Capitolo 17

                                         EMMALINE

Avevo  appena messo piede alla villa, furente per colpa di quell'essere impossibile, che non faceva altro che mandarmi segnali contrastanti, quando il mio telefono cominciò a suonare. Tentai di ignorarlo, ma non la smetteva. Rassegnata, lo tirai fuori dalla borsa e risposi senza guardare chi era. - Emma! -

Cate, dovevo immaginarlo. - Che c'è ? -

Dall'altra parte la sentii sbuffare. - Come che c'è ? ... Allora ... Tu e quel grandissimo pezzo di ... -

La interruppi. - ... Stronzo! -

La risatina furba di Cate mi innervosì. - Sarà pure stronzo, ma è un figo da paura. E mi sa che a letto fa scintille! -

- Cate, non voglio parlare di lui, né tanto meno delle sue prestazioni ... -

- Quindi hai tastato con mano ... -

- E basta! Se hai chiamato solo per questo, possiamo chiuderla qui. - Le risposi gelida, sperando di mettere un freno alla sua curiosità molesta.

- Va bene. Volevo invitarti a casa mia stasera. Saremo solo noi. -

Avevo una gran voglia di uscire e tornarmene, almeno per un paio d'ore, alla mia vecchia vita, ma sarebbe stato un problema. Mi ricordai le parole di Garret: avevo io il comando, quindi se volevo uscire, lo avrei fatto! - Posso portare qualcuno? - Le chiesi senza riflettere.

- Lui ? -

- No! -

- Uffa e va bene, porta chi vuoi. -

La salutai e andai dritta in camera mia per approntare una strategia. Trovai i gatti che sonnecchiavano acciambellati sul tappeto ai piedi del letto, di Acheron nessuna traccia. Probabilmente era in giro con Leila. Leila ... La soluzione ai miei problemi! Mi rimisi la giacca e andai a cercarla. Non era alla villa e nemmeno nei dintorni, rassegnata mi inoltrai nel bosco, sperando di non incontrare il lupo che mi ossessionava. 

Mi sorprendevo sempre della bellezza di quel luogo che Black aveva creato; era riuscito a mantenere il miglior clima della stagione e la vegetazione lussureggiante nei suoi caldi colori autunnali. Aveva portato la Terra in un'altra dimensione. Come c'era riuscito ? Black ... Quanti misteri si nascondevano dietro quell'uomo ... Uomo ? ... Angelo ? ... No, non lo era più. La sua condizione lo faceva soffrire. Lo percepivo con chiarezza. Allora perché non aveva fatto la scelta ? Espiazione ... Mi aveva detto così. Avrei voluto sapere di più, ma avevo visto troppo dolore nel suo sguardo d'argento per continuare a fargli domande. Il dolore è qualcosa di troppo intimo, si può condividerlo, ma la scelta se farlo o meno spetta al diretto interessato. Avrei aspettato e forse un giorno di sua spontanea volontà il Caduto si sarebbe confidato.

- Emmaline ! - Leila mi riscosse da quei pensieri, mentre  Acheron si avvicinava per farmi le feste. Mi chinai per accarezzarlo. - Ciao, Leila. Ti stavo cercando ... - Mi sembrava sorpresa. Dal mio compleanno avevo cercato di evitarla, anche se lei più volte aveva tentato di parlarmi a quattrocchi. Ma quello che valeva per Black, valeva anche per me. Il dolore per essere stata "scaricata" da suo fratello era troppo intimo e non ero pronta a condividerlo. Senza considerare il fatto che lei era la sorella di Duncan e non volevo metterla in mezzo. - Stasera, usciresti con me ? Voglio andare a trovare una mia amica e vorrei fartela conoscere. -

Sgranò i suoi occhioni verdi. - Va bene, ma Duncan e Black sono d'accordo ? -

Che noia quella storia dei miei due guardiani paranoici! - Duncan e Black non sono i miei genitori e se voglio uscire, lo faccio senza chiedere il permesso. -

- Forse è troppo pericoloso, c'è un lupo solitario in giro. -

- Sono in grado di difendermi ormai. E poi tu sei fortissima! -

Eh sì, la dolce Leila era un portento nel combattimento. L'avevo vista in azione durante i miei allenamenti con Garret. Quando richiamava il suo lupo era spettacolare: veloce ed astuta. Solo Garret riusciva a tenerle testa e a batterla. Mi sorrise compiaciuta. - Allora non ci resta che convincere quei due. -

- No, noi stasera usciremo senza chiedere il permesso a nessuno. Se poi dovessero cercare di fermarci, faremo sentire le nostre ragioni. _-

Fece di sì con la testa. La presi a braccetto e ci incamminammo verso la villa con Acheron che ci trotterellava a fianco.

***

Leila era in camera mia pronta. A cena era stata bravissima, non si era fatta sfuggire niente né con Black né con Garret, che erano gli unici ad aver cenato con noi. Sierra e John erano stati impegnati altrove, mentre Duncan aveva smesso da un po' di frequentare le nostre cene. Era toccato a Leila e me cucinare, dopo aver assistito ai disastrosi tentativi di Black. Il Caduto era davvero negato in cucina. Era riuscito a malapena a preparare un'insalata. Garret, appena visto il risultato, gli aveva rivolto uno sguardo assassino. - Io dovrei mangiare dell'erba !? Non sono una cazzo di pecora! - Tra una risata e l'altra avevamo rabbonito il lupo cucinandogli un paio di bistecche, che Sierra ci aveva lasciato in frigorifero, probabilmente  immaginando come sarebbe andata a finire. Dopo cena non ci eravamo attardate, come al solito, in chiacchiere, ma avevo trascinato Leila in camera mia con una scusa. Garret allora se n'era andato subito e anche Black si era ritirato in biblioteca.

- Andiamo. - Dissi a Leila prendendola per mano. Nella villa regnava il silenzio; Black era immerso nei suoi libri rinchiuso in biblioteca. Uscimmo da lì e poi dal portale indisturbate. Leila era un po'agitata, raramente era uscita da quella dimensione. Casa di Cate non era troppo lontana, potevamo andare a pedi. Dopo una decina di minuti infatti ci ritrovammo davanti al suo portone. Citofonai. Senza chiedere chi fosse, ci aprì. - Sali, Emma! - Entrammo e mi accorsi che c'era già il nostro gruppo ristretto. - Era ora! -

Dopo aver presentato Leila a lei  e agli onnipresenti Luigi e Davide, che non riuscivano a staccare gli occhi dalla lupa, andai con Cate in cucina a preparare da bere. - Mi porti quella strafiga a casa ... - Mi disse ridendo. - Ed io che speravo in qualche bel maschio, di quelli che conosci tu! Sai che sei l'unica donna che mi farei. -

Sbuffai. - Come no!? Salvo poi menarmela sul più bello perché sei etero. -

Scoppiammo a ridere. Mi affacciai nell'altra stanza e vidi che Leila stava subendo un vero e proprio assedio dai due ragazzi. - Quei due sono dei maiali, dobbiamo andare a salvarla? - Mi chiese la mia amica.

- No, è in grado di badare a se stessa. Morde! -

La serata trascorse piacevolmente tra chiacchiere e vino. Anche Leila dopo un po' sembrò sciogliersi. Scoprii con una certa sorpresa che era brava a raccontare palle. Si era inventata un'identità nuova di zecca. Duncan avrebbe dovuto imparare da lei. Verso le due decidemmo che era ora di tornare a casa. Rifiutammo l'offerta dei ragazzi di accompagnarci e uscimmo fuori.

La strada era quasi deserta, fatta eccezione per un paio di ubriachi che ciondolavano lì intorno. Dal cielo cominciò a cadere una leggera pioggia. Con lo sguardo invitai Leila ad accelerare il passo, lei si guardava intorno incuriosita. Quelle poche ore di evasione le avevano fatto bene, sembrava tranquilla e rilassata. Ad un tratto però la vidi impallidire, mentre si metteva davanti a me. Mi guardai intorno per cercare di capire cosa l'avesse allarmata. Niente. Non vedevo altro che un marciapiede umido per la pioggia, case e serrande chiuse. Anche l'aria era diventata inquieta, sembrava in attesa. Feci per imboccare il vicolo che ci avrebbe portato al portale, ma Leila mi fermò con il braccio. Volevo chiederle cosa stesse succedendo, ma non riuscivo neanche a parlare per l'ansia che mi aveva colta. La vidi richiamare in superficie il suo lupo, come quando combatteva negli allenamenti. I suoi occhi assunsero la forma ferina.

Ero stata un'idiota a non portare con me un'arma pensai amaramente, mentre dal vicolo sbucarono quattro ombre. Sentii il ringhio di Leila accanto a me, poi quelle ombre diventarono uomini. Avevano il volto pallido, sembravano statue di marmo, solo gli occhi rosso sangue conferivano mobilità a quei volti. - Vampiri. Tienili lontani, non permettere che si avvicinino a te. - Mi sussurrò Leila.

Un sibilo. Qualcosa planò alle nostre spalle, mi girai con cautela accorgendomi di un quinto essere che ci chiudeva ogni via di fuga. Accidenti a me! Mi maledissi ancora una volta per non aver portato con me una cazzo di arma. - Occupati di quello alle nostre spalle. - Sibilai a Leila. Mentre lei si girava, i quattro che avevo davanti si mossero velocissimi verso di me. 

Raccolsi tutta la rabbia che sentivo per essere finita in trappola come un'idiota, la feci crescere e la spinsi fuori con violenza. Le fiamme si alzarono alte separandoci dai quattro che avevo davanti. Sentii Leila alle mie spalle che aveva dato inizio alla lotta con il quinto vampiro. Non potevo aiutarla, altrimenti non sarei riuscita a controllare le fiamme. Rischiavo di scatenare un incendio. La paura di far del male agli innocenti che abitavano in quella strada mi assalì. Questo potere distruttivo che mi ritrovavo, non lo sapevo controllare ancora bene, anche se grazie all'aiuto di Black potevo accenderlo e spegnerlo a comando. Feci un profondo respiro e mi calmai. Dovevo solo tenere a distanza quei quattro, sperando che nel frattempo Leila si liberasse di quello che avevo alle spalle. 

L'odore di sangue arrivò improvviso. Uno dei due era stato ferito. Sperai non fosse Leila. Ora quelli che avevo davanti si fecero più vicini sfiorando le fiamme. Qualcosa cominciò a tremare, sassi e terriccio si staccarono dal terreno e dai muri delle case e si riversarono sopra le fiamme per cercare di soffocarle. Cosa stava succedendo? Non ero io ad usare il potere della terra. Mi distrassi un attimo e le mie fiamme si spensero.

- Sei debole, bastarda! - Una voce di donna si alzò tra la polvere e il fumo. Poi la vidi, era davanti ai quattro vampiri. Bionda ed eterea, sembrava un angelo, ma quando si fece più vicina, capii che non lo era. I suoi occhi erano due vortici neri che sembravano voler inghiottire tutto. Sentii dietro di me un singulto. Leila. Non potevo girarmi per vedere come stava, ma dovevo agire prima che fosse troppo tardi. La donna e i vampiri con lei erano troppo vicini. Impiegai tutte le forze che avevo e chiamai a me la terra. Le pietre dei palazzi e delle case che avevo intorno cominciarono a sgretolarsi, pietre di diverse grandezza colpirono chi avevo difronte. La donna era stata colta di sorpresa, notai sangue nero che colava dalle braccia e dal viso laddove le pietre l'avevano colpita. Ero stanca, ma strinsi i denti accorgendomi che anche lei ora stava di nuovo richiamando la terra. Avevamo lo stesso potere. Di quel passo avremmo provocato un vero e proprio terremoto.




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