4. Pov di Harry

Entro in casa senza guardare lo studio di mio padre.

Le carte disordinate sulla scrivania color mogano, le penne appoggiate alla rinfusa, le foto di famiglia sparse qua e la sulla libreria impolverata.

Lo conosco a memoria.

Ogni centimetro.

Mi ricordo quando, da bambino, entravo silenzioso per farlo spaventare.

Lui sentiva la porta di legno cigolare un po', ma faceva finta di nulla e, al mio "buuuuu", fingeva uno spavento da film dell'orrore.

Io ridevo a crepapelle, quando mi prendeva tra le sue braccia e iniziava a farmi il solletico.

"Il mio bambino pestifero!" diceva, tutte le volte.

Entro nella mia stanza e getto la giacca per terra.

Mi sdraio sul letto ancora sfatto e appoggio un braccio sugli occhi.

Ripenso alla conversazione che ho avuto poco fa con Amy ed è come se tutto ciò che avevo costruito fino a questo momento si stesse sbriciolando sotto le mie mani.

*Non ho voglia di vederti*

*Sei uno stronzo*

Gli occhi mi bruciano ancora, a causa delle lacrime versate nell'abitacolo della mia auto e la piega di distruzione che sta prendendo la mia vita continua a ricordarmi che è li, al centro del mio corpo, e si diverte a martellarmi intrepida.

Il pianto di Amy, mentre le dicevo cose orrende, continua a rimbombare nella mia anima, che non vuole darsi pace.

Sento il corpo pesante, troppo pesante.

Ho sbagliato tutto, con Amy.

Dovevo lasciarla vivere la sua vita, senza intromettermi nelle sue lunghe giornate monotone.

Aveva i suoi amici, un ex ragazzo per cui piangere ogni tanto ed un passato che avrebbe dimenticato.

Io l'ho portata a fondo con me, per poi abbandonarla da sola, insieme ai fantasmi della mia famiglia.

Bussano alla porta, ma io non rispondo.

Non ho voglia di vedere nessuno, nè di parlare con nessuno.

La corrente fredda che sento sul mio corpo, mi fa capire che qualcuno sta entrando nella mia stanza e guardo il corpo distrutto di mia madre avvicinarsi al mio letto.

"Hai voglia di parlare due minuti?" mi domanda lei, sedendosi.

Accenno un *si* distratto con la testa, mentre osservo il lampadario azzurro e blu appeso al soffitto.

Mia mamma si allunga vicino a me, e sembra guardare lo stesso punto che sto osservando io.

"Mi dispiace se questi due giorni sono stati difficili per voi." inizia a dire, titubante.

"Lo sono stati anche per te, mamma" sospiro, con il magone.

"E mi dispiace anche per la conversazione che abbiamo avuto l'altra volta al telefono su Amy"

Sentire il suo nome pronunciato da un'altra persona che non sia il mio cervello, mi fa cadere a picco.

Non dico una parola.

"Non voglio che tu ti senta in colpa per ciò che è successo a tuo padre."

"Come faccio a non sentirmi in colpa? E' ovvio che se è in prigione è perchè ho infranto il patto"

Il mio tono è sempre più nervoso, e mia madre lo capisce.

Mi sfiora una mano con la sua, poi si ricompone.

"Amy è una brava ragazza, ha superato molte cose brutte, e supererà anche questa!" mi dice in modo sommesso.

"Come fai..." inizio a domandare, ma poi mi blocco.

Non mi interessa sapere come faccia a sapere del passato di Amy.

"Non importa- mi dice, leggendo il mio pensiero- Ma tu ora devi pensare alla tua famiglia, a tuo padre e a ciò che è meglio per tutti!"

"Lo sto già facendo. Se non l'hai ancora capito, ho lasciato Amy per voi!" dico, mentre mi alzo di scatto e inizio a camminare per la stanza.

Mia madre si mette a sedere, e noto che, oggi, è uscita di casa struccata.

Non l'avevo mai vista struccata, prima d'ora.

Ogni mattina, prima ancora di svegliare me e i miei fratelli, trascorreva mezz'ora in bagno per farsi bella.

"Nel caso venisse qualcuno all'improvviso. E' per quello che bisogna sempre avere un bell'aspetto, anche in casa!" diceva sempre.

Per fortuna, pensavo in quei momenti, ero nato maschio, per potermi evitare lo strazio di avere capelli sempre in ordine e occhi sempre truccati.

"Non hai lasciato Amy per noi, Harry. L'hai lasciata per te stesso. In cuor tuo sai di chi sei veramente innamorato ed, evidentemente, l'hai voluta lasciare per dare spazio a qualcun altra."

"Io sono innamorato di Amy, mamma. Ma non mi date altra scelta. Siete voi che avete fatto il patto col diavolo per me, ed ora mi ritrovo qui a prendere decisioni che non vorrei solo per colpa vostra."

Inizio ad urlarle contro, ma dalla sua espressione non noto spavento, nè stupore.

Se lo aspettava, si immaginava che avrei reagito così.

Ma continua con il suo gioco sporco, per convincermi che ho fatto la cosa giusta.

"Noi non abbiamo fatto nessun patto con il diavolo, Harry. Summer è una brava ragazza, è molto bella ed educata. E' giusto che te la tieni stretta, senza farti trascinare in amori illusori da ragazze come Amy, che nel futuro non potrebbero darti nulla."

Io la guardo dritta negli occhi.

Il fluido della rabbia e del rancore scorre nelle vene, come mai prima d'ora.

"Esci dalla mia stanza, immediatamente." dico, diritto sulle gambe, indicando la porta.

"Harry!" mi riprende mia madre.

"Sei solo un'egoista, mamma. E non ho più voglia di sentire nemmeno una parola uscire dalla tua bocca!"

Mia madre si alza dal letto ed attraversa la mia camera a piccoli passi.

Io la guardo mentre esce.

"Lo capirai da solo, figliolo." mi dice e, l'attimo dopo, sbatto la porta alle sue spalle con talmente tanta forza che il legno si vena sulla parte superiore.

La odio, in questo momento.

La odio così tanto che rimpiango il giorno in cui sono nato.

Ho sentito alla televisione, una volta, che i bambini, prima di nascere, scelgono la famiglia in cui andare.

Probabilmente, quando lo fanno, non hanno ben presente il futuro che quelle stesse persone che  hanno scelto con tanta cura hanno in riserbo per loro.

Se io avessi saputo che mi avrebbero rovinato così la vita, me ne sarei tenuto decisamente alla larga.

Ho voglia di uscire, di scappare il più lontano possibile da qui ma, allo stesso tempo, mi sento ancorato in questa casa, come se qualcosa di orribile mi stesse trattenendo per le caviglie.

Accendo il telefono e non ricevo nulla.

Non ricevo messaggi di chiamate ricevute, nè messaggi con insulti e disperazione.

Cerco in rubrica il nome dell'unica persona che, ora come ora, ho bisogno di sentire.

Sarà tremendamente incazzata con me, lo so.

Mi dirà di tutto, mi riempirà di offese, e sarebbe ciò che mi merito.

Ma, in ogni modo, ho bisogno di sentire l'unica amica con cui posso parlare liberamente e con sincerità.

"Lisa" dico tutto d'un fiato, appena mi accorgo che sta rispondendo.

"Harry, ti prego, rinsavisci!" mi dice, spiazzandomi.

Il tono con cui mi parla è comprensivo, ed è tutt'altra cosa da ciò che mi aspettavo di avere da lei come reazione.

"Lisa, ti prego, ho bisogno di parlare con te!" le dico, iniziando a piangere e a singhiozzare come un bambino.

"Sono qui!" e la dolcezza con cui mi parla mi accarezza il cuore.

"Come sta lei?" domando. So che sta di merda, ma vorrei sentirmi dire che se ne è fatta una ragione e che sta alla grande.

"Come pensi che possa stare?" mi chiede Lisa, senza alcuna rabbia.

"E' tutta colpa mia!" sussurro, anche se vorrei urlare al mondo tutto il casino che ho dentro di me.

"Harry, tesoro! Io capisco ogni cosa, davvero, ma non posso veder andare via Amy un'altra volta."

Ripenso alla richiesta che ho fatto ad Amy.

*Torna da Zayn*

E mi sento male.

"Lo so, Lisa, ma come faccio a vivere con lei sempre intorno!" il mio pianto non cessa, e vorrei spaccare ogni cosa.

"Semplicemente, vivendo con lei al tuo fianco, fottendotene di tutto."

"Lo sai che non posso. E'  un gran casino e sappiamo tutti che non sarebbe giusto nè per lei, nè per me"

"Non sarebbe giusto per la tua famiglia, Harry. Ma è l'unica cosa a cui siete destinati te ed Amy. A stare insieme."

"C'è mio padre in galera, Lisa, perchè ho deciso di stare con Amy!" dico tra i singhiozzi.

"Lo so, Harry. Ma non è colpa tua. Sono gli altri nel torto. Tu hai deciso di vivere il vostro amore nonostante tutto. Lo sbaglio è stato fatto da altre persone."

So che ha ragione.

So che non è colpa mia.

Nè di amy.

L'amore che abbiamo condiviso lo sappiamo solo io e lei.

Ma non posso.

Non posso tornare indietro.

"E' la mia famiglia, Lisa!" ripeto, più a me stesso.

Lisa resta in silenzio, ed è strano che non abbia più nulla da dire.

"Scusa, ma Amy è uscita dal bagno!" sussurra, dopo pochi attimi.

"ok" riesco a dire.

"Ti richiamo appena rimango sola!" mi dice, sempre a bassa voce.

"Lisa?"

"Dimmi Harry!"

"Convincila a tornare da Malik!" le chiedo, quasi come se fosse questione di vita o di morte.

"Ma Harry..." esclama, sottovoce.

"Ti prego!"

"Harry, ora devo andare!" mi risponde, un secondo prima di riattaccare.

Getto il mio I-Phone sul letto e mi siedo sulla sedia davanti alla scrivania, tenendomi il volto tra le mani.

Ho paura di trascorrere il resto della mia vita senza Amy.

Ma, allo stesso tempo, ho il terrore di vederla ogni giorno, senza poterla avere con me.

Lego i miei capelli in una coda di cavallo e inizio a disegnare su un foglio bianco il suo volto.

Lunghi tratteggi neri riempono il foglio piano piano e la mia mano si muove senza che io possa riflettere.

E' terrificante ciò che ne esce fuori.

Il volto di Amy è sformato a causa della disperazione che trasuda dai suoi occhi.

Il suo sguardo sembra scongiurarmi, implorarmi.

La sua bocca è schiusa in una smorfia di sofferenza.

Accartoccio il foglio e lo getto nella spazzatura, nascondendo la matita nel cassetto.

Sono un caso disperato.

E, a causa della mia disperazione, Amy, in questo momento, sta soffrendo.

Per colpa mia, Amy sta vivendo una sofferenza che non si merita.

E, per colpa del mio amore per lei, mio padre è in una cella fredda a scontare una colpa che non ha.

Esco dalla mia stanza a passi veloci e mi dirigo in sala.

Rovisto in ogni anta del mobile antico che giace imponente nella stanza.

Mia madre, per colpa di Ken, nasconde sempre i super alcolici in posti diversi.

Ma ora, al contrario del passato, sono io che li sto cercando in modo forsennato, come un bambino che sa di star facendo una cosa non giusta, ma che desidera farla con tutto se stesso.

"E' nascosto dentro al pendolo!" dice Ken, facendomi sobbalzare dallo spavento.

Io lo guardo con il cuore che quasi esce dal petto, da quanto è accellerato.

"Mi hai fatto spaventare, testa di cazzo!" esclamo.

Ken ride.

"Lo scotch. E' nascosto dentro al pendolo."mi dice indicandolo e, subito dopo, mi lascia da solo con il mio bisogno incessante di scordare, per qualche ora, tutto quanto.

Mi avvio a passi svelti, ma silenziosi, verso il posto che mi ha indicato mio fratello maggiore e, quando apro la porticina dove da bambino Ken nascondeva il mio criceto facendomi piangere, vedo la bottiglia di whisky li, mezza impolverata.

Svito il tappo e ne bevo un sorso senza pensarci.

Il liquido fruttato mi brucia in gola, raggiungendo lo stomaco, che trova un po' di sollievo.

Stacco la bottiglia dalle mie labbra, ma, l'attimo dopo, sento di averne ancora bisogno.

Sento i passi di mia madre avvicinarsi alla stanza.

Si fermano a qualche metro dietro di me, ma resta in silenzio, mentre mi sgolo altre sorsate di questo whisky che sarà costato più della mia moto usata.

Percepisco mia madre allontanarsi poco dopo, e tornare in cucina.

E' colpa sua se sono ridotto ad uno straccio.

E lei lo sa.

Richiudo la bottiglia, con la mia testa che gira, facendomi perdere l'equilibrio appena mi alzo in piedi.

Invece di rimettere al suo posto la bottiglia super alcolica, decido di portarla con me, in camera mia.

"Harry si porta questa bella bottiglia marrone chiaro in camera. Marrone chiaro come la merda in cui mi avete gettato!" grido, rivolto a mia madre, mentre passo davanti alla cucina.

Non ricevo nessuna risposta.

Sento solo i singhiozzi di mia madre provenire da una stanza moderna, con un tavolo lucido gigante e pensili laccati di rosso.

Salgo a fatica le scale e, quando raggiungo la mia stanza, mi getto sul letto con la bottiglia di whisky tra le braccia.

Per un attimo l'immagine di Amy mi appare davanti, leggermente sbiadita..

Poi  la vedo allontanarsi sempre di più da me e, senza nemmeno rendermene conto, sprofondo in un sonno senza sogni.






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