Capitolo 11

                                                                                                                                                           EMMALINE


Se n'era andato. Dopo aver sbraitato ordini a destra e a manca, se n'era andato lasciando Black, Garret e me lì. Lo detestavo. Lo ... Lo ... Lo volevo. Non c'era niente che volessi più di quell'essere insopportabile. Quando aveva affrontato Black mi era apparso sexy da morire. Tutta quella furia a malapena trattenuta, gli occhi che brillavano ferini. Sarei mai riuscita a resistere a quel suo fascino selvaggio?!?

Black mi fissava quasi volesse scrutare dentro la mia anima. - Che c'é?! Ora si scoprirà che sai leggere anche nella mente? -

Si riscosse. - No, non ci riesco. Ma quello a cui stai pensando è evidente. - Mi rispose con un tono di evidente disapprovazione.

- Risparmiami la lezioncina. - Lo guardai ostile.

Garret interruppe il nostro duello di sguardi. - Spiacente di interrompervi, ma sento una certa ostilità nell'aria e senza Duncan a frenarmi, potrei dare sfogo alla "mia" di ostilità. - Si avvicinò, mi tirò verso di sé e mi diede un bacio sulla fronte, sussurrandomi all'orecchio di rimetterlo al suo posto e di ricordare sempre che ero io a comandare. Dopo di che uscì dalla stanza. 

Rimasti soli, Black ed io continuammo a guardarci e a prenderci le misure. - Non avresti dovuto farlo. Hai minato la fiducia che fin dall'inizio mi hai ispirato. -

- Emmaline, non farei mai niente che potesse metterti in pericolo. Tutto quello che faccio ... -

Lo interruppi. - Non continuare ... Non m'interessano le motivazioni. Sai usare la compulsione e l'hai di fatto usata su di me. Se non me ne fossi accorta, avresti continuato a farlo! -

- Come sei riuscita ad accorgertene? -

Quell'uomo, o qualunque cosa fosse, era senza ritegno. Invece di scusarsi, voleva soddisfare la sua curiosità. Solletico. Avevo sentito come una specie di solletico nella mente. La prima volta che era successo, ero troppo impegnata a capire cosa mi stesse succedendo e chi erano i due uomini che erano piombati in casa mia raccontandomi storie piuttosto stravaganti, per farci caso. Poco prima però, quando Black mi aveva parlato, avevo notato quel solletico invadente e mi ero ricordata quando mi era già successo. Avevo avuto una specie di folgorazione. Stava cercando di farmi qualcosa ... 

- Non importa come, ma riesco ad accorgermene ormai. Non farlo più! Oppure potrei decidere di affidarmi solo a Duncan e al suo clan. Sarà pure prepotente, ma almeno non ricorre a trucchetti meschini. -

Finalmente ero riuscita a scalfire  quella sua imperturbabilità. Era nel panico. - Emmaline, è importante per la tua parte angelica e per te che io ti guidi altrimenti ... -

Lo fermai . - Altrimenti la mia parte demoniaca prenderà il sopravvento? Non vedo tutta questa tragedia! I licantropi hanno sangue demoniaco eppure mi sembrano delle brave persone. Leali soprattutto! -

Scosse la testa. - Certo che sono leali, così come lo sono anch'io. Ma ho più anni ed esperienza di tutti loro messi insieme. Quando ci sarà da combattere, ci sarà bisogno di me. -

Incredibile! La sola idea che io potessi allontanarlo, mandava il Caduto nel panico. Di fronte alla truculenta minaccia di Duncan, non aveva battuto ciglio; ma ora Black era irriconoscibile, sembrava umano. Il che solo qualche istante prima mi era sembrato impossibile. La soprannaturalità di Black era evidentissima. Duncan e gli altri licantropi ad un'occhiata superficiale potevi scambiarli per umani. Black no! Era remoto. Atavico. Alieno. Invece in quel momento sembrava un umano preso dal panico. Mi addolcii un po'. - Non farlo mai più! -

Poi anche io uscii dalla sala delle armi lasciandolo lì a riflettere. Ero furente sia con Black e i suoi tentativi manipolatori che con Duncan che voleva controllare ogni minuto della mia vita. Ma, come aveva detto Garret, ero io ad avere il comando e avrei fatto di testa mia.

Richiamai Cate fissando un'appuntamento per quella sera stessa. Glissai sul perché non potevamo incontrarci a casa mia e ci mettemmo d'accordo per vederci direttamente nel nuovo locale, a cui aveva accennato prima durante la telefonata. Cate in un primo tempo mi aveva proposto il nostro solito ritrovo, ma avevo il timore che lì mi avrebbero trovato facilmente; i licantropi mi avevano seguita per qualche tempo di nascosto, sicuramente conoscevano alla prefezione tutti i posti che ero solita frequentare. Quindi il nuovo locale, di cui Cate mi aveva parlato e in cui io non avevo mai messo piedi, andava bene onde evitare di farmi trascinare via come un sacco di patate sul più bello da Duncan. 

Ora dovevo pensare a come uscire dalla villa inosservata. Il mio sguardo si posò su Phoebe, che era a caccia di chissà che cosa in terrazzo. Uscii fuori anche io e mi sporsi dalla ringhiera. C'era un grande albero, che avrei potuto usare come scala per calarmi giù; il problema era che per arrivarci, avrei dovuto fare un bel salto. Mi venne in mente Polyanna, che usciva di nascosto da casa per poi schiantarsi al suono e rimanere paralizzata. Ero umana, non potevo trasformarmi in un lupo e saltare o in un uccello e volare. Sì, ero umana, ma potevo creare e controllare il fuoco. Ottimo! Peccato però che, nella situazione in cui mi trovavo, quell'elemento distruttivo non mi sarebbe servito a niente.

Certo, potevo uscire dalla porta principale, sperando di non incontrare nessuno nè in casa nè per il viale, che avrei dovuto attraversare per arrivare al portale. Chissà perché quella soluzione mi sembrava più irrealizzabile di quella in cui potevovo spezzarmi l'osso del collo. Tornai a guardare giù dal terrazzo. Se fossi riuscita a scendere dall'albero, avrei potuto poi passare attraverso una macchia di alberelli bassi che mi avrebbero nascosto alla vista sia di chi attraversava il viale, sia di chi guardasse dalla villa. L'unica zona che mi avrebbe lasciata allo scoperto , era appena prima del portale, ma si trattava di un breve tratto. Ce la potevo fare! 

Andai a farmi una doccia e sotto l'acqua misi a punto il mio piano. Appena finito di asciugarmi, Leila bussò alla porta per annunciarmi che la cena era pronta. Le risposi che non avevo fame e che volevo restare sola. Non insistette e si allontanò subito. Bene. Indossai una tuta e delle scarpe da ginnastica. Preparai  un sacchetto con l'abito che avevo deciso di indossare, delle scarpe a tacco alto e una borsetta. Mi sembrava di essere una di quelle figlie adolescenti che escono furtivamente di casa per poi mettersi in ghingheri nell'ascensore. Io però l'ascensore non ce l'avevo, per cui avrei dovuto cambiarmi tra gli alberi una volta raggiunta terra incolume. Mi parve tutto così assurdo. Avrei potuto insistere con Duncan ed uscire da lì in grande stile. Ma non avevo voglia di litigare, soprattutto con lui, anche perché quando era furente diventava, se possibile, ancora più sexy. Inoltre per quanto avessi fatto fuoco e fiamme per uscire, non sarebbe servito a nulla perché era un lupo ostinato! Per uscire da quella casa avrei dovuto dargli fuoco!

Scoccarono le undici. A quell'ora di solito i licantropi avevano lasciato la villa ed anche Black si era volatilizzato chissà dove. Uscii di camera e ispezionai sala e cucina. Erano deserte. Tornai in camera. Non mi restava che agire. Presi il pacchetto con la mia roba e lo gettai giù dal terrazzo. Dovevo saltare, non avevo alternative. A meno che... a meno che dentro di me non nascondessi  qualche trucchetto. Cosa mi avevano raccontato della mia genitrice demoniaca? La terra! Lilith aveva il potere sia sul fuoco che sulla terra. Il fuoco lo avevo ereditato; e  se, se avessi avuto anche il potere sulla terra? Non era possibile! Ma perché non provarci? Non avevo la minima idea di come avrei dovuto usarlo... Potere sulla terra poteva forse significare  far nascere e crescere piante?! Provai... Mi concentrai e visualizzai un albero vicino a quello che c'era già, ma attaccato al terrazzo, in modo da consentirmi di scendere senza pericolo. Qualcosa sembrava muoversi sottoterra. Mi sforzai di dirigere tutta la mia energia in profondità.  Cominciai a sudare. Sembrava proprio che qualcosa volesse spuntare da sottoterra. No. Era la terra che si stava sollevando. Un paio di sassi eruttarono dal terreno, li schivai con difficoltà. La terra continuava a guadagnare metri. Evitai altri sassi e, quando il livello del terreno raggiunse un metro dal terrazzo, saltai giù.

Atterrai con una certa grazia, anche se mi ero insudiciata con il terriccio. - Grazie... - Sussurrai rivolta alla terra. Mi spogliai e cercai di ripulirmi alla meglio. Misi il mio abitino succinto, chiedendomi cosa avrebbe pensato Duncan vedendomelo addosso. Infilai i tacchi e infine la giacca. Sgattaiolai tra gli arbusti attenta a non graffiarmi. Mi sentivo un po' debole, forse avevo usato troppa energia per far sollevare la terra. Usare il fuoco era stato più semplice: era bastato arrabbiarmi. Arrivai alla fine dell'alta siepe. Ora sarei stata più vulnerabile. Guardai a destra e a sinistra. Niente. Feci un respiro profondo e corsi verso il muro di cinta. Appoggiai la mano sul muro, un lieve pizzicore e mi ritrovai dall'altra parte. Tirai un sospiro di sollievo e chiamai un taxi.

                                          ***

Il locale era affollatissimo nonostante fosse solo giovedì. Cate non si vedeva. Tirai fuori il telefonino per chiamarla, quando la vidi venirmi incontro. - Emma! - Mi gettò le braccia al collo. - Avevo dei dubbi sul fatto che saresti riuscita a venire. Sono contentissima di averti qui! Ci divertiremo fino all'alba e poi festeggeremo il tuo compleanno. - Cate continuava a riversarmi fiumi di parole addosso. - Non capisco proprio dove tu sia sparita negli ultimi giorni. Sono passata da casa tua, ma niente. Per rintracciarti al telefono poi ... - Non avevo voglia e capacità di spiegarle il "caos sovrannaturale" che mi era capitato tra capo e collo. Se anche avessi voluto farlo, come potevo spiegare una cosa del genere? Io lo avevo accettato perché dentro di me sentivo delle cose, soprattutto il cambiamento. Ma farlo accettare ad una persona terza, sarebbe stato difficile, se non impossibile. A proposito di cambiamenti, appena avevo attraversato il portale, gli odori più disparati avevano cominciato ad assalirmi. Come mi aveva insegnato Duncan, cercai di concentrarmi su una persona per volta. Cate emanava il solito profumo di cacao. Il sentimento di amicizia la animava quando eravamo insieme. - Su andiamo a bere qualcosa, Luigi e Davide ci aspettano al bar! -

Ci incamminammo fendendo una marea di gente. - Come mai così affollato di giovedì? - Le domandai. 

- Ha aperto da una settimana sola, e tutti hanno voluto provare la novità. -

Avevo gettato uno sguardo nella sala ed avevo già notato parecchie persone conosciute. Io non ero mondana come Cate, ma spesso ero stata trascinata a feste ed eventi vari perciò certe facce le conoscevo. Raggiungemmo Luigi e Davide, che anche io conoscevo molto bene, essendo fra gli amici di Cate i più festaioli. Dopo i saluti di rito, ordinammo da bere. Stavo per sorseggiare il mio cocktail, quando una voce conosciuta mi interruppe. -Non ci posso credere ... Emmaline tra di noi! Cate, quante volte ti ho implorato di portarmela!? -

Portarmela ... come una valigia?! Frenai l'irritazione che cominciava a montarmi dentro, prima che si trasformasse in rabbia. Ultimamente questo sentimento stava invadendo la mia vita come un tornado. Mi girai trovandomi davanti Max Dini, ricco e arrogante rampollo di una nobile famiglia del luogo, che mi fissava con due occhi blu famelici. Zenzero. Che novità! Max mi faceva una corte spietata da una vita, nonostante fosse fidanzatissimo. Il suo impegno sentimentale non sembrava creargli particolari problemi. Se una ragazza gli piaceva, partiva in quarta e non mollava finché non si toglieva lo sfizio. Il mio nome non era ancora stato spuntato dalla sua lista e non lo sarebbe mai stato. O forse no? Era attraente, ed io avevo voglia di staccare un po' dall'ossessione per il bel licantropo che si occupava della mia sicurezza. Lo guardai. Moro, occhi blu, fisico prestante. Perché no? 

Lui parve intuire il mio cedimento e si fece più vicino. - Andiamo a ballare? - Un mio piccolo cenno del capo, gli diede il via libera. Mi afferrò delicatamente per la vita e mi trascinò verso la pista. Cate mi lanciò uno sguardo di approvazione. Era da un pezzo che mi diceva di lanciarmi con lui. Le sue mani aristocratiche si appoggiarono sui miei fianchi ed io lo assecondai, cominciando ad ondeggiare al ritmo della musica. - Sei più sexy del solito stasera... - Mi sussurrò con voce roca. Mi fece scorrere una mano lungo la mia schiena nuda. 

Era tutto molto piacevole ma ... Avrei preferito che a toccarmi e a stringermi fossero delle mani più forti, più rudi. Mani che portavano i segni di secoli di lotte. Le mani di Duncan. Accidenti a lui! Non riuscivo proprio a togliermelo dalla testa! Mi strusciai di più a Max, volevo che quel maledetto licantropo uscisse dalla mia testa e darsi da fare con un altro mi sembrava la soluzione migliore. O forse no? No!

Una sensazione di caldo rovente percorse il mio corpo, ma a trasmettermela non era chi mi teneva fra le braccia. Duncan era lì. Lo avvertivo con ogni fibra del mio corpo. Due mani forti mi cinsero la vita da dietro. Quelle mani. Le sue mani. Udii un ringhio. - Toglile le mani di dosso. - Mi staccò da Max e mi fece voltare verso di lui. Sprofondai in due occhi color ambra. Occhi da lupo. Il mio lupo. 

Max fece per protestare, ma qualcosa lo trattenne. Si rivolse a me. - Lo conosci? -

Duncan non mi diede il tempo di rispondere. - Sono il suo ... Uomo. - 

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