LXXIV~A tutto c'è una soluzione ~

🔞🔞🔞

A passo velocemente camminai verso casa mia, con la mano destra stringevo il cellulare e mandavo un messaggio a Gabriel, mentre con la sinistra stringevo quella di Efrem e lo trascinavo con me.

Negai categoricamente l'idea di perderlo, era un mio caro amico e sapevo per certo che a tutto c'era una soluzione. Ero ancora scossa da ciò che mi aveva appena detto, ero confusa, arrabbiata, ma non avevo tempo di metabolizzare la cosa; dovevo agire, piuttosto che pensare.

Mia sorella aveva sopportato per tutto quel tempo il dolore di una imminente trasformazione ed io non me ne ero resa conto. Ero una pessima sorella, una pessima amica, ero pessima in tutto, ma una cosa era certa: in quella guerra dovecamo sopravvivere tutti. Se fosse stato necessario, mi sarei sacrificata io; ma loro dovevano vivere e godersi la propria vita.

Giungemmo velocemente a casa, un tempo ero solita prendere l'autobus per spostarmi ovunque, in quel momento ero in grado di percorrere chilometri senza rendermene conto. L'adrenalina che avevo in corpo mi aiutava notevolmente.
Salimmo su e trovammo sia mia madre che mia sorella sedute sul divano a chiacchierare.

«Efrem!», mia sorella scattò come una molla non appena lo vide. «Stai bene!?», con un gesto del tutto spontaneo si avvicinò a lui e lo strinse tra le braccia. «Pensavo che Bilel ti avesse ucciso.»

«Vorrei tanto farvi godere il bellissimo ritrovo, ma ci sono cose molto più importanti al momento», li interruppi, lanciando un'occhiata a mia madre. Era giusto nasconderle la verità? Per il suo bene sì, nelle sue condizioni non volevo che subisse stress né eccessive preoccupazioni, la situazione era già complicata da sé.

Ci rintanammo dunque nella mia stanza, Efrem era sempre più pallido e sembrava voler crollare da un momento all'altro. Mi concentrai poi su mia sorella, da quando non passavo del tempo con lei? Da quanto non rimanevo in sua compagnia per più di dieci minuti?
In quel momento lo vidi, riuscivo a scorgere i tratti del dolore: era dimagrita, era anch'essa pallida quasi quanto un lenzuolo, i suoi occhi non brillavano di vita, sembravano spenti e privi di luce.

«Efrem mi ha raccontato tutto, del piano di Bilel e della vostra trasformazione», iniziai.
La vidi subito sgranare gli occhi e voltare lo sguardo sul mio amico, il quale abbassò il viso colpevole. «Per quanto me lo avresti nascosto? Aspettavi di svegliarti nel letto come un Rosius?», alzai leggermente il tono di voce.

«Mi dispiace Oks, mi dispiace veramente. Avrei tanto voluto parlartene, ma quando ci siamo riviste dopo settimane mi sembravi fin troppo carica di problemi. Sapevo che Bilel aveva rallentato il mio processo, dunque ho deciso di non dirti nulla, o almeno fin quando la situazione non sarebbe migliorata.»

«Dovevi e basta, ti rendi conto che cosi facendo hai messo in pericolo anche la mamma?»

«Non le avrei mai fatto del male!», si affrettò a dire, quasi come se la risposta fosse ovvia.

«Anche Efrem non mi avrebbe mai fatto del male, eppure ci è andato molto vicino. Più passerà il tempo e più perderai la tua umanità e con essa anche i ricordi, come puoi essere cosi tranquilla?», forse stavo esagerando, ma non avevo né il tempo né la forza di essere dolce e comprensiva.

«Non lo so!», sbottò, «anche se te lo avessi detto, cosa avresti fatto? Probabilmente avresti passato le notti insonni a pensare ad una possibile soluzione, ma non esiste e dunque avresti perso tempo ed energie inutilmente. Ho preferito nascondertelo e non mi pento affatto della mia decisione.»

«C'è una soluzione, a quanto pare. Efrem è venuto da me per darmi questo», feci svolzare il foglio che sorreggevo tra l'indice e il pollice. «Esiste e deve essere studiata nei minimi dettagli.»

La vidi osservare il foglio, per poi voltarsi verso Efrem. Non una parola uscì dalle sue labbra, ma nei loro occhi potei leggere qualcosa che fino a quel momento non avevo mai visto: intesa, comprensione e fiducia. Si fissarono per quelli che sembravano secondi eterni, dopodiché si voltò verso di me. «Cosa vorresti fare?»

«Parlarne con le Principesse di Northside, sono in gamba e sono sicura che troveranno una soluzione in pochissimo tempo.»

«Oks non funzionerà», piagnucolò quasi, «non voglio che per colpa nostra fermate i preparativi per la guerra.»

«Ed io non voglio che mia sorella e un mio caro amico diventino miei nemici. Abbiate fiducia in me, in tutti noi, per favore», le andai incontro e con un sorriso sincero mi alzai sulle punte per abbracciarla. «Ti voglio bene, non ti lascerò andare incontro ad un destino tanto crudele.»

La sua stretta rassicurante mi fece intuire che probabilmente aveva accettato e, lanciando un'occasione ad Efrem, vidi quanto fosse felice per noi. «Tu», sciolsi l'abbraccio e gli puntai un dito contro, «attualmente sei un pericolo per tutti noi, dato che il tuo processo è accelerato, ma non ti lascerò girovagare da solo senza cibo né un tetto sulla testa, dunque-», non ebbi nemmeno il tempo di finire la frase, che la porta della mia stanza si spalancò di botto ed un Gabriel preoccupato irruppe urlando: «Oks!»

Si fermò non appena notò la presenza di Efrem. La sua espressione passò dalla preoccupata all'arrabbiata. Con due falcate lo raggiunse, afferrandolo per il colletto della maglia sporca. «Tu!», gli ringhiò contro, «cosa ci fai qui? Ti manda lui?»

«Gabriel, Gabriel», mi avvicinai a loro, poggiando una mano sulla spalla di questo prima che decidesse di far fuori il mio amico. «Va tutto bene, è a posto... Più o meno, ti spiegherò tutto.»
Lo allontanai da Efrem, Gabriel non gli staccò nemmeno per un secondo gli occhi di dosso; sapevo che Efrem non rientrasse nelle sue simpatie, ma mai mi sarei aspettata un simile atteggiamento.
«Anisha? Potresti farmi un favore?», annuì seria in viso, «Efrem ha bisogno di un bel bagno caldo e di mangiare, puoi occupartene tu? Per qualsiasi cosa chiama, o urla. Troverai alcuni vestiti di Sandel piegati sul tavolo, a quanto pare mamma ha deciso di lavarglieli dopo l'ultimo giorno che ha trascorso qui.»

«Era di obbligo lavarli, erano pieni di fango dopo essersi allenato con Stella. Comunque va bene», con un gesto veloce invitò Efrem a seguirla, lasciandomi sola con quello che potevo definire ufficialmente il mio ragazzo.

«Cosa ti salta in mente? Vuoi ospitare Efrem qui? Ti sei dimenticata quello che ha-»

«Prima di sparare parole al vento, siediti e ascolto.»

Passai dunque l'ora successiva a riferirgli tutto ciò che Efrem mi aveva detto, compresa la trasformazione di mia sorella. Gli feci vedere il foglio con su scritte le indicazioni e il piano che volevo attuare.
«Non lo so, non mi convince», scuosse il viso. «Non ti sembra strano che sia entrato nel covo di Bilel e che ne sia uscito illeso e con oltretutto la formula per bloccare il processo di trasformazione?»

«Non so come abbia fatto, ma mi fido di lui, sembrava onesto mentre me ne parlava.»

«Appunto, sembrava, comunque sia parliamone con la Regina. Lei è l'unica che è grado di fornirci spiegazioni.»

«Cambiando discorso, cosa avete scoperto sul parroco?»

«Avevi ragione, ad avere sospetti su di lui intendo. Noi non abbiamo dovuto spiegargli nulla, era già a conoscenza di tutta la situazione e questo perché è uno dei discendenti di Bilel. A quanto pare non ha mai avuto un bel rapporto con lui e ha deciso di dedicarsi alla parrocchia per agire sempre con il bene, nonostante sapesse dell'esistenza di tanto male a pochi chilometri dal paese. Ci ha informati che è stato proprio Beliel a dargli i tre anelli in oro, i quali hanno la facoltà di proteggerli. Sapeva che prima o poi noi saremmo giunti da lui per chiedergli spiegazioni e aiuto, ecco perché ha chiamato Don Lio. A Northside il Re lo ha convocato diverse volte ed insieme sono giunti ad un compromesso. Siamo assicurati, Oks, ciò significa che in questi giorni ci arriverà tutto l'occorrente per la guerra. Il Re, ancora prima che noi elaborassimo la situazione, si è dato da fare ed ha iniziato a muovere i primi passi.»

«Non... Non ci credo, significa che tutti voi avrete delle protezioni?»

«Sì... È quello che ho detto, a quanto pare la Regina realmente lo tiene aggiornato su tutto e non appena lo ha informato delle nostre perdite e di una possibile soluzione, subito ha agito.»

«È... Non so che dire, è fantastico. Grazie a lui abbiamo risolto uno dei problemi maggiori, ci ha aiutato tantissimo!»

«Già, è un ottimo sovrano», voltò il viso altrove.

«Ricorda che regna da più di tre secoli, ormai è abituato a situazioni del genere. Dunque ha provveduto a tutto... Perfetto, sono sicura che a Northside ci sarà oro a volontà per fabbricare oggetti.»

«Ti sembrerà strano, ma non si necessita di chissà quanto oro per la realizzazione.»

Annuii e mi lasciai cadere sul letto, mi sentivo decisamente più tranquilla. Avevo la certezza che tutti sarebbero stati protetti e la percentuale di morte si era abbassata notevolmente. Restava solo un problema, quello di mia sorella e di Efrem.
«Dove sono tutti gli altri?», chiesi, massaggiando le tempie; improvvisamente avevo un terribile mal di testa.

«Sono nel bar di Melinda a-», venne interrotto da mia sorella che entrò in stanza.

«Efrem è apposto, si è lavato e ha mangiato. Io e la mamma dobbiamo scendere per fare la spesa, dunque lo lascio nelle vostre mani, non dovrebbe darvi problemi è crollato sul divano pochi minuti fa.»

«A fare la spesa, da sole? E poi tu-»

«Non siamo sole, c'è... Non ricordo mai il suo nome», emise un sonoro sbuffo, «comunque un ragazzo del branco. Per quanto riguarda me non preoccuparti, sto bene... Un po' debole, forse, ma bene. Non voglio che mi tratti come una poppante, quando raggiungerò lo stato di Efrem potrai farlo, ma fino ad allora dovrai comportarti con naturalezza. Va bene?»

«Inutile obbiettare, ti chiedo solo di stare attenta.»

Annuì e con un sorriso se ne andò. Quando la casa divenne deserta, mi avviai in cucina per prendere un bicchiere di acqua e proprio come Anisha aveva detto, Efrem dormiva come un bambino sul divano, coperto da un leggero plaid.
«Guarda la sua pelle», esclamò a bassa voce Gabriel, osservandolo.

Mi avvicinai e mi abbassai sulle ginocchia. Ciò che i miei occhi videro era un qualcosa di assolutamente sovrannaturale: la sua pelle era passata dal rosa al bianco e al tatto sembra essere ruvida ed unta da chissà quale sostanza.
«Mi ammazzerà quando gli dirò che per la nostra sicurezza dovremmo incatenarlo», sospirai, poggiando una mano sulla fronte.

«Ottima idea, non ti senti bene?»

«Ho solo un forte mal di testa, penso che dopo prenderò un'aspirina.»

Infilò le mani nella tasche dei jeans, «vado un attimo al bagno», mi diede le spalle senza aggiungere altro.

Che strano.
Feci spallucce e mi diressi nuovamente in cucina per sbucciare una banana da mangiare. Ogni tanto lanciavo un'occhiata ad Efrem, con la costante paura che si potesse svegliare, ma dubitavo che potesse accedere; stava anche leggermente russando, era veramente stanco.

Passai i successivi minuti ad osservare il nulla con la mente vuota. «Quanta serietà, metti quasi paura», una voce maschile mi fece sobbalzare dalla paura. Come avevo potuto dimenticare che Gabriel era andato in bagno? «A cosa stavi pensando?»

«A nulla in particolare», scossi il viso.

«Mmm capisco», sentii i suoi passi farsi sempre più vicini. Non ebbi nemmeno il tempo di alzare il viso che venni afferrata per un braccio ed alzata dalla sedia.

«Gabriel ma cosa...», non ottenni alcuna risposta, ma in compenso venni trascinata fino al bagno.

«Conosco un bel metodo per potersi rilassare, il mal di testa è causato probabilmente dal troppo stress», si fece da parte per permettermi di entrare il bagno.

Aggrottai la fronte non capendo il suo comportamento, ma la risposta non tardò ad arrivare.
Varcai la soglia del bagno ritrovandomi in una piacevole atmosfera: la stanza era in penombra, illuminata dalla fioca luce proveniente dalle decina di candele sparpagliate dappertutto; tantissimi petali rossi creavano un sentiero dall'uscio alla vasca, la quale era stata già riempita con acqua calda e tanto bagnoschiuma, cosi da creare bollicine.

«G-Gabriel... È b-bellissimo.»

«Spero che tua sorella non mi ammazzi per aver distrutto i suoi fiori artificiali.»
Scossi la testa con un sorriso ebete sul viso. «Prova a rilassarti un po', ci penserò io a tenere sott'occhio Efrem.»

Oh... Una piccola parte di me sperava che sarebbe rimasto, ma sapevo che ciò non era possibile. «Grazie, grazie mille, nessuno aveva mai fatto questo per me», saltellai come un coniglietto verso di lui, per poi stampargli un bacio sulle labbra.

«Cosi mi metti in imbarazzo, non ho fatto nulla di che...», posò le mani sui miei fianchi.

«Invece hai fatto tanto», gli stampai un altro bacio, per poi allontanarmi.

Vidi un leggero rossore sulle sue guance. Mi diede le spalle, avviandosi verso l'uscita. Mi spogliai della maglietta e la lanciai nella cesta dei panni sporchi. Feci per togliere anche i jeans, ma avvertii una strana presenza oltre la mia, mi sentivo osservata.
Mi volto nuovamente verso l'uscio, trovando Gabriel impalato e con lo sguardo fisso su di me; uno sguardo che ardeva sulla mia pelle, facendomi quasi rabbrividire.
Fece un passo in avanti, chiudendosi la porta alle spalle. Con due falcate mi raggiunge e mi afferrò la vita, trascinandomi contro il suo petto.

Le sue labbra si incastrano con le mie, la sua lingua non esitò nemmeno per un secondo a raggiungere la mia e ad avvolgerla con il suo calore. Le mie mani, prese da un'improvvisa ondata di adrenalina, salirono lungo il suo corpo per poi afferrare la sua maglia e tirarla in su, togliendola.

«Oks... Oks», esclamò con voce roca e bassa.
«Era un bagno per rilassarti... Giusto?»

«E allora fallo con me, sono sicura che Efrem non si sveglierà tranquillo.»

«Mmm...», gemette quasi quando con delicatezza giunsi al bottone dei suoi jeans.

Da quel momento la razionalità lasciò spazio alla passione. Via i vestiti, via le paura, via tutto.
Ci immergemmo in quell'acqua calda e profumata, che ebbe la facoltà di rilassarmi subito i muscoli. Mi appoggiai al petto di Gabriel mentre lui iniziò a baciarmi il collo con una lentezza tale da farmi fremere.

Tracciò una scia fino ad arrivare dietro all'orecchio e mordicchiare il lobo. Un sospiro incontrollato abbandonò le mie labbra, mentre la sua mano si staccò dal fianco destro per inoltrarsi verso l'interno coscia, fino a raggiungere l'inguine.
Un leggero panico mi attraversò non appena capii le sue intenzioni, nessuno si era mai spinto tanto oltre, nemmeno io; con Gabriel avevo avuto la mia prima volta, ma vedevo quella cosa come estremamente intima.

Ogni mio pensiero, però, venne spazzato via da lui e dalla sua bravura. Si intrufolò con maestria tra le mie cosce, captando subito i miei punti deboli.
Un altro incontrollato sospiro mi abbandonò, mentre poggiavo la nuca sulla sua spalla e mi lasciavo totalmente andare tra le sue braccia.

Nonostante avessi avuto un perfetto orgasmo, mi sentivo stranamente insoddisfatta. Per la prima volta avevo proprio il desiderio di sentirlo dentro di me, desideravo lui.

Quando terminammo il bagno, avvolsi il corpo in un'asciugamano e prestai a Gabriel un accappatoio.
Nessuno dei due aveva portato un cambio, dunque ci recammo insieme in camera e dal silenzio che proveniva dalla casa capii che Efrem stava ancora dormendo e mia madre e mia sorella erano ancora fuori.

Il mio ardente desiderio ancora non si era placato e speravo che almeno un po', anch'io mancavo a lui sotto quel punto di vista.
Non appena chiusi la porta a chiave alle mie spalle, andai da lui e -voltandolo- lo baciai. Ero sicura di me, come non lo ero mai stata e lui di certo non si tirò indietro davanti alla mia audacia.

«Abbiamo ancora del tempo», gli feci notare con il respiro che gli sfiorava le labbra.

«Sì, però-», lo zitti stampandogli un bacio e inumidendogli il labbro inferiore con la punta della lingua. «Cristo Oks», imprecò lui, affermandomi i fianchi e sollevandomi. Ebbi solo il tempo di circondargli il bacino con le gambe, che mi appiattì alla parete adiacente alla porta.
A quanto pare anche lui desiderava me.

Le sue labbra si poggiarono nuovamente sulle mie, mentre con la mano libera si slacciò l'accappatoio, entrando in me con un'unica spinta.
«Oddio», inarcai la schiena, avvertendo un'ondata di piacere travolgermi.

Le sue spinte sin da subito furono veloci e profonde, tant'è che dovetti sorreggermi a lui per non cadere. Gli afferrai i capelli alla base della nuca, stringedoli leggermente ed alzandogli il viso verso il mio. Afferrai il suo labbro inferiore tra i denti, mordicchiandolo e succhiandolo.
I suoi gemiti furono musica per le mie orecchie, ma le continue spinte mi fecero destare da ogni altro suono presente in stanza.
Le gambe iniziarono a tremare e per quanto fosse possibile desideravo che tutto ciò non finesse mai.
«Che bello», gemetti nell'esatto momento in cui tutto il tremore cessò ed io mi rilassai completamente su di lui.

«Questo è il secondo», esclamò lui con voce roca e soddisfatta. Mi staccò dalla parete e mi adagiò sul letto, togliendomi completamente l'asciugamano da dosso.

I capelli spettinati e ancora bagnati, le guance arrossate, il respiro corto... Era divino in quel momento.
I suoi occhi brillavano di una leggera luce rossastra e solo allora mi resi conto che in quel momento non c'era solo Gabriel, bensì anche il suo lupo.

Gli presi la mano, intrecciando le dita e portandola fin sopra la mia testa, mentre lui riprendeva la sua opera.
Inarcai la schiena, sentendomi nuovamente preda del suo corpo e del nostro volere.
Le sue labbra prima cercarono le mie e poco dopo scesero verso il mio collo, facendo qualcosa che mai mi sarei aspettata: mi morsero.
Letteralmente. Sentii proprio un morso, un morso che non era profondo né faceva male, era un morso che andava oltre il semplice mordicchiare.

Le sue spinte si fece nuovamente frenetiche, tanto da sentire la tastiera del letto sbattere con costanza al muro.
«Sei mia Oks»

Quella frase mi giunse alle orecchie con un tono tale da farmi spaventare ed eccitare all'unisono. La sua voce era diversa, tutto di lui in quel momento lo era, ma nonostante ciò io non avevo paura. Ero completamente nelle sue mani, fragile in confronto alla forza che stava tirando fuori, ma sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male.

Poggiai la mano libera, dato che l'altra era ancora stretta alla sua, sulla sua schiena e quando il ritmo costante iniziò a condurmi nuovamente in quel magnifico mondo, non potei che gemere dal piacere. Quei suoni erano talmente colmi di piacere, da sembrere quasi degli urli.
Avvolsi le gambe attorno al suo bacino e piantai le unghie sulla pelle della sua schiena.
«G-Gabriel... Oddio... Ancora», ero pazza a desiderarne ancora? Probabile, ma di lui non ne avevo mai abbastanza.

La sua mano strinse forte la mia e nel momento in cui raggiunsi il terzo orgasmo della serata, lui staccò il viso dal mio collo e venne con un lungo gemito.
Ancora con il respiro corto, si staccò dal mio corpo e rotolò dalla parte restante dal letto, portandosi un braccio sugli occhi e cercando di regolarizzare il respiro.

Dall'altra parte vi ero io che non riuscivo nemmeno a rilassare le gambe dal loro tremore.
«S-Stai bene?», chiese.

Quando apri gli occhi, notai che mi stava fissando serio.
«Sì, perché?», forse avevo chiesto troppo?

Abbassò lo sguardo, «ho esagerato... Non ero in me. Io.... Hai urlato per caso?»

A quelle parole un imbarazzo tremendo mi travolse. Eccome se avevo urlato, troppo, speravo che Efrem stesse ancora dormendo.
L'imbarazzo fu tale da costringermi a prendere una coperta per coprirmi.

«Oks», mi richiamò, sporgendosi verso di me e sorreggendosi con un braccio. «Mi dispiace, ti chiedo scusa.»

Eh?
«Perché ti scusi?»

«Perché non volevo farti del male, doveva essere qualcosa di bello e invece-»

Lo fermai con una mano sulla bocca.
«Gabriel, non hai capito. Ho urlato, ma ho urlato dal piacere.»

All'udire quelle parole, i suoi occhi si sgranarono e poco dopo un meraviglioso sorriso gli illuminò il volto. Avvicinò il suo naso al mio e strofinandolo scherzosamente disse: «in tal caso sono felice che tu abbia urlato.»

Ridacchiai e feci per dargli un bacio, ma stranamente il suo viso si fece serio, anzi quasi impaurito.
«Oks...»

«Che c'è?», provai a sorridere nonostante il suo improvviso cambio di umore.

Si guardò attorno e poi guardò me, «non... Non abbiamo usato il preservativo, non ricordo di averlo messo.»

«No, ma anche la prima volta non lo abbiamo usato, mi dicesti che saresti stato attento.»
Dove voleva arrivare?

«Sì... No, cioè», si passò una mano tra i capelli. «Questa volta... Dio santo questa volta me ne sono completamente dimenticato.»

Scattai col busto come una molla, «Gabriel, cosa intendi?»

«Non mi sono fermato in tempo.»




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