivolse direttamente a me, cercando i miei occhi. - Perché avete le facce preoccupate? - Insistette. Ricambiai lo sguardo con fermezza. - Perché a chiedere l'incontro sono i Montfort. - Dalla sua espressione, ancora confusa, capii che non sapeva. Lanciai uno sguardo ostile a Black. Ma cosa le insegnava nel tempo che trascorrevano insieme?! Ma poi, perché continuavo a sorprendermi del suo comportamento, sicuramente le aveva parlato solo di cose inerenti il mondo angelico, scordandosi che lei faceva parte anche di quello demoniaco. - I Montfort appartengono a Lilith. Sono il più numeroso e, probabilmente, il più forte clan di licantropi. Sono temuti per più di una ragione e, di solito, non chiedono la Sinatraisi, a meno che non vogliano dichiarare guerra a qualche altro clan. - Lo dissi tutto d'un fiato, non potevo in nessun modo indorare la pillola. I Montfort erano dei bastardi senza scrupoli. Quando volevano un territorio se lo prendevano, quando volevano eliminare un avversario, per qualsiasi ragione, lo facevano.
Sentii Emmaline trasalire, poi cominciò ad accarezzarmi la coscia quasi inconsapevolmente. Misi la mia mano sulla sua. Notai lo sguardo accigliato del Caduto. Andasse a farsi fottere! Ci mancava solo lui con la sua disapprovazione. Lo guardai intensamente, come a invitarlo a dire qualcosa, mi serviva solo una scusa per saltargli al collo e sfogarmi. Black allora parlò. - Credi vogliano noi? - Sarebbe stato più corretto dire "lei": con Emmaline i McCarthy si erano portati in cima alla catena di potere dei lupi ed i Montfort non sopportavano rivali. Quindi sì, ero certo che fossimo diventati il bersaglio dei lupi francesi. - Sai che non accettano rivali. Probabile che vogliano dimostrare la loro forza contro di noi ... - Ma Black non era convinto. - Non pensi che possano essere stati spinti da qualcuno? - Lui pensava a Lilith, ma io non credevo c'entrasse qualcosa. Il demone era sempre stato disinteressato alle lotte interne al mondo dei licantropi; anzi, era raro che si servisse del suo clan per la "manovalanza".
- Lilith non li ama. Non se n'è mai servita a quanto ne so. - Anche Garret infatti era della mia stessa idea.
- Qual è la data? - Chiesi a John. - Dopodomani ad Avignone. - Quindi sarei dovuto andare nella tana del lupo.
- Quando partiamo? - Era stata lei a parlare. La guardai. - Parto da solo. - Le risposi secco. Lei trasalì, ma non si arrese. - Se sono così pericolosi, non puoi partire da solo. - Si stava arrabbiando, ormai la conoscevo: tra poco si sarebbero alzate le fiamme. - Posso e devo, perché si usa così! Alla Sinatraisi partecipano solo i Lykaon. -
- Ti accompagnerò. - Replicò ostinata. Mi voltai completamente verso di lei, ignorando gli altri, le afferrai la testa e appoggiai la mia fronte contro la sua. - Non rischierò niente. I partecipanti alla Sinatraisi godono dell'immunità. Anche nel peggiore dei casi, qualora volessero dichiararci guerra, mi consentiranno di tornare qui. - La sentivo opporre ancora resistenza, per cui continuai. - Portarti con me, sarebbe interpretato come un atto di debolezza da parte mia e non possiamo permettercelo ... Cerca di capirmi ... - Fece un sospiro di rassegnazione. - Va bene, ma ... - Non la lasciai finire di parlare perché la baciai.
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