XXXII ~Un nuovo membro in famiglia~
Per la grandissima occasione, ossia una banale cena a casa del fidanzato di mia madre, Anisha mi aveva piastrato i capelli ed ammisi che non ero affatto abituata a vedermi con i capelli lisci e perfetti, quasi mi piacevano.
Avevo indossato un comunissimo jeans a vita alta con un bel maglione che ero certa mi avrebbe tenuta calda per l'intera serata.
Ero stranamente nervosa, forse perché sapevo cosa mi attendeva, ma -come avevo già detto- non volevo giungere a conclusioni affrettate.
«Oks ti prego, smettila di battere il piede in quel modo mi stai facendo salire il nervoso», piagnucolò mia sorella mentre entrambe attendavamo nostra madre in salotto.
«Scusa, questa maledetta cena non è ancora iniziata e già voglio che finisca.»
«Eccomi qui ragazze, pronte?», tutta euforica la mamma ci raggiunse e ci incitò ad uscire di casa.
La casa di Bilel non distava molto dalla nostra, massimo cinque o sei minuti di macchina, ma a parer mio sembravano eterni. Non ero mai stata a casa sua, dunque non sapevo nemmeno come fosse l'interno, ma sicuramente non era molto diversa dalle case circostanti; mentre Anisha aveva avuto il grande onore di entrarci un paio di volte. Qui a Woodsville le case erano tutte in legno e a due piani, dunque quando ci fermiamo a casa sua e la squadrai dall'esterno, non mi meravigliai nel vedere che avevo ragione.
Ad accoglierci vi era un radioso Bilel che, dopo aver stampato un bacio sulle labbra alla sua amata, diede un abbraccio ad entrambe. Mi tolsi il cappotto e lo appesi all'ingresso, mentre le mie narici vennero avvolte da un delizioso odore di pollo arrosto; Bilel stava giocando le sue migliori carte, partendo innanzitutto dalla gola; sapeva benissimo che il pollo era il mio piatto preferito.
Ci sedemmo a tavola e, da bravo padrone di casa, Bilel ci servì la cena. I miei occhi si illuminarono alla vista delle patate a forno, infatti non ci pensai due volte ad affondare in quella meraviglia di aromi.
«Era da un bel po' di tempo che non cenavamo tutti insieme», prese parola mia madre per smorzare l'imbarazzante silenzio.
«Già, purtroppo sono capitati una serie di spiacevoli situazioni e non abbiamo più potuto organizzare nulla. Allora ragazze, come va?», davvero se ne usciva con una domanda così stupida? La situazione andava maledettamente male!
«Potrebbe andare meglio, ma tiriamo avanti», rispose Anisha.
«Immagginavo, Oks mi dispiace veramente tanto per quello che ti è successo, spero solo che adesso tu stia meglio.»
«Abbastanza grazie», tutto ciò era ridicolo. Pregai affinché qualcuno salvasse me e quella povera cena che non solo doveva essere divorata, ma si doveva anche subire questa situazione assurda.
«Comunque sia, se entrambe avete bisogno di qualcosa, io sono a disposizione.»
«Grazie, Bilel», borbottò con tono aspro mia sorella.
La cena continuò e le parole pure. Rispetto alla prima volta, sia Bilel che mia madre, cercarono di integrare me e mia sorella in qualsiasi discorso iniziassero pur di non farci sentire escluse. Apprezzai molto quel loro sforzo, ma tutto ciò mi appariva ancora come strambo e sconosciuto.
Dopo cena ci sedemmo tutti sul divano davanti al camino e fu in quel preciso istante che Bilel afferrò la mano a nostra madre e si voltò verso di noi sorridente.
«Ragazze, abbiamo voluto organizzare questa cena non solo perché vogliamo passare più tempo insieme, ma anche perché -dopo tante riflessioni- siamo finalmente giunti alla soluzione più giusta», prese parola la mamma e all'unisono Anisha afferrò la mia mano. Come ci aspettavamo, il nostro timore si stava avverando. «Sappiamo benissimo che non stiamo affrontando un bel periodo ed è proprio per questo motivo che vogliamo essere quanto più uniti. Ci abbiamo riflettuto a lungo, abbiamo valutato i pro e i contro e siamo giunti alla conclusione che noi -come coppia- stiamo bene. Io sono finalmente felice dopo tanto tempo e Bilel ha finalmente la famiglia che ha sempre desiderato, noi vorremo coronare il nostro sogno e sposarci.»
Silenzio... Un silenzio ancora più agghiacciante del gelo all'esterno si insinuò tra di noi. La mia mano aveva perso almeno due tonalità di colore a causa della forte stretta di mia sorella e il mio cervello proiettava immagini di noi quattro insieme... Un incubo!
«Oh... Bhe, noi lo sapevamo», intervenii io prima che esplodesse una guerra civile. «Io e Anisha sapevamo che prima o poi ci avreste dato questa notizia, solo che non ci aspettavamo tempi tanto brevi.»
«Ci frequentiamo da ormai due anni ed è vero che voi avete conosciuto Bilel come mio fidanzato da poco, ma lo conoscete come il "macellaio del paese" da tempo. Ormai siamo adulti e anche un po' vecchiotti e non abbiamo altro tempo da sprecare. Sarei veramente felice se voi lo accettaste come un nuovo membro della nostra famiglia.»
«Forse è vero che all'inizio tutto vi risulterà nuovo e strano, ma vi posso assicurare che io e vostra madre faremo di tutto affinché nulla cambi nella vostra vita. Ovviamente ci saranno delle modifiche che con il tempo apporteremo, ma nulla che possa spaventarvi.»
«Siamo felici per voi», Anisha sembrò improvvisamente risvegliarsi dal suo stato di trans. «Ormai la decisione è stata presa e non possiamo che augurarvi un felice futuro.»
Era consapevole che stava parlando con nostra madre e con il nostro futuro patrigno, vero? Sembrava che si stesse rivolgendo a persone estranee e di poco conto, stava chiaramente mentendo!
«A quando le nozze?»
«Siccome non vogliamo un matrimonio in grande, avevamo deciso per metà gennaio, abbiamo un paio di mesi per organizzare il tutto.»
Improvvisamente una lampadina si accese nella mia mente. Loro si sarebbero sposati e poi? Cosa sarebbe successo a noi? Dove avremmo vissuto? E il negozio?
«Mamma, dato che stiamo nell'argomento "matrimonio" ci sono alcune cose che mi turbano, se così si può dire. Ad esempio, dopo il matrimonio cosa succederà? Bilel si trasferirà a casa nostra?»
«Questo è un altro argomento che prima o poi avremmo trattato», prese parola proprio quest'ultimo. «Io e vostra madre abbiamo brutti ricordi nelle nostre rispettive case, dunque avevamo optato per affittarne una nuova dove poter iniziare una nuova vita tutti insieme.»
«Sì, tutto ciò è commuovente e da perfetta famigliola felice, ma avete pensato ai vostri negozi? Mamma non ci siamo mai trasferite proprio perché abbiamo sempre avuto problemi economici», Anisha aveva ragione.
«Dovremmo essere noi a preoccuparci di queste cose e non voi. Comunque sia, il negozio di Bilel - a differenza del nostro- ha un gran flusso di clienti e può aiutarci con il fitto. Una volta sposati contribuiremo entrambi e voi non dovete preoccuparvi di nulla. Vi avevo già detto in precedenza che avevo intenzione di chiudere la nostra attività e penso proprio che lo farò per fine dicembre.»
«Cosa? Non lo puoi fare!», mi alzai di botto, «quel negozio appartiene al nonno, cosa penserà una volta saputa la tua decisione?»
«Il nonno abita lontano da qui, è a Northside, non sa dei problemi che abbiamo avuto e non ha il diritto di immischiarsi in faccende che ormai non lo riguardano più.»
La seconda volta fu Anisha ad alzarsi con le lacrime agli occhi. «La decisione è tua, il negozio è intestato a te e puoi farci quello che ti pare. Voglio solo ricordarti una cosa, però, io non ho mai amato lavorare lì dentro, eppure ho rinunciato agli studi pur di aiutarti. Oks andava ancora alle medie, ricordi? Tu piangevi in salotto perché non riuscivi più a gestire tutto da sola ed io pur di aiutarti ho sacrificato il mio futuro, te ne sei sempre uscita con la scusa che a me non piacesse la scuola, ma sai bene quanto me quale fosse il mio più grande sogno e con la media che avevo potevo benissimo arrivarci. Quindi grazie madre, goditi pure la tua vita, la mia è stata appena distrutta», mi afferrò per mano e con l'altra prese i nostri cappotti, per poi uscire fuori.
Camminammo per le desolate strade del paese, mente il mio cellulare vibrava in tasca; non avevo alcuna intenzione di rispondere alle chiamate.
Per tanto tempo avevo pensato che mia sorella mi odiasse, c'era stato un periodo in cui mi rivolgeva appena la parola, ma solo in quel momento compresi che forse il suo dolore e la sua tristezza erano talmente forti da averla fatta chiudere in una bolla.
Mi trascinò nel bar che frequentavamo da tempo ed ordinò due cioccolate calde. Il suo gesto mi fece sorridere, quella era una nostra vecchia tradizione; prima della morte di papà, qualsiasi cosa succedesse, la mamma ci portava al bar a bere una cioccolata calda per rimediare agli errori, per dimenticare una brutta esperienza o per distruggere la tristezza.
«Mi dispiace», esclamai, mentre lei si soffiava il naso. «Per tutti questi anni non ho mai capito quanto tu stessi soffrendo e mi odio per questo, perché siamo sempre state unite e non sono riuscita a comprenderti.»
«Era logico, Oks, tu avevi già i tuoi problemi che sono molto più gravi dei miei; io non avrei mai resistito ai pregiudizi e all'isolamento. Io volevo solo aiutare la mamma in quel periodo nero, pensavo che il nostro negozio mi avrebbe dato un futuro, di certo non florido come mi aspettavo, ma almeno qualcosa.»
Le nostre ordinazioni arrivarono ed io afferrai la mia tazza, soffiandoci su. «Anisha nulla è perduto, esistono le scuole serali. Se la mamma veramente vuole chiudere l'attività, potresti ritornare benissimo a scuola.»
Con un amaro sorriso e con una voce roca da farmi impietosire, esclamò: «secondo te accetterebbe mai? Non vede l'ora che tu finisca il liceo proprio per non dover spendere più soldi in libri e quaderni.»
«Te lo deve dopo tutto ciò che hai fatto per lei, sei ancora giovane e puoi ancora rimediare. Guarda me, la mamma quante volte mi ha pestato la dignità e l'orgoglio? Tantissime volte, eppure io non mi sono mai lasciata schiacciare e sono sempre andata avanti.»
«Tu sei diversa da me, Oks, tu sei forte», inclinò in avanti il busto per posizionarsi a pochi centimetri da me, «hai avuto le palle di premere il grilletto quella notte, io non ne avrei mai avuto il coraggio perché volevo bene a papà, ma all'unisono lo odiavo. Sei stata rapita per due settimane e non sappiamo ancora chi sia stato e perché lo abbia fatto, dovresti vivere nel terrore che una cosa del genere ricapiti, eppure vai avanti e non ci pensi.»
«Io sono forte perché ho te e Melinda, tu sarai forte perché avrai me», le afferrai la mano e la strinsi tra le mie.
Una sorella era il dono più grande che esistesse al mondo.
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