XXIV ~Woodsville~

Gabriel

Osservai il paesaggio scorrere veloce  attorno a me. Con un balzo felino arrivai sulla cima di un albero, chiusi gli occhi e mi beai del vento gelido che a quella altezza mi sfrecciava sul viso e mi colpiva come schegge di vetro.

Contemplai pensieroso la folta foresta in cui vivevo e mi chiesi come potesse un luogo del genere nascondere tanti intigri e segreti.

Mi poggiai al tronco e sollevai la mano, alzandola all'altezza del viso. I lunghi artigli avevano sostituito le classiche unghie da umano ed erano affilati quanto dei rasoi. Quella notte ci sarebbe stata la luna piena, i nostri impulsi naturali si sarebbero elevati al massimo ed era l'occasione perfetta per dare la caccia ai Rosius.

La nostra specie rientrava nella categoria dei lupi mannari, eppure non ci avvicinavamo nemmeno lontanamente alle classiche favolette che gli umani raccontavano ai bambini o ai film che ci rappresentavano.

La nostra completa trasformazione avveniva con la luna piena, dove anche i nostri sensi e la nostra forza si amplificavano; ma anche nelle ore diurne e nelle notti di luna nuova, eravamo liberi dal poter mutare forma, seppur con una concezione di svantaggio. Le nostre dimensioni corporali rispecchiavano quelle di un classico lupo e sicuramente non perdavamo lucidità dopo la trasformazione.

Ricordavo ancora il giorno in cui scoprii la mia vera natura, avevo terrore di me stesso ed odiavo ciò che ero. Ero un bambino debole, proprio perché evitavo di trasformarmi, così facendo non potevo allenarmi e calcificare le ossa. Con il passare del tempo avevo imparato ad accettarmi, ma i problemi non sono cambiati, anzi.

«Gab scendi dobbiamo andare!», urlò mio fratello dal basso. Sospirai pesantemente e mi chiesi il motivo per il quale dovessi sempre seguirlo nelle uscite con Melinda, odiavo essere la candela di turno.

Con un salto mi gettai verso il basso ed atterrai agilmente sulle gambe. Mi sistemai i jeans e la felpa, passandomi poi una mano tra i capelli. «Non vengo con voi in uno stupido centro commerciale.»

«Perché no? Hai altro da fare?», continuò a messaggiare su quel fottuto cellulare.

«Sì, devo continuare i miei studi per diventare Beta ed quello che dovresti fare anche tu: prepararti per la cerimonia più importante della tua vita.»

«Ultimamente non fai altro che pensare a quella stupida cerimonia, Gab sono anni che mi preparo per quel giorno ed uscire con Melinda mi aiuta parecchio con l'ansia; meno ci penso e meglio sarà.»

«Va bene, posso capire che la tua nuova fiamma ti faccia palpitare così tanto il cuore, ma forse non pensi di... Non so, di portare avanti questa cosa da troppo tempo? Cosa farai una volta diventato Alpha? Le dirai la verità?»

«Certo che no, non cambierà nulla tra di noi.»

Scansai un ramo apparso improvvisamente e continuai a camminare verso il nostro accampamento. «Quindi in un certo senso la stai solo usando, non vorresti renderla la tua ragazza, è solo una valvola anti ansia», annuii.

Lo vedi tentennare leggermente e mai, evidenziai il mai, avrei pensato che mio fratello avrebbe usato una ragazza. Lui non era come me, lui donava amore e fedeltà a chiunque riuscisse ad avere la sua più totale fiducia. «Non la sto usando, mi piace stare in sua compagnia e mi chiedo come questo sia possibile, dato che lei non è la mia compagna. Per ora non ho mai pensato ad un possibile futuro insieme proprio perché mi sto godendo pienamente il presente.»

Decisi di restare in silenzio e di salire sul pickup, dicendogli di lasciarmi presso l'unica biblioteca presente in paese. La sua espressione era chiaramente sorpresa, dato che non avevo mai messo piede in una biblioteca, ma mi limitai a fare le spallucce.

Recuperammo prima Melinda e mi sorpresi nel vedere l'assenza di Oks, quelle due ragazze erano come la cozza e lo scoglio.
A quanto pare anche la Rossa aveva inventato una banale scusa per non venire all'appuntamento.

«Sandel comunque mia madre ti elogia, dice che sei la prima persona a cui piacciono i suoi biscotti», se la rise la bionda che ogni volta si presentava sempre più bella agli appuntamenti.

«Sono buonissimi, mi chiedo perché non ti piacciono.»

«Sono troppo duri e hanno poco sapore... Comunque, mi stavo chiedendo, i vostri genitori abitano con voi?»

Alla sola parola genitori i miei muscoli si irrigidirono e strinsi la mano destra in un pugno per non afferrarla e sbatterla fuori da quel pick-up.
«Perché lo chiedi?»

«Perché... Ecco perché mi sono resa conto che in due mesi di conoscenza non so praticamente nulla di te, se non che sei un ragazzo dolce e ben educato.»

«Bhe basta ed avanza no?», ridacchiò nervosamente, «cosa vorresti sapere?», chiese, volendo cambiare discorso.

«Mmmm dove sei nato?»

Abbozzai un sorriso divertito "coraggio fratello, dille dove sei nato" pensai
«In ospedale, ovviamente.»
A quella affermazione avrei voluto sotterrarmi.

«No, intendevo-»

«Prossima domanda?», chiese, svoltando a destra.

«Perché avete deciso di-»

«Uh siamo arrivati», lo interruppi, facendolo fermare in doppia fila, scendendo frettolosamente ed augurando loro buona passeggiata.

Finalmente libero, mi incamminai verso la biblioteca ed entrai. Essa non era molto grande, all'entrata vi era una scrivania grigia con dietro una donna di mezza età, dopodiché si procedeva per un lungo corridoio fino a giungere nell'ampia sale che metteva a disposizione una serie di scaffali colmi di libri di ogni genere e tavoli con sedie.

Iniziai dunque a cercare lo scaffale dedicato ai libri storici, ma proprio quando mi spostai tra uno scaffale e l'altro il mio occhio ricadde su una ragazza particolarmente familiare: Oks

Era ferma davanti allo scaffale dedicato ai libri di genere sovrannaturale e  sorreggeva un libro tra le mani. La sua espressione, come quasi sempre, era seria e sembrava totalmente concentrata sulla sua lettura.

Non potei non concentrarmi sui leggings neri che indossava e che le fasciavano le gambe alla perfezione, insieme anche alla lunga maglia bianca che sembrava essere di qualche taglia in più.
Ammisi che non avesse un fisico da fotomodella, anzi non poteva essere paragonato nemmeno al fisico delle ragazze della sua età, eppure non potei non fare qualche assurdo pensiero malizioso sul suo culo rotondo.

«Pensavo che fosti a casa, ad aiutare tua madre al negozio», sentenziai con la voce stranamente roca.

Sobbalzò e chiuse di scatto il libro, «se vuoi uccidermi, fallo senza farmi venire un infarto; voglio una morte veloce ed indolore.»

«Se la mia intenzione fosse ucciderti, sta sicura che staresti già sotto terra», mi avvicinai lentamente a lei.

«Non dovresti essere al centro commerciale?»

«Non hai risposto alla mia domanda.»

«Nemmeno tu alla mia.»
Per quanto sarebbe andato avanti quel assurdo gioco di parole?

Abbassai lo sguardo sul libro che stringeva tra le mani e ne lessi il titolo, «un libro sulle creature mitologiche?»

«Lo stavo leggendo solo per curiosità», risponse vaga, allungando il braccio per posarlo.

«No, aspetta», la bloccai, «stai cercando qualcuno in particolare, vero?»
Forse quella ragazza mi sarebbe stata di aiuto, infondo era della zona e conosceva tutti gli abitanti del paese.

«Qualcuno? No... Certo che no», sviò il mio sguardo. «Come mai sei in una biblioteca?»

«Semplice curiosità, voglio vedere se esiste qualche libro che narra la storia di questo paese.»

Aggrottò le sopracciglia e si voltò verso sinistra, iniziando ad avanzare verso uno degli scaffali più lontani. La seguii senza proferire parola, finché non si fermò davanti ad una sezione priva di nome. Estrasse un libro dalla copertina sporca e dalle pagine gialle. «Questo», me lo porse. Sembrava conoscere bene le sezioni e la posizione dei singoli libri, ciò mi fece intuire che non fosse la prima volta che andava lì, così com'ero sicuro che avesse già letto quel libro.

«Conosci tutta la storia?», annuì, «potresti raccontarmela e risparmiarmi cinquecento pagine di lettura.»

«Perché dovrei? Sei venuto in biblioteca per leggere, no?»

«Sì, ma per mia grande fortuna ho incontrato te.»

Si passò una mano tra i folti capelli ricci e sbuffò, «va bene, ma ad unica condizione: che tu mi racconti la tua.»

«La mia storia?», anche lei con quell'assurda fissazione? Perché voleva conoscere la mia storia? E, soprattutto, cosa sperava di ottenere?
Abbozzai un sorriso, mi sarebbe bastato dirle qualche bugia. «Va bene, se proprio insisti.»

Corrispose al mio sorriso e si sedette al primo posto vuoto che trovò seguita a ruota da me. «Allora...Da dove iniziare, penso che la storia di Woodsville nasca da una leggenda. All'inizio del libro cita proprio essa. Tanto tempo fa il paese non esisteva e al suo posto vi era solo un enorme distesa di verde. Stiamo parlando dei primi anni dopo la nascita di Cristo, alcuni nomadi fuggirono dalla casa in cui erano prigionieri e si fermarono proprio nel punto esatto in cui attualmente sorge la chiesa. I poveretti non avevano una casa, né cibo e siccome era notte fonda, decisero di accendere un fuoco e di riposarsi. Quello fu un errore, perché nelle zona si aggiravano creature orribili che provavano gusto nell'uccidere i deboli. Per loro fortuna, poco prima che quelle strambe creature non identificate attaccassero, un branco di lupi corse in loro soccorso. Sì ipotizza che già da prima i lupi fossero in grado di fiutarli e che per proteggere la loro specie, li eliminano. Questo è il motivo per il quale la cittadina ha il nome "lupi" incorporato.
Ovviamente questa è solo una leggenda, la vera storia di Woodsville fa riferimento al colonialismo degli imperi nel 1458.
Si narrano una serie di battaglie per conquistare il territorio, di allenze con i paesi confinanti e che attualmente prendono il nome di Northside ed Eastside», prese un bel respiro, «momento storia finito, soddisfatto?»

Assolutamente, più che soddisfatto, ero sconvolto.

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