XVII ~Ancora una volta il fato colpisce~
Gabriel
Rigirai tra le mani il coltello tascabile che avevo acquistato qualche giorno prima. Era un ottimo oggetto come passatempo e soprattutto era rilassante girarlo e rigirarlo tra le mani.
Mi morsi il labbro inferiore ed aspettai pazientemente che mio fratello tornasse dalla riunione. Dopo un bel po' di riflessioni, avevo finalmente preso la mia decisione: sarei diventato il suo Beta. Glielo dovevo, dopo tutto quello che aveva fatto per me e per la nostra famiglia, avevo quasi l'obbligo di restargli accanto in quel importante passo della sua vita e di aiutarlo come suo Beta.
Ma prima di essere nominato ufficialmente come sua spalla destra, dovevo risolvere i miei problemi, o almeno volevo provare a migliorare.
C'erano stati già dei miglioramenti in me dopo la morte di nostra madre, ma non avevo ancora raggiunto il mio traguardo; forse con il tempo e con l'aiuto adeguato ci sarei riuscito.
«Gabriel che ci fai qui?», chiese mio fratello, avanzando verso la sua casa.
Mi alzai dalle scale in ferro che collegavano la porta al terreno e posai il coltellino in tasca.
«Devo parlarti.»
«Perché tanto serio? Devo preoccuparmi?», provò a buttarla sul ridere, ma ritornò subito serio dopo aver visto il mio viso. Aprì la porta di casa sua e mi invitò ad entrare.
Ci sedemmo attorno al tavolo e, afferrando una lattina di birra, iniziai a parlare. «Ci ho riflettuto molto bene e sono giunto alla conclusione che voglio essere il tuo Beta.»
Il suo viso si illuminò ed un grande sorriso si fece spazio sulle sue labbra. «Davvero? Ci speravo davvero tanto. Sono felicissimo, non appena sei disponibile, andremo dal Re e daremo la conferma.»
Si alzò, facendo il giro del tavolo ed abbracciandomi. Rimasi sorpreso dal suo gesto. Mio fratello esternava raramente i suoi veri sentimenti e il suo abbraccio mi confermò ancora una volta la scelta presa; se lui era felice, non potevo non esserlo anch'io.
«Dobbiamo assolutamente festeggiare! Andremo in qualche buon locale in zona e ci divertiremo!», si staccò da me con un sorriso smagliante ed afferrò il cellulare, andando su Google.
Mi passai una mano tra i capelli e ridacchiai per la sua euforia. Passare la serata in un buon locale, con musica e ragazze disponibili ad ogni angolo; cosa potevo desiderare di più? Improvvisamente, però, un viso conosciuto si fece spazio nella mia mente: Oks. Perché pensavo a lei in un momento del genere?
Pur di distrarmi, andai spedito verso il mini armadio di mio fratello, sperando di trovare qualcosa di adatto per l'occasione. Ero quel classico ragazzo che teneva tanto per la propria immagine e se non avessi trovato qualcosa, non sarei andato da nessuna parte.
«C'è una discoteca poco lontana da qui, mezz'ora più o meno, si chiama A Luci Spente. Le recensioni sono ottime e il posto è carino, penso che sia adatto per noi. Che dici? Andiamo lì?»
«Per me non ci sono problemi, l'importante è che ci divertiamo.»
Annuì, sorridendo come un'idiota davanti allo schermo del cellulare.
«È Melinda...», rimase per qualche secondo in silenzio e si morse il labbro inferiore, «so che questa è la nostra serata per festeggiare, ma... Mi stavo chiedendo: posso invitarla?»
Rimasi letteralmente sorpreso dalla sua domanda, mi voltai verso di lui e lo scrutai con attenzione. Mai mi aveva chiesto di poter invitare una ragazza alle nostre serate. Se Melinda fosse venuta con noi, non ci sarebbe stato più alcun divertimento.
«Perché vuoi invitarla?»
«Perché... Perché la volta scorsa ci siamo divertiti al cinema e potremmo divertirci altrettanto stasera. Più ne siamo è meglio è, no?»
«Potremmo invitare qualcuno del branco, perché hai pensato proprio a lei?», più che altro era una mia personale curiosità: perché avevo pensato proprio ad Oks?
«Penso che quando ti piaccia una persona sia normale pensare in primis a lei, nessuno può eguagliarla.»
Per poco non mi strozzai con la saliva. Io non avevo pensato ad Oks per il medesimo motivo, o almeno non ne ero sicuro. Subito mi ritornò in mente la leggenda dei compagni, era ovvio che pensassi a lei -seppur involontariamente- ero vittima di quella stupida leggenda... Nulla di più.
Negli occhi di mio fratello lessi un velo di speranza. Se io glielo avessi negato, lui non mi avrebbe rinfacciato nulla, ma sapevo benissimo quanto desiderava invitare quella nana bionda.
Sospirai sconsolato e borbottai un: «va bene.»
Lui, balzando su con uno scatto felino, uscì immediatamente dalla roulette per poterla chiamare, mentre io andai al bagno per farmi una lunga doccia rinfrescante. Mio fratello -a differenza mia- era estremamente ordinato, motivo per il quale andavo spesso nella sua roulotte per svolgere le faccende quotidiane, a casa mia non trovavo mai l'occorrente.
Indossai un paio di jeans scuri ed una camicia bianca, lasciando i capelli ribelli in quello stato selvaggio e facendoli ricadere sul viso.
Fresco come una rosa, crollai sul letto ed attesi che mio fratello si preparasse e mi chiamasse per uscire.
Decisi di fare un giro sui social per fare passare il tempo, ma -quando aprii Facebook- rimasi sorpreso nel vedere una notifica.
Curioso ci cliccai su e, ancora più sorpreso di prima, vidi il like datomi dalla Rossa.
Aveva messo mi piace alla mia foto del profilo, ciò significava che mi aveva cercato o che aveva investigato su di me? Se così era, perché lo aveva fatto? Era semplicemente curiosa delle mie origini, o non si fidava a tal punto da cercarmi sui social?
Mi passai una mano tra i capelli e cliccai sul suo profilo. Notai subito che aveva solo tre amici, il che non mi sorprese; ero in quel paese da poco più di un mese e una delle poche cose che avevo capito era l'astio che la gente provava nei suoi confronti.
Ammisi, mio rammarico, che le cause che spingevano tutti ad odiarla e ad isolarla mi insospettivano e mi attraevano. Avrei tanto voluto scoprire qualcosa in più su di lei, ma ben presto mi ricordai che tra qualche mese sarei andato via da lì e che non l'avrei più rivista, dunque era solo uno spreco di tempo.
Quando l'orologio scoccò le nove di sera, mio fratello mi disse che -finalmente- potevamo andare.
Saliti in macchina mi informò che saremmo passati prima dalle ragazze -a quanto pare la biondina non andava da nessuna parte senza la Rossa-.
Giungemmo in pochi minuti al bar appartenente alla famiglia di Melinda e vedemmo quest'ultima avanzare verso di noi sorridente. Da gentiluomo, quale non ero, scesi e la feci salire al mio posto, cosicché potesse stare accanto a Sandel. Ma notai che qualcuno mancava.
«Dov'è Oks?», chiese mio fratello, leggendomi quasi in mente.
«Lei verrà, ma con un nostro amico», rispose, tamburellando le dita sulle sue esili gambe e nude.
Alzai gli occhi al cielo, poiché la nostra uscita fraterna si era conclusa con un'uscita di gruppo e a me la cosa non stava bene. Anziché festeggiare, quella sera avrei imprecato contro mio fratello per tutto il tempo.
Incredibile pensare, però, che la Rossa avesse un altro amico oltre Melinda. Riflettendoci, sicuramente l'altro amico era il ragazzo che le aveva regalato il peluche.
Dopo esattamente trenta minuti, arrivammo a A Luci Spente e l'atmosfera cambiò drasticamente. Dal silenzio serale del piccolo paesino, eravamo stati catapultati in un luogo dove la musica a tutto volume per poco non ci bruciava i timpani e le urla allegre dei ragazzi ci accompagnavano fino all'entrata.
Il posto in sé era carino, di certo non paragonabile alle enormi discoteche delle città. Dopo aver pagato all'entrata, ci inoltrammo in un lungo corridoio con poche luci e qualche specchio di tanto in tanto.
I nostri piedi calpestavano un tappeto rosso che si concluse quando arrivammo nella prima sala della discoteca.
Era una delle più grandi, oltre a quella del secondo piano. I miei occhi già si posarono sui barman, i quali sembravano essere esperti nel loro lavoro e pronti a darmi cocktail da favola.
Mio fratello afferrò la mano di Melinda e si mise in disparte. Non capii il motivo per il quale non ci gettammo subito nella massa di ragazzi ubriachi e sudati che si dimenava come un branco di maiali in calore... Forse qualcuno era addirittura fatto. Io avevo voglia di ballare!
Quando vidi, però, due figure avanzare verso di noi, capii il motivo.
«Ciao!», Melinda abbracciò l'amica. «Accidenti sei uno schianto!», la osservò per bene.
In effetti le due ragazze viste insieme erano veramente carine. Melinda indossava un abito bianco, con il corpetto in argento e la gonna lunga poco più giù del sedere. La rossa, invece, indossava un abito nero altrettanto corto e aderente, che metteva in risalto le sue forme.
(Immaginate Melinda bionda, la foto più che altro è per darvi un'idea dei vestiti)
«In realtà non so se sia stata una buona idea la tua», si avvicinò a lei, sussurrando, ma -nonostante la musica- il mio udito non mi tradisse. «Mi sento tremendamente a disagio, non cammino bene su questi trampoli e il culo è troppo in evidenza.»
«Non è affatto vero, sapevo che il vestito ti sarebbe stato bene e sai quanto io sia onesta: se ti stava una schifezza, te lo avrei detto.»
«Continuo a pensare che non sarei dovuta venire qui e non avrei dovuto mentire a mia madre.»
«Rilassati per una sera, è la nostra prima volta in una discoteca! Inoltre i buttafuori non hanno minimamente sospettato che siamo minorenni, il fato è dalla nostra parte!»
No, il fato mi colpì ancora. Non solo la presenza della Rossa, ma anche di quel babbeo che si era portata dietro e che attualmente stava parlando con mio fratello.
«Bene, possiamo andare», disse proprio lui, afferrando ancora una volta la mano di Melinda e facendosi strada nella massa.
Decidemmo di sederci sui divanetti agli angoli ed io, Melinda e Sandel fummo i primi a buttarci in pista.
Siccome non volevo essere il terzo incomodo, mi allontanai da loro e mi dedicai alle due ragazze che mi avevano fissato dal momento in cui avevo messo piede in pista. Il mio sguardo, però, ricadeva sempre sui due amici seduti ai divanetti. Lui le aveva addirittura poggiato una mano sulla gamba e lei non aveva fatto nulla per toglierla.
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