XL ~L'invito~
Oks
Cinque lunghe ed interminabili ore. Lo stomaco aveva fatto minimo cento capriole e il cibo che avevo mangiato era stato subito dopo rigettato.
Volare era una bella esperienza, sicuramente da fare, ma non quando si era in stato di stress, rabbia e preoccupazione.
Northside si era presentata in tutto il suo splendore e gelo, sicuramente la temperatura in città era di qualche grado in su rispetto a quella di Woodsville, ma il freddo comunque ci impediva di goderci al meglio il viaggio.
L'ultima volta in cui ero stata lì avevo circa un anno, quindi non ricordavo praticamente nulla della città, se non l'indirizzo della casa dei miei nonni.
Le strade erano tutte spianate dalla neve ed enormi grattacieli oscuravano la città ancor di più dei grandi nuvoloni.
Prima di giungere in albergo rimanemmo bloccati nel traffico per quasi un'ora, la terribile puzza di smog mi bruciava in gola e il continuo suono dei clacson mi martellava le tempie.
Per fortuna, dopo tante torture, arrivò il momento gratificante. L'albergo che ci avrebbe accolto per i prossimi giorni era a cinque stelle e con tutti i lussi che mai nella vita avrei pensato di avere. Esso era disposto su sei piani ed aveva quasi cento stanze.
Mi guardavo attorno meravigliata e -lo ammettevo- leggermente elettrizzata da tutto quel sfarzo.
Ero cresciuta in una famiglia con molti problemi economici ed essere lì, in quel preciso momento, era il sogno di una vita. Mi sentivo come una principessa in un enorme castello, peccato che fosse tutta finzione e prima o poi sarei tornata alla vita di sempre.
«Questa è la chiave della vostra camera, siete al quinto piano mentre io e Gabriel al quarto. Se avete bisogno di qualsiasi cosa, chiamateci, va bene?», si assicurò Sandel mentre porgeva la tessera magnetica alla mia amica.
Lei annuì silenziosa e, lanciandomi un veloce sguardo, si incamminò verso l'ascensore insieme a qualche famiglia del branco.
«Come mai così silenziosa?», chiesi una volta imboccato il corridoio. Il pavimento era composto da un marmo lucidissimo e grigiastro; riuscivo perfino a riflettermi al suo interno, in effetti, esteticamente l'intero edificio sembrava essere stato gettato nella modernità.
«Non saprei... Forse ripensamenti.»
«Ripensamenti? È un po' tardi, non credi?»
«Sì, lo so e mi chiedo perché io abbia accettato. Conosco Sandel da soli quattro mesi e guarda adesso dove sono e ho trascinato addirittura te, quando sono con lui mi sento al sicuro, però facendo un resoconto totale, posso capire quanto sia stata irrazionale.»
«Hai ragione, forse avete affrettato un po' le cose e forse non avresti dovuto accettare, ma Melinda mi sono fidata di te perché quando incrocio il tuo sguardo capisco quanta stima e sicurezza provi nei suoi confronti. Quando parli di lui ti si illuminano gli occhi, lo difendi e lo appoggi, quindi hai fatto bene ad accettare e ad essere qui per il suo grande giorno», conclusi, passando la carta magnetica davanti al dispositivo elettronico.
La porta si aprì con un "click" e noi entrammo. Boccheggiai e per poco non svenni quando vidi l'interno della camera che ci era stata data. Proprio come l'intero albergo, anche lì il lusso non manca. I colori dominanti si alternavano tra il bianco ed il grigio, facendo come sempre da sfondo alla modernità. L'ampiezza era oltre ogni misura, probabilmente il triplo della mia casa a Woodsville. Al centro di essa vi era un enorme letto matrimoniale, con due comodini ai lati, nel bagno trovammo addirittura una grande vasca idromassaggio ed una doccia.
«Mi sento una principessa», diede voce ai suoi pensieri.
«L'ho pensato anch'io», sorrisi, gettandomi a peso morto sul letto.
«In valigia ho portato poche cose, quindi mi sembra inutile disfarla», con un salto si lasciò sprofondare nel morbido materasso, facendo rimbalzare le molli.
Ciò che aveva detto dopo poco lo ricordavo. Quando aprii gli occhi, mi resi conto di essermi addormentata subito dopo il nostro arrivo. Mi stropicciai gli occhi e puntai lo sguardo sull'orologio appeso vicino alla porta, che segnava le sei del pomeriggio.
Dopo essere andata al bagno, mi preparai per uscire dalla camera, diretta verso quella dei fratelli Lupei; sicuramente Melinda era lì, dato che in camera non c'era.
Bussai alla stanza 414 ed attesi che mi aprissero
«Ciao bella addormentata, dormito bene?», sorrise radiosa la mia amica, facendomi entrare.
«Sì, abbastanza.»
La stanza dei due fratelli era più o meno simile alla nostra, ma decisamente più piccola. Sul letto erano sparpagliate una serie di pacchetti di dolciumi che ero sicura si stessero godendo da un bel po' di tempo. «Volete farvi venire il diabete?», chiesi, incrociando le braccia al petto e piantando i piedi per terra.
«Sì e no, i due fratellini sono in agitazione per stasera e ho consigliato loro una bella mangiata di schifezze; con te funzionava sempre.»
Abbozzai un sorriso e ripensai a quante volte Melinda era corsa a casa mia il giorno prima di qualche verifica e mi aveva portato tante barrette di cioccolato o caramelle per smorzare l'ansia. «Sì, è un ottimo rimedio.»
«Vuoi qualcosa?»
«No grazie, sto bene così.»
«Oddio, Oks che rifiuta i dolci? Stai male? L'apocalisse è vicina?», sì Melinda, tecnicamente sì.
«Mi sono appena svegliata e ho lo stomaco chiuso. Come mai siete in ansia per stasera?», chiesi loro mentre mi sedevo sul letto insieme alla mia amica.
«Dovreste esserlo anche voi, stasera incontriamo i Reali-», Sandel si interruppe non appena sentì Melinda tossire ininterrottamente, mentre io lo guardavo ad occhi sgranati.
«Cosa intendi dire? Siete voi quelli invitati fai Reali.»
«No, tutti noi siamo invitati, compreso le due ragazze che abbiamo aggiunto all'ultimo momento», chiarì Gabriel. «Il Re sa che siete delle umane e che siete a conoscenza del nostro segreto, ci ha esplicitamente chiesto di portarvi e non possiamo rifiutare.»
«Siete pazzi? Io sono qui solo per sfuggire dalle grinfie di mia madre e della sua banda, non ho nulla a che vedere con il vostro mondo e le vostre tradizioni!», esclamai, quello era decisamente troppo.
«Ci dispiace non avervelo detto prima, ma ci siamo completamente dimenticati», provò a giustificarsi Sandel. «Non c'è nulla di cui preoccuparvi, è solo una serata in compagnia di altre persone...»
«Persone che noi non conosciamo. Non pensate a cosa potrebbero dire di noi? Siamo diverse da voi», prese parola Melinda.
«I Reali sono brave persone e non giudicano dall'apparenza, inoltre noi saremo sempre con voi e non ci lasceremo da sole con gli aristocratici.»
«Non ho abiti adeguati, di certo non mi presento con i jeans davanti ai Reali. Mi dispiace, ma farete a meno di me», conclusi.
«Non c'è da preoccuparsi, tra poco verranno delle donne che porteranno abiti per tutti i membri del branco, inoltre vi aiuteranno con le acconciature», spiegò Sandel.
«Non voglio venire, non sono costretta a partecipare», mi alzai. «Non sono mai stata ad una serata con dei Reali e sono sicura che è un occasione più unica che rara, ma non è nel mio genere, odio stare in luoghi affollati, soprattutto se ci sono persone che non conosco.»
Non gli diedi nemmeno il tempo di ribattere, uscii dalla loro stanza e corsi letteralmente nella mia. Ancora un volta mi lasciai cadere sul letto ed afferrai il cellulare, componendo il numero di Anisha. La speranza era l'ultima a morire ed io non mi sarei arresa, prima o poi doveva pur prendere il cellulare e vedere le mie chiamate perse.
Rimasi da sola per circa un'ora, o forse di più, non sapevo con certezza. Per tutto il tempo rimasi ad osservare il pavimento come se fosse la cosa più preziosa a questo mondo.
Avevo riflettuto sulle parole dette e soprattutto sul modo in cui le avevo pronunciate, mi ero pentita e in cuor mio sapevo di dovermi scusare il prima possibile con loro; infondo anche se ci conoscevamo da poco, mi avevano aiutata parecchie volte e non era giusto trattarli male.
Ebbi solo il tempo di alzarmi e sistemare il fermacapelli, che qualcuno bussò alla mia porta. Titubante mi avvicinai ad essa e la aprii, vedendo Gabriel con una confezione sigillata tra le mani.
«Posso entrare?», chiese lui a bassa voce.
Senza dire nulla, mi feci da parte e lo lasciai entrare. Chiudi la porta alle mie spalle e mi incamminai verso il letto, dove Gabriel aveva poggiato la confezione.
«Stavo per venire da voi, voglio scusarmi per come mi sono comportata prima. Non era mia intenzione essere sgarbata.»
«Non devi scusarti, stai affrontando un brutto periodo e nessuno di noi si è offeso quando sei andata via sbattendo la porta. Posso capire il tuo stato d'animo, anche per me non è un bel periodo e ho problemi personali che un po' alla volta si stanno aggravando, ma sto cercando di migliorare e affrontare il tutto razionalmente e penso che dovresti farlo anche tu.»
Mi morsi il labbro inferiore, non sapendo che dire. Aveva ragione, lui aveva sempre maledettamente ragione. Io ero entrata in un mondo sconosciuto che mi faceva paura ogni giorno di più ed era stata la mia stessa famiglia a trascinarmici, ma lui aveva perso la casa e stava per ricevere un ruolo importante per quelli della sua specie e -osservandolo- non lo vedevo per niente pronto.
Senza rendermene conto, e soprattutto contro ogni mia volontà, il labbro inferiore iniziò a tremare e salate lacrime mi scesero lungo il viso. «Oks», pronunciò con voce bassa e roca.
Mi asciugai velocemente le lacrime con il dorso della mano e mi voltai, dandogli le spalle. «Scusa», esclamai, poggiando le mani sul mobile dove vi era riposto un enorme specchio ovale.
Chiusi gli occhi e provai a controllare il mio respiro, che improvvisamente sembrava essere accelerato. I miei muscoli si irrigidirono tutti, quando sentii due braccia calde avvolgermi da dietro. Spalancai immediatamente gli occhi dalla paura ed osservai il mio riflesso nello specchio, notando subito dietro di me la figura di Gabriel.
Aveva la fronte poggiata sulla mia spalla e le braccia avvolte attorno al mio busto. Era una posizione nuova per me, mai nessuno ragazzo mi aveva abbracciata così teneramente. «Ne ho bisogno anch'io», lo sentii sussurrare a voce bassa.
Quella era la prima volta che Gabriel mi mostrava una sua debolezza, doveva essere veramente in ansia per quella sera, ma mi chiedevo di cosa avesse paura.
Si staccò da me e si avvicinò al letto, afferrando la confezione. «So che prima hai detto chiaramente di non voler partecipare alla cerimonia di questa sera, ma ho voluto comunque portarti un abito. Melinda lo ha scelto, ma ho insistito affinché fossi io a portartelo. Prima non ho avuto modo di parlartene, ma mi farebbe davvero piacere se tu partecipassi. Tutti noi abbiamo bisogno di un partner stasera e vorrei che tu fossi la mia.»
A quelle sue parole non potei non sorprendermi. Era la prima volta che mi parlava così apertamente e che mi chiedeva un favore. L'idea della cerimonia ancora non mi entusiasmava, ma come potevo rifiutare la sua richiesta quando più volte lui mi aveva aiutata.
Camminai a passo lento nella sua direzione, prendendo la confezione dalle sue mani e aprendola. Al suo interno trovai un meraviglioso abito verde scuro in stile sirena e con un leggero strascico. Sul fianco vi erano delle ondulature create dal rialzamento della stoffa, inoltre abbinate vi erano anche delle scarpe con il tacco a spillo non troppo alte.
Lo osservai meravigliata, finché Gabriel non propose: «provalo, se vuoi, e se non ti piace, puoi benissimo cambiarlo.»
Annuii e, afferrando il tutto, andai verso il bagno. Lo indossai, provando a non sporcarlo né romperlo, ma trovai qualche difficoltà con la chiusura sulla schiena. Quindi furono del tutto inutili gli sforzi che feci nel cercare di chiuderlo, alla fine mi arresi e -sorreggendolo con le mani da dietro- ritornai in stanza.
«Potresti aiutarmi con la chiusura?»
Gabriel silenzioso si alzò dal letto e mi invitò a voltarmi, cosicché potesse alzarmi la zip. Per mia fortuna il vestito mi entrava e mi calzava a pennello, incredibile.
Mi voltai completamente verso di lui e mi sistemai i capelli sul davanti. Gabriel fece due passi indietro per contemplarmi meglio e ammesi che il suo sguardo intenso sul mio corpo mi procurava i brividi.
«Non ti sta male», sentenziò, incrociando le braccia al petto.
«Faresti meglio a prepararti, Gabriel, i Reali attendono solo noi.»
«Vuol dire che verrai, dunque.»
«Mi hai aiutata molte volte, Gabriel, è il mio modo per sdebitarmi. Spero solo che la serata passi velocemente.»
«Non devi preoccuparti, sei la mia partner e ti starò sempre accanto. Non devi temere la presenza di gente estranea.»
Quelle sue parole mi inoltravano sicurezza, nonostante non amassi i luoghi affollati, sapere che lui era accanto a me e che anche Melinda vi era, mi sollevava.
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