LXVI ~Amami oggi e per sempre~
Tamburellavo energicamente le dita sulle ginocchia. Ero seduta ormai da mezz'ora sulla riva del lago a gambe incrociate, di Gabriel nemmeno l'ombra; possibile che Anisha avesse ragione?
Scossi il viso e continuai ad attendere. Non me ne sarei andata di lì fin quando il sole non sarabbe sorto, solo allora mi sarei arresa, poiché costretta a ritornare al covo.
Mi morsi il labbro inferiore e pregai, pregai veramente che lui venisse perché non ero certa di poter organizzare nuovamente un incontro.
Quella volta avevo Anisha alle spalle, la quale mi avrebbe protetta nel caso in cui Bilel o mia madre si sarebbero accorti della mia assenza, ma non pensavo di essere tanto fortuna una possibile prossima volta.
Inoltre, ahimè, avevo notato che negli ultimi tempi Bilel non stava sedando i Rosius come faceva un tempo. Il motivo mi era sconosciuto, inoltre avevo scoperto troppo tardi che questi ultimi si sarebbero svegliati nelle prime ore dell'alba, diretti chissà dove.
«Oks?!», mi sentii scuotere una spalla. Sobbalzai dalla paura e per poco non emisi un grido.
«Gabriel, santo Cielo, la prossima volta non essere così silenzioso!», mi alzai, pulendo i jeans dai fili di erba.
Ero felice che fosse lì.
«In realtà ti ho chiamato più volte, ma non mi hai risposto.»
«Scusami ero in sovrappensiero», abbassai il viso, «in realtà devo chiederti scusa per molte cose», sospirai. «Hai ragione, è vero ciò che hai detto questa mattina e anche le scorse volte, non ci credevo, ma mi è stata data una spiegazione al riguardo. Ti chiedo scusa per non averti creduto fin dall'inizio e aver capito che ci fosse qualcosa che non andava, inoltre ti chiedo scusa per aver agito così impulsivamente e aver garantito a Bilel metà dei miei poteri. Sono sempre dell'idea che proteggere mia madre e mia sorella sia la priorità e che il tutto si sarebbe semplificato stando costantemente accanto a loro, ma avrei potuto agire in un altro modo; non so come, ma avrei potuto evitare qualcosa», non avevo il coraggio di guardarlo in faccia.
«Quale sarebbe questa spiegazione?», la sua voce era ferma e seria.
«Anisha ha fatto delle ricerche e ha scoperto che, proprio come Efrem e mia madre, anch'io sono stata vittima della potenza del veleno dei Rosius. Esso ha il potere di stordirti la mente e di manipolarti, ecco perché la Dea Luna mi ha dato un breve tempo di prova per utilizzare i miei poteri; sono sicura che sapeva di questa mia debolezza, sapeva che Bilel pian piano stava entrando nella mia mente e mi stava manipolando.»
«Ciò che dici potrebbe avere senso, ma non del tutto. Se ciò che dici è vero, perché il veleno non ha avuto effetto su di me?»
«Perché sei un lupo, loro già ti somministravano strozza-lupo, se avrebbero aggiunto anche il veleno, saresti morto. Per mia fortuna non ho mai subito un iniezione, ma l'ho assorbito semplicemente respirando. Non sono stata in grado di vedere la nube verdastra di veleno poiché sono rimasta lì sotto per troppo tempo.»
Incrociò le braccia al petto e rimase in silenzio, continuava a sviare il mio sguardo e si vedeva lontano un miglio che era combattuto tra sé stesso.
«Gabriel», lo richiamai, «non avrei motivo di mentirti, davvero, ti sto dicendo tutta la verità.»
«Se questa è la verità, saresti la sua miglior arma contro di noi e così facendo anche una minaccia.»
«Lo so, Sandel ha fatto bene a non credere in me sin dall'inizio, ecco perché ti sto riferendo la verità; per prevenire qualche mio attacco contro di voi.»
«Hai detto di aver incontrato la Dea Luna, immagino che l'incontro sia avvenuto nelle nostre terre sacre.»
Annuii, «sì, Stella mi ha aiutata.»
«Stella», ripeté quasi meccanicamente e con ll sguardo immerso nel vuoto, ripercorrendo probabilmente momenti nostalgi e dolorosi. «Se hai avuto l'onore di incontrarla significa che sei importante per noi del branco e che fai parte del nostro destino. Mi domando solo perché Melinda anche non ha ricevuto lo stesso privilegio.»
«Forse perché è solo un'umana?»
Scosse il viso, «non importa la razza: chiunque sia inserito nel percorso dei suoi figli, sarà chiamato al suo cospetto prima o poi. Evidentemente Melinda non è nel nostro destino, è solo una persona passeggera», sembrò riflettere ad alta voce.
Sospirò e puntò lo sguardo sul lago che, sotto la luminosità della luna, sembrava brillare.
Oh Gabriel... avrei tanto voluto che mi credesse senza sé o ma. Avrei tanto voluto che mi dicesse che sarebbe andato tutto bene e che tutti ne sarebbero usciti illesi, ma ovviamente nulla andava secondo i propri desideri.
Feci per chiedergli a cosa si riferisse con tali parole, ma in un batter d'occhio delle veloci immagini si susseguirono nella mia mente: io e lui in una grotta illuminata da gemme, uno scontro, lupi che correvano accanto a uomini e donne che apparentemente sembravano umani ma dalla velocità con cui si muovevano capii che in realtà erano dei vampiri; riuscii anche a vedermi, ero di fronte a mia sorella, lei era con il branco e con Melinda, Stella era al suo fianco e stava parlando, ma non capivo cosa stesse dicendo; mia madre era stretta tra le braccia della mia migliore amica, solo io ero di fronte a loro, solo io sembravo non voler schierarmi dalla loro parte.
Quella fu l'ultima immagine che vidi, ben distinta e più lunga delle altre. Il messaggio che mi voleva far recepire era molto chiaro: ci sarebbe stato sicuramente un combattimento e -a quanto pare- io non sarei stata dalla parte della mia famiglia e dei miei amici.
Quando tutto ritornò alla normalità, mi resi conto che Gabriel mi stava osservando intensamente, ma per fortuna la visione appena avuta non mi aveva procurato -come spesso capitava- terribili mal di testa; evidentemente il mio corpo e la mia mente si stavano abituando a quelle intrusioni.
«Hai avuto una visione? Sei rimasta in trans per una buona manciata di minuti.»
«Sì, ho avuto una visione», confermai, sedendomi a terra. Le mie gambe avevano preso inspiegabilmente a tremare e un nodo alla gola mi strinse talmente forte da farmi salire le lacrime dal dolore, ma non potevo piangere, non davanti a lui. Dovevo prima accertarmi che lui mi credesse, affinché al momento più opportuno avrei saputo cosa fare.
«Cosa hai visto?», si sedette accanto a me.
«Lo scontro, a quanto pare la vostra alleanza con i vampiri andrà a buon fine e mia sorella e mia madre verranno salvate.»
«Bene, molto bene, di Bilel ancora nulla? Verrà ucciso nello scontro?»
«Non lo so, ma... Gabriel devi farmi una promessa», mi voltai verso di lui ed incastrai i miei smeraldi verdi nel cielo diurno dei suoi. «Devi promettermi che, nel caso in cui le cose si mettessero male durante lo scontro, tu dovrai uccidermi. Se mi schiero con i nemici, se Bilel riesce ad avere il pieno controllo su di me, devi uccidermi prima che io possa fare qualcosa di terribile. Non potrei vivere con del sangue sulle mani, non sopporterei di farvi del male, o addirittura uccidervi. Ho già vissuto una situazione del genere con mio padre e ne sono uscita devastata-»
«Non lo farò, non puoi chiedermi una cosa del genere», scosse il viso quasi come se volesse eliminare un'immagine appena vista. «Non arriveremo a tanto, non lo permetterò.»
«Gabriel l'ho visto! Sarò l'unica a non essere dalla vostra parte! Preferisci che-»
«E allora cambierò questo dannato futuro!», alzò la voce, facendomi sobbalzare. «Farò di tutto per cambiarlo, anche a costo di rimetterci la vita, tu non finirai nelle mani di quel dannato essere che si ostina ancora a restare sulla terra!»
Quella sua affermazione mi sorprese
Avrei preferito uccidermi, piuttosto che far morire lui. Purtroppo il mio passato mi perseguitava ancora, io non meritavo di essere salvata né aiutata, io meritavo solo di pagare per ciò che avevo fatto.
Con un lungo sospiro nel quale riempii i polmoni, mi avvicinai a lui e -senza alcuna esitazione- avvolsi il suo busto tra le mie braccia.
Lì, seduti davanti al lago, lui stretto tra le mie braccia: non c'era momento migliore nella mia vita.
«Va bene, poi vedremo che fare, ma per il momento voglio godermi questa meravigliosa notte stellata.»
«Oks», soffiò in un sospiro. «Cosa provi per me?»
Una domanda, una semplice domanda che fu in grado di mandarmi in tilt i pochi neuroni che mi erano rimasti nel cervello. Il mio corpo si irrigidì, la mia bocca pronunciò parole senza il mio consenso: «ti voglio bene, tanto tanto bene. Sai? Sto iniziando a capire cosa significa essere legato ad un compagno.»
«Appunto, non dimenticare che io sono un lupo e tu hai sempre odiato i lupi.»
Continuavo a stringerlo, ma lui ancora non ricambiava... Perché non voleva abbracciarmi? Pensava che lo stessi prendendo in giro?
«Non più, ho capito che non ti i lupi sono feroci e senza cuore.»
Emise una leggera risatina, «chi ti dice che io non sia feroce?»
Solo in quel momento mi staccai dal suo abbraccio, abbozzando un sorriso. «Sbranami, allora. Sono proprio qui, a pochi centimetri da te.»
Inarcò un sopracciglio e, con un gesto veloce, mi afferrò il mento tra l'indice e il pollice. Fui costretta a sollevarmi sulla ginocchia e a bloccare il respiro dalla sua vicinanza. «Vuoi venire con me?»
«H-Hai detto che non mi uccideresti per nulla al mondo.»
«Non ti fidi?»
«Certo che mi fido.»
«Bene, siccome non hai più paura dei lupi», si sollevò sulle ginocchia e si alzò.
Retrocesse di un paio di passi e chiuse gli occhi, concentrandosi su chissà cosa.
Non capii cosa volesse fare, fin quando non rivivi la medesima trasformazione che avevo già visto una volta nella sua roulotte. Lui non emise alcun verso di dolore, né pianse, ma io potei sentire benissimo il rumore delle sue ossa che si spezzavano una ad una e si calcificavano. La peluria nera lo ricoprì interamente e in pochi secondi mi ritrovai davanti un lupo di grande stazza che mi fissava con i suoi occhioni rossi.
Deglutii e provai a convincermi che infondo quel lupacchione era Gabriel e lui non mi avrebbe mai fatto del male.
«Salta in groppa.»
Eh? Aveva parlato?
«Ricordi? I compagni posso parlare telepaticamente.»
Vero! Aveva ragione.
Abbozzai un sorriso e mi incamminai verso di lui, salendo sulla sua schiena e piantando le mani alla base delle orecchie. Era così morbido da ricordarmi un peluche e così caldo da farmi rammentare le innumerevoli serate passate davanti al camino a leggere un bel libro, il suo respiro regolare mi ricordava casa... Tutto di lui era casa.
Inclinai il busto in avanti e poggiai il petto interamente sulla sua schiena, stringendogli delicatamente le braccia attorno al collo.
Le sentì irrigidirsi per una manciata di secondi, dopodiché partì con una spinta verso una meta sconosciuta.
Ora capivo cosa provasse Melinda quando era in groppa a Sandel, capivo quel senso di libertà che nasceva. Una sensazione di leggerezza mi investì non appena il vento sferzò con forza verso di noi. Sorrisi per la sua velocità, sorrisi per questo momento. Mi sembrò un sogno e per mia fortuna era la realtà.
Dopo pochi minuti arrivammo in una parte del bosco che non avevo mai visto, nemmeno sapevo della sua esistenza. Sembrava totalmente fuori dal mondo, immersa in ciò che io definirei favola.
A pochi passi da noi vi era un ruscello, di cui il leggero suono dell'acqua che scendeva regolamente eguagliava una dolce melodia.
L'erba seguiva il venticello ed oscillava come tante meravigliose donne ad un ballo, tutte coordinate e felici.
Poche, ma non insignificanti, lucciole volavano in quel meraviglioso paesaggio, fornendogli un tocco di romanticismo.
La mia immaginazione prese subito il sopravvento. Mi vidi come una principessa alla scoperta del mondo, incantata ed ammaliata da tanta bellezza e sapere che in me risiedeva una natura figlia di essa, mi rendeva incredibilmente orgogliosa... Per la prima volta, ero orgogliosa di ciò che ero.
Scesi dalla schiena del bel lupo ed avanzai lentamente verso un punto indefinito. Mi guardai attorno con un sorriso da ebete e continuai a contemplare gli alberi, i fiori, tutto ciò che sembrava brillare di luce propria.
Gabriel rimase in silenzio, come se volesse concedermi un momento tutto mio.
«È bellissimo», sussurrai con ancora la gioia nel cuore.
«Sono felice che ti piaccia, ho scoperto questo luogo la mattina in cui litigammo. Non ricordavo nemmeno come ci ero arrivato, ma rimasi qui per quasi l'intero giorno. Lo vedo come un paradiso terrestre, il suo aspetto diurno non è minimamente paragonabile a quello notturno. Volevo che lo vedessi, ricordo che a te piace molto leggere.»
«Sì», annuii, voltandomi verso di lui con un sorriso, «ma non avrei mai pensato di vedere dal vivo luoghi che per tempo ho solo letto nei romanzi. Grazie mille, davvero.»
«Non mi devi ringraziare, c'è qualcos'altro che voglio mostrarti», si incamminò verso destra, dove poco lontano vidi l'entrata di una grotta.
La grotta! Quella della mia visione, non mi sarei mai immaginata che si sarebbe avverata in cosi poco tempo. Ciò significava che tutti gli eventi che avevo predetto si sarebbero verificati a breve.
«L'ultima volta che sono stato qui ho portato un paio di pantaloncini, poiché sapevo che ci sarei tornato in forma umana e non. Dunque, se non vuoi vedermi nudo, ti consiglio di voltarti per un minuto.»
Rossa dall'imbarazzo mi voltai nella direzione opposta, anche se -ahimè- l'occhio traditore avrebbe voluto dare una sbriciatina. Ultimamente stavo facendo strani pensieri su me e Gabriel, pensieri veramente poco casti.
«Puoi voltarti.»
Eseguii immediatamente l'ordine trovandomi davanti un maledetto Dio del Sesso che mi implora di molestarlo. Santo cielo, cosa stavo pensando?
Quegli addominali, quei muscoli, quei capelli ribelli e scuri, quei occhi azzurri... Faceva caldo? Si faceva decisamente caldo.
Inutile scaldarsi tanto, mia cara Oks, lui non ti vuole in quel senso e tu non avresti mai il coraggio di concederti ad un ragazzo... Sarai una suora a vita. Pensai nella mia mente.
«Vieni», mi invitò a seguirlo all'interno della grotta.
Proprio come nella visione, lo spazio che mi circondava era di una rara bellezza. L'ambiente circostante era scuro, ma il tutto veniva illuminato da gemme che sembravano essere fosforescenti; osservandole meglio capii che non erano vere gemme, bensì solo pietre talmente chiare da sembrare diamanti.
«Proprio come nella visione», esclamai estasiata.
«Come?»
«Quando ho avuto la visione, ho visto un posto del genere, ma non mi sarei mai aspettata che si sarebbe avverata proprio stasera.»
«Capisco», annuì con un sorriso, abbassandosi sulle ginocchia e prendendone una tra le mani.
Nel frattempo io mi incamminai verso il fondo, godendomi a pieno ogni momento e ogni singola parte illuminata.
Il mio viso, senza rendermene conto, venne bagnato da una lacrima, poi da una seconda, una terza e così via.
Stavo piangendo.... Stavo veramente piangendo? Perché?
«Oks tutto bene?», percepì la sua presenza alle mie spalle.
«Io...», mi voltai verso di lui ma non avevbo il coraggio di guardarlo in faccia. «Non lo so perché sto piangendo, sto così bene adesso, non avrebbe senso piangere.»
«Stai piangendo perché sei al limite, hai bisogno di serenità nella tua vita e forse ti sei commossa per questo momento.»
Serenità... Non avevo mai avuto serenità nella mia vita.
«Sì, forse hai ragione», voltai lo sguardo altrove.
«Oks», mi richiamò sospirando. Ebbi solo il tempo di dargli la dovuta attenzione, che me lo ritrovai a pochi centimetri di distanza. Il suo possente braccio mi circondò la vita e le sue labbra si posarono sulle mie.
Inizialmente non provai nulla, non realizzai cosa stesse succedendo. Ma bastò percepire la morbidezza delle sue labbra per far espandere in me il desiderio di voler tanto, ma tanto di più.
Gli circondai il collo con le braccia e mi sollevai sulle punte dei piedi.
Lui mi strinse a sé come se avesse paura di perdermi da un momento all'altro, ma io non sarei andata da nessuna parte, se non con lui.
«E questo è per?», chiesi con il fiato corto.
«Mi andava», fece spallucce.
«Gabriel...ricordi la domanda di questa mattina?», annuì restando in silenzio, «ebbene, sono sicura di avere la risposta: può sembrare impossibile una cosa del genere, ricordo quando ti ho visto per la prima volta e le volte successive, non mi piacevi, avevo addirittura paura di te, ma più passava il tempo e più mi rendevo conto di quanto fossi diverso dai ragazzi che ho sempre conosciuto. A modo tuo mi hai sempre aiutata, non so se lo facevi solo perché ero e sono ancora la compagna a cui sei destinato, onestamente non credo a questi giochi del faro, ma credo ai sentimenti che pian piano mi hanno spinta ad avvicinarmi sempre di più a te. Non sapevo cosa mi stesse succedendo, fin quando Anisha non mi ha fatto aprire gli occhi e la verità si è illuminata come un insegna del negozio. Non penso ci sia momento migliore per dirti quanto, inconsapevolmente, il mio cuore ti appartiene ed io per la prima volta mi sono innamorata di un ragazzo.»
Una volta terminata la dichiarazione, se così si poteva chiamare, Gabriel non emise una parola. Era confuso, forse, in realtà non riuscivo a descrivere la sua espressione; tecnicamente avrebbe dovuto immaginarlo, dato che non ero una tipa che baciava ragazzi a caso. Stavo iniziando a preoccuparmi, forse non avrei dovuto parlare, ma lui... era stato lui a chiedermelo!
«Oks», affermò, dopo un'infinità di tempo. «Amami oggi e amami per sempre. Mia madre aveva ragione, non si può sfuggire al proprio destino, né alle scelte della Dea Luna. Quando scoprii che eri la mia compagna, quasi impazzii. Ti odiavo, non mi piacevi, avevo bisogno di stabilità, di una compagna che mi tenesse con i piedi per terra e tu non potevi aiutarmi o essermi di alcuna utilità; pensa che volevo persino scappare via da Woodsville...»
Quelle parole mi ferirono, ma infondo qualcosa del genere me lo immaginavo.
«Però, guardami adesso», si allontanò, allargando le braccia. «Sono il Beta del mio branco, ho superato la mia dipendenza per l'alcol e sono addirittura diventato responsabile e sai perché? Perché da quando ho visto quel danno riflesso arcobaleno nei tuoi occhi ed ho capito che eri la mia compagna, sei sempre rimasta nei miei pensieri. Ogni qualvolta avevo una ricaduta o un momento di crisi, nella mia mente comapariva il tuo volto. Quel maledetto rosso dei tuoi capelli che ho sempre odiato si è trasformato nel fuoco che ha illuminato le torce nel mio cammino. Ho visto la tua determinazione, il tuo coraggio e il tuo amore e ho fatto si che essi sarebbero stati la ragione per cui andare avanti.
Adesso non mi importa più che il mio futuro sia stato già scritto e predetto, perché ho capito quanto sia bello amare infinitamente qualcuno.»
Un sorriso, uno di quelli veri e carico di emozioni, si espase sul mio viso. Lui... Lui era.... Lui era innamorato di me!
Mi morsi il labbro inferiore per non scoppiare a piangere, mentre venni avvolta dalle sue braccia.
«Ti amo Oks», mi stampò un bacio sulla fronte. Feci per dire lo stesso, ma un leggero fastidio, paragonabile ad una puntura, mi fece sobbalzare. «Ed è per questo che non posso lasciarti tornare», furono le sue ultime parole prima di cadere in un buio abissale.
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