XII ~Occhi color arcobaleno~

Gabriel

Aprii con violenza la porta della roulotte di mio fratello e la richiusi con un botto.
L'allenamento non era servito a nulla, la corsa nemmeno, l'unica ed ultima soluzione che mi restava per dimenticare ciò che avevo appena visto era una bella dose di alcol.

Quella mattina era accaduto qualcosa di sorprendente e allo stesso tempo spaventoso. Era un qualcosa di nuovo e non sapevo come gestire la situazione. Il mio cuore batteva all'impazzata e le mie gambe erano diventate improvvisamente gelatina. Avevo avvertito un calore sconosciuto in tutto il corpo e per la prima volta potevo comprendere cosa avevano provato mia madre e Sandel. La mamma più volte ci aveva parlato di quel fenomeno, ma io mi rifiutavo di cedere al mio destino.

Afferrai una bottiglia di whisky, che mio fratello nascondeva sempre nell'ultimo ripiano della piccola cucina, e a passo spedito ritornai nella mia.

Uno dei fenomeni più incredibili ed eccezionali che esistono per la nostra specie: così lo definiva mia madre, ma col cazzo che aveva ragione. A lei era capitato quel bastardo di mio padre e la vita che le si era parata davanti l'aveva portata alla tomba.

Non credevo a quelle cazzate e mai ci avrei creduto. Anche se lo avevo visto con i miei stessi occhi, non potevo accettarlo.

Tolsi il tappo dalla bottiglia e ne mandai giù un bel po'. Mai nella vita avevo immaginato che la Dea Luna mi riservasse una compagna e non una qualsiasi! Una riccia e rossa... Io odiavo le rosse e le ricce!

Sapevo sin da subito che in lei c'era qualcosa di strano, non mi piaceva ed in quel momento ne ebbi l'assoluta certezza. Dovevo assolutamente convincere mio fratello ad andare via da Woodsville, per trasferirci nella città più lontana.

Mi sarei inventato una palla e saremmo andati via. Eravamo comunque in continua fuga per un qualcosa che non avevamo mai visto con nitidezza, quella volta saremmo fuggiti per me.

«Gabriel, ragazzo, sei lì?», chiese una voce maschile, battendo un pugno contro la mia porta.
Cazzo, avevo voglia di spaccare facce. Se non se ne sarebbe andato, sarebbe stato lui il mio bersaglio.
«Gabriel? Tocca a te fare il turno di guardia!», batté ancora.

«Maledizione!», urlai, lanciando la bottiglia di vetro -ormai con poco liquido al suo interno- nel lavello e andando ad aprire la porta. «Che cazzo hai da urlare e battere in questo modo? Oggi non è cosa, chiedi a qualcun altro.»

«M-Mi dispiace aver urlato, ma tuo fratello ha creato una tabella con i turni che tutti noi dobbiamo risp-», si bloccò, quando le mie mani afferrarono il colletto della sua camicia e lo strattonarono fino a sbatterlo contro le pareti della mia roulotte.

«Allora non ci siamo proprio capiti, se non vuoi che ti fracasso il cranio seduta stante, togliti dai coglioni, cerca qualcuno altro e non venirmi più a rompere le palle!», ringhiai.

«Gabriel!», mi ammonì l'unica voce che in quel momento non avrei voluto sentire. «Che diavolo sta facendo?», Sandel mi allontanò dal lupo che mi fissava impaurito. «Scusalo Jim, solo per oggi trova un sostituto per mio fratello», concluse, afferrandomi per la camicia e spintonandomi finché entrambi non entrammo dentro. «Spiegami che cazzo ti è successo!»

«Sono nervoso e sai cosa mi succede, quello rompeva le palle e-»

«Non è una buona ragione per aggredirlo!», mi interruppe. Alzò poi il viso verso l'alto e chiuse gli occhi annusando. Li sbarra di scatto ed avanzò come una furia verso il lavello, «questa cos'è?», afferrò la bottiglia.

Sbuffai sonoramente, passandomi una mano sul viso. «Mi serviva.»

«Ti serviva? Sbaglio, o sono mesi che non tocchi alcol? Avevamo superato quella dipendenza.»

«La smetti di darmi dell'alcolizzato? Non avevo e non ho una dipendenza. Guardami», allargai le braccia, «sono lucido e ho la situazione sotto controllo. Mi dovevo solo calmare.»

«Non sei lucido, altrimenti non avresti aggredito un membro della nostra famiglia, hai gli occhi arrossati e gonfi. Se volevi calmarti, potevi benissimo allenarti con il sacco da boxe.»

«Ci ho provato, credimi, ma... Senti perché devo darti delle spiegazioni? Sono adulto e se voglio scolarmi una bottiglia di whisky, posso farlo.»

«No, non sei adulto e sei ancora sotto la mia custodia. Cos'è successo? Hai avuto una ricaduta, deve sicuramente essere successo qualcosa che ti ha scosso.»

Scosso era a dir poco, ero ufficialmente fottuto!
«Sì, è successo qualcosa», sospirai, lasciandomi cadere sul piccolo letto. «Sandel, dobbiamo andare via da qui.»

«Perché?», rimase fermo e apparentemente più tranquillo di prima.

«Se vuoi il mio bene, domani stesso andiamo via.»

«Gabriel non possiamo e lo sai meglio di me. Ci vogliono mesi per decidere la nuova meta, dobbiamo accertarci di non sconfinare nelle loro terre e che il posto sia privo di Rosius; inoltre il sindaco ci ha permesso il soggiorno per sei mesi, sarebbe da stupidi disdire tutto quando abbiamo faticato tanto per ottenerlo.»

Sapevo che avrebbe risposto così, cosa potevo inventarmi? Non mi veniva in mente nulla. «Va bene, allora andrò via io», mi alzai e provai ad affare lo zaino, ma la sua mano bloccò il mio braccio.

«Non dire cazzate, non puoi andartene di nuovo. Mi spieghi cos'è successo? Non ti ho mai visto in questo stato, sembri un pazzo!»

«Non ti devo alcuna spiegazione, decidi: andiamo via tutti insieme, o vado via da solo.»

Rimase in silenzio, ma non lasciò andare il mio braccio. «Non posso...»

«Hai fatto la tua decisione», provai a liberarmi, ma la sua presa si rafforzò. «Sandel cazzo, lasciami andare.»

«Prima mi spieghi che ti prende e poi forse ne riparliamo. Ti sei sempre confidato con me, perché non lo fai adesso?»

«Non posso... Io, non riesco nemmeno ad elaborarla una cosa del genere.» Involontariamente, senza seguire gli ordini del mio cervello, uno spasmo catturò la mia mano e la indirizzò verso la bottiglia poggiata sul pavimento da Sandel.

Quest'ultimo, intuendo le mie intenzioni, mi sbarrò la strada e mi bloccò le braccia. «Smettila di comportarti come un bambino che desidera il peluche per dormire», mi spintonò indietro e solo allora realizzai ciò che stavo per fare.

«Scusami», abbassai il viso e provai  calmarmi. Presi dei grandi respiri e chiusi gli occhi per un paio di minuti. Quando li riaprii, mio fratello era ancora lì -con me- e sapevo che ci sarebbe sempre stato.
«Ti chiedo scusa, non so cosa mi sia successo prima. Ho avuto la sensazione che tutto mi stesse sfuggendo di mano e sai cosa mi succede in queste occasioni. Mi sono sentito smarrito e vittima del fato, non riuscivo più a ragionare.»

«Non devi scusarti, sapevamo che alla prima occasione saresti ricaduto nella trappola. Ti avevo promesso che ti sarei stato accanto, ma non potevo immaginare che-»

«Non azzardare ad incolparti, tu ora devi solo pensare alla tua famiglia e alla cerimonia che si terrà quando diventerai Alpha. So perfettamente che saranno mesi critici per te ed esserti di intralcio non è di certo nei miei piani.»

«Nostra famiglia, non mia.»

Abbozzai un sorriso, «sì, certo, nostra. Questa mattina, quando mi hai detto che volevi aiutare quelle ragazze, ho subito pensato che provassi attrazione verso la rossa ed ho accettato... Ma non mi sarei mai immaginato che avresti scelto di fare coppia con la bionda, lasciandomi con quella tipa che odio.»

«È questo che ti ha fatto arrabbiare? Scusami, ma Melinda mi ha colpito particolarmente e volevo passare del tempo con lei per conoscerla. Purtroppo non è lei la mia compagna, lo so, eppure mi piace veramente tanto stare in sua compagnia», abbozzò un sorriso.

Abbassai il viso, «compagna... Non capisco perché nei nostri branchi non si faccia altro che parlare di future spose e compagne», sospirai. «Il fato è davvero un bastardo, si diverte a giocare con le nostre vite e ci fa accadere disgrazie quando si annoia. Io non ho mai desiderato avere una compagna e tu sai benissimo il perché, eppure... Eppure inconsapevolmente la maledizione è ricaduta anche su di me.»

«C-Che intendi dire?», chiese titubante, avanzando di un passo.

«L'ho provato sai, quel forte sentimento di cui la mamma ci parlava sempre e l'ho visto, lo credevo impossibile eppure nella mia mente è vivido ancora quella scena: il riflesso arcobaleno nei suoi occhi. È avvenuto tutto a frazione di nanosecondi, ma io l'ho visto eccome. Dentro di me ho sentito un impulso innaturale di possessione, il cuore ha iniziato a battere velocemente alla vista di tutti quei colori che hanno avvolto le sue pupille, ma nonostante ciò io non lo accetto, non posso farlo.»

«Gabriel tu... La tua compagna è quella strana ragazzina che hai aggredito la scorsa notte? Colei che mi hai sempre ripetuto non ti piacesse?»

Cristo quanto facevano male quelle domande. Serrai gli occhi, desiderando di morire in quella situazione: «si, è lei.»

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