XVIII ~ Avere diciassette anni e non dimostrarli~
Oks
Osservavo la mia amica ballare ancorata a Sandel, il quale sicuramente non disprezzava la sua vicinanza.
Formavano davvero una bella coppia insieme e sperai solo che Melinda non avrebbe sofferto a causa sua; sapevamo entrambe che prima o poi sarebbero andati via, perché iniziare una possibile relazione? Era solo uno spreco di tempo, ma ovviamente non potevo fare la parte dell'amica cattiva e rovinarle la felicità.
«Vado a prendere qualcosa da bere, vuoi qualcosa?», chiese Efrem -alias chiuwawa scemo-, mentre si alzava dal divanetto in pelle nera.
Non avevo mai bevuto alcolici, ma qualche bicchiere -in quella occasione- sicuramente non poteva farmi male, anzi poteva diventare la chiave vincente per spingermi a rilassarmi un po'. «Sì, scegli tu per me.»
Lo vidi allontanarsi e ripensai al bellissimo pomeriggio passato insieme, sicuramente la sua presenza non mi dispiaceva, anzi. Non ero mai stata in un vero centro commerciale, dunque mi ero divertita veramente tanto e mi rattristava l'idea che tra qualche giorno sarebbe andato di nuovo via.
Mi rilassai totalmente sul divanetto ed osservai i ragazzi ballare sulla pista.
Efrem ritornò con due bicchieri con all'interno del liquido blu ed un odore afrodisiaco. Afferrai il mio e lo contemplai per bene. «Cos'è?», chiesi curiosa.
«È un mix di diverse cose, assaggia, è buonissimo», rispose lui vago, guardandosi attorno.
Annuii e, con un unico sorso, buttai giù il contenuto. Serrai gli occhi in una chiara espressione di disgusto, quando un fastidioso bruciore scese giù per l'esofago e si trasformò in puro fuoco quando arrivò allo stomaco. «Oddio è... È forte, molto forte.»
«Sì, però è buono, ammettilo.»
«Escludendo il forte odore di acido, sì, penso che sia buono.»
«Ne vado a prendere altri due, dobbiamo scaldarci per la pista!», disse, caricandosi improvvisamente di una strana energia e andando via per recuperare altri drink.
Puntai il mio sguardo sulla pista da ballo e solo l'idea che a breve sarei stata in quel gregge in calore, mi fece venire i brividi ed un'insolita ansia si impossessò del mio corpo.
Le ragazze presenti erano tutte bellissime e ottime ballerine, io ero totalmente l'opposto. Mi sentii tremendamente a disagio con indosso quel vestito, inoltre non ero in grado di ballare normalmente, figuriamoci con la costante paura che la gonna si alzasse e potesse rivelare la poca ciccia che ero riuscita a nascondere.
Melinda mi aveva quasi supplicata in ginocchio di prendere parte alla serata, poiché aveva troppa paura di andarci da sola. Avevo accettato, proponendola anche ad Efrem. Per accontentare Melinda avevo dovuto mentire a mia madre; lei non mi avrebbe mai permesso di entrare in una discoteca.
Le avevo detto che Melinda stava male a causa di un forte litigio con un ragazzo e che avrei passato un'altra notte da lei. Seppur conoscesse bene la mia amica, aveva avuto da ridire perché era la seconda volta che passavo la notte fuori casa; figuriamoci se avesse saputo dove realmente ero.
«Eccomi», ritornò Efrem con due bicchieri di vetro molto più grandi dei precedenti e con all'interno un liquido rosa. «Ho cambiato, questo ti farà sicuramente impazzire, mandalo giù in un sorso.»
Fidandomi ciecamente, afferrai il bicchiere e, senza nemmeno sentirne l'odore, mi scolai il suo contenuto e chiusi gli occhi. Inizialmente il mio palato venne inondato da una fragranza dolce e fresca, ma non appena scese giù, anch'essa si trasformò in puro fuoco che mi bruciò le pareti dell'esofago e lo stomaco. Quella volta però, c'era qualcosa di diverso. Il contenuto non era totalmente liquido, sotto al palato potevo percepire chiaramente la presenza di qualcosa di duro... Quasi come se fossero dei piccoli pezzettini di qualcosa. Forse era la frutta con il quale era stato preparato il cocktail.
Tossii, poggiando il bicchiere sul piccolo tavolo in vetro e sventolando la mano davanti al viso; improvvisamente la stanza sembrò diventare sempre più stretta e il caldo mi colorò le guance di un rosa naturale.
«Sai cosa si fa al Collage durante una festa?», chiese, poggiando il suo bicchiere accanto al mio.
«No, cosa?», continuai a sventolare la mano. Accidenti, il caldo aumentava sempre di più e volevo seriamente qualcos'altro da bere per dissetarmi.
«Giochiamo ad obbligo o verità. Può sembrare un gioco infantile, ma ti assicuro che noi lo modifichiamo e lo rendiamo divertentissimo.»
«Obbligo o verità? Ci sto», sentì urlare dalla mia amica mentre si sedeva accanto a me ed avvolgeva un braccio attorno alle mie spalle. Ero felice che fosse tornata.
«I due fratelli si stanno ancora scatenando in pista, quindi iniziamo senza di loro. A proposito, dopo ballerai con me e non accetto un No come risposta», si voltò nella mia direzione.
«Perfetto, inizio io: Oks, obbligo o verità?»
Se avessi scelto obbligo chissà cosa mi avrebbe fatto fare, dunque: «verità.»
«Mmm... C'è qualche ragazzo che cattura la tua attenzione?»
Mi aprii in una fragorosa risata, «certo che no, i ragazzi sono troppo stupidi... Senza offesa.»
«Nessuna offesa: Melinda, obbligo o verità?»
«Obbligo», rispose lei sicura.
«Vai da Sandel e dagli un bel bacio.»
«Tutto qui? Va bene», si alzò, sicura come non l'avevo mai vista, ed avanzò verso una chioma bionda che intravedevo male dalla mia postazione.
Mi sentii afferrare un braccio mentre la vista iniziava ad offuscarsi. Mi voltai verso Efrem, il quale reggeva con la mano libera il cellulare.
«Oks, quante dita sono queste?», alzò la mano.
Non capii il motivo della sua domanda, ma non avevo nemmeno la forza di concentrarmi per trovare una soluzione.
«Ehm... Tre?», non ne ero sicura, tutto il mondo circostante sembrava scomparire sempre di più.
Serrai gli occhi e li riaprii, ma la situazione non migliorò.
«Non ci credo, state veramente giocando ad obbligo o verità? Amico, si viene in discoteca per divertirsi, non per fare questi stupidi giochi che si potrebbero fare benissimo a casa», si avvicinarono i due fratelli. La voce di Sandel mi sembrava così stonata e lontana, forse la causa era la musica troppo alta.
«Oks, va tutto bene?», Gabriel -o almeno dedussi che fosse lui- mi si sedette accanto.
«Io... Cosa?», avevo subito dimenticato cosa avesse detto. Mi alzai barcollando e per restare ferma poggiai una mano sul divanetto. «Vado un secondo al bagno», li informai.
«Vuoi che venga con te?», si avvicinò subito Melinda.
«No, tranquilla, la posso accompagnare io il bagno è vicino», esclamò Efrem e con un'alzata di mento le indicò una porta poco lontana.
«Ma tu non-»
«Massimo un minuto e torniamo», mi afferrò di nuovo un braccio e mi trascinò via.
Ad ogni passo le gambe diventavano sempre più pesanti e la testa più leggera. Incredibile quanto tutti attorno a me si stessero divertendo ed io, una ragazza di soli diciassette anni, mi sentissi male per qualche drink in più.
Avrei voluto divertirmi con loro, ma non ci riuscivo, ero proprio una bambina... O una vecchia che odiava il caos.
Nonostante il bagno fosse vicino, io non ci arrivai mai, poiché Efrem deviò la traiettoria e mi allontanò sempre di più dai miei amici.
«Mi dispiace, non avrei dovuto darti quei drink, volevo solo che li assaggiassi. Vieni, ti porto fuori di qui», continuò a trascinarmi, ma io non volevo andare fuori. Un senso di panico si impossessò involontariamente di me, volevo tornare indietro!
Inciampai nei miei stessi piedi, mentre le luci diventavano sempre più lontane e le voci anche. Efrem fu costretto ad avvolgere un braccio attorno alla mia vita per sorreggermi meglio, ma non frenò la sua camminata, anzi la velocizzò; sembrava avere molta fretta.
«Efrem», persino parlare era diventato impossibile. «La-scia-mi.»
«Siamo quasi arrivati, tranquilla, poi starai meglio.»
«No...»
Feci per distanziarmi da lui, emettendo un lamento di disappunto. Gravissimo errore, dato che un potente capogiro mi colpì ed inciampai all'indietro. Per fortuna un ragazzo mi afferrò le braccia con le mani e borbottò qualcosa verso Efrem.
«Il bagno non è di certo da questa parte», Gabriel, ci aveva seguiti?
«La sto portando fuori perché sta male.»
«Non mi sembra che lei sia d'accordo», volevo benedire quel ragazzo.
Mi voltai lentamente verso di lui, nonostante avessi seri dubbi sul suo stile di vita o sul suo passato, in quel momento mi sembrava un Angelo sceso in terra per salvarmi.
«Non... Far-mi anda...re», riuscii a malapena a balbettare. Efrem mi aveva seriamente spaventata con il suo comportamento, ma più che altro era il suo tono di voce a darmi conferma. Mi aggrappai alla camicia di Gabriel, sperando di non collassare da un momento all'altro.
«Che succede?», chiese una terza voce.
«La porto a casa di Melinda, aspetto con lei fin quando non tornate.»
«Perché volete già andare via? Io volevo ballare con Oks... Cos'ha?», il volto preoccupato della mia amica mi si presentò davanti. Mi avvolse tra le sue braccia con delicatezza e provò a sorreggermi come meglio poté.
Quella fu l'ultima scena che ricordai, prima che nella mia mente ci fosse solo il nulla.
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