XLIX ~Prigioniero~

Gabriel

Il giorno seguente, come mio solito, mi svegliai verso l'ora di pranzo. Ero stanchissimo a causa del trasloco, ma non volevo trovare delle stupide giustificazioni; purtroppo ero anche consapevole che non potevo più passare le mie giornate come un comunissimo adolescente, bensi dovevo diventare più maturo.

Mangiai qualcosa per colazione e poco dopo scesi le scale, incamminandomi velocemente verso il bosco. Era passata più di una settimana dall'ultima trasformazione e necessitavo di correre per i boschi, non solo per schiarirmi le idee, ma anche per eliminare quell'opprimente peso che mi faceva sentire costantemente in gabbia.
Amavo essere libero e senza pensieri, ultimamente ne avevo avuti fin troppo.

La trasformazione avvenne in pochi secondi, ormai il mio corpo non si opponeva più ad essa e ciò mi facilitava tutto. L'udito si amplificava, le zampe entravano a contatto con la neve fredda ed umida e la scura peluria mi proteggeva dal gelido vento.
Iniziai la mia corsa, provando a non pensare a nulla... Soprattutto ad Oks. Erano quarantotto ore che pensavo solo ed esclusivamente a lei, al nostro bacio. Il giorno precedente, dopo esserci svegliati nello stesso letto, mi era sembrata del tutto indifferente nei miei confronti; non capivo se fosse una brava attrice e mentiva per dimenticare ciò che c'era stato, oppure veramente non lo ricordava a causa dell'alcol....

Stavo di nuovo pensando a lei, incredibile!
Chiusi di poco gli occhi e mi concentrai sui versi dei pochi animali che incontravo per strada e sul mio respiro sempre più affannoso.

Salii sulla cima di una piccola collina ed osservai dall'alto Woodsville, chiedendomi per quanto ancora avremmo avuto tanta quiete: avevo un pessimo presentimento.
Il rumore di un passo, però, mi fece scattare subito sull'attenti. Ogni mio senso si attivò e si pose sulla difensiva, mentre i miei occhi saettavano da destra a sinistra per capire da dove provenisse.

Non potei non capire chi in quel momento mi stesse facendo compagnia, dato che il problema si presentò con un sorriso sfacciato sul volto ed una camminata lenta. Mi osservava tranquillo, sicuro che un lupo della mia stazza non potesse fargli nulla, eppure gli umani avrebbero dovuto temerci.

«Non pensavo di incontrarti qui, Gabriel.»

Sobbalzai ad udire il mio nome, mi conosceva? Eppure non mi sembra di... Un momento, quell'uomo aveva un viso vagamente familiare, anzi troppo familiare, era l'esatta descrizione che ci aveva fornito più volte Oks: Beliel.
«Non saresti dovuto giungere fin qui, adesso mi costringi a fare qualcosa di molto brutto», sussurrò e nello stesso momento un dolore lancinante mi colpii alla testa, facendomi perdere l'equilibrio.

Sbattei con il muso per terra e -stordito- provai subito a rialzarmi, ma  improvvisamente mi sentivo debole e tutto ciò che riuscii a fare, fu sprofondare in un sonno senza fine.

Quando il mio cervello ritornò attivo e il mio corpo si risvegliò, la prima cosa che avvertii fu la stanchezza. Non provai dolore, non avevo ferite, eppure avevo la sensazione di aver perso chissà quanto sangue, altrimenti non saprei spiegare quell'improvvisa debolezza.

Alzai lentamente le palpebre e subito capii che vi era qualcosa che non quadrava: non ero più in un bosco, sopra ad una collina, bensì ero chiuso in una stanza buia e con una lampadina che illuminava parzialmente lo spazio circostante.
Provai immediatamente ad alzarmi, ma qualcosa alle caviglie mi impedii di svolgere movimenti affrettati: catene.

Un ringhio grottesco mi uscii incontrollato dalla gola, quando capii cosa fosse successo: ero stato catturato. Ero. Stato. Fottutamente. Catturato. Ero prigioniero. Io!

Provai ad afferrare le catene per distruggerle, ma fui costretto ad allontanare immediatamente le mani, quando esse vennero a contatto con lo strozzalupo; evidentemente ne avevano spalmato parecchio.

«Ti sei svegliato, finalmente», una voce poco lontana mi fece sobbalzare. Ero talmente indebolito che non avevo nemmeno udito il respiro di quel essere seduto dall'altra parte della stanza. «Non pensavo che ti avrebbero catturato così facilmente.»

La voce mi era anch'essa particolarmente familiare... Mi sembrava di averla già sentita da qualche parte. Mi voltai con una lentezza disarmante verso il punto in cui poco prima avevo sentito la voce e provai a mettere a fuoco la persona che in quel momento mi stava osservando. «Chiwawa scemo?», esclamai più che sorpreso, perché lo avevano legato?

«Efrem per gli amici», provò a ridacchiare, ma un potente colpo di tosse lo bloccò, piegandolo in due. Da personali esperienze capii che evidentemente aveva qualche costola rotta e ciò gli impediva di respirare regolarmente, figuriamoci di ridacchiare.

«Perché sei chiuso qui dentro? Dovresti essere loro alleato.»

«Perché? Perché ho provato a sedurre ed ingannare Oks affinché si schierasse con la madre?»

A quelle parole, pronunciate a stento e con noncuranza da quell'individuo che osava anche definirsi uomo, un devastante senso di rabbia mi esplose nel petto. Immaginai lui ed Oks, da soli, le sue mani sulla pelle della mia compagna... Troppo da sopportare, mi dava la nausea la scena che avevo appena immaginato. «Mi sembra alquanto scontata come risposta», provai nuovamente a liberarmi.

«Non ero in me», esclamò sorprendendomi. Pensava davvero che gli credessi? «Mi hanno iniettato il loro veleno, mi hanno fatto il lavaggio del cervello, non farei mai del male ad Oks. Ho provato a fuggire, subito dopo che sua sorella è stata liberata, ma mi hanno trovato dopo poche ore; stavo andando da lei, per avvisarla.»

Sua sorella era stata liberata?
«Non credo ad una sola parola di ciò che dici, Chiwawa scemo. La tua voce mi irrita, taci e fammi riflettere su come liberarmi.»

«Non potrai mai uscire liberamente, ci sono guardie ovunque e-»

«Cosa di "la tua voce mi irrita, taci" non ti è chiara?», strinsi talmente forte le mani in pugni che le unghie si conficcarono nella pelle. «Sono stato legato come un fottuto cane!»

«Perché non è quello che sei? Un cane, intendo.»

Era decisamente troppo. «Stai superando il limite, moscerino, se non chiudi quel cesso che ti ritrovi come bocca non esiterò un attimo a staccarti la testa dal collo, con o senza strozzalupo in corpo.»

«E sarebbe finalmente ora», affermò una voce esterna che riconobbi come quella di Bilel, quel fottuto bastardo che mi aveva catturato. Lo vidi fuori dalla stanza, a debita distanza da me; aveva paura il coglione e non gliene davo torto. «Quel bamboccio non ci serve più, è diventato solo una spina nel fianco. Puoi farci quello che vuoi: mangialo, scuoialo, usalo come schiavo; poco ci interessa.»

«Adesso ho almeno un motivo per non ammazzarlo, non mi sporcherei mai le mani per un vostro scarto. Che diavolo vuoi da me? Sei talmente codardo da non oltrepassare nemmeno quella porta aperta ed entrare?»

«Stranamente siamo d'accordo. Sei una bestia irrazionale, nessuno sa cosa ti frulla in quel piccolo cervello privo di neuroni, quindi preferisco non respirare nella tua area... Non so se mi spiego», concluse, voltandosi verso destra.

Vidi avanzare la madre di Oks verso di noi e nuovamente un impeto di rabbia mi percosse il corpo, facendo vibrare le catene.
«È andata da lei, ma per ora ha fallito. Dobbiamo agire?»

«Non ancora, non ha capito come usare i suoi poteri. Se agiremo adesso, avremo fatica doppia dopo.»

«Conoscendola potrebbe impiegarci anni, inoltre non sappiamo cosa di specifico deve sviluppare.»

«A gennaio ci uniremo e il frutto ricavato sarà in grado di darci ogni spiegazione. Ci vorrà del tempo, questo è certo, ma se affrettiamo le cose non arriveremo a nulla.»

«Sei sicuro di volerlo fare?»

«Sì, puoi stare tranquilla. Lui non correrà alcun rischio, te lo posso assicurare.»

Non capii di cosa stessero parlando. Chi aveva fallito? Cos'avevano in mente.
«Comunque sia, adesso abbiamo lui», puntò il suo sguardo divertito su di me. «Le daremo un massimo di due settimane, se ancora non avrà sviluppato alcun potere, la minacceremo con la sua vita. Che ne pensi, lupacchiotto? Cosa si prova ad essere usato contro la persona che più si ama?»

La persona che più si ama?
«Non sottovalutarmi, Bilel. Nessuno mai è riuscito a domarmi e non avere la malsana ambizione di essere superiore.»

Il suo sguardo si assottigliò e mi puntò con decisione. Era intenso, ma non mi intimorì per niente. Non avevo nulla da temere da uno come lui, ormai non poteva minacciare di attaccare la mia famiglia, perché già lo aveva fatto ed aveva visto che eravamo perfettamente in grado di difenderci. Poteva tirare in ballo Oks, ma entrambi sapevamo che non l'avrebbe toccata con un dito, o almeno fin quando gli sarebbe stata utile.

Mio fratello era sicuramente preoccupato. Ero certo che mi stesse cercando ed io non potevo fare nulla per aiutarlo. Non potevo nemmeno avvisare Oks telepaticamente, dato che solo poche volte ci ero riuscito e non sapevo nemmeno come.
L'unica speranza era liberarmi con la mia sola forza e, perché no, avrei potuto anche usare Chiwawa scemo come esca.

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