LXIV ~Un tocco, mille brividi~
Come ci ero finita in quella situazione?
Davvero, non ricordavo!
Sdraiata a terra, con le mani bloccate sopra la testa e Gabriel sopra di me.
Il cuore stava impazzendo nel petto, probabilmente vittima del fascino del ragazzo che avevo di fronte, o -semplicemente- del notevole sforzo a cui l'avevo sottoposto.
«Oks non ci siamo proprio, devi concentrarti, lo ha detto anche la Regina che hai ottime potenzialità», esclamò esasperato per l'ennesima volta, alzandosi dal mio corpo.
Sbuffai un "okay" e ritornai in posizione. Ormai era passata la settimana di prova, i miei poteri erano rimasti, ciò significava che la Dea Luna mi aveva accettata ed aveva capito da che parte era la mia fedeltà. Certo, proprio come mi aveva avvisata, avevo passato un breve periodo di smarrimento, ma per fortuna ormai la mia mente era in grado di ragionare da sé e non vi era più alcuna traccia di veleno nel mio corpo. La voce di Bilel era lontana dai miei pensieri e potevo finalmente contribuire al loro piano... Anche se effettivamente non avevano un vero e proprio piano, bensì solo bozze che al momento non potevano essere rivelate a nessuno.
Erano ormai tre giorni che provavo ad usare i miei poteri per difendermi ed attaccare, ma sembrava quasi che non fossi particolarmente portata per quel genere di cose.
Mi stancavo facilmente e quel poco che producevo non era sufficiente nemmeno a difendere una mosca.
«Pronta? Ricorda, usa il vento per bloccare i miei movimenti», si posizionò anche lui.
«Ci vorrebbe un tornado per fermarti, considera anche che non c'è molto vento su cui posso fare affidamento.»
«Sei portata per amplificare e domare gli elementi della natura, non incolpare loro per i tuoi fallimenti!», mi rimproverò severamente, certo che Gabriel in versione allenamento era spaventoso.
Ecco che subito dopo aver concluso scattò con un veloce balzo verso di me. La paura mi sovrastò e trattenni il respiro, mentre tiravo le braccia indietro e subito dopo le spingevo in avanti. Alle mie spalle potei benissimo sentire il fischio di una potente folata di vento che sfrecciò con velocità verso il mio attuale nemico.
I miei capelli lo assecondarono e si piazzarono davanti al mio viso, non permettendomi di vedere altro. Quando riuscii finalmente a liberarmi del cespuglio che avevo in faccia, vidi con stupore il corpo di Gabriel distante.
Si alzò da terra e si diede leggere pacche sui pantaloni pieni di erba.
«Sei riuscita a farmi volare via, è già un passo avanti. Dobbiamo tornare a casa, il sole sta per tramontare e non prudente farci trovare in giro di notte.»
Annuii e mi avvicinai alla mia amata tracolla che giaceva ai piedi di un albero. Per allenarci ci eravamo allontanati dal paese, diretti nella parte ovest del bosco, vicino alle loro terre sacre. Gabriel mi aveva raccontato che tempo addietro, un branco aveva sacrificato diversi animali per il bene della propria famiglia, era una leggenda che si tramandavano da secoli e in pochi ci credevano, ma a quanto pare da allora quelle terre erano diventate sacre; chiunque entrava nel loro territorio sarebbe stato benedetto e avrebbe avuto una vita serena.
Mentre ci incamminammo verso casa, ripensai al nostro problema maggiore. Di Bilel in quei giorni non si era vista nemmeno l'ombra, ero preoccupata, perché sapevo che si stava preparando alla battaglia, ma per il momento non avevo avuto alcuna visione che mi potesse preparare ad una sua mossa.
«Che espressione seria, ti sei improvvisamente rattristata», esclamò lui al mio fianco.
«Stavo solo pensando», sospirai nel momento stesso in cui qualcosa cadde sulla punta del mio naso, seguita poi da una seconda ed una terza. «Ci mancava solo la pioggia», mi portai la tracolla sulla testa. «Possibile che il bel sole di questa mattina sia sparito all'improvviso?»
«Casa mia è vicina, se corriamo non ci bagneremo molto», mi afferrò la mano ed iniziò a correre.
Venni letteralmente colta di sorpresa e quasi caddi con la faccia per terra. Gabriel era decisamente più veloce di me ed io non ero abituata a fare attività fisica, persino fare jogging mi costava caro.
Per fortuna arrivammo a casa sua in meno di dieci minuti. Avevo il fiatone e le gambe mi tremavano dallo sforzo, Gabriel invece sembrava stare bene... Com'era possibile? Non aveva nemmeno sudato!
Entrammo in casa e subito dopo gettai la tracolla all'entrata. Volevamo rincasare prima di inzupparci, ebbene, poco era servito correre; i panni mi si erano incollati alla pelle formando quasi un secondo strato, i capelli avevano perso volume e ricadevano sulle spalle come tante alghe su uno scoglio.
«Vado a prendere degli asciugamani», si allontanò.
Nel frattempo mi concentrai sul suo appartamento, era decisamente diverso da come lo avevo lasciato, era più vissuto. Stranamente era in ordine e la maggior parte degli scaffali era piena di libri e notai -con stupore- persino una collezione di lattine Red Bull e Monster.
Le pareti sembravano essere impregnate del suo profumo, tutto lì profumava di acqua di Colonia.
«Ecco, dovresti asciugare i capelli se non vorrai prendere un raffreddore», mi passò un asciugamano.
«Tecnicamente dovrei asciugarmi tutta», borbottai, avvicinandomi alla finestra e scostando la tenda. «Perché il meteo non ci aveva avvisati di questo improvviso a acquazzone?»
«Lo hai consultato?»
«Mmm no», ridacchiai, «era mia abitudine consultare il meteo, qui a Woodsville di giornate solari e calde se ne vedono poche ed io non volevo perdermene nemmeno una.»
«Oks... Penso... Si... Cioè», il suo improvviso balbettare mi fece aggrottare la fronte e voltare lo sguardo verso di lui. Si grattò la nuca, come di abitudine quando era nervoso, e riversò lo sguardo sul pavimento. «Potresti restare a dormire da me... Solo per stasera ovvio, se non vuoi non sei obbligata e non ti costringo eh...», mai avevo visto Gabriel tanto imbarazzato, il suo viso aveva persino assunto un colorito roseo.
«Restare a dormire da te?», ripetei decisamente sorpresa.
«Sì... Va bene, lascia stare, pessima idea. Ti accompagnerò subito a casa e-»
«Va bene», risposi di getto. «Con questo acquazzone non è prudente uscire, grazie per l'offerta», abbozzai un sorriso. Io e lui. Da soli. In casa.
«Ottimo, veramente ottimo. Mmmm... Io vado a fare una doccia per riscaldarmi, se vuoi puoi farla anche tu...»
«Con te, intendi?»
«Che? No! Intendevo dopo di me...», bloccai i suoi passi, «perché saresti disposta a farla con me?»
«No Gabriel ti stavo prendendo in giro, fila sotto la doccia!», starnazzai peggio di un'oca in calore e mi catapultai sul divano in pelle, avvolgendomi con una coperta presa a caso. Sicuramente l'avrei bagnara, ma al momento non mi interessava gli avrei chiesto scusa dopo.
Mentre Gabriel feca la doccia, decisi di chiamare mia sorella per avvisarla e, per fortuna, rispose al primo squillo.
«Oks! Ti ho mandato più di venti messaggi perché non hai risposto!», urlò.
«Scusami, non ho visto. Tranquilla, sto bene.»
«Sì, lo vedo... Dove sei? Sta facendo un acquazzone che persino Noè in persona invidierebbe.»
«Sono a casa di Gabriel e a tal proposito... Resteròquiadormire», conclusi elocemente.
«Che? Resterai a dormire lì? Sei seria? A casa di un ragazzo?»
«Si tratta di Gabriel, non di un ragazzo qualunque. Se avrebbe voluto molestarmi lo avrebbe già fatto tempo fa...»
«Oks», mi richiamò dopo un paio di secondi di silenzio. «Sei ancora vergine, giusto?»
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. «Cosa... Cosa centra questo? Certo che lo sono, per chi mi hai presa!»
«Entro domani non lo sarai più», la serietà con cui lo disse mi mise i brividi.
«Anisha!! Da quando io e te parliamo di queste cose? Ti preferivo quando mi chiamavi frecce di fuoco o palla di lardo!», caldo, improvvisamente faceva caldo.
«Se vuoi ti continuo a chiamare così... No, ormai è passato di moda, ti troverò un altro soprannome tranquilla. Comunque perdonami per prima, ma ho davanti agli occhi una divinità scesa in terra e i miei ormoni sono andati a farsi fottere... Dio lo ha portato quella ragazza di nome Stella e col cazzo che glielo cederò.»
«Stai parlando di Jack? È lì?»
«Sì, è qui, restano entrambi per fare da guardia a noi... In realtà Stella ci fa da guardia insieme ad altri due lupi, lui è qui per... Non lo so perché.»
Mmmm Jack... non avrebbe mai tradito la fiducia della sua migliore amica, giusto?
«Va bene, ma calmati sento il tuo affanno da qui.»
Avevo completamente dimenticato che ogni giorno Sandel mandava due o tre lupi del branco a far da guardia a mia madre e a mia sorella nel caso qualcuno le dovesse attaccare. Ormai la mia famiglia conosceva quasi tutti i membri del branco e mia madre non aveva il cuore di lasciarli fuori casa per tutta la notte, dunque gli cedeva parte del soggiorno per poter dormire.
Inizialmente non ero d'accordo con quella idea, erano comunque estranei che entravano in casa, ma non avevo potuto puntualizzare il mio disaccordo; la situazione non me lo permetteva, inoltre sapevo che se i lupi avrebbero fatto qualcosa, Gabriel li avrebbe puniti seduta stante.
«Come faccio a calmarmi? Sai da quanto non faccio sesso? Da più di un anno!»
«Okay, basta, è troppo... Ci sentiamo domani, avvisa la mamma mi raccomando.»
«Sisi, tranquilla... Mi raccomando eh? Ricorda i preservativi», ridacchiò.
«Mi stai prendendo in giro vero?»
«Ovviamente! Buonanotte!!»
«Buonanotte», conclusi con uno sbuffo. Possibile che fosse tanto scema? Ma cosa più importante, aveva davvero fatto sesso con il suo ex ragazzo? Pensavo che mia sorella fosse vergine. Ciò mi portò a pensare a quanto il nostro rapporto fosse cambiato, un tempo mi dimostrava il suo affetto indirettamente, era costantemente fredda e mi prendeva continuamente in giro; in quel momento, invece, parlavamo come due normali sorelle e non potevo che esserne felice.
«Oks puoi andare, ti ho preso una mia maglia e un paio di pantaloncini. Ho evitato i pantaloni lunghi perché ti sarebbero stati solo d'intralcio.»
Quasi sobbalzai quando sentii la sua voce, quando era arrivato?
«G-Grazie», rossa in viso, mi alzai e mi incamminai verso il bagno. I lupi avevano un ottimo udito, aveva sentito la conversazione?
«Ah... I vestiti bagnati mettili nell'asciugatrice insieme ai miei.»
Annuii e velocemente sgattaiolai via. Mi spogliai di fretta e furia ed osservai gli indumenti intimi che sorreggevo tra le mani. Erano completamente bagnati, non potevo indossarli, ma sarebbe stato veramente imbarazzante metterli ad asciugare insieme agli altri abiti.
Un momento... Se non potevo indossarli, cosa avrei indossato? Non potevo girare per casa senza mutande!
Ed ecco che ritornò il panico, aprii leggermente la porta e cacciai fuori la testa.
«G-Gabriel?», lo chiamai mentre lui se ne stava tranquillo sdraiato sul divano a smanettare con il cellulare.
«Mm?», alzò il viso verso di me.
«Ecco... È imbarazzante da chiedere, ma hai delle... Degli indumenti intimi che non hai mai usato? N-Non pensare a male! È tutto bagnato e non posso indossarli subito quindi...»
«Ho dei box nuovi, puoi mettere quelli.»
Non era possibile! Ero improvvisamente finita in uno dei tanti romanzi rosa che avevo sempre letto! In quel caso ero io la protagonista che indossava gli abiti del suo ragazzo... Ah, no, lui non era il mio ragazzo.
«Tieni», mi porse lo scatolino con dentro i box.
«Ahh... G-Grazie», lo afferrai e mi rintanai di nuovo in bagno. Mi feci una lunga e rilassante doccia, usai il suo shampoo e anche il suo bagnoschiuma. Ancora non potevo crederci di star facendo la doccia a casa sua.
Mi vestii con i suoi abiti e strinsi quanto più possibile i laccetti dei pantaloncini. Io ero leggermente robusta, ma i suoi abiti erano decisamente troppo grandi.
O mio Dio, sembravo una botte di vino conciata in quel modo
Asciugai poco i capelli e, prendendo dal polso il codino che ero solita portare con me, mi feci una coda alta.
I miei capelli ricci di certo non mi aiutavano, ma la coda riuscii a dominarli.
«Ti va di mangiare qualcosa? Sono passate le otto e mezza», mi chiese quando ritornai in soggiorno.
«Si, perché no.»
Non aveva riso per il mio terribile aspetto.
«Spaghetti all'italiana?», propose.
Annuii e mi incamminai verso la cucina insieme a lui. «Oks mi metti ansia, perché sei così rigida e silenziosa?»
«S-scusa e che... Ecco non sono abituata a stare da sola con un ragazzo... A casa sua.»
«Il tuo viso ha superato il colore dei tuoi capelli, è simile a questo», alzò una bottiglia di sugo.
Mi portai le mani sulle guance, sentendole incredibilmente calde. «È colpa della doccia!»
«Farò finta di crederci», mise la pentola con l'acqua sul fuoco per riscaldarla.
Sbuffai e pensai che, ahimè, aveva ragione.
«Non c'è nulla di cui vergognarsi, sono io, non un normale ragazzo, inoltre è già capitato di trovarci insieme nella stessa casa, ricordi? Quando sei scomparsa per due settimane e ti ho ritrovata nel bosco, ti sei addormentata a casa mia.»
«La situazione era diversa», borbottai, voltando il viso altrove.
Mise un po' di sale nella pentola del sugo e si voltò verso di me. Fece un passo in avanti e, involontariamente, ne feci uno indietro, sbattendo con la schiena sul marmo della penisola della cucina.
Allungò un braccio nella mia direzione e lo poggiò sulla penisola, così facendo rimasi bloccata tra lui e il mobile.
«Ah si? Cosa è cambiato?», mi alitò quasi in faccia.
«Eh? N-nulla... Certo, assolutamente nulla!»
Si aprì in una fragorosa risata, «Oks calmati, stai per avere un infarto?»
«Smettila!», poggiai le mani sul suo petto e feci pressione per spostarlo, ma ovviamente lui non si mosse di un millimetro. Le mie dita tastarono il suo addome decisamente duro e ben scolpito... Perché improvvisamente avevo un'irrefrenabile attrazione nei suoi confronti?
«Sei una nana, come vorresti spostare una montagna?», ridacchiò, avvolgendo un braccio attorno alla mia vita. Mi sollevò come se fossi una piuma e mi fece sedere sul ripiano in marmo, ormai il mio viso era definitivamente rosso. Il cuore mi pulsava nelle tempie e il respirò mi si mozzava in gola, ciò che sentivo era panico, eccitazione, amore... Non capivo nemmeno io. «Ora va meglio», si posizionò tra le mie gambe.
«Eh... Si... Cioè si», respirai con affanno e poggiai le mani sulle sue braccia.
«Dovresti vederti in questo momento.»
«Mmm smettila di prendermi in giro, è imbarazzante», voltai il viso altrove pur di evitare di guardarlo.
«Non ci trovo nulla di imbarazzante, anzi», mi afferrò il viso per voltarlo verso il suo, «sei tremendamente carina sotto questo punto di vista», ed ecco che le sue labbra si poggiarono sulle mie e quel familiare calore mi investì subito.
Da quanto non mi baciava? Da più di una settimana, sicuro. Eppure non mi ero resa conto di quanto mi mancasse questo contatto, fin quando non l'avevo riavuto.
Subito le mie mani volarono dietro la sua nuca e le sue braccia mi avvolsero il corpo per stringerlo a sé. Mai, ed evidenziavo il mai, avrei pensato di ritrovarmi in una simile situazione con un ragazzo.
Però le sue labbra, la loro morbidezza, il suo calore, il suo profumo che mi investiva... tutto mi mandava in estasi.
Il bacio da prima casto diventò una feroce lotta che bramava di passione. Avvertii una pressione scendere dallo stomaco al basso ventre fino a fermarsi proprio lì, al centro della mia intimità. Un impulso involontario mi spingeva a serrare le gambe, ma nella posizione in cui eravamo, mi era impossibile.
Sentii il bisogno di un contatto fisico, in me nacque una voglia mai avuta. Improvvisamente avvertii brividi ovunque e, involontariamente, spinsi il bacino in avanti, incontrando il suo.
«O-Oks... Mmm», sembrò quasi emettere un gemito. Si staccò da me e poggiò le mani su i miei fianchi, «Uh... Sta bollendo l'acqua», balbettò con voce roca.
Sì, quella sarebbe stata una lunga notte.
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