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La lezione di storia dell'arte comincia con dieci minuti di ritardo perchè la professoressa, evidentemente, se l'è presa comoda.
Ne ho approffittato per rispondere ai messaggi che Liam mi ha inviato poco fa.
*non ti devi preoccupare. non l'ho mai piu' sentito!*
Non dico la verità.
Ryan mi ha scritto una mail qualche settimana fa, ma a Liam non deve interessare niente.
*Ti giuro che quando l'ho visto, volevo spaccargli la faccia*
*Lui ti ha riconosciuto?*
*Se così fosse, ha fatto finta di niente*
Liam ha incontrato Ryan nella piazza principale della città.
Passeggiava con sua madre e non mi stupisco del fatto che non si sia accorto di tutti coloro che gli passavano affianco.
Ryan è molto legato a Sue e mi ricordo che, una volta, anni fa, si era addormentato tra le mie braccia, dopo aver sniffato parecchia cocaina, e aveva trascorso metà nottata a dire cose come "scusa mamma!"
*se ti cerca, mandalo a fanculo!* mi scrive ed io poso il cellulare nell'astuccio, appena la professoressa entra in classe.
Non ascolto niente della spiegazione.
Penso a come reagirei nell'incontrare Ryan.
Come sarebbe rivederlo dopo tanto tempo?
Cosa proverei? Rabbia? O felicità?
Non lo so, ma cerco in tutti i modi di non pensarci.
Non capiterà mai di incontrarlo.
Sue avviserebbe mia madre, se Ryan venisse in città, quando sono ospite dai miei genitori.
Ed io mi barricherei in casa per non rischiare di sbattergli addosso.
Anche se la sua e-mail mi ha rincuorato molto, mi sento sempre abbastanza distante da lui, come se ciò che abbiamo vissuto insieme fosse solo un qualcosa da dimenticare.
E per dimenticare quell'incubo durato anni, sto cercando in tutti i modi di dimenticare anche lui.
Sono felice che stia bene, che stia facendo il suo percorso, e che stia uscendo completamente da quello schifo, ma odiare lui e il ricordo che ne scaturisce è la sola cosa che io possa fare.
E' difficile, lo è sempre stato.
Gli voglio bene come se ne vuole a un amico con cui hai fatto un sacco di cavolate negli anni più belli dell'adolescenza.
Ma con Ryan non ho fatto solo cavolate.
Mi sono completamente annullata, e lui con me.
Recupero un disegno vecchio dalla mia cartellina di disegni che spesso porto nella mia borsa, lo giro, in modo da non vederlo, ed inizio a fare una serie di ghirigori senza senso nella facciata bianca.
La mia compagna di banco mi dà una gomitata sul braccio e, quando la fulmino con lo sguardo, la vedo guardare fissa davanti a sè.
Sposto l'attenzione verso il punto in cui sta guardando e vedo la professoressa che viene verso di me, con un'espressione adirata sul volto.
"Signorina Thompson. può farmi vedere gli appunti che sta prendendo?" mi domanda. Sa che non sto prendendo appunti, si vede dal suo sguardo.
"Mi scusi, prof!"
prendo il foglio e glielo porgo, rassegnata.
La donna lo prende, lo guarda, lo gira, mi guarda di nuovo.
"Signorina Thompson, questo lo ha fatto lei?"
Abbasso lo sguardo e annuisco.
Nell'aula c'è un silenzio imbarazzante e percepisco il respiro di Elena, la mia compagna di banco, a poca distanza da me.
"Alla fine della lezione, desidererei parlarle." mi comunica la professoressa, tenendo il mio foglio tra le mani, ed io non ho altra scelta che accettare la sua richiesta.
Appena la campanella segnala la fine dell'ora, i miei compagni escono in modo scomposto dalla classe, mentre io rimango da sola con la Signora Aniston.
"Si sieda pure, Thompson!" mi dice, gentilmente.
Si alza per andare a chiudere la porta dell'aula e torna subito dopo, accomodandosi di fronte a me.
"Questo disegno l'ha fatto in questo periodo?" mi domanda, preoccupata.
Io guardo il foglio che mi sta mostrando. Rappresenta un angelo con la testa appoggiata sul suo braccio. Le ali, che normalmente si ergerebbero alte, diritte e fiere, invece, si piegano curve sulla sua schiena, come se avesse perso ogni speranza. Il corpo è come abbandonato totalmente al suo dolore e la sensazione che trasmette è di un essere angosciato e martoriato.
"No, l'ho fatto parecchi anni fa" rispondo, giocando con l'elastico per capelli che tengo al polso tutto il giorno.
"Questo mi da' sollievo! In ogni modo, spero che quel periodo in cui lei si sentiva come questo angelo, sia finito definitivamente!"
Mi scruta come se fosse una psicologa.
"Si, prof. E' un passato morto e sepolto"
"Mi consola sentire le sue parole! comunque, per qualsiasi cosa, si ricordi che la dottoressa Barrett è pronta ad ascoltare qualsiasi studente."
"Grazie, ma ci sono già stata da una strizzacervelli, e non ne ho più bisogno."
La signora Aniston cerca di capire se sto dicendo la verità o meno, poi sospira.
"Va bene, può andare Thompson. Questo è suo!" mi dice, allungando verso di me il mio disegno.
Io lo guardo, e poi guardo lei.
"Lo tenga pure. Glielo regalo!"
Esco dall'aula tremendamente provata da ciò che mi hanno riportato in mente quel cazzo di disegno e quella cazzo di prof con le sue cazzo di domande.
Mi dirigo verso i bagni delle ragazze, per sciacquarmi un po' il viso e riprendermi un minimo.
"Amy!" mi dice Harry, prendendomi per un polso, fermandomi.
Non mi ero accorta di lui, e legge nel mio sguardo qualcosa che non gli piace.
"Dove vai?" mi domanda, teso.
"Devo andare in bagno, Harry. Non mi sento molto bene!" rispondo, liberandomi dalla sua presa e riprendendo a camminare.
La campanella, che suona nuovamente, ricorda agli studenti di rientrare nelle classi dove avranno lezione. I corridoi si svuotano lentamente e, quando arrivo davanti ai servizi, c'è solo qualche studente che corre per raggiungere la propria aula.
A me non mi interessa arrivare puntuale a lezioni di cui non me ne frega niente.
Tra l'altro, adesso, avrei il professor Smith, e non ho proprio voglia di assorbirmi i suoi discorsi lagnosi che durano ore.
Ciò che desidero in questo momento è solo togliermi questo sporco che sento dentro di me e sulla mia pelle.
Harry mi sta seguendo e, quando entro nelle toilette, entra con me.
"non puoi entrare! Se ti becca Robert, chiamerà il Preside!" lo rimprovero io.
"Robert è tanto stupido che non arriverebbe neppure a capire se sono io nel bagno sbagliato, o tu!"
Harry ride alla sua battuta, ma io no.
Alzo gli occhi al cielo.
"Fai come vuoi, Styles!" dico, aprendo il rubinetto dell'acqua fredda.
Getto un po' di acqua gelata sul mio volto e subito sento spazzar via un po' di tensione.
"Ehi ehi piccola, cosa ti prende?" mi chiede, guardandomi dallo specchio.
Io continuo a sciacquarmi nervosamente, finchè non ne sento più la necessità.
Prendo un po' di carta dall'aggeggio bianco verniciato attaccato al muro, e mi asciugo il viso.
Harry continua a guardarmi, e non si arrende.
"Cosa hai, Amy?" mi domanda, insistente.
"Mi sento male, Harry. Te l'ho già detto!"
"Ti conosco abbastanza bene da capire che non è vero!"
Io lo guardo sbuffando, ma non dico niente.
"Quindi? E' per qualcosa che ho fatto io?"
Faccio no con la testa e mi appoggio al muro.
"E' per Summer?"
Ripeto meccanicamente il gesto che ho fatto un secondo fa e sento gli occhi riempirsi di lacrime.
"E' per qualcosa che non so?"
Le sue parole richiamano alla mia mente i ricordi più dolorosi degli anni passati con Ryan.
Scoppio a piangere prendendo Harry alla sprovvista.
Mi abbandono alla disperazione, cercando un po' di sollievo tra le sue braccia.
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