XXXIV ~Voci sconosciute~
Oks
Novembre aveva ufficialmente chiuso le porte, dando il benvenuto ad un freddoloso ed eterno dicembre.
Ormai la neve aveva raggiunto i quindici centimetri di altezza, le prenotazioni per la legna da ardere erano sempre più frequenti e la gente evitava di uscire di casa se non per lo stretto necessario.
La scuola, come suo solito, non aveva lanciato alcun avviso di temporanea chiusura. Noi gente di montagna eravamo abituati a certe condizioni di vita, quindi non ci facevamo intimidire da nulla. Però, ammettevo che un paio di giorni a casa nel mio caldo lettuccio non mi sarebbero dispiaciuti.
Dopo la cena a casa di Bilel, la mamma aveva chiesto scusa ad Anisha per il suo comportamento; aveva capito di aver sbagliato, ma voleva comunque portare al termine i suoi piani, permettendo ad Anisha di frequentare la scuola serale. Non che l'idea l'entusiasmasse, chiaro, ma a quanto pare voleva avere la coscienza pulita.
Per quanto riguardava me, stavo cercando di andare avanti pian piano, nonostante cose anomale mi succedessero ancora; come ad esempio vedere immagini o scene improvvise. Cercai di fuggire da quella sorta di realtà che mi stava avvolgendo e che rischiava di farmi impazzire. Provavo a non pensarci, a non voler dare una spiegazione a tutto ciò, ma quando si presentava, non potevo fare a meno di chiedermi cosa mi stesse succedendo.
Cercavo di concentrarmi solo sullo studio, evitavo i fratelli Lupei e anche Melinda, poiché ultimamente quest'ultima si era stranamente chiusa in sé stessa e per la maggior parte del tempo in cui eravamo insieme, non faceva altro che restare in silenzio.
Volevo sapere cosa l'affliggesse, ma era ostinata a non parlare e onestamente non sapevo che fare, avevo troppi pensieri per la testa.
Quella mattina la voglia di andare a scuola era praticamente nulla, ma ero sicura che la professoressa di lingue straniere mi avrebbe interrogato e non volevo mancare.
Indossai un jeans felpato ed un maglione largo. Mi sembrava quasi di aver perso peso ultimamente, ma non volevo assolutamente illudermi, sarebbe stata la bilancia a dirmi la verità.
Infilai in cartella i libri che mi sarebbero serviti in giornata e scesi in negozio, dove trovai mia madre a sgranocchiare dei biscotti. «Fuori c'è Bilel che monta le catene alle ruote, dobbiamo aspettare solo cinque minuti.»
Annuii ed afferrai il cellulare per controllare se avevo qualche messaggio, ma come da quotidiano, nessuno mi cercava.
Quando finalmente giunsi davanti al cancello della scuola, mi sedetti sul muretto all'entrata e puntai lo sguardo in un punto indefinito, ripetendo mentalmente gli argomenti che la professoressa mi avrebbe chiesto.
Gli studenti mi passavano accanto e le loro voci mi sembravano molto lontane, così come i loro movimenti sembravano procedere a rallentatore. Mi chiusi nella mia bolla e mi isolai totalmente dal mondo.
Sei diversa da coloro che ti circondano, ecco perché non sei a tuo agio.
Un'improvvisa voce si insinuò nella mia mente e all'unisono una fitta colpì il centro del mio petto, facendomi gemere dal dolore. Era incredibile quanto essa somigliasse a quella che avevo precedentemente avvertito, la fatidica vocina che mi aveva messa in guardia dai lupi.
Sì, loro sono pericolosi e tu sei diversa perché hai il potere di aiutarci.
Un'altra frase sconnessa e un'altra fitta. Non capii da chi provenisse, cosa mi stesse succedendo. Inizialmente ero convinta che quella voce fosse il mio sub conscio, ma non era così. Era una voce sconosciuta, una voce che mi faceva venire la pelle d'oca.
Mi conosci, ci siamo già visti, fidati di me.
«Oks... Oks!!»
Sgranai gli occhi e notai che il respiro era irregolare. Il mio alito si infrangeva con il freddo, creando una nebbiolina bianca davanti al mio viso e a quello di Melinda.
«Ti sto chiamando da tempo, ma non mi sentivi.»
«Scusami... Stavo ripetendo.»
«Ripetendo? Oggi la professoressa manca, ricordi? Abbiamo anche dovuto spostare il test.»
Non era possibile... «Sei seria? Dio, ero convinta che oggi mi interrogasse!»
«Di sicuro lo farà la settimana prossima», si guardò attorno e si morse il labbro inferiore. «Okay, sto per proporti una cosa che mai nella mia vita avrei pensato di fare: ti va di marinare la scuola?»
Ancora una volta rimasi sorpresa. «Cosa? Melinda ho già fatto troppe assenze e in cinque anni di liceo non abbiamo mai marinato la scuola.»
«Ecco... Io non sono sola e ci sarebbero delle cose di cui voglio parlarti, capisci? Cose importanti, che non possono essere spiegate a scuola e non posso aspettare questo pomeriggio.
Però, dai...», ridacchiò nervosamente, «siamo all'ultimo anno e dobbiamo provare l'ebbrezza e l'adrenalina nel marinare la scuola, no?»
«Melinda hai fumato qualche canna, o hai bevuto?»
«No, sono serissima e se non fossero cose importanti non ti chiederei di saltare la scuola.»
«Se mia madre lo scopre, mi ammazza, soprattutto dopo quello che è successo.»
«Non permetteremo che lo venga a sapere, ci presenteremo fuori scuola all'ora di uscita e tu tornerai a casa con lei.»
Sospirai e chiusi gli occhi, non sentendo più alcuna voce.
Ci riflettei su, mentre una profonda paura si insinuò nel mio cuore; la paura della prima volta che facevo qualcosa di così tanto avventato, non che io fossi una studentessa modello, ma non avevo mai saltato la scuola. «È davvero così tanto importante ciò che mi devi dire?»
Lei annuisce. «Va bene, ma solo per questa volta, sia chiaro.»
«Perfetto, adesso andiamo via da qui prima che ci vedano.»
Mi afferrò la mano e mi trascinò verso la stazione dell'autobus. Una volta salite, scendemmo all'ultima fermata, la più lontana, cosicché da evitare di incontrare nostri familiari o conoscenti.
Melinda mi sembrava abbastanza agitata e non capii se ciò fosse causato dalla notizia che doveva darmi, o dall'aver deciso di saltare scuola.
Decidemmo di fermarci in un bar per mangiare qualcosa, dato che lei sembrava avere un appuntamento tra meno di trenta minuti ed era di fretta. Con chi aveva un appuntamento? Ancora non lo sapevo. La situazione era sempre più strana.
«Per me un cappuccino e un cornetto alla marmellata.»
«Per me solo un caffè macchiato», ordino mentre tolgo il piumino.
«Solo un caffè? Come mai non mangi il classico cornetto al cioccolato? Stai male?», non mi rivolgeva così tante domande da tempo.
«Non ho molta fame, di cosa volevi parlarmi?»
Iniziò a tamburellare le dita sul legno bianco che componeva il tavolo. «Si tratta di Sandel, hai notato che ultimamente sono stata un po' assente, ma sei la mia migliore amica e voglio confidarmi con te e aggiornarti su ciò che è successo, anche se so che tu sei a conoscenza di molte cose.»
Le nostre ordinazioni arrivarono ed iniziammo a consumare ciò che avevamo preso. «Sandel mi ha detto il segreto...
Cioè, più che detto, mi ha mostrato-», si interruppe ed abbassò il tono di voce, «il vero lui.»
A quella sua affermazione spalancai la bocca, non avrei mai pensato che Sandel potesse dirgli la verità.
«Ah...», fu tutto ciò che riuscii a dire.
«So che anche tu ne sei a conoscenza, ma capisco il motivo per il quale non ne avevi parlato ancora con me... Cioè, è una bella responsabilità tenere questo segreto. Io dopo aver saputo la verità ho provato ad evitare per un po' Sandel perché incolpavo lui e tutta la sua razza per gli omicidi commessi, ma ha insistito ogni giorno e ha fatto si che mi fidassi di lui e delle sue parole.
So che per te è stato un po' diverso, infondo loro costituiscono la tua più grande paura e posso anche capire se non vorrai più la loro compagnia. Mi dispiace averli portati a casa tua, qualche settimana fa, ma ti assicuro che in quel momento non ci avevo minimamente pensato e-»
«Melinda prendi fiato, stai parlando talmente velocemente che fatico a capirti», la fermai con un amaro sorriso. «Stai tranquilla, non sono arrabbiata con te per averli portati in casa mia, anzi è stata una piacevole serata. A differenza tua, io non ho ancora preso una decisione. Sto affrontando un brutto periodo ultimamente, ho la testa che mi scoppia dalle troppe notizie e prima di tutto sto cercando di fare mente locale su tutto. Affrontare tutti i problemi insieme è un suicidio, ma sono sicura che con il tempo c'è la farò», più che altro provavo a convincere me stessa.
«Sappi sempre che non sei sola. Se hai tanti problemi, la miglior soluzione è affrontarli insieme, come abbiamo sempre fatto.»
«Non penso che tu possa aiutarmi più di tanto», mi grattai la nuca, «il problema maggiore attualmente è mia madre: ha deciso di sposare Bilel, di vendere il negozio e di trasferirci tutti insieme in una nuova casa come una felice famigliola.»
Sgranò gli occhi e per poco non si strozzò con il cornetto. «C-Così presto? Accidenti, non perde tempo. Non pensavo che la loro relazione fosse tanto seria, anzi, pensavo che a breve si sarebbero lasciati.»
«È quello che speravamo anch'io e Anisha, ma lei è felice e noi non possiamo far nulla. La mia vista sta cambiando troppo velocemente e non mi aspettavo che quest'anno sarebbe stato così duro.»
«Non ti dò torto», esclamò prima di afferrare il cellulare per leggere un messaggio. «Sandel mi ha accompagnata questa mattina a scuola e sa che siamo qui, ha detto che deve darmi una notizia importante, ma se non vuoi che lui ci sia, gli dico di vederci qualche altro giorno.»
«No, tranquilla, fai pure, anche perché non abbiamo chissà cosa da fare», finii di bere il mio caffè.
«Va bene, saranno qui a breve. Ti giuro che questa è l'ultima volta che ci saranno anche loro ad un nostro incontro.»
«Melinda, poco mi interessa della loro presenza. Certo, mi farebbe piacere passare più tempo da sole, ma se lui è il tuo fidanzato, non posso di certo cacciarlo via.»
«Mi organizzerò e passeremo tutto il tempo che vuoi insieme. In questi pomeriggi potremmo farci accompagnare da mio padre al centro commerciale per fare shopping, così da poter per un po' dimenticare i drammi familiari. Poi qualche sabato possiamo-»
«Buongiorno ragazze», ed ecco che una voce maschile sovrastò quella della mia amica.
Entrambe ci voltammo verso i due ragazzi che avevano raggiunto il nostro tavolo e si erano accomodati. Gabriel sembrava essere parecchio nervoso, mentre Sandel sorrideva come un coglione.
«Buongiorno, cosa posso portarvi?», chiese immediatamente una cameriera sbucata dal nulla.
«Per me un caffè.»
«Una birra.»
Il fratello si voltò sconvolto verso Gabriel, per poi scuotere il viso e stampare un bacio sulla guancia della sua amata.
Bere birra di prima mattina, come faceva il suo povero stomaco a reggerlo? Ma soprattutto, perché aveva ordinato una birra? Che fosse il nervosismo a portarlo a bere?
A differenza delle altre volte, sembrava essere totalmente diverso. Era silenzioso, e quella non era una novità, ed era anche arrabbiato; lo si poteva benissimo intuire dall'espressione del suo viso.
Un lupo arrabbiato è un pericolo per l'umanità. Sta lontana da lui.
Mi portai con un gesto repentino una mano al petto e strinsi le dita nella lana del maglione. Ancora quella voce.
Mi schiarii la voce e borbottai: «torno subito, vado al bagno.»
Senza attendere un secondo di più, mi allontanai dai tutti ed entrai nel bagno del bar. Perché quella vocina subentrava principalmente in loro presenza?
Mi invogliava ad allontanarmi dai fratelli, ormai ne ero sicura, ma tutto ciò non era assolutamente normale!
Mi lasciai cadere sulle mattonelle fredde del bagno e mi massaggiai le tempie, sentendole pulsare dolorosamente. Ero stanca di tutto, volevo solo avere un attimo di pace.
Passarono cinque, o dieci minuti, non lo sapevo di preciso. Dopo che il dolore si era affievolito, mi alzai e mi avvicino ai lavandini. Mi sciacquai il viso con acqua tiepida ed osservai il mio riflesso nello specchio: «adesso torno di là. Non so chi tu sia, ma devi lasciarmi in pace!», parlai con me stessa, rendendomi conto di essere una stupida.
Stavo seriamente parlando con una voce che solo io potevo sentire?
Sobbalzai quando qualcuno bussò alla porta e subito dopo vidi entrare Gabriel.
«Va tutto bene?» chiese quasi preoccupato.
«Io... sì, ora sì, perché?»
«Non sei più tornata», si voltò per verificare se ci fosse qualcuno alle sue spalle e subito dopo entrò nel bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
Il panico subito si insinuò in me e retrocessi fino a far combaciare la mia schiena con la parete.
«Non c'è nessuno qui, oltre me, ripeto: va tutto bene? Puoi fidarti di me, Oks, so che ti risulterà difficile, ma sono sincero.»
Dinnanzi alla sua insistenza non seppi cosa dire, di certo informarlo sulla strana vocina che udivo non era l'idea più logica che potessi avere; mi avrebbe presa per pazza, chi non lo avrebbe fatto. «Poco fa hai fatto una mossa che mi ha confuso: ti sei chinata in avanti ed hai stretto le mani al petto, quasi come se provassi dolore. Anche al supermercato hai fatto una cosa del genere», incalzò ancora.
«Sì, è vero, ma non posso dirti il motivo.»
«Perché?»
«Perché non mi crederessi.»
Aggrottò le sopracciglia confuso, «ti ho rivelato il mio segreto e tu il tuo, siamo più che sconosciuti, non credi?»
«Gabriel per favore, quando e se vorrò dirtelo, lo farò.»
Non potevo. Già avergli confessato il mio crimine era stato un passo falso di cui mi pentivo amaramente, non potevo coinvolgerlo ulteriormente nella mia vita.
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