XXXVI ~Lupo della notte~

Prima di lasciarvi al capitolo revisionato, ci tengo a scusarmi per essere improvvisamente sparita. In questi mesi sono stata particolarmente impegnata con lo studio e non avevo tempo ed energie da dedicare a wattpad, fatto sta che -finalmente- ho terminato gli esami della triennale e mi laureo, ciò significa che avrò più tempo da dedicare a me stessa.
-Angel💕

Buona lettura


Avanzai a passo veloce in una strada di cui non ricordavo nemmeno il nome. Avevo corso per non so quanto tempo, il vento gelido mi era entrato dentro e spigoloso mi aveva colpito fino alle ossa. La spalla mi bruciava e pulsava a causa dei libri pesanti che mi ero portata dietro.

Ripensai a ciò che era successo in quella macchina e mi chiesi se fosse fatto di chissà quale sostanza, o se anche lui era un essere a me sconosciuto. Ormai non sapevo più quale fosse la normalità e quale no. Ciò che per me risultava sovrannaturale, per Gabriel e per la sua famiglia risultava essere l'opposto; il quadro della normalità.

Nel mia mente avevo ancora impresso il suo sguardo e il mutare dei suoi occhi. Avevo un terribile mal di testa a causa dei troppi pensieri e quello era uno dei tanti momenti in cui non volevo restare da sola; desideravo avere qualcuno accanto a me, che fosse in grado di proteggermi e di darmi spiegazioni, ma chi potevo chiamare? Mia sorella? Cosa potevo dirle? Che un ragazzo che conoscevo da anni aveva improvvisamente mostrato un lato di sé mai visto prima?
Potevo chiedere aiuto a Melinda? Nemmeno per sogno, lei mi aveva messa in guardia da Efrem ed io non le avevo creduto. A tal proposito un'altra domanda mi sorgeva spontanea: Efrem le aveva fatto o detto qualcosa per farle cambiare opinione sul suo conto?

Ormai erano passate le sette ed esclusi categoricamente di chiamare mia madre, mi avrebbe messa subito in punizione, o peggio, mi avrebbe riempita la testa con altre chiacchiere inutili.

Risi amaramente davanti alla ragazza che solo quella mattina aveva detto che la sua vita si era stabilizzata. Risi davanti a quella sciocca che aveva odiato la monotonia del suo paese, trovandosi poi in uno dei gironi più bassi degli Inferi.
Ero una stupida, mi ritrovavo in situazioni assurde e non capivo nemmeno come ci finivo. Mi fidavo delle persone sbagliate, pensando che fossero quelle giuste; ma infondo non avevo mai avuto molti amici, dunque fidarsi di coloro che conoscevo da tempo mi sembrava una cosa abbastanza ovvia, no?

Il sole durante quell giornata non si era mai mostrato, le nuvole erano ancora presenti, ma era il buio della sera a preoccuparmi. Afferrai il cellulare e controllai che non ci fossero chiamate perse da parte della mia famiglia. Calcolando la distanza che mi separava da casa, ipotizzai che per arrivarci avrei impiegato circa un'ora a piedi.

Efrem non mi aveva nemmeno chiamata quando mi aveva vista scendere dall'auto, nemmeno dopo dieci o venti minuti, mi aveva semplicemente lasciata andare via.
Ripensai subito alla sera in cui era avvenuta la mia presunta scomparsa e mi resi conto che il posto era identico: il bosco era proprio alla mia destra.

Il mio pensiero volò a Gabriel, lui più volte mi aveva detto di essere sincero e di fidarmi, forse potevo chiamarlo e chiedergli di venire in mio soccorso...Scossi subito energicamente il viso, non dovevo assolutamente pensare a lui, altrimenti sarei andata contro ai miei stessi principi, all'avermi imposto di stare lontano da lui.

Piccoli fiocchi di neve iniziarono a scendere e si posarono sul suolo, comprendo tutto ciò che mi circondava di bianco.
Sospirai e mi affrettai a camminare, ma un acuto rumore mi fece sobbalzare. Non c'erano macchine, non c'era anima viva, chi poteva essere?
Un animale? Lo esclusi.
Un mostro? Non ero la protagonista di un film horror!

«Un mostro?», ripeti ad alta voce. «No, basta, domani prendo un appuntamento per lo psicologo della scuola. Sto uscendo fuori di testa.»

Il mio cellulare iniziò a squillare e pregai Dio che non si trattasse di mia sorella, o peggio di mia madre; non volevo che si preoccupassero costantemente di me, anche se la mia situazione non era delle migliori.

Sospirai sollevata quando lessi il nome di Melinda e mi affrettai subito a rispondere. «Meli», quasi balbettai a causa del freddo.

«Com'è andata l'uscita con Romeo?», chiese lei ignara di tutto.

«Mmm s-sarebbe potuta andare meglio», alitai sulle mani che seppur coperte dai guanti erano congelate.

«Cos'è successo?»

«Diciamo che Romeo si è trasformato in Shrek.»

«È diventato un orco?»

«Un porco più che altro», ripensai subito alle sue mani su di me.

«Che ti ha fatto?», chiese lei subito in agitazione. Sentii uno strano rumore dal cellulare, come se avesse cliccato qualche pulsante, forse aveva il vivavoce.

«Per fortuna nulla, ma l'ho mollato per strada e adesso sto tornando a casa.»

«Gli stacco le palle non appena lo vedo, ti giuro! Mi racconterai i dettagli domani a scuola, io sono rimasta bloccata a casa di Sandel perché fuori c'è una vera e propria bufera.»

Alzai il viso verso il cielo, non vedendo alcun segno di una vicina bufera. «Qui nevica poco.»

«Qui? Oks dove sei di preciso?»

«Più o meno ad un'ora dal paese, a piedi intendo.»

«Che cazzo stai dicendo? Quel coglione ti ha lasciata in mezza alla strada ed è andato via? Ma si è proprio rincitrullito, o cosa? Perché diavolo non mi hai chiamata prima, o non hai chiamato tua madre? Se continui ad avanzare verso il paese, ti beccherai la bufera», iniziò a sclerare e ad urlare. In effetti non aveva tutti i torti.

«Io... Mi dispiace, ma non ci ho minimamente pensato a chiamarti, o almeno non prima di trovare la lucidità. Sono totalmente sconvolta dall'improvviso cambiamento di Efrem e sono scesa io dall'auto per tornare a casa, non ci penso minimamente a passare anche solo un minuto di più con lui.»

«Aspetta...», sentii un altro rumore in sottofondo e sperai vivamente che non  chiamasse mia madre dopo quella telefonata.

«Melinda... Ehi, mi senti? Non dire nulla a mia madre, so di aver sbagliato, ma se lei viene a saperlo, addio al weekend sulla neve.»

«Solo tu puoi pensare al weekend sulla neve in un momento del genere. Sai vero che rischi di morire assiderata?»

«Se dovessi-», mi bloccai all'istante. Il cellulare per poco non mi cadde da mano, mentre i miei occhi si sgranarono davanti alla bestia che mi osservava curiosa. «M-Melinda aiuto... C-C'è un lupo... Cioè si, mi sembra familiare... Lo conosco. Mi sta fissando... Io... Oddio passami Sandel adesso!»

«Sei in vivavoce, ti sento. Non avere paura, deve aver-»

«Che faccio? Corro? Gli lancio un ramo e aspetto che corrà al suo inseguimento?»

«Oks che diamine stai farneticando? Siamo lupi, non cani di casa. Stai tranquilla, l'unico che è uscito stasera è Gabriel. Deve aver sentito il tuo odore e ti ha raggiunta. È perfettamente in grado di restare lucido e non ti farà del male, affidati a lui e torna a casa. Restare da sola non è la miglior cosa.»

«Sei caduto di testa o cosa? Affidarmi ad un lupo, ma sei impazzito? Preferisco morire assiderata, grazie», alle mie parole, il lupo... Cioè, Gabriel, iniziò ad avanzare verso di me. «No! Stai fermo lì, non ti avvicinare o giuro che mi metto ad urlare.»

«Urla quanto puoi, non penso che lì ci sia qualcuno pronto a soccorrerti»,  non avevo mai odiato Sandel quanto in quel momento.

Gabriel continuava ad avanzare verso di me, mentre io tremavo incessantemente, ma quella volta non per il freddo. Lo avevo già visto trasformato una volta, eppure mi sembrò di rivederlo sotto una diversa prospettiva.
Il suo pelo era talmente scuro da confondersi con la notte, mentre i suoi occhi azzurri brillavano più della luna.
Dio santo, avevo paura di lui? Io avevo la fobia dei lupi, ma di Gabriel? Sapevo che probabilmente non volesse farmi del male, lui... Perché stavo iniziando a fidarmi di quello strambo ragazzo? La lezione che mi aveva imparitito Efrem non mi era bastata?

Gabriel era uno scherzo della natura, non esisteva al mondo, era stato rinnegato da chissà chi, o maledetto. Non era umano, eppure...

Gli occhi mi divennero lucidi. Era stata una giornata di merda, come le precedenti d'altronde, ma speravo di poterla concludere meglio.

Dall'altro capo del telefono non sentii più nulla, la chiamata si era interrotta nel momento esatto in cui una potente e gelida folata di vento mi aveva costretta a chiudere gli occhi.

Quando li riaprii, mi trovai il suo muso a pochi metri dal mio e per poco non svenii dallo spavento. Povero ancora una volta il mio cuore che palpitava incessantemente.
Un altro rumore, il medesimo di pochi minuti fa, mi fece sobbalzare e -involontariamente- avvicinare a Gabriel.

Se non era stato lui a produrlo, allora chi era stato?

«Gabriel», lo chiamai a bassa voce, mentre lui indirizzava lo sguardo verso sinistra, verso la foresta. «Io... Va bene, mi affiderò a te per tornare a casa, ma ti prego andiamo via, ho una pessima sensazione.»

Annuì con il muso, dopodiché iniziò ad avanzare verso il lato opposto della strada. Lo seguii senza fiatare e, quando vidi che si stava inoltrando nel bosco, non potei far a meno di sospirare sconsolata; sapevo che avrebbe scelto quella via, non era normale veder passare un lupo enorme nel bel mezzo della strada.

Nonostante capivo le sue motivazioni, lo maledissi per avermi trovata e soprattutto per avermi fatta entrare in un bosco. Sapeva benissimo cosa fosse successo lì la scorsa volta, eravamo insieme, eppure non ci aveva pensato due volte a percorrere il sentiero.

Camminava molto lentamente, mentre io avanzavo sempre di più per stare al suo passo. Le sue zampe erano enormi e creavano una profonda impronta sul suolo innevato. Mi ritrovai a fissare la sua schiena ricoperta dalla peluria scura e un irrefrenabile impulso di tastarla si impossessò di me.

Incrociai le braccia al petto per proteggermi dal vento gelido e continuai a camminare. Mi chiesi perché mi avesse raggiunta, Sandel aveva detto che probabilmente aveva sentito il mio odore, ma perché verificare che fossi proprio io? Forse si era preoccupato per me, o magari era semplicemente curioso di scoprire perché fossi così lontano da casa.

Fatto sta che, con mio stupore, camminare accanto a lui non era spaventoso come pensavo. Pian piano mi stavo abituando alla sua presenza e all'averlo accanto.
Ricordavo ancora le famose parole che pronunciò tempo fa: andare oltre il suo sguardo mostruoso... Ed era proprio quello che stavo cercando di fare.

Lo vidi fermarsi di botto, mentre io non potei far a meno che mantenermi il capello che per poco non vola via dal troppo vento. Melinda aveva ragione, più ci avvicinavano al paese, più il vento gelido aumentava, trascinandoci nella bufera.

La mia tracolla venne afferrata dalla sua bocca e mi incintò a seguirlo fuori dal sentiero che stavamo percorrendo, per inoltrarci chissà dove.
Scossi il viso titubante, ma lui continuò a tirarla con poca forza, come per ribadire la sua richiesta.

Mi morsi il labbro inferiore, che ormai doveva essersi congelato e frammentato in mille pezzi, e sospirai. Dovevo per forza seguirlo, non avevo altre possibilità.
Mi lasciai condurre in una grotta poco lontano, mi guardai attorno e mi chiesi come mai si era fermato proprio lì.

La grotta mi sembrava abbastanza profonda, tant'è che non riuscivo a vedere il suo fondo. Gabriel avanzò proprio verso esso, allontanandosi dall'entrata e mi ritrovai ancora una volta a seguirlo come se fossi la sua ombra.

Solo quando sentii il fischio potente e continuo del vento, capii che probabilmente si era fermato perché aveva capito che era impossibile avanzare ulteriormente.
Mi sedetti per terra e portai le ginocchia al petto, per quel che potei, dato che ero avvolta in strati di panni e mi era impossibile fare determinate azioni.

«Non ti spaventare, voglio solo dirti che resteremo qui fin quando la bufera non passerà. Non penso ci vorrà molto.»

La sua voce si insinuò nella mia mente e per un attimo restai sorpresa. Ripensai, però, alla prima volta che mi aveva mostrato la sua vera natura, anche allora era riuscito a parlarmi; forse era un potere tipico dei lupi mannari. Aspetta... Se loro erano in grado di comunicare telepaticamente, significava che la voce che sentivo ogni volta in loro presenza, derivava da un altro lupo!
Non aveva comunque senso: perché una bestia doveva mettermi in allerta su qualcuno della sua medesima specie? 

«Perché dovrei avere paura? Sono abituata a bufere improvvise.»

«L'ultima volta che ti ho parlato telepaticamente sei svenuta.»

«Verissimo, ma ormai ci ho fatto l'abitudine ad avere una voce nella mia testa. Una in più e una in meno è irrilevante, a questo punto.»

«Non capisco, cosa intendi dire? C'è qualcun altro che si mette in contatto con te?», chiese. Nonostante stessimo parlando, lui restava comunque lontano da me e nascosto nel buio della grotta.

Sospirai e preferii non rispondere alla sua domanda, o almeno non del tutto.
«Non mi crederesti se te lo dicessi.»

«Non puoi saperlo se non ci provi.»

«Perché sei venuto a cercarmi?», cambiai  subito argomento.

«Non sono venuto a cercarti. In questo periodo sono parecchio stressato e per liberare la mente corro per il bosco, ho sentito il tuo odore e l'ho semplicemente seguito.»

«Perché?»

«Perché? Non lo so, sentivo che fossi in pericolo e per evitare che scomparissi ancora una volta, ho deciso di seguire il mio istinto. Posso chiederti cosa ci facevi così lontano da casa?»

«Ero con Efrem», risposta breve e decisa. Non avevo minimamente voglia di dirgli altro, anche perché a lui poco interessava quella faccenda. «Comunque grazie», puntai lo sguardo verso la sua direzione e il cuore iniziò nuovamente a palpitare con impeto. A pochi metri da me c'era un lupo grande e potente, ma il desiderio di vederlo e di continuare a parlarci era più grande della fobia che avevo nei confronti della sua specie. «Puoi avvicinarti, se vuoi.»

«Ne sei sicura? Non voglio spaventarti ulteriormente.»

«Sicurissima», forse.

Non lo sentii avanzare verso di me, i suoi passi erano lenti e silenziosi. Riuscii però a vedere la sua figura sbucare dall'oscurità e i suoi occhi brillare di luce propria. Deglutii a vuoto, quando ormai era vicinissimo a me.
Si sedette sulle quattro zampe e mi fissò senza dire nulla. Il suo muso era all'altezza del mio viso e, involontariamente, alzai una mano nella sua direzione.

Lui non fece nulla, né mi vietò di avvicinarla al suo muso, anzi, lo abbassò maggiormente per facilitarmi il compito. Tremante poggiai la mano sul suo capo e ciò che tastai mi ricordò molto il pelo morbido di un peluche.

I miei occhi verdi erano incastrati nei suoi e, incantata da qualcosa di nuovo quanto pericoloso, tracciai con l'indice i lineamenti facciali.
Se un paio di mesi prima mi avessero detto che un giorno mi sarei ritrovata in una grotta insieme ad un lupo, mi sarei messa a ridere; invece nulla si dava per scontato.

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