LXX ~La volpe e il lupo~

Capitolo da bollino rosso
Buona lettura 😉

Gabriel

Divertito, osservavo Oks mangiare con velocità gli spaghetti al sugo, faceva di tutto pur di evitare il mio sguardo e di darmela vinta.
Non capivo da cosa derivasse tanto imbarazzo, ma non potevo negare che in aria vi era una leggera elettricità. Sentivo che era attratta da me, me lo aveva dimostrato venti minuti prima sul ripiano della penisola, ma non capivo cosa mi frenasse; quando la baciavo, quando l'abbracciavo, c'era una vocina nella mia testa che mi intimava di allontanarmi.

Ero un lupo, il mio spirito interiore mi rimproverava ogni qualvolta la lasciavo andar via, perché -allora- non riuscivo a starle accanto per più di dieci minuti?

Mi ritrovai -immerso nei miei pensieri- ad osservarla come un coglione, era buffissima la sua espressione di goduria per quella meravigliosa cena. Sulla punta del suo naso giaceva un piccolo schizzo di sugo, il quale si era depositato lì dopo che la ragazza aveva risucchiato -letteralmente- uno spaghetto dal piatto. Di femminilità non aveva assolutamente nulla, era infantile e maldestra eppure la cosa non mi infastidiva per nulla.

Ovviamente, da bravo ragazzo qual ero, non le dissi del piccolo intruso sul suo naso, bensì preferii osservarlo e ridacchiare perché ormai tra naso e capelli la differenza era poca.

«Smettila di guardarmi», borbottò mentre mangiava un pezzo di pane.

«Non ti sto guardando, ti sto contemplando», specificai.

«È la stessa cosa, anzi contemplare è peggio che guardare. Smettila.»

«Come mai sei improvvisamente così acida?»

«Smettila» ripeté ancora.

«Di fare cosa? Non mi sembra di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato.»

«Lo so», voltò il viso altrove, non voleva proprio incontrare il mio sguardo. «Solo che il tuo sguardo mi mette a disagio, inoltre non capisco cosa ci sia di tanto divertente, stai ridacchiando da quando ci siamo seduti a tavola.»

«Non posso nemmeno ridacchiare?», feci spallucce, «Sbaglio o ti sono ricomparse le lentiggini?»

«Molto probabile, compaiono quando rimango per troppo tempo esposta al sole e in questi giorni di sole c'è n'è stato fin troppo... O almeno fino ad ora», fece riferimento alla pioggia che ancora insistente batteva sui vetri delle finestre.

«Mmm capisco», osservai nuovamente quel puntino sul naso ed abbassai il viso ridacchiando, ma possibile che veramente non se ne fosse accorta?
Presi il mio ed il suo piatto e li riposi nella lavastoviglie, dopodiché venni aiutato da lei per sparecchiare definitivamente.

«Okay, adesso basta, perché continui a guardarmi il naso?!», sbottò esasperata.

«Hai del sugo sulla punta e sembri un pagliaccio», rivelai l'enigma.

La vidi sgranare gli occhi lentamente e, con orrore, afferrò un fazzoletto e lo strofinò energicamente proprio in quel punto. «Dannato lupo da strapazzo! Potevi dirmelo, che imbarazzo, santo cielo!», affermò esasperata, andando in soggiorno e prendendo il cellulare.

Lupo da strapazzo eh?
Mi avvicinai a lei mentre si specchiava nel display per assicurarsi che non ci fosse residuo di sugo.
Le avvolsi un braccio attorno alla vita e, sollevandola, la schiantai sul morbido divano.

«Ahh!!», urlò poco prima dell'impatto, «ma ti sei completamente rincitrullito! Ahi, che male.»

«Lo sappiamo entrambi che non ti sei fatta nulla», abbozzai un sorriso mentre con sguardo felino salii lentamente sul suo corpo, sedendomi praticamente sul suo basso ventre. Ovviamente mi feci forza sulle gambe per non appesantirmi.

«G-Gabriel che fai?»

«Sono un lupo da strapazzo, non ragiono bene», la beffeggiai.

Emise un leggero ringhio, posizionando le mani sulle mie gambe e provando a scostarle dai suoi fianchi. «Smettila», piagnucolò, «cos'hai stasera?»

«Nulla, semplicemente ho abbandonato la corazza e mi sto godendo l'attimo.»

«Bene, allora rimettila, sembri un bambino!», alzò gli occhi al cielo. «Però... Si, ecco, è bello vedere questo lato di te.»

«Ricordati questo giorno, perché non mi ci vedrai spesso così», indicai con l'indice il mio viso sorridente.

Ricambiò subito il sorriso, ma non disse nulla. Alzò lentamente una mano e la depositò sulla mia nuca, spingendomi in avanti e costringendomi a posare il viso sul suo petto. Venni poi avvolto dalle sue braccia e stretto amorevolmente.
Mi lasciai comandare come se fossi un burattino, non capacitandomi del gesto appena compiuto.

Mi stava abbracciando con tanta di quella delicatezza che mi portò a pensare di essere particolarmente importante per lei. Chiusi gli occhi beandomi di quella carezza e del battito lento del suo cuore. Era così rilassante, il suo profumo era così dolce, sarei rimasto in eterno tra le sue braccia.

Senza rendermene conto mi addormentai e quando riaprii gli occhi mi ritrovai semisdraiato sul divano e con un dolore lancinante al collo.
Il braccio destro era avvolto attorno al busto di Oks e il suo viso era appoggiato sul mio petto; come ci eravamo finiti in quella posizione?

Ancora una volta mi ritrovai a contemplarla come un emerito ebete, era bellissima anche quando dormiva... L'avevo davvero detto?
Ebbene sì, infondo era la pura verità.

Lei era una volpe: astuta, veloce, alcune volte ingannevole, la sua chioma di fuoco l'aveva sempre protetta dal male esterno e probabilmente era quella la causa delle mie paure nei suoi confronti.
Non riuscivo mai a rilassarmi completamente con lei, temevo sempre che potesse tradire la mia fiducia da un momento all'altro.

Quasi come se si fosse sentita chiamata in causa, emise un leggero lamento e provò a girarsi completamente nella mia direzione. Si fermò, però, quando capì che la situazione non era a suo favore e non poteva muoversi come voleva.
E fu in quel momento che aprì gli occhi ancora assonata e borbottò: «Gabriel... Cosa ci fai nel mio letto?»

«Siamo a casa mia... Sul mio divano.»

«Che bello....», chiuse di nuovo gli occhi e ritornò a dormire. Stava sognando ad occhi aperti?
«Gabriel?», mi richiamò ancora.

«Sì?»

«Mmm... ho fatto uno strano sogno, ma so che non sarà mai la realtà. Tu mi vuoi bene, vero? Non mi faresti mai del male.»

Non capivo se stesse dormendo o se fosse sveglia. «Sì, non ti farei mai del male.»

«Nemmeno se a causa mia potrebbero morire delle persone?»
Dunque il suo non era un sogno, molto probabilmente era una visione... visione in cui qualcuno sarebbe morto e qualcun'altro avrebbe sofferto.

«No Oks, non potrei mai», mi ritrovai ad accarezzarle i capelli. «Guai a chi ti sfiorerebbe anche solo con un dito.»

Abbozzò un sorriso, «ti voglio bene, sei il mio lupacchiotto.»

Un enorme sorriso mi spuntò sulle labbra, «ma lo sai che sei proprio carina mentre sonnecchi? Non hai idea di ciò che ti farei», conclusi con voce bassa e roca. Sì, la desideravo, la desideravo ardentemente, come non avevo mai desiderato nessuno. Volevo che lei fosse mia sotto ogni punto di vista.

«Fallo», aprì completamente gli occhi.

«Non stavi parlando nel sonno!», esclamai ad occhi sgranati; che figura di merda.

«Più o meno... Allora? Cos'è che vorresti farmi?»
Fui quella volta io a voltare il viso e ad evitare il suo sguardo. Non poteva fare una domanda del genere ad un ragazzo.
«Cos'hai Gabriel? Sei in imbarazzo?»

«No, ma so che stai delirando dal sonno. È passata l'una, torniamo a dormire», si meglio dormire.

«E se ti dicessi che non voglio?», si alzò con il busto così da pararsi davanti al mio viso.

Non così vicino!
Non ero in grado di controllare certi stimoli.

«Perché la parte più audacia di te la cacci fuori sempre di notte?», sospirai esasperato.

«Ho i miei motivi... Quindi sei attratto da me, anche solo un pochino?!»

Era una domanda o un'affermazione?
«Oks sai cos'è l'astinenza? Un povero lupo come me che non scopa da quasi un anno si farebbe anche una ciambella in questo momento. Non si parla di attrazione, bensì di istinti e dovresti stare attenta perché non sono bravo a frenare i miei.»

La vedo portarsi una mano davanti alla bocca con occhi sgranati, «c-che strana immagine mi è spuntata in mente: te che fai sesso con una ciambella.»

Per poco non soffocai con la mia stessa saliva. «Oks! Era per farti comprendere-»

«Lo so, scemo», si alzò improvvisamente dal divano e mi interruppe. Il mio corpo subito venne avvolto da un improvviso gelo, il suo corpo vicino al mio era in grado di riscaldarmi e la sua improvvisa assenza mi creò un immenso vuoto al petto.
Ritorna qui, per favore! Avrei voluto dirle.

«Oks?», la chiamai quando la vidi scomparire in cucina. Che se la fosse presa? Non mi sembrava di aver detto qualcosa di strano...
«Oks?», riprovai.

«Smettila di chiamarmi», ricomparve sull'uscio con un bicchiere di acqua in mano. «Non hai una stanza in cui dormire? Io resterò sul divano.»

Perché voleva che dormissi in camera mia? Pensavo le facesse piacere dormire insieme. «Sì... Ma ovviamente non ti lascerei mai dormire sul divano, ci andiamo insieme in camera.»

«No, non voglio dormire con te. Prima ci siamo addormentati inconsapevolmente.»

Perché improvvisamente era così fredda? Il suo sguardo, quel maledetto sguardo di ghiaccio era ritornato e con esso la sua espressione seria. Era da tempo che non assumeva un simile atteggiamento.
«Perché sei così fredda nei miei confronti?»

«Perché mi sono ricordata di quanto sia importante non legare con troppa gente», ritornò in cucina per posare il bicchiere di vetro, probabilmente.
Che intendeva con "non legare con troppa gente"? Non capivo, pensavo di essere un suo amico, una persona speciale per lei, si era addirittura dichiarata, perché aveva alzato di nuovo quel maledetto muro?

«Non legare con troppa gente? Pensavo ti piacesse il legame che hai con me.»

«Il divano o il letto?», chiese e cambiò totalmente discorso.

«Perché improvvisamente hai cambiato atteggiamento, esigo delle spiegazioni, no?»

«Spiegazioni su cosa Gabriel? Mi hai chiaramente fatto intendere che preferiresti scoparti una ciambella, anziché me, cosa pensi che possa provare una ragazza sentendo questa frase?»

«Ah... Pensavo fosse per altro, non pensavo fossi così permalosa. Ti ripeto che l'ho detto per farti capire il concetto.»

«Non capisci un cazzo Gabriel!», urlò con gli occhi lucidi, prima di incamminarsi verso la mia stanza.

Sentii la serratura scattare e ciò mi fece intendere che si era chiusa dentro. Non capivo, davvero. Avevo detto quella frase per evitare che si avvicinasse troppo, le avevo fatto intendere che non importava se fosse lei o un'altra, l'attrazione fisica a causa dell'astinenza mi avrebbe portato a fare anche pazzie.

Pensava davvero, però, che non la desiderassi? Come poteva pensare una cosa del genere? Era da quando avevo scoperto che lei era la mia compagna che non sfioravo una ragazza, anche nei primi tempi quando ancora la rinnegavo, non avevo mai osato avvicinarmi ad una ragazza; mi sentivo tremendamente in colpa anche solo a pensare a qualcuna che non fosse lei!

Non avrei mai pensato che lei mi desiderasse ardentemente.

Con un colpo di reni, mi sollevai dal divano e mi incamminai verso la mia camera, bussando. «Oks non fare la bambina, apri la porta.»

«V-Visto che non ti decidevi, ho scelto io, torna sul divano Gabriel», la sua voce era roca e leggermente tremante, ciò mi portò a pensare che stssse piangendo.

«Oks che esagerazione, hai frainteso le mie parole, apri la porta e parliamone da persone mature.»

«Non ho voglia di parlare con te, tranquillo, non è successo nulla.»

«Se non apri la porta, la sfondo.»

«Smettila di parlare come un bad boy in un romanzo rosa, è tardi, va a dormire.»

Va bene, se proprio non voleva aprirla, sarei stato costretto ad usare le vecchie maniere da lupo ribelle e feroce.
Retrocessi di qualche passo, dopodiché mi preparai a scagliare un potente calcio.
Per fortuna la porta subito si staccò dai cardini e con un tonfo cadde a terra.

«Ma che...»
Oks, già sdraiata sotto le coperte, si voltò nella mia direzione ad occhi sgranati. «Sei completamente impazzito?! Hai rotto la porta! Sei un vandalo!»

«Ti avevo avvisata», avanzai nella stanza buia.

«Gabriel!», sbuffò lei innervosita, scendendo dal letto. Solo allora mi resi conto che indossava solo la maglia, aveva tolto i pantaloni, ma -per mia sfortuna- era abbastanza piccola da disperdersi in quel semplice indumento. Lei, seguendo la traiettoria del mio sguardo, fece un balzo indietro e ritornò sotto le coperte. «Quei pantaloni erano troppo grandi e io... Ecco quando dormo devo essere a mio agio», provò a giustificarsi.

«Perché stavi piangendo?»

«Non stavo piangendo!», orgogliosa come sempre.

Ancora una volta sospirai ed avanzai verso di lei, «Oks, non hai motivo di piangere, hai semplicemente frainteso», mi grattai la nuca. «Da quando ho scoperto che sei la mia compagna non ho più toccato una ragazza e sai perché? Perché inconsapevolmente io ti portavo rispetto e volevo te nel mio letto e non una qualsiasi ragazza. Prima ho fatto l'esempio della ciambella per evitare di farti avvicinare troppo, fremo dalla voglia di saltarti letteralmente addosso e non è facile frenare i propri istinti. Capito?», le sollevai il mento ed incastrai il mio sguardo nel suo.

Rimase in silenzio, ma nei suoi occhi lessi un mix di emozioni: pentimento, tristezza e desiderio.
Lentamente annuì e si morse il labbro inferiore, quasi come se fosse nuovamente sul punto di piangere.
A quello sguardo, a quelle labbra rosse come il peccato, al suo profumo, non riuscii più a resisterle, così abbassai il viso e la baciai.
La baciai con trasporto, la baciai come non avevo mai fatto. La passione ci travolse all' istante, tant'è che fu lei a sporgersi in avanti e ad avvolgermi il collo con le braccia.

Le mie braccia in automatico la strinsero a me mentre il suo bollente fiato si mischiò con il mio. Le sue labbra erano talmente morbide da assomigliare a delle caramelle gommose, tant'è che non mi trattenni dal darle un morso sul labbro inferiore, facendole emettere un sospiro durante il quale la strinsi più forte.

Il mio corpo la sovrastò subito, facendola sdraiare completamente sul letto. Una delle mie gambe si incastrò tra le sue e sentire il calore della sua pelle oltre il tessuto dei miei pantaloni mi fece letteralmente impazzire.
«Oks», mi staccai da lei, respirando con affanno. Grave, gravissimo errore. Dea Luna, la sua bellezza in quel momento superava di gran lunga la tua: la sua cascata di fuoco era sparsa su tutto il cuscino, i suoi occhioni brillavano di un intenso verde e tutto il suo viso era illuminato dai raggi lunari che filtravano dalle persiane.

«Gabriel», mi richiamò dopo aver notato il mio breve attimo di smarrimento. Le sue dita si intrecciarono con i ricci alla base della mia nuca, mi sorrise dolcemente e -nonostante la bizzarra situazione in cui eravamo capitati- lessi nei suoi occhi ancora tristezza. Alla base delle sue ciglia erano depositate ancora alcune lacrime dall'ultimo pianto. Quanto avrei voluto che sorridesse sempre e pensare che la causa del suo pianto ero stata io.

«C'è stata almeno una volta in cui sei stata felice con me?»

«Eh?», venne colta di sorpresa, «perché mi fai una domanda del genere?»

«Vorrei vederti sempre sorridere, ma a quanto pare sono bravo a farti piangere», abbozzai un mezzo e triste sorriso.

«Ma che stai dicendo? Sono io ad essere troppo emotiva, piango anche se vedo un uccello cadere dal nido. Gabriel non so più che fare per farti capire che ti amo», Dio quanto amavo quella parola, «amo tutto di te, il tuo modo di proteggermi, di ascoltarmi, di sapermi gestire in ogni situazione, anche sola la tua presenza mi rende felice.»

«Non sai quanto ho desiderato queste parole, dalla prima volta che le hai pronunciate, ho desiderato di sentirle ogni giorno», poggiai la mia fronte sulla sua.

Si aprì in un sorriso e riappoggiò le sue labbra sulle mie.
Da quel semplice gesto se ne seguirono altri: abbracci, intrecci di gambe, respiri irregolari.
La mia mano si posò sulla sua coscia e lentamente salì su, alzando la maglia e scoprendo il suo ventre.
«Sei sicura?», le chiesi quando ormai in me è rimasto solo un briciolo di razionalità.

«C'è anche da chiederlo?»

Mi bastò quella semplice contro domanda per continuare la mia opera. Le sollevai la maglia fino a sfilargliela dalla testa. I suoi seni erano in bella vista, mentre la sua intimità era ancora coperta dai miei box.

Mi sporsi verso il suo collo, leccando e baciando quello che consideravo il punto sensibile di ogni donna; infatti il suo fremere mi fece intuire che avevo fatto bingo.
Scesi con i baci lentamente, godendomi ogni centimetro della sua pelle e soffermandomi proprio su quei bei e prosperosi seni che non esitai a succhiare come se fossi un neonato.

La sentì emettere un altro sospiro e scesi ancora, soffermandomi proprio sul bordo dei box che non esitai a togliere. In quel momento era proprio davanti ai miei occhi, come la natura l'aveva creata e soprattutto tutta a mia disposizione.
«G-Gabriel non guardarmi così.»

Solo allora riportai il mio sguardo sul suo, notando che il suo colorito era passato dal classico pallore ad un intenso rosso. Che goduria vederla arrossire solo per me.
«Sei bellissima», confessai con voce roca.

«Mmm...», emise solo come se nemmeno lei ci credesse.

«Non sto mentendo», precisai, «vorrei che ti vedessi con i miei occhi.»

Non appena terminai la frase la situazione si capovolse e fu lei ad avere il comando. I miei occhi vennero coperti dal palmo della sua mano, impedendomi di osservarla ancora in tutto il suo splendore. Era estremamente in imbarazzo e la poca autostima che insignificantemente la perseguita di certo non aiutava.
«Allora permetti di ammirare te», sussurrò a bassa voce al mio orecchio, facendomi accapponare la pelle e risvegliare il mio amichetto ancora nascosto.

La mia maglia volò via, così come i pantaloni della tuta. Le sue mani inesperte volarono subito ai miei addominali, tastandoli con leggerezza e facendomi impazzire. Troppa, troppa calma.
Decisi di ribaltare nuovamente la situazione, preferivo dominare, non essere dominato.

Anche i miei box presero posto sul pavimento, ma nel momento in cui mi riavvicinavo, lei -impaurita- affermò: «aspetta, il preservativo!»

Ecco come rovinare la bella atmosfera creata.
«I-Il preservativo», ripetei come un allocco, «starò attento...», come un emerito coglione mi ero dimenticato che attualmente ne ero sprovvisto.

Lei abbozzò un sorriso ed annuì, ciò mi rese incredibilmente felice: si fidava ciecamente di me.
Ritornai finalmente sul suo corpo e mi posizioni proprio davanti alla sua apertura.
Non dissi nulla, mi bastò un intenso sguardo con lei per capire quanto fosse agitata, ma non disse nulla né mi fermò, si lasciò totalmente nelle mie mani.

Le mani mi sudavano, mai ero stato tanto in ansia per un banale rapporto sessuale... Ma sotto di me c'era Oks, la mia Oks, non volevo che soffrisse o che la sua prima volta fosse un trauma, la pecca era che non riuscivo più a trattenermi.

Senza pensarci due volte mi abbassai fino a far combaciare le nostra labbra e colsi quel momento di smarrimento per entrare in lei.
Il suo corpo si irrigidì all'istante, per poi rilassarsi e far sfociare il dolore che stava provando in quel momento in un lungo sospiro che sapeva tanto di un gemito vero e proprio.

Dalla paura rimasi immobile, avevo gli occhi chiusi e il viso poggiato all'incavo del suo collo. Le sue braccia mi avvolsero nuovamente e sussurrò un "continua".

Il mio cuore riprese a battere, il quale -dalla troppa paura di aver commesso una cazzata- si era letteralmente fermato.
Ritornai sui miei passi e ripresi l'opera da poco iniziata.

Con lenti spinte mi feci sempre più spazio in lei e, se io stavo godendo come non mai in quel caldo involucro, lei stava ancora attraversando la fase del dolore.
Pian piano, però, sentii le sue gambe rilassarsi sempre più, fino ad avvolgersi attorno alla mia vita.

I nostri petti si incollarono alla perfezione, le nostre pelli si impregnarono di sudore. Finalmente potei lasciarmi andare ed esplorare tutto il suo mondo, finalmente i suoi gemiti giungevano alle mie orecchie, finalmente quel fatidico momento era arrivato.

Mi rifiondai su i suoi seni che riempii di baci, morsi e succhiotti; avevo scoperto di amare particolarmente quelle due sfere che erano solo a mia disposizione.
Il mio viso venne afferrato e trascinato verso su, proprio di fronte al suo.
Le nostre mani si intrecciarono, così come i nostri respiri e i nostri sguardi. Entrambi eravamo sempre più vicini in un mondo che era solo nostro e bastò un'ultima spinta per portarci al culmine e condurci in Paradiso.


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