LXXVII ~Evacuazione~
Sdraiata sul divano mi persi ad osservare il soffitto inerme e con sguardo assente. Attendevo con ansia il verdetto del consiglio e speravo con tutto il cuore che approvassero il mio piano. Avevo sempre odiato Woosdville, ma non avevo mai desiderato l'estinzione di essa.
Sospirai e mi sistemai il pantaloncino di jeans prima di alzarmi e dirigermi in camera. Ero talmente in ansia da non aver mangiato praticamente nulla a pranzo e a malapena avevo rivolto la parola alla mia famiglia. Se veramente ci sarebbe stata un'evacuazione, le avrei costrette ad andare dai nonni a Northside; era l'unico posto sicuro al momento.
Mi sdraiai sul letto e chiusi gli occhi per pochi secondi, che poi divennero minuti ed infine tutto attorno a me cessò e senza rendermene conto mi addormentai.
«Oks... Oks», una voce soave mi chiamò da lontano.
La mia mano destra venne afferrata da una mano gelida che la strinse, ma non con troppa forza. «Apri gli occhi.»
Solo in quel momento mi resi conto di avere gli occhi chiusi e quando li aprii vidi una bellissima donna di fronte a me, che mi sorrideva dolcemente. Aveva lunghi capelli rossi ondulati, occhi verdi e un vestito bianco con una coroncina di fiori tra i capelli; sembravo io, ma rappresenta come la più bella delle dee.
«C-Ciao», imbarazza era l'unica parola che mi venne in mente.
«Ciao, non ricordi chi sono?», scossi la testa, «sono la Dea che un tempo ha sbloccato i tuoi poteri.»
«Santo cielo! S-Siete qui per riprenderveli? La prego, la supplico di aspettare altri pochi giorni-»
«Oks-», provò a fermarmi, ma io continuai. «Penso lei sappia che siamo agli sgoccioli con la guerra, ho sempre agito per il bene del branco e continuerò a farlo, ma la prego non-»
«Oks... Oks calmati, non voglio portarti via i poteri, essi ormai ti appartengono ed è giusto che restino con te. Sei una brava ragazza e la mia era solo una prova, che hai superato magnificamente. Sono qui per parlarti di altro, prego, siediti», compì il gesto, battendo poi la mano sulla superficie terrana.
L'assecondai e mi accomodai accanto a lei. «Se è qui sicuramente non porterà buone notizie.»
«Non proprio, non so come si concluderà questa guerra, posso solo prevedere in parte il futuro dei miei figli, ma tutto dipende dalle loro scelte. Voglio parlarti prima che sia troppo tardi.»
«Cosa dovrebbe dirmi?»
Sospirò, «Oks... Tu conosci l'ultima Maddalina? Purtroppo è venuta a mancare tanto tempo fa, durante la guerra di quella che oggi conosciamo come Northside. Le Maddaline sono chiamate le nemiche del fato e sai perché?», scossi la testa non capendo dove volesse arrivare, «perché sono in grado di prevedere il futuro e dunque di compromettere il loro lavoro e il fato molto spesso è vendicativo, trova sempre il modo di ripristinare l'equilibrio... Sbarazzandosi dell'intruso, ovviamente.»
Sbarazzandosi dell'intruso?
«P-Perdonatemi... Non capisco.»
«Oks si sbarazza di tutte le Maddaline, semplice.»
«Significa che morirò?», era seria?
«Non necessariamente, ti chiedo solo di stare molto attenta durante questa guerra. Il destino ti verrà contro spesso.»
Mi limitai ad annuire prima di svegliarmi di botto quando qualcuno iniziò a scuotermi la spalla.
Sgranai gli occhi, ma a malapena riuscii a mettere a fuoco. Strofinai gli occhi fino a scorgere il viso di Gabriel a poca distanza del mio.
«Buongiorno bella addormentata, su, giù dal letto», mi afferrò le braccia, tirandomi su.
«Gabriel», brontolai, mentre venni caricata sulla sua spalla. L'addome si contrasse e per poco non mi salii un conato di vomito. «M-Mi stai schiacciando l'intestino... Che ti prende?»
«Abbiamo da fare. Il consiglio ha approvato la nostra decisione, le streghe provedderanno a garantirci il consenso del sindaco. Tra mezz'ora avvieremo l'evacuazione.»
«Come... Cosa?», chiesi non concependo le sue parole.... Stava parlando di evacuazione, tra mezz'ora? «Gabriel non è possibile avviare un evacuazione tanto velocemente.»
«Invece è possibile, il paese potrebbe saltare in aria da un momento all'altro a causa di una fuga di gas nelle condotte centrali», spiegò, prendendo le mie scarpe.
«Quale fuga di gas?»
«È la scusa che abbiamo usato. I cittadini verranno tutti ospitati nel paese confinante, abbiamo già avvisato le autorità, stanno liberando dei posti in cui accoglierli.»
«Tutto questo mentre stavo dormendo?», domandai incredula. Alzai lo sguardo verso la sveglia, la quale segnava le cinque del pomeriggio; accidenti avevo dormito per un bel po'.
«Già, tua madre e tua sorella ti aspettano di sotto; andrete tutte e tre con la macchina di Sandel, noi ci accerteremo che nessuno resti in paese.»
«Aspetta... Cosa? Io andrò con loro?»
«Sì, Oks, ti ripeto che non parteciparai alla guerra. Dobbiamo sbrigarci, a quanto pare la nebbia velenosa si è fatta più intensa, sono stati trovati già quattro cadaveri... Tutti umani», concluse, afferrando il mio zaino scolastico.
«Perché mai Bilel farebbe una cosa del genere? Odia voi lupi, non noi umani!», finalmente mi risvegliai dal mio stato di trans ed iniziai a prendere l'essenziale per poi infilarlo nello zaino. Onestamente non sapevo cosa portare con me, non sapevo quanto tempo sarei stata via... E non sapevo nemmeno se avrei raggiunto il paese con la mia famiglia.
Non potevo lasciarli lì, non potevo abbandonarli in un momento tanto delicato, ma le parole della Dea Luna mi spaventavano. Sarei davvero morta? Ecco perché le Maddaline erano quasi estinte, perché il fato non permetteva loro di vivere.
Gabriel aveva ragione, eccome se ce l'aveva, rischiavo veramente tanto, ma la sola idea di lasciarlo da solo a combattere contro Bilel mi faceva attorcigliare le budella.
Scendemmo velocemente le scale e mi accosi che Efrem non era più in negozio. Feci per chiedergli dove fosse, ma lui mi liquidò con un semplice "sta bene".
Non appena uscimmo dal negozio venni invasa da una fitta nube verdastra che mi fece mozzare il respiro in gola.
Attraverso la nube riuscii ad intravedere l'auto di Sandel, il quale ci stava chiamando.
«Sbrighiamoci, si è creato un bel po' di traffico dalla piazza in poi, ci impiegheremo qualche oretta.»
«Qualche oretta? Non possiamo permetterci tutto quel tempo, Bilel potrebbe attaccare-»
«Sta tranquillo-», interruppi Gabriel, «lo scontro avrà inizio il ventisette marzo.»
«Sì, ma non possiamo lasciare il branco senza un comando», rifletté Sandel, «okay, nuovo piano: io le accompagno in paese e tu resterai qui e terrai sotto controllo il branco.»
«Cosa? Non posso restare qui!»
«Non possiamo andare entrambi.»
«Ma io-»
«Questo è un ordine, Gabriel, sei il beta e in quanto tale devi rispettarlo. Ci siamo intensi?», la serietà con cui lo ammonì mi fece quasi venire i brividi.
Gabriel lo linciò con lo sguardo, restando in silenzio ed allontandosi di qualche passo dall'autovettura. Sapeva benissimo di non poter contrastare l'ordine dell'Alpha, nonostante egli fosse suo fratello.
Diedi lo zaino a mia sorella e mi avvicinai a lui, trovandolo con la mascella contratta e i pugni serrati lungo i fianchi. «Gabriel... Guardami», lo chiamai, ma non mi degnò di uno sguardo. «Guardami», gli afferrai il viso e lo voltai verso di me. «Andrà tutto bene, te lo prometto. Sandel ci deve solo accompagnare in paese e poi ritornerà qui.»
«Oks non capisci», sbuffò, passandosi una mano tra i capelli. «Non mi fido di nessuno, nemmeno di me stesso e delle mie scelte. Ho una pessima sensazione, la notte mi sveglio in preda agli incubi e tutto ciò che voglio è che questa guerra finisca presto. Ho paura, Oks, ho una fottutissima paura. Non mi importa se mi ammazzano, non mi importa se mi torturano fino allo sfinimento. Io posso anche soffrire, ma tu no. So che non posso tenerti al sicuro da questa guerra, cazzo se lo so, ma almeno ci voglio provare.»
Le sue parole mi lusingarono e mi riempirono di gioia. Senza pensarci due volte mi alzai sulle punte dei piedi e lo avvosi in un caldo abbraccio, mentre lui subito affondò il viso nel mio collo. «Gabriel...», dissi solo.
«Ti prego, non commettere pazzie, non so cosa farei se ti capitasse qualcosa. Sei diventata la mia fonte di vita, Oks, e senza di te io non sono nulla.»
Ripensai ancora una volta alle parole della Dea Luna e poi a quelle di Gabriel. Avevo in mente di prendere parte a quella guerra, ma ero davvero pronta a sacrificarmi?
Che la mia morte sarebbe arrivata, era una cosa quasi certa, ma comprendevo pienamente il dolore che avrebbero provato i miei cari?
Sospirai e gli stampai un bacio sulla guancia. «Pensi che io non abbia paura a lasciarti combattere? Pensi che io non soffrirei alla notizia della tua morte? Ti amo, Gabriel, e sogno di poterti stare accanto per tutta la vita, se tu me lo permetti. Ma dobbiamo calmarci entrambi, sopratutto tu, se sei spaventato o distratto, non ti concentrerai sul combattimento e sarà peggio.»
Solo allora alzai lo sguardo verso il suo, trovandolo con gli occhi lucidi. Raramente, anzi quasi mai, avevo visto Gabriel tanto vulnerabile. Ancora una volta non potei fare a meno di abbracciarlo, ma lui mi afferrò il viso tra i palmi delle mani e lo indirizzò verso il suo. Le nostre labbra si scontrarono e subito in me scattò la scintilla carica di adrenalina, perché Gabriel era questo per me: pura energia.
Approfondii il bacio e lo strinsi forte.
Sarebbe andato tutto bene... Doveva andare tutto bene.
Lui si staccò da me ed abbozzò un sorriso. «Quando tutto questo sarà finito, ti sequestrerò.»
«Ohoh farò meglio a prepararmi allora.»
Un ultimo bacio e fui pronta a partire. L'auto di Sandel ci accolse tutte: me, Anisha, Melinda e mia madre. Proprio come aveva detto, il paese era pieno di smog e di auto che continuavano a suonare il clacson, stordendoci i timpani ad ogni secondo di più.
Alcune persone avevano addirittura deciso di abbandonare la propria autovettura e di incamminarsi verso l'altro paese. Ci avrebbero impiegato ore ad arrivare, possibile che non capivano?
In silenzio e con un'immensa pazienza superammo la prima ora nel traffico che, per fortuna, sembrò dissolversi pian piano.
Poggiai il viso sul finestrino e fissai lo sguardo sulle numerose auto che lentamente viagggiavano verso nord. Ormai eravamo a metà strada e in radio venne trasmessa una diretta sulla situazione attuale: a quanto pare molti cittadini di Woodsville avevano raggiunto la destinazione ed erano stati subito scortati negli appositi tendoni innalzati per loro.
Stavo per chiedere quanto mancasse, quando un enorme boato ci fece sobbalzare tutti. La terra iniziò a tremare e le urla della gente sovrastarono i motori della auto e dei motorini.
Spaventata mi voltai verso dietro e, nonostante i miei occhi erano certi di ciò che vedevano, la mia mente si rifiutò di accettare un simile disastro: in lontananza non si intravedeva più Woodsville, al suo posto vi era solo un enorme nube verde.
«Che significa? Cosa sta succedendo?», chiese Melinda nel panico per poi rispondere alla chiamata sicuramente ricevuta da sua madre.
Non capivo... era un attacco di Bilel?
Mio Dio... Gabriel! Gabriel era lì e non poteva di certo immaginare una cosa del genere!
«G-Gabriel», sussurrai con le lacrime agli occhi. «Sandel devi tornare indietro!», urlai poi.
«Non posso lasciarvi qui, è mio compito accompagnarvi», nonostante le sue parole potevo scorgere nei suoi occhi la preoccupazione.
«Posso guidare io, tu torna indietro», mi appoggiò Anisha.
Lui si voltò nella nostra direzione, ma non ebbe nemmeno il tempo di pronunciare una parola che un secondo boato, decisamente più potente del primo, ci fece allarmare.
Da quel momento in poi si scatenò il putiferio: la terra iniziò nuovamente a tremare, le persone scesero dalle auto ferme per iniziare a correre verso il paese mentre la scia di quella che penso fosse una bomba ci raggiunse a grande velocità.
«Sandel muoviti! Ormai qui siamo bloccate, andremo a piedi, il paese è vicinissimo, ma tu devi tornare dal tuo branco!», insistetti e quella volta si convinse facilmente.
Scendemmo tutti dall'auto ed iniziammo a correre in direzioni opposte. Non sentii ciò che si dissero Melinda e Sandel, ero troppo occupata ad aiutare mia madre. Non poteva correre velocemente, ma almeno poteva camminare a passo svelto.
La mia amica subito mi raggiunse e per poco non cadde a causa di un deficiente che l'aveva spintonata.
«Siamo quasi...», ma ecco che un fischio mi costrinse a chiudere gli occhi e a portarmi le mani alle orecchie.
«Oks!!», qualcuno urlò il mio nome, ma non capii più nulla e l'unica cosa che percepii fu la mano di qualcuno sulla mia bocca e poi il nulla.
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