Capitolo 18

                                                                        DUNCAN


- Cosa ci fai qui? - Ringhiai seccato alla lupa che si era infilata nel mio letto e stava accarezzando il mio petto.

- C'è bisogno di chiedere?! - Mi sussurrò lei con voce roca.

Mi alzai scrollandomela di dosso. Lei non si mosse, limitandosi a guardare il mio corpo nudo con desiderio. Un tempo, non molto lontano, non mi sarei fatto problemi a prendere quel corpo per tutta la notte. Ma ora tutto era cambiato. Ogni mio desiderio era convogliato verso un altro corpo, un'altra anima, un'altra donna. Dolci e grandi occhi scuri capaci di contenere tutto il desiderio del mondo, che diventavano bolge infernali quando si arrabbiava. Labbra di miele in cui perdersi, che si tramutavano in fiele quando dovevo costringermi a non desiderarle. Corpo minuto e morbido dentro cui sprofondare per l'eternità, che per loro due era un solo attimo rubato.

- Rivestiti e va via. Non ho voglia. - Dissi secco a Sabine, che mi guardò con astio.

- Quando la finirai di struggerti per "quella", sai dove trovarmi. - Replicò mentre usciva.

La mia vita era diventata un tormento. Preoccupazioni a non finire perché dovevo tenere "lei" al sicuro; lei che non mi rendeva le cose facili, che contestava ogni mio ordine; lei che mi accendeva di desiderio ogni volta che la guardavo o, anche solo, sfioravo col pensiero; lei che non potevo avere. Che essere patetico ero diventato! 

Mi vestii ed uscii fuori, mi sembrava di non riuscire a respirare là dentro. Seduto sui gradini del patio, mi guardai intorno: le case del clan erano immerse nel sonno dei giusti. Tutte eccetto quella accanto alla mia. Leila era ancora sveglia, c'era la luce accesa nel suo cottage. Andai a vedere cosa teneva sveglia la mia sorellina. La porta era aperta, entrai chiamandola. Nessuna risposta. Mi appellai al lupo per cercarla, niente. Una spiacevole sensazione mi assalì. Corsi al cottage accanto al suo, quello di Garret. Quasi buttai giù la porta. Lui arrivò quasi subito con l'aria di uno che è stato buttato giù dal letto nel cuore della notte. L'impronta del cuscino sulla faccia era inequivocabile. - Duncan ... Che cazzo succede? - Bofonchiò.

- Leila ... Non riesco a trovarla. -

Si svegliò del tutto. - L'ho lasciata da Emmaline. -

Ci guardammo, non ci fu bisogno di parole, corremmo verso la villa. Mi attaccai al campanello. Dopo qualche minuto Black venne ad aprirci. - Leila è sparita. -  Dissi soltanto, entrando. 

- Dopo cena sono andate in camera di Emmaline. Mi pare di averla sentita uscire qualche ora fa. -

Salii le scale di volata e bussai alla porta della sua camera, nessuna risposta. Girai la maniglia ed entrai. Il cane venne ad accogliermi, mi guardai intorno e, come avevo già percepito, di Emmaline e Leila nessuna traccia. La flebile speranza che mia sorella si fosse fermata a dormire lì, svanì definitivamente. Riscesi in fretta. - Non ci sono ... Andiamo a cercarle. -

- Avete provato nel bosco? - Chiede Black.

- Non ci sono. - Rispose Garret.

Rabbia e preoccupazione si mescolavano dentro di me. Nessuno poteva essersi introdotto nella nostra dimensione e averle portate via, di questo ero sicuro; così come ero certo che quella "sventata" aveva trascinato mia sorella chissà dove perché in casa si annoiava. Era giovane ed era naturale che volesse evadere, ma non era quello il momento, c'era un fottuto assassino in giro!

Black intanto era salito e sceso immediatamente dal piano superiore, portando con sé la katana di Emmaline e la sua balestra, forse presagiva guai. - Non si sa mai ... Ho uno strano presentimento. - Mi disse infatti.

- Tu resti qui. - Dissi a Garret, che cercò di protestare. Lo fulminai con lo sguardo e allora lui annuì. Lo lasciammo lì mentre correvamo verso il portale.

Non ci fu bisogno di fare molta strada perché, usciti dal vicolo, ci trovammo di fronte ad una barriera metafisica. Un umano non avrebbe visto ciò che stava succedendo al di là, avrebbe semplicemente cambiato strada. Noi invece avevamo un'ampia visuale: Leila stava avendo la meglio su un maledetto succhiasangue ed Emmaline, più avanti, stava usando il potere della terra contro qualcuno che non riuscivo a vedere perché terriccio, pietre e calcinacci creavano una specie di muro. Quel qualcuno stava usando lo stesso potere contro di lei perché alcuni detriti riuscivano a raggiungerla. Aveva le braccia che sanguinavano. Accidenti a lei! Il lupo voleva uscire e combattere. Tra poco non avrei potuto più trattenerlo. - Riesci a spezzare la barriera? - Chiesi con un ringhio a Black. 

- Ci sto provando ... - Mi rispose. In quell'istante la barriera si squarciò e noi potemmo entrare. Leila era riuscita ad afferrare per la gola il vampiro e lo stava strozzando. Mia sorella mi vide e mi fece segno di procedere. Sfoderai gli artigli e squarcia la gola a quel maledetto. Leila lo finì staccandogli completamente la testa. Il suo corpo si dissolse in cenere. L'unico modo per uccidere un vampiro era quello oppure lasciarlo incenerire alla luce del sole o ancora bruciarlo.

- Alla buon'ora ... - Sentii sussurrare Emmaline. - Non riuscirò a resistere ancora per molto. -  Impudente! Prima usciva di nascosto come un'adolescente ribelle e poi si lamentava perché eravamo arrivati "in ritardo" a salvarle il culo! Appena ci fossimo tolti da quell'impiccio, mi avrebbe sentito e poi da quando aveva il potere della terra?! 

Black le si mise a fianco. Lo sentii salmodiare qualcosa, poi un vento fortissimo diede più forza alla terra che Emmaline stava scagliando contro il nemico. Sentii un urlo di frustrazione, poi tutto tacque. Sia Emmaline che il nemico avevano richiamato il loro potere. Il muro che avevo davanti si dissolse e vidi una donna, un demone, e quattro vampiri dietro di lei. Black intanto passò la katana alla sua proprietaria, ma non smetteva di usare il suo potere, anche se ne aveva diminuito l'intensità. -Anger ... - Lo sentii sussurrare.

- La conosci? - Gli domandò Emmaline.

- Lei è l'unica, oltre a Lucifero, a poter comandare i vampiri ... È sua figlia. -

La donna demone rise. - Sei sempre tra i piedi, rinnegato! - Sibilò con odio.

- Perché sei qui? - Continuò il Caduto.

- Volevo conoscere la "bastarda" di mia madre. - Gli rispose.

Cazzo! Quella era dunque la figlia di Lucifero e Lilith, praticamente la sorellastra di Emmaline, che aveva capito "la parentela" e ne sembrava colpita. - Non ragionare in termini umani, lei non è niente per te. - Le sussurrai. 
- Sì, lei non è niente per noi. - Disse il demone che aveva sentito le mie parole.

Sentii il corpo di Emmaline vicino al mio irrigidirsi. Doveva essere un'abitudine ormai per lei essere rifiutata dalla sua "famiglia" : genitori sovrannaturali, biologici, adottivi. Un rifiuto dopo l'altro. Quanto poteva reggere un cuore umano prima di inaridirsi? No, non glielo avrei permesso. Lei una famiglia ce l'aveva, ed eravamo noi. Sfiorai leggermente la sua mano con la mia. Parve sorpresa per un attimo, poi si rilassò e fu un errore perché il demone rilasciò un'altra scarica di pietre e calcinacci mentre i quattro vampiri si fecero avanti. Guardai Emmaline impugnare la sua katana ed andare incontro al primo dei quattro succhiasangue. -Tagliagli la testa o dagli fuoco! - Ebbi solo il tempo di dirle mentre anch'io mi avventavo su un altro. Lasciai gli ultimi due a Black e Leila. Sentii il sibilo di una freccia e poi Leila si scagliò  sul vampiro che Black aveva colpito con la balestra. Un lavoro di squadra eccellente: il Caduto li metteva fuori uso quel tanto che bastava a Leila per staccargli la testa.

Mi concentrai sul vampiro che avevo di fronte, che mi sorrise malevolo; dalla ferita oscena, che era la sua bocca, uscirono fuori i canini appuntiti. I vampiri erano più pericolosi per noi che per gli umani. Un loro morso, anche non profondo, e il loro veleno ci avrebbe uccisi. Il nostro sangue era incompatibile con il loro, non potevano trasformarci né nutrirsi di noi come facevano con gli umani, per cui saremmo semplicemente morti tra atroci sofferenze. Ma noi lupi eravamo più forti fisicamente. Scattai di lato per impedirgli di avermi a portata di canini, poi mi lancia contro di lui; riuscii ad afferrarlo per il collo e lo lanciai contro il muro di una casa che ormai cadeva a pezzi. Non gli diedi il tempo di riprendersi che mi avventai su di lui squarciandogli la gola e poi sradicandogli la testa dal tronco.

Leila e Black si erano sbarazzati facilmente dei loro vampiri. Emmaline teneva a distanza l'ultimo di essi con la katana. Era, come al solito, bellissima in quella specie di danza della morte. Ma non aveva mai ucciso nessuno, sarei dovuto intervenire forse. Feci per avvicinarmi, quando lei si decise a mettere fine alla vita del vampiro con un fendente ben calibrato. Gli recise di netto la testa. Non feci in tempo a gioire che con la coda dell'occhio vidi il demone pronto a lanciare tutto il suo potere contro Emmaline, momentaneamente distratta da quello che aveva appena fatto.

Inorridito guardai la scena come al rallentatore. Ma qualcosa impedì alla demone di scagliare il suo potere, una frusta le cingeva la gola come un collare. Delle ombre si addensarono attorno a lei e da esse uscì fuori un altro demone. Questo era un maschio dai capelli corvini che gli scendevano selvaggi fino alle spalle. Carnagione olivastra ricoperta di tatuaggi, un piercing gli ornava il sopracciglio sinistro ed una cicatrice gli correva lungo la guancia destra. - Nessuno ti ha dato il permesso di stare qui. - Sussurrò all'orecchio della demone, che si voltò con una certa cautela e gli occhi inferociti verso di lui.

- Me la pagherai. - Alitò; lui la liberò dalla frusta e lei sparì dentro le ombre. Il demone ci guardava con un sorriso sghembo, soffermandosi  pensieroso su Emmaline.

- Ma petit soeur ... - Disse all'indirizzo di lei facendole un inchino beffardo. Si volto per andare via, poi però sembrò ripensarci e si rigirò guardando questa volta Black. - Mia madre ti manda i suoi saluti. - La lunga frusta simile ad un serpente si avvinghiò al torace del Caduto e, prima che qualcuno di noi potesse fare qualcosa, quella gli si strinse intorno. Black cadde per terra con un gemito. Il demone rise forte, poi srotolò la frusta e scomparve anche lui.

- Cosa facciamo? - Domandò Emmaline, che si era gettata sul Caduto, con voce disperata, guardando l'icore che  fuoriusciva copioso dal suo torace.

- Non riesci a curarti da solo? - Gli chiesi. Lui scosse la testa, poi con fatica mi disse ciò che non avrei mai voluto sentire. - No ... Non ci riesco. La frusta di Sin è fatta di fuoco demoniaco. -

Sentii Leila trasalire, anche lei ora era in ginocchio accanto al Caduto. Un vento gelido mi investì. Alzai lo sguardo dal corpo di Black, pronto ad affrontare la nuova minaccia, e lo vidi. Un angelo dorato stava venendo verso di noi. Emmaline si mise in piedi con la katana in mano ed io l'affiancai. L'angelo ci parlò con voce melodiosa. - Non voglio farvi del male. -

Aveva l'aspetto di una donna: capelli e occhi colore dell'oro antico; anche le ali, che ripiegò, avevano quel colore. - Permettimi di guarirlo. - Disse guardando Emmaline. Prima che uno di noi potesse proferire parola, Black si agitò sofferente. - Non ci farà niente, fatela avvicinare. -

Sia Emmaline che io, ancora poco convinti, ci facemmo da parte. L'angelo si inginocchiò accanto a lui e, con mio grande stupore, fece una carezza al suo volto. - Raziel ... -

Black sottrasse il suo volto alla carezza. - Uriel ... Non ... Non mi chiamo più così ... -

- Ma lo sarai per sempre. - Gli disse lei dolcemente appoggiando le mani sulla ferita.




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