MONTE THABOR
Oggi per una serie di coincidenze non cammino sola. Il merito è di Elio che gentilmente mi offre un passaggio in auto. Siamo in quattro. Alessandro, guida alpina che oltre a guidarci con il suo passo attento, ci regala per tutto il giorno il suono dei nostri nomi. Non c'è volta, che rivolgendosi a noi, non ci chiami per nome. Fratel Ernesto, tra i suoni. Bello!
Arrivati alla cappella condividiamo un momento di preghiera. Ognuno, ad alta voce, dice la sua.
Un tempo di commozione.
Io esprimo semplicemente la mia gratitudine per tutto ciò che la montagna mi regala e per la fortuna di avere un corpo che mi porta in questi luoghi.
"Questo cammino è per Elisa, anche la mia preghiera" dice Alessandro. Elisa è nella mente di tutti noi da qualche giorno, è la vittima di una fatto di cronaca, accaduto nella nostra Valle: i conducenti di un furgone e una moto si fermano per discutere della precedenza. Ripartono. Arrivano a una rotonda, la moto rallenta, il furgone no, accelera intenzionalmente, travolgendo la moto. Elisa muore sul colpo, è sulla moto con Matteo, il suo fidanzato. Visualizzo il suo volto: bionda, occhi azzurri, bella, ventisette anni. Erano appassionati di moto e di montagna, ci raccontano i giornali. Nella mia mente è arrivato anche Matteo. Ho pregato in silenzio anche per lui che da quell'impatto brutale e ingiusto si è salvato, e con lui, anche il ricordo che ha spento vita e amore. Che il suo dolore sia lieve.
Elio ha più di settant'anni, è vedovo, ha amato e continua ad amare la moglie moltissimo. Al Tabor ci va ogni anno, quasi fosse un pellegrinaggio. Dedica a sua moglie le 8 ore di cammino. Il tempo della sua preghiera è silenzioso e i suoi occhi si riempiono.
Alessandro occupa parte del suo tempo libero facendo volontariato al Cottolengo. Si capisce da come racconta, quanto questo sia importante per lui; è interessato alle storie delle persone, sorride loro sempre. L'ironia non gli manca, talvolta punge lievemente, ma sempre con il sorriso. I suoi occhi hanno profondità e luce che entrano nell'animo dei destinatari dei suoi sguardi, lasciando un segno.
Toccanti le storie, di anni passati con i malati terminali al Cottolengo che ci racconta Fratel Ernesto. Non c'è patetismo nelle sue parole. La sua, una vita dedicata agli altri - altri ai margini - con Amore.
I paesaggi, l'armonia del gruppo e le conversazioni nutrienti, fanno sì che arrivi a casa senza stanchezza, nonostante le otto ore di cammino.
Dono inatteso questa giornata.
Gratitudine nel cuore, come sempre.
Chiara, 15 luglio 2017
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