XXXIX ~Si vola a Northside~
Osservavo il soffitto di una camera non mia. Quella notte avevo dormito poco, a causa dei continui incubi che sembravano essere cambiati: erano passati dalle paranoie al tradimento di mia madre.
Attualmente ero a casa di Melinda e quest'ultima stava riposando a letto. La scorsa sera avevamo chiesto a sua madre di venirci a prendere, la quale era preoccupata per la amica, poiché la notizia dell'incendio si era propagata in tutto il paese e lei sapeva che la figlia si trovava proprio lì.
Avevo provato a chiamare mia sorella più volte, ma non avevo mai ricevuto una risposta; speravo che lei non sapesse nulla di ciò che realmente era successo... No, le mie speranze andavano ben oltre: io speravo che lei non fosse coinvolta e corrotta come nostra madre.
Mi dispiaceva veramente tanto per il branco di Gabriel, le loro case erano state totalmente distrutte dall'incendio e non avevano più un posto in cui vivere. Alla gente del posto avevano detto che l'incendio era stato causato da un fulmine che aveva colpito un albero. Di certo preferivo di gran lunga la menzogna alla dura realtà.
Mi alzai dal letto con fatica, le mie forze sembravano opporsi a qualsiasi movimento io imponessi ed i muscoli erano diventati pura gelatina. Mi strinsi nel caldo pigiama in pile prestatomi da Melinda e mi diressi in cucina.
«Buongiorno», salutai sua madre che stava preparando dei cornetti fatti in casa.
«Buongiorno! Come mai ti sei svegliata così presto? Oggi non c'è scuola.»
«Lo so, ma devo tornare a casa», Melinda non sapeva ancora nulla di mia madre e non volevo che si preoccupasse ulteriormente; doveva solo pensare a guarire.
Mi gustai velocemente la buona colazione che la mamma aveva preparato e silenziosamente mi preparai per tormare a casa.
Il tragitto sembrava essere ancora più lungo del solito, o forse ero io che stavo camminando lentamente. Ci impiegai quasi trenta minuti ad arrivare e, quando girai la chiave nella serratura del negozio, il cuore aumentò i battiti.
Avevo provato nuovamente a mandare un messaggio a mia sorella poco prima, ma ancora non mi aveva risposta e la mia preoccupazione aumentava ogni minuto di più.
Entrai in quella che era la mia casa e mi guardai attorno. Le finestre erano chiuse, così come le tapparelle abbassate, il salone e la cucina erano avvolti in un'inquietante silenzio ed oscurità.
«Anisha...», sussurrai, poggiando la tracolla vicino all'entrata. «Anisha!», la chiamai ad alta voce, correndo verso la sua camera. Come mi aspettavo, la trovai vuota; il letto era intatto, ciò significava che non aveva dormito.
Non sapevo cosa fare, non sapevo se restare in casa mia o fuggire il più lontano possibile; anche optando per l'ultima idea, non sapevo comunque dove andare, avevo paura e non riuscivo a fidarmi della mia stessa famiglia.
Avevo alcuni parenti, ma abitavano in città, non gli facevo visita da tempo e temevo di chiedere loro aiuto. I soggetti in questione erano i genitori di mamma e mi chiesi se anche loro fossero coinvolti.
Mi portai entrambe le mani tra i capelli e strinsi talmente forte da sentir tirare sul cuoio capelluto. Avrei voluto urlare e prendere a calci la mia amata mammina che aveva deciso di sconvolgere la mia vita.
Tutto era iniziato quando i fratelli Lupei erani giunti in paese e mi chiesi cosa sarebbe successo se non fossero venuti, la mia vita sarebbe sempre monotona come un tempo?
Ormai era inutile ipotizzare impossibili realtà, mi riempivano solo la mente di stupidi pensieri e già ero al limite della sopportazione.
Decisi per il momento di prendere un'aspirina e successivamente una tisana o una camomilla, per provare a calmarmi.
Mentre sorreggiavo la tazza fumante, le mani mi tremavano e la speranza, mista alla paura, che mia madre potesse tornare era tanta. Da una parte speravo che facesse ritorno insieme a mia sorella e mi spiegasse cosa accidenti le era venuto in mente e soprattutto come faceva a conoscere quei strani esseri, dall'altra parte -invece- speravo che non tornasse, perché non ero pronta ad affrontarla.
Il mio cellulare iniziò a squillare ed io sobbalzai.
«Melinda», borbottai.
«Oks perché non mi hai svegliata? Dove sei?»
«Dove pensi che sia, a casa mia.»
«Stai bene?»
«Questo dovrei chiederlo io a te», sospirai, «la ferita fa tanto male?»
«Non molto, solo se faccio determinati movimenti. Comunque sia penso che entro oggi o domani starò meglio, anche perché si avvicina sempre di più il giorno della cerimonia.»
Aggrottai la fronte non capendo. «Il giorno della cerimonia?»
«Purtroppo non abbiamo avuto tempo per parlare, ma oggi stesso Sandel e tutto il suo branco partiranno per andare nella città di Northside. Nonostante ciò che è accaduto ieri, per loro i prossimi giorni saranno decisivi. Sandel verrà incoronato Alpha del branco, mentre Gabriel il suo Beta. Successivamente chiederanno al loro Re di potersi stabilire definitivamente qui.»
Cos'aveva appena detto? Avevo scollegato le orecchie non appena aveva pronunciato "Northside", è lì che abitavano i miei nonni. L'idea di correre da loro riaffiorò nella mia mente, ma la paura mi bloccò per la seconda volta. Come potevo raggiungerli? Non sapevo nemmeno se avevo i soldi per prenotare un biglietto, inoltre Anisha era scomparsa e non potevo abbandonarla nelle grinfie di nostra madre.
«Oks, ci sei?»
Scossi il viso e sospirai ancora una volta, «sì ci sono. Sono veramente felice per loro, perché mi hai informata?»
«Perché Sandel mi ha chiesto di andare con loro, in realtà è già da una settimana che prenotiamo i biglietti e tutto. Volevo dirtelo prima, ma puntualmente c'era sempre qualcosa che ci impediva di vederci o di parlare al cellulare. Entro oggi tutto il branco andrà via, ciò significa che quelle creature avranno libero campo di fare ciò che vogliono e siccome ti hanno vista ieri sera, temo che possano farti del male.»
Era vero, se il branco andava via, Woodsville sarebbe rimasta senza protezione. Non che loro facessero chissà che per la nostra cittadina, ma almeno distraevano i Rosius e li costringevano a focalizzare l'attenzione su di loro. Gabriel mi aveva detto che i Rosius non avevano mai attaccato direttamente degli umani, ma sempre con qualche tramite; eppure la scorsa sera si erano mostrati e anche in tanti.
«Hai ragione, penso che Woodsville sia in pericolo. Il problema è che non posso andare dalla polizia e raccontarle tutto nei minimi particolari, mi prenderebbero per pazza!»
«Oks, Sandel è stato molto chiaro prima per telefono: ai Rosius non frega un cavolo di Woodsville, loro hanno preso di mira tutti coloro che sono in contatto con il branco e ciò include anche noi due. Penso che la miglior cosa sia portarti con noi, almeno saresti al sicuro.»
«Non posso venire con voi», risposi di getto. «Melinda c'è una cosa di cui non ti ho ancora parlato e questa cosa riguarda mia madre... Lei, lei è a conoscenza dell'esistenza dei Rosius e ieri mi ha fatto chiaramente intendere che si è schierata dalla loro parte. Non farmi domande perché nemmeno io so le risposte, sono troppo confusa ed arrabbiata. Anisha è scomparsa e temo che possa essere con lei. Se proprio vogliono attaccarmi, che lo facciano, almeno avrò delle risposte.»
Dal mio sfogo si susseguirono secondi di silenzio, finché non la sentì prendere un bel respiro. «Mi stai dicendo che tua madre è dalla parte dei nemici? Oks, ne sei sicura? Lei è una semplice umana, non può aver a che fare con quel mondo.»
«Anche noi siamo delle semplici umane, eppure guarda in che razza di situazione ci troviamo.»
«Noi abbiamo delle conoscenze lì-»
«Sicuramente le avrà anche lei... Come ad esempio Biliel; quando l'ho incontrata ha fatto il suo nome e sono sicura che lui la sta manipolando.»
«La verità verrà fuori prima o poi ed io ti starò sempre accanto. Ma, Oks, fare da esca per farti catturare non è un buon piano. Vieni con noi, dopo la cerimonia torneremo qui e sistemeremo la faccenda. Anisha sicuramente non è in pericolo, è comunque vostra madre e non le farebbe mai del male.»
«Onestamente non saprei che pensare», esclamo con un nodo alla gola.
«Oks fidati, non starei in pace se restassi qui.»
«Innanzitutto non ricordo nemmeno dove ho messo il passaporto, mamma me lo fece un paio di anni fa per andare dai nonni, ma non ci siamo mai andati. Inoltre i fratelli non sanno che probabilmente verrò anch'io, quindi-»
«Lo sanno, mi hanno chiesto loro di parlarti», mi interrompe, sorprendendomi.
«Ah», tamburellai le dita sulla gamba. «I tuoi ti lasciano partire?»
«Ho detto loro una piccola bugia, da una settimana sanno che andremo in gita scolastica e che salteremo il weekend sulla neve. Ovviamente non sanno che la meta è Northside.»
Già il weekend sulla neve era programmato per quella settimana. Mi dispiaceva non andarci, avevo anche preso dei vestiti e tutto ciò che mi sarebbe servito. Volevo andare sulla neve per movimentare un po' la mia monotona vita, a quanto pare ero stata accontentata, ma non come volevo.
«Quanto costa il biglietto aereo?»
«È gratis, così come l'albergo in cui alloggeremo. A quanto pare ha pagato tutto il Re, dato che si sta per svolgere una delle cerimonie più importanti per il branco.»
Santo cielo non sapevo che fare, o dire... Avevo paura di prendere un aereo per quasi cinque ore. Sapevo che se mia madre avesse scoperto che mi ero allontanata così tanto da casa, mi avrebbe ammazzato.
Eppure stavo prendendo quella decisione proprio per essere al sicuro da lei e -forse- dai suoi seguaci. Avevo paura... Paura di tutto.
«Melinda io... Saremo sempre insieme vero?»
«Sì, Oks, dove vuoi che vada?»
«Va bene, allora, si vola a Northside.»
La sentì sospirare dal sollievo. «Per fortuna sono riuscita a convincerti, prepara la valigia, passeremo a prenderti alle tre in punto e staremo lì per cinque giorni.»
Valigia? Non avevo una valigia!
Staccai velocemente la chiamata e la prima cosa che faci fu frugare nei cassetti dove solitamente mamma aveva tutti i documenti, nella speranza di trovare il passaporto.
Nel borsellino inserii i miei documenti personali e -ringraziando veramente il cielo- trovai anche il passaporto insieme a quelli della mia famiglia in una busta di plastica, e non era nemmeno scaduto!
Quando entrai in camera di Anisha, la mia attenzione che per brevi attimi si era staccata da lei, ci ritornò su. Aprii il suo armadio e trascinai fuori il trolley blu scuro che lei stessa aveva usato una volta sola. Ci infilai dentro tutti i nuovi vestiti che avevo acquistato e qualche prodotto per il viso e i capelli.
Quando indossai il cappotto e il cappello, sentii un clacson suonare e -recuperando i soldi- trascinai il trolley verso il pullman che avevano affittato per l'occasione, dato che nessuno aveva la macchina, eccetto i due fratelli.
Il tragitto verso l'aeroporto fu silenzioso, solo i bambini ridevano e giocavano tra di loro. Melinda e Sandel parlottarono di tanto in tanto, mentre Gabriel sembrava essere totalmente in un altro mondo.
Non potevo ancora crederci che stavo per prendere un aereo e per di più con un branco di lupi. Dio l'ironia della sorte.
Siccome non avevo dormito molto la notte scorsa, mi appisolai solo per un oretta e -quando mi svegliaroni- già eravamo in aeroporto. Alcuni voli erano stati cancellati a causa del mal tempo, per fortuna il nostro no.
I controlli vennero passati da tutti e, nel momento esatto in cui misi piede in aereo, il cuore iniziò a battere all'impazzata. Melinda si sedette accanto a me, mentre l'hostess ci elencò le misure di sicurezza.
«Come si mette?», chiesi, entrando nel panico quando non riescii a mettere una banale cintura.
«Non lo so, dove si allaccia?»
«Oddio, tra poco decolliamo senza cinture!»
«Stai calma... Sandel!», urlò così forte da far voltare tutti i passeggeri. Sandel e Gabriel erano seduti davanti a noi, quindi non serviva urlare in quel modo. «Non riusciamo a mettere le cinture.»
«È la prima volta in aereo?», chiese lui mentre ci aiutava.
«Il rischio di un incidente è alto in questa stagione», riflettei, «ci saranno le turbolenze e probabilmente un guasto al motore... Fatemi scendere!», provai ad alzarmi, ma la cintura mi bloccò.
«Oks smettila, spaventi anche me», mi sentii afferrare la mano. «Se il volo non fosse sicuro, lo avrebbero cancellato.»
Il motore iniziò ad emettere uno strano rumore e qualcosa vibrò sotto i piedi. L'aria mi mancò nel polmoni, mentre la forte pressione mi fece fischiare le orecchie. L'aereo era ufficialmente partito ed io avrei pregato per le restanti ore di volo.
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