2. Pov di Harry
Mia madre continua a piangere mentre, in un ufficio con le pareti grige ed il mobilio nero, un avvocato in giacca e cravatta legge la cartella di mio padre, senza fare alcun commento.
L'attesa è snervante e mi alzerei e inizierei ad urlare al mondo intero quanto io stia di merda.
Ma non lo faccio.
E rimmango immobile a guardare il signor Cox che ogni tanto si segna qualche appunto su un quadernetto sgualcito, fa smorfie incomprensibili con il labbro superiore e si gratta il capo pensieroso.
Capisco che Jake è nervoso, perchè continua ad alzarsi dalla sedia, fare qualche passo nella stanza e ad andarsi a risedere.
Fa così da circa un quarto d'ora e più passa il tempo, più so che si avvicina il momento in cui potrebbe esplodere.
Per fortuna, prima che questo accada, l'avvocato di mia madre interrompe il silenzio creatosi da quando ci ha detto "Accomodatevi pure."
"Non sarà una cosa semplice." dice, con l'aria di uno che se ne intende di casi di omicidio in quartieri lussuosi di una città qualunque.
"Ho idea che sia stato una specie di resa dei conti e non sarà facile dimostrare che non sia stato suo marito a regolarizzarli per una specie di gelosia nei suoi confronti!"
"Mia madre non ha mai avuto modo di far ingelosire mio padre con Daniel!" dico, con un tono un po' troppo alto.
Il signor Cox mi guarda severo e poi sposta lo sguardo su mia madre.
"So che lei è una persona per bene, signora, ma dovrà dirmi tutta la verità, in modo da permettermi di intervenire nel migliore dei modi."
Io e Jake guardiamo mia madre contemporaneamente.
Ho paura che ci chieda di uscire, e che sveli una sua relazione clandestina con il nostro vicino di casa morto ammazzato.
Ma non lo fa, ed inizia a raccontare una versione dei fatti già sentita fin troppe volte.
I minuti passano lentissimi e, quando mia madre finalmente termina il racconto, il signor Cox ci guarda comprensivo.
"So che tutta questa situazione è molto difficile, ma lasciatemi un paio di giorni per studiare bene il caso. Vi ricontatterò io entro venerdi"
Lo ringraziamo e, quando gli stringo la mano, noto sul suo sguardo un cenno di tristezza.
Lo spazzo subito via, chiedendomi quanto ci abbia messo, questo signore di mezza età, a diventare uno degli avvocati più richiesti nello Stato.
Usciamo dallo studio che è quasi sera.
La città, essendo pieno inverno, è già immersa nel buio e le lucine natalizie allegre e spensierate che incrociamo per le strade, mentre torniamo a casa, contrastano con il mio umore.
Controllo il cellulare, prendendolo dalla tasca della giacca e , come un lampo, mi ricordo di averlo spento da circa due giorni.
I messaggi di Amy fanno male.
Fa male sapere quanto io la stia facendo soffrire e sapere che non posso fare altrimenti.
Ho preso la mia decisione.
Per la mia famiglia, oltre che per me.
Non posso continuare ad avere il terrore di qualcosa che, inevitabilmente, si contorcerebbe contro di noi. Ed è quello che, inevitabilmente, è successo.
So che le avevo promesso cose che non ho saputo mantenere.
So che le ho dato speranze che sono crollate una ad una ogni chilometro che mi allontanavo da lei.
Ma è giusto così.
E' giusto anche per lei.
Mi scorderà.
Ed io la scorderò.
Sarà un percorso difficile, ma ce la faremo.
Capita a tutti di amare intensamente una persona, darle tutto l'amore di cui si è capaci e soffrire quando le cose non vanno come ci si aspettava.
Ma poi la vita va avanti, si incrocia lo sguardo di qualcuno che ti fa di nuovo battere il cuore e l'amore precedente viene riposto in un angolino del cuore per far spazio ad uno più bello, più puro.
E sarà quello che succederà ad Amy.
Troverà qualcuno che le potrà dare ciò di cui ha bisogno, ciò che io non sono stato in grado.
Jake accende l'autoradio, mentre guardo mia mamma dallo specchietto retrovisore.
E' un po' più sollevata da quando abbiamo parlato con l'avvocato e la vedo addormentarsi con il capo appoggiato al finestrino.
Ed è quando parte quella fottuta canzone che sento un nodo alla gola.
*Questa canzone mi ricorderà sempre di noi*
Questa frase mi martella lo stomaco, come quando prendi un pugno inaspettato.
Amy e i suoi occhi.
Amy e i suoi baci.
La sua risata.
Spengo la radio, interrompendo le parole di *All of me* e continuo a guidare.
"Che cazzo fai, Harry! Era bella!" mi chiede Jake con lo scazzo.
"Mamma dorme!" mi giustifico, vedendolo muoversi agitato sul sedile accanto a me.
Restiamo in silenzio per molto tempo.
Un silenzio che non fa altro che acuire la voce di Amy dentro di me.
E' giusto così- continuo a dirmi.
E' giusto così.
Procedo lentamente verso la rotonda principale.
"Lasciami alla fermata del pullman." mi dice Jake, indicandola.
Lo guardo interrogativo.
"Stasera sono a cena da Ty!" mi dice, semplicemente.
Non dico niente e accosto al marciapiede, senza guardare dagli specchietti.
Il clacson di una macchina mi fa sobbalzare, ma non ci faccio particolarmente caso.
"Ehi fratello, stai attento." mi riprende Jake guardando l'automobile, con un tipo incazzato dentro, andare via.
"Si!" rispondo.
Mi abbraccia e, prima di uscire dalla macchina, mi sorride.
"Vedrai che tutto andrà bene!"
Il rumore della portiera che si chiude dietro alle sue spalle fa sussultare mia mamma, che però, stremata, continua a dormire.
Innesco la prima, e riparto.
E finalmente faccio quello che non ho fatto per due giorni interi.
Piango.
Mi dico che sto piangendo per mio padre.
Cerco di convincermi di stare piangendo per mia madre e i miei fratelli.
Ma, dentro di me, so che non è così.
In realtà piango per Amy.
E per nessun altro.
Piango per la mia vita, che non avrà più senso senza di lei e piango perchè so che, quando tornerò alla vita di tutti i giorni, tutto sarà fottutamente complicato.
Al primo semaforo rosso disponibile ne approfitto per accendere il mio I- Phone.
Una miriade di messaggi mi segnalano il loro arrivo.
Ricordo quando Amy mi ha cambiato la suoneria della ricezione dei messaggi.
"Questa è più carina!" mi disse, seduta sul divano con la testa appoggiata sulla mia spalla.
"Ma no, è orrenda!" le risposi. "E' da femminuccia!"
Sembrava il rumore che sentivo quando, da bambino, guardavo il cartone di Peter Pan e appariva Trilly che faceva casino con le sue ali.
Il suono che usciva dal cellulare era simile al campanellino che sentivo da piccolo incollato davanti ad un televisore, quando la fatina bionda col vestitino verde si arrabbiava, rideva, volava o camminava offesa.
"Rimettimi gli uccellini spennacchiati!" le dissi, fingendomi arrabbiato.
Amy rise.
"E va bene, ragazzo patetico!" mi rispose.
In quel momento mi chiesi come facesse ad essere così perfetta.
I suoi lineamenti erano dolci e i suoi occhi erano ciò di più profondo in cui mi ero immerso.
Il suo profumo mi piaceva da impazzire e i suoi seni erano scolpiti perfettamente sul suo corpo perfetto.
Continuavo a chiedermi, guardandola maneggiare il mio cellulare con attenzione, come avevo fatto a vivere senza di lei, prima.
Ma è ciò a cui dovrò abituarmi di nuovo, adesso.
Dovrò abituarmi ad una vita senza Amy.
Mi asciugo le lacrime con il dorso della mano e ne approfitto per la coda di automobili starnazzanti che mi ritrovo davanti, appena arrivo all'altezza del centro commerciale.
Prendo il mio telefono in mano e vado sulla cartella dei messaggi ricevuti.
Ovviamente, sono tutti di Amy.
Tengo premuto fino a quando l'aggeggio che tengo in mano non mi chiede cosa voglia fare.
poggio il dito su *Elimina conversazione* e, quando mi domanda se sono sicuro della mia scelta, premo ok senza pensarci.
Tutto ciò che aveva da dirmi Amy viene spazzato via come una foglia dal vento.
Tutti i pensieri di Amy, tutti i suoi insulti e la sua sofferenza viene gettata nella spazzatura come si fa con il torsolo di una mela appena mangiata.
Mi pento subito per il mio gesto frettoloso.
Ma, subito, penso che è meglio così.
E' meglio non sapere cosa mi abbia scritto.
Quante volte abbia provato a cercarmi.
Quante volte abbia messo da parte il suo orgoglio per tentare di sentire la mia voce.
Getto l'I- Phone sul sedile e cerco di non pensare a nulla.
Ma il suo viso mi ritorna davanti continuamente.
E, l'unica cosa che spero, in questo momento, è che Amy non stia soffrendo come sto soffrendo io.
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